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Autore: liberaurora    01/08/2023    1 recensioni
[Imma Tataranni - Sostituto Procuratore]
È da quando è andata in onda la 07x02 che sentivo il bisogno di dare forma a ciò che purtroppo non ci è stato mostrato. Liquidare la scoperta di Ippazio della finta gravidanza di Jessica a un breve dialogo con Imma nel bar della procura, condito per giunta dall’ennesima battuta sulla differenza d’età, è stato davvero svilente per una trama che già poteva essere evitata in partenza. Dato che quindi onscreen è stato sprecato un loro confronto al riguardo, mi sono subito appuntata qualche spunto di quella che sarebbe potuta essere la loro conversazione partendo dalla sera in cui Jessica confessa di aver mentito. Finalmente ho avuto tempo di sviluppare il tutto e inaspettatamente è venuta fuori una ff che necessita di essere suddivisa in capitoli. Il primo parte dalla reazione di Ippazio ed è per lo più di natura introspettiva. Spero di essere riuscita a rimanere fedele alla caratterizzazione dei personaggi. In attesa delle nuove puntate, vi ringrazio se leggerete questa storia. Fatemi sapere che ne pensate, se vi va!
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Calogiuri era furioso. Quel figlio con Jessica gli era piovuto addosso all'improvviso, ma ormai stava decidendo al posto suo la direzione di tutta la sua vita. Ora, invece, il maresciallo originario di Grottaminarda aveva scoperto che quella creatura nemmeno esisteva e che si era fatto ingannare come uno stupido.
Ippazio era sempre stato un ragazzo mite, introverso, ma quando lo facevano arrabbiare per questioni importanti diventava quasi un'altra persona. Sapeva trasformare il suo fare così pacato in un uragano inaspettato. Proprio a questo aveva pensato Imma quando, un anno prima, nel suo ufficio, il maresciallo aveva perso la pazienza, arrivando ad alzare la voce proprio con lei. «Calogiuri, ma sei impazzito?!» gli aveva domandato, colpita com'era di quanto lui fosse irriconoscibile in quel contesto. Sebbene si fosse dimostrato pronto, come sempre d'altronde, ad assumersi ogni responsabilità a seguito della sua reazione, non aveva tutti i torti nemmeno lui però: credeva di non meritare la fiducia della sua dottoressa. Si era sentito messo da parte: era stato tenuto all'oscuro di qualcosa di davvero rilevante per il suo lavoro, manco fosse l'ultimo arrivato o peggio ancora un estraneo.
Per quanto fosse ormai un giovane uomo e avesse combattuto contro la sua bassa autostima specialmente dopo essere diventato maresciallo, Ippazio restava pieno di insicurezze. Quando i suoi punti fermi crollavano, crollava anche lui, schiacciato dalla scoperta che non sempre i valori in cui aveva creduto appartenevano anche alle persone di cui si era circondato.
Emblematica era stata la discussione avuta con Tataranni per la storia della sciarpa che Bartolini gli prestò per il mal di gola. Che poi, discussione... Era stata palesemente una scenata di gelosia che in fondo un po' gli aveva fatto piacere. Tuttavia, in quell'occasione si era sentito attaccato e giudicato come il peggiore dei doppiogiochisti proprio dalla persona a cui teneva di più al mondo. Quel «e io che mi pensavo che eri il ragazzo di provincia dai buoni sentimenti» lo aveva ferito: quella sfilettata di parole aveva rimesso in discussione tutta la sua persona, smascherandola come si fa con un colpevole dalla faccia pulita, innocente. Peccato che lui innocente lo era davvero e, arrivato al colmo, fu spinto a reagire con forza di fronte a queste calunnie insopportabili. Imma aveva proprio esagerato, e sicuramente se n'era resa conto; ma lui non poteva certo starsene zitto. Fortunatamente, ogni distacco dalla sostituta procuratrice aveva poi l'effetto di un boomerang: con delle basi di incondizionata stima e rispetto reciproci, il loro rapporto non poteva che uscire rafforzato dai rari conflitti da cui ogni tanto era scosso.

Erano ben altri i motivi per i quali il maresciallo si era visto costretto a interrompere legami affettivi. Poche cose detestava come le menzogne e Jessica lo sapeva bene. Nonostante ciò, per un suo tornaconto, lei lo aveva colpito proprio lì dove faceva più male.
