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Autore: Marti Lestrange    24/07/2023    0 recensioni
pillowtalk: tre piccoli spaccati di vita; tre ricordi di un primo bacio; tre coppie.
1. Victoire/Teddy
2. Dominique/Roland
3. Louis/Caleb
[ Questa storia partecipa all’iniziativa “🌷 First Kiss 🥀” organizzata sul gruppo Facebook “L’Angolo di Madama Rosmerta”. ]
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Dominique Weasley, Louis Weasley, Nuovo personaggio, Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'GENERATION WHY.'
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2.


 

Lo guardo dormire e basta. Il corpo è scomposto, le braccia aperte sulla testa, occupa quasi tutto il materasso senza accorgersene. Dorme a petto nudo nonostante fuori nevichi - va avanti da giorni, ormai. Non sembra curarsi del freddo, qui in questa stanza dove siamo chiusi da ore, la sua pelle irradia calore e io ne approfitto, mi accovaccio accanto a lui, la testa sul suo petto, una mano aperta a stella sul suo cuore. Lo sento battere cadenzato. 

Non so perché mi torni in mente quell’anno, il nostro ultimo anno a Hogwarts. Non so cosa mi inneschi il ricordo. Forse stare qui insieme a lui, nello stesso letto, dopo caotici giorni fatti di separazione e troppi impegni, e chilometri e ore a dividere le nostre vite. Ora questa ritrovata stabilità mi fa stare tranquilla, mi trascina via dalla mia irrequietezza e dal mio batticuore, da quella stanchezza che ti fa solo andare avanti, e avanti, a oltranza, ché l’alternativa sarebbe finire a terra. 

Forse questo nuovo anno appena iniziato ci porterà qualcosa di diverso, forse riusciremo a trovare un equilibrio. Aspetto un nuovo incarico dalla Gringott che spero mi porti oltreoceano, là dove le nostre vite ormai sembrano convergere. 

Sento la sua mano accarezzarmi i capelli, adesso. Sorrido sorniona. 

“Sei sveglia?”

Mi sposto, lo guardo negli occhi: sono color ebano. Annuisco. “Pensavo.”

Mi sorride. “A cosa pensavi?”

Gli sorrido. 

 

Inizia tutto con delle voci. Le voci sembrano seguirmi ovunque, ma sinceramente non me ne curo. La gente parla. Sempre. E non la smetterà mai di parlare, soprattutto di cose di cui non sa niente, e di persone che neanche conosce. 

“Dominique la lesbica”; “A Dominique piace la farfallina”; “Dominique vola di fiore in fiore”; “Dominique la puttana si fa ragazze e ragazzi”; “Lascia qualcosa anche per noi, Dominique” e ah-ah-ah, una bella risata per far credere che sia solo una battuta divertente, quando in realtà è impregnata di veleno. Nessuno sa niente di me. Nessuno mi conosce davvero. 

Li ignoro. Ho imparato a ignorarli. All’inizio non era facile. Non lo è mai, e in realtà non è che lo diventi, impari solo a diventare più forte, tu, e questa consapevolezza ti protegge. Non ho mai smesso di amare a modo mio, le loro parole non mi hanno mai fatta nascondere. 

Mio padre mi ha insegnato che non c’è nulla di male nell’essere se stessi, e che dobbiamo combattere per il nostro vero io, per quello che custodiamo nel cuore, senza permettere a nessuno di farci vacillare. Non dimenticherò mai il suo sguardo, durante le estati passate a Villa Conchiglia, quando la scuola scompariva per un momento e riuscivo a lasciarmi alle spalle tutto e tutti, e lui mi portava a passeggiare e camminavamo per chilometri e tornavamo a casa stanchissimi, ma era bello perché potevamo parlare, solo lui e io, e quelli erano i nostri momenti, solo e soltanto nostri, lontano dal caos di casa o della Tana. 