Dopo essersene andato da casa di Matarazzo sbattendo la porta, Calogiuri avrebbe tanto voluto che quel gesto avesse rappresentato l'incantesimo necessario a rimuovere dalla sua mente quello sporco inganno. La realtà era ben diversa, purtroppo per lui che, in fondo, ogni tanto, credeva ancora nelle favole. Anzi, si era reso conto, a sue spese, che spesso la realtà è capace di superare la fantasia. Nel bene, ma soprattutto nel male.
Lo stesso accadde quella maledetta sera. Il maresciallo stava correndo via per le strade della città, il più lontano possibile dalla causa della sua infelicità. Non sapeva dove sbattere la testa. Tornare in caserma? Sì, il suo posto era ancora libero, ma non aveva alcuna voglia di dare spiegazioni al comandante. Prendere una stanza in una pensione? Probabilmente sarebbe stato il colpo di grazia definitivo per piombare in una solitudine più vasta del Vallone della Femmina. Da quando aveva saputo della gravidanza di Jessica, infatti, Calogiuri aveva deciso di trasferirsi a casa di lei, lasciando il piccolo appartamento che aveva preso in affitto a Matera in seguito alla soddisfazione di essere diventato maresciallo. Adesso, invece, non aveva un posto in cui tornare, dove potersi rifugiare.
Dopo aver percorso le salite e le discese della città dei sassi, cercando di sfogare tutta la rabbia che aveva in corpo e senza una meta ipotetica né tantomeno precisa, Ippazio si ritrovò nei pressi di una piccola chiesa abbandonata, di fronte alla quale è presente una panchina che spesso, di giorno, ospita gente anziana per una partitella a carte o scambiare quattro chiacchere in compagnia. Intorno a lui c'era un silenzio strano, che non era affatto sinonimo di tranquillità, ma anzi faceva presagire rumorosi cambiamenti.
Proprio quando scelse di dare ristoro almeno al suo corpo sedendosi per qualche minuto sulla panchina, un breve suono acuto uscì dal suo cellulare. Estrasse subito il telefono dalla tasca dei jeans: era un messaggio di Jessica. "Con che coraggio ancora osa cercare un contatto con me?! È proprio vero che non c’è limite al peggio!", reagì Calogiuri, parlando fra sé e sé. Cercò di trattenersi, ma se avesse potuto avrebbe urlato così forte che lo avrebbero sentito fino a Potenza. Per fortuna, gli era rimasto un barlume di saggezza, pure ora che "chiù scur da mezzanott nun pot ess"[1]. Non era certo tipo da disturbare chi stava dormendo nelle vicinanze per via di un suo problema personale, per quanto gigantesco fosse. «Non sono mica irrispettoso, io!» aggiunse poi, questa volta dando voce a quel che pensava. Fu inevitabile per lui paragonare la sua scelta di conservare la quiete nel quartiere con la mancanza di rispetto con cui, invece, era stato trattato da quella che, di lì a poco, sarebbe stata la donna che avrebbe presentato ai suoi genitori e con la quale stava mettendo su famiglia.
Calogiuri fece un respiro profondo, premette il tasto laterale del cellulare per illuminare lo schermo e trovò la forza di aprire la chat: "Ippazio, spero potrai perdonarmi. Ho sbagliato, ma non avevo altra scelta. Prima sei andato via come una furia, senza lasciarmi il tempo di dirti che anch'io ho sofferto e soffro per questa situazione"
Calogiuri si sfogò con se stesso, cedendo al napoletano, che alla fine viene sempre fuori quando raggiunge il culmine delle emozioni: "E certo, soffre anche lei! Ma p' favor, va'!"[2]. Con un livello di masochismo che pochi potrebbero eguagliare, anziché spegnere il telefono una volta per tutte, il maresciallo rilesse freneticamente quelle parole così assurde: "Ma poi ‘non avev[a] altra scelta’?! Ma chest' over fa?!". Stava uscendo pazzo a furia di rimuginare su tutto quanto. Doveva pur sfogarsi, ma, arrivato al limite, Ippazio si rese conto che non avrebbe potuto continuare a farsi del male così.