In ogni caso, non posso negare le voci - o almeno non tutte. Ho baciato ragazzi e ragazze, per me non ha mai fatto alcuna differenza e non ne avrebbe fatta mai. Ma una voce è diversa dalle altre: “Sapete che Dominique Weasley e Roland Zabini3 escono insieme?”. Ah, sì? Sembrano saperlo tutti tranne i diretti interessati. 

Il nostro antagonismo sul campo da Quidditch quest’anno si trasforma in qualcosa di nuovo, di diverso. Qualcuno sembra leggerci una traccia, una sotto-trama che sa di sotterfugio. “Non è che quei due non ce la raccontano giusta?”

“Cosa vogliamo fare riguardo queste voci, Weasley?” mi chiede Roland Zabini una sera, quando sembra tendermi un agguato in corridoio e mi trascina in un’aula vuota per parlarmi, dove nessuno può vederci. 

“Cosa vorresti fare, Zabini? Pubblicare un annuncio sulla Gazzetta per smentire?”

Roland mi guarda con quei suoi occhi scuri e sento qualcosa sobbollirmi dentro, qualcosa a cui non voglio badare e che più tardi cercherò di sotterrare da qualche parte per non doverlo provare più. Puzza di pericolo.  

Sono appoggiata a un banco polveroso, ma non me ne curo. Roland è in piedi di fronte a me, un po’ troppo vicino, ho paura che possa annusare il mio odore - puzzo un po’ dopo essere tornata da allenamento. Poi penso che non me ne frega niente e mi rilasso. È solo Roland Zabini - quel coglione.

“Dovremmo?”

“Cosa?”

“Smentire.”

Lo studio, voglio capire a quale gioco voglia giocare. Non sono sicura mi piaccia. 

“Pensaci,” continua lui scrollando le spalle. “È pubblicità. Fa bene all’atmosfera pre-partita. Carica i tifosi, e anche le nostre squadre.” 

Effettivamente non posso dire che non abbia ragione: durante l’ultimo incontro tra Grifondoro e Tassorosso abbiamo avuto comunque gli occhi puntati addosso, occhi desiderosi di captare qualcosa, forse un cenno della testa o degli occhi, un movimento a denotare aspettative e desideri, una certa elettricità che scorreva sotto pelle. 

Ed è tutto vero. Siamo tutte queste cose. Nessuno dei due sa perché; entrambi vogliamo solo far finta che non esista. 

Ma, da quella sera in quell’aula, non siamo più riusciti a far finta che qualcosa non fosse in corso. I cenni sono diventati reali; le occhiate si sono prolungate; le mani hanno preso a essere irrequiete, i denti a mordere le labbra solo per sopprimere un impulso. 

Convergiamo nello stesso punto, sembriamo finire sempre insieme, lì, nel centro del mirino, dove tutti possano vederci. Siamo attratti da quel centro di profonda paura ed eccitazione, dove le pelli crepitano per essere toccate e le nostre mani, nella solitudine delle nostre notti, non bastano a sfogare quel non-detto che ci perseguita come una maledizione. 

Durante quei due mesi non bacio nessun altro, non cerco nessun altro, non desidero nessun altro. Non mi è mai successo, prima. Tutto il mio desiderio è tenuto in scacco da Roland Zabini. Mi tiene prigioniera pur senza saperlo, e non so come fare a scappare. 

Una sera sono in bagno, mi tocco ripensando all’ultima persona che ho baciato, ormai sembra quasi una vita fa: una certa Zoë di Tassorosso, molto sexy, culo da capogiro e labbra perfette. Neanche il ricordo di Zoë e del sesso che abbiamo fatto dietro le serre riesce a calmarmi. Non riesco ad eccitarmi, non rispondo alle immagini che mi scorrono dietro le palpebre chiuse, agli odori e ai sapori che riesco a rievocare. Sono come un deserto arido. Impreco e lascio il bagno, nervosa e irritabile. È tutta colpa di Roland Zabini, che vada al diavolo. 