L'unica era correre dalla sua dottoressa e raccontarle tutto; anche perché era la sola persona con cui Calogiuri poteva davvero confidarsi. I continui spostamenti da una procura all'altra, che avevano caratterizzato soprattutto i suoi primi anni da appuntato, non gli avevano permesso di mettere radici né tantomeno di instaurare legami forti con qualcuno. Certo, poneva contare sui suoi amici d'infanzia di Grottaminarda, ma non era la stessa cosa. Essendo lontani da Matera, il filtro di uno schermo o di una telefonata pesava, soprattutto nei periodi di lunga lontananza dal paese. Sebbene ormai avessero tutti le loro vite, erano sempre riusciti a mantenere i rapporti, ma aveva la possibilità di vederli solo pochissime volte l'anno e questo rappresentava un ostacolo non da poco specialmente quando avevano bisogno l'uno dell'altro a chilometri di distanza.
Il maresciallo, deciso a bussare alla porta della sua unica alleata, si alzò dalla panchina. Riposto il telefono in tasca e ripreso in mano il borsone che si era portato dietro dopo la fuga dall'appartamento di Matarazzo, si avviò. Giunto all'abitazione della pm, gettò uno sguardo verso le finestre per capire se ci fosse ancora qualche luce accesa. Stava per suonare il citofono, ma poi si bloccò, pensando: "E se dovesse rispondere suo marito o sua figlia? Certo, di scuse per chiedere alla dottoressa di scendere ne avrei dato che lavoriamo insieme, ma dopo la faccenda delle foto è meglio evitare di peggiorare ancora di più le cose. E poi stasera ci manca solo che devo dare spiegazioni al signor De Ruggeri". Dato che, quindi, citofonare non era affatto una buona idea, Ippazio decise di chiamare Imma al cellulare: «Pronto, dottoressa? Sono Calogiuri. Scusi per il disturbo... a quest'ora... ma avrei bisogno di lei»
Imma, che aveva risposto dopo nemmeno un paio di squilli, si rese subito disponibile: «Ciao Calogiuri. Non preoccuparti, dimmi tutto»
Ippazio: «Grazie. Veramente preferirei che ci vedessimo... Si affacci: sono sotto casa. Le dispiace scendere? Le giuro che se non fosse importante non mi sarei permesso di presentarmi qui»
Imma, non poco sorpresa, verificò quanto detto da Calogiuri sporgendosi dalla finestra della camera da letto dove si era rifugiata per avere un po' di privacy durante la telefonata. Accettò infine di raggiungerlo e, avvertendo che la voce del maresciallo era parecchio sottotono, cercò di sdrammatizzare: «Figurati! E va bene allora, sto scendendo. Così prendo anche un po' d'aria ché qui a casa spesso mi sento soffocare: troppa famiglia!»
Calogiuri: «Grazie davvero. Non ha idea di quanto mi stia aiutando»
Conclusa la breve conversazione telefonica, Tataranni passò dal soggiorno per avvertire Pietro: «Piè, vedi che sto uscendo. Ho una cosa di lavoro da fare che non può essere rimandata a domani mattina». Suo marito, intento a leggere i fumetti come al suo solito, non ebbe nemmeno tempo di controbattere né di mugugnare un "va bene": quando realizzò che sua moglie gli aveva detto qualcosa, lei era già fuori casa. D'altronde, Imma mica poteva aspettare che quello si destasse dal suo mondo fatto di cowboy e banditi per uscire!
La sostituta procuratrice scese le scale col suo solito passo rapido e deciso. Non sapeva davvero cosa aspettarsi da questo incontro improvviso con Calogiuri, ma si augurò fra sé e sé che davvero avrebbe potuto aiutarlo come lui sperava. Aperto il portone, trovò subito di fronte a sé il suo maresciallo preferito. Ancora non immaginava che quello non era che l'inizio di un incontro a cui avrebbe ripensato per lungo tempo.
 
[1] modo di dire lucano che significa "più scuro di mezzanotte non può essere", proprio a indicare che “peggio di così non può andare”. Conosco la versione siciliana e, immaginando che ne esistesse una simile in Basilicata, ho cercato e riportato quella che ho trovato, sperando sia corretta.
[2] Per questa e per la successiva battuta in napoletano, ringrazio Fiore per la consulenza dialettale.
   
 
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