Ma non posso dire bugie a me stessa. Non posso negare l’orgasmo che mi travolge quando apro la diga e il pensiero di Zabini mi esplode dentro la testa, inarrestabile come uno tsunami. Lo rivedo tutto sudato dopo un allenamento; rivedo la maglietta che gli si attacca al petto con il sudore e si vede tutto; rivedo il culo fasciato dai pantaloni della divisa incedere maestoso nel corridoio; rivedo le sue labbra strette intorno a una pesca all’ora di pranzo in Sala Grande, i suoi occhi su di me, sempre su di me. 

Sono io che lo aspetto in corridoio, questa volta. Sono io che lo spingo dentro un’aula vuota. Sono io che mi premo addosso a lui. Inizia tutto con me. 

Lui mi lascia fare. Non protesta, non parla, accetta solamente - e prende, prende tutto quello che vuole e che io gli lascio prendere. Mi colma, è come se tutti i pezzi vadano a posto, sento solo calore e calore, un immenso calore che mi fa urlare, le mie dita ad arpionare le sue spalle forti, le gambe strette intorno ai suoi fianchi e la gonna tirata su fino alla vita. Non riusciamo nemmeno a spogliarci del tutto. Roland mi spoglia solo alla fine, lecca la mia pelle, ne percorre ogni curva, segna ogni anfratto col suo passaggio, la sua lingua è come lava, e quando mi riempie sono di nuovo eccitata come una ragazzetta inesperta e smaniosa, e allora mi aggrappo al suo collo e lo spingo più a fondo, sempre più a fondo dentro di me, fino a perdere il controllo. 

Ho baciato tante persone prima di lui, e sono stata baciata da tante persone prima di lui, ma quel primo bacio con Roland Zabini cambia tutto. È come se diventi improvvisamente il primo - il primo bacio - e Roland diventi il primo - il primo di tutto, il primo di tutta una serie di prime volte che marcheranno la mia vita da qui in poi. 

 

“Mi sei mancato,” concludo alla fine, quando i nostri corpi giacciono sudati e ansimanti sul materasso dopo l’orgasmo. “Per Merlino se mi sei mancato.”

“Solo per il sesso?”

Lo guardo e scuoto la testa. “Certo che no.”

Ci accovacciamo l’uno di fronte all’altra, ci vogliamo guardare negli occhi. Appoggio una mano sulla sua mascella. 

“Posso dire una cosa che potrebbe spaventarti?”

Aggrotto le sopracciglia. “Cioè?”

“Ti amo.”

Abbasso lo sguardo, divertita. Non riesco a reggere ciò che Roland mi sta dicendo. 

“Non mi ha spaventata,” rispondo, ché non voglio che pensi che non me ne importi niente quando mi importa tutto. “Tu non potresti mai spaventarmi.”

“Ti amo,” ripete, e sorride. 

“Davvero?”

“Non sono solito dire ti amo alle persone per scherzo.”

Mi avvicino ancora di più, mi stendo praticamente sul suo petto, in mezzo alle sue gambe, e siamo entrambi nudi e sudati ma chi se ne importa. Lui mi accoglie, mi tiene stretta a sé e le sue mani scendono presto sui miei glutei come se una forza intrinseca operasse su di noi. 

“Roland,” lo chiamo.

Lui non risponde, mi guarda soltanto. Continua a guardarmi.

“Roland,” ripeto.

“Sono qui,” replica finalmente. “Sono qui, Dom.”

“Ti amo.”

Ora il sorriso di Roland gli apre tutto il viso. È bellissimo. Ed è la persona che amo. Ed è qui con me. 

“Ti amo,” ripeto, poggiando l’orecchio sul suo petto. “Ti amo.” Mi piace il suono della mia voce quando pronuncio quelle parole. 

Il cuore di Roland batte forte. E anche il mio.

 



3. Roland Zabini, personaggio di mia invenzione; figlio di Blaise. Ho nominato lui e Dominique qui.

 

   
 
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