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Autore: Chri    14/09/2009    1 recensioni
Ciao a tutti!! Questa storia è basata sul racconto di Dumas, solo che gli avvenimenti non seguiranno quelli del libro..leggete la storia, e vedrete che le cose andranno diversamente da quanto vi aspettate...lasciate i vostri commenti, mi aiuteranno a migliorare!!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3 “Che cosa?? Il magistrato Villefort ha detto che posso tornare a casa, perché dunque mi conducete li? Vi ordino di portarmi a casa!” urlò Edmond. “Voi non ordinate proprio niente, Dantès.” Rispose la guardia “ questi sono gli ordini del magistrato e cosi sarà fatto. Mettetevi comodo e godetevi questi ultimi minuti di Marsiglia perché è l’ultima volta che la vedete” e cosi detto, chiuse la finestrella. Era tutto chiaro: i due gendarmi di scorta, la carrozza, la porta chiusa a chiave. Ma Edmond non si perse d’animo e subito mise a soqquadro la carrozza per cercare qualcosa utile a rompere la porta, ma tutto fu inutile poiché non trovò altro che cuscini. A quel punto non gli restò che tentare di sfondare la porta a spallate, cosi prese quel poco slancio che potè e si scagliò contro la porta con tutta la forza della disperazione, ma questo tentativo ebbe come risultato soltanto un grosso livido e un profondo dolore, derivante dai rinforzi in metallo della porta e dalla consapevolezza che quella carrozza era una fortezza inespugnabile. Non c’era stato bisogno nemmeno di una guardia che controllasse il prigioniero durante il viaggio, poiché il ferro di una carrozza era più che sufficiente, specie se si trattava di un ingenuo innocente come il giovane Edmond. Dopo questo fallimento, il ragazzo si sedette desolato accanto al piccolo finestrino dove solo pochi minuti prima specchiava il suo viso felice, viso che ora raffigurava una persona condannata non a morire, ma a sparire dagli occhi del mondo, a marcire in una squallida stanza buia della prigione che deteneva la gente di cui la Francia si vergognava: i traditori appunto. La vettura entrò nel porto e si li dove c’era una piccola imbarcazione con tre gendarmi a bordo. Le due guardie che avevano condotto Edmond sin li scesero dalla carrozza e, dopo ben due giri di chiave, aprirono la portiera e trovarono Edmond che ancora fissava il finestrino. “Siete arrivato, Dantès. Queste tre guardie vi condurranno in mare al Castello d’If. Ora venite, vi devo ammanettare e non osate opporre resistenza poiché altrimenti, invece della prigione, vi aspetta un piombino in testa”. Dantès a malapena sentì quelle parole, ma si avvicinò alla guardia, scese e si fece ammanettare senza opporre resistenza. Sembrava un corpo senz’anima e, in effetti, la sua anima, la sua gioia, la sua voglia di vivere gli erano state strappate e restavano li a Marsiglia; con sé portava soltanto il ricordo del volto di Mercedes e la voglia e la volontà di morire. Intenzionato ad uccidersi appena giunto in prigione, Dantès salì su quella imbarcazione diretta verso la sua fine. I gendarmi iniziarono a remare prendendo il largo, mentre Edmond fissava la carrozza allontanarsi e tornare nel cuore di Marsiglia. L’imbarcazione si dirigeva, dunque, verso la più terribile prigione francese, poiché sorgeva su un’isola distante 10 miglia dalla costa e circondata soltanto da isolotti disabitati. Essa era un tempo il palazzo del signore If, uomo potente e ricchissimo del ‘600, che si era fatto costruire quell’imponente castello per andarsene via dal mondo, per starsene fuori da questioni di politica e vivere in pace solo con la sua ricchezza. Egli non ebbe figli e quindi eredi, cosi alla sua morte il castello rimase disabitato per decenni, finchè lo stato francese non decise di rilevarlo e farne un carcere di massima sicurezza già a partire dagli anni di Luigi XIV. Il corpo del signore If era stato ritrovato dagli stessi gendarmi che avevano assistito al suo duello con un signorotto locale, scontro dal quale il signore If era uscito con una spada piantata nel cuore. Ma se si avevano notizie del suo corpo, del tutto irrintracciabile fu il suo tesoro che dal 1650 giaceva chissà dove nel mondo. Luigi XIV, rilevando il palazzo, aveva fatto cercare ovunque quel tesoro nel castello, ma non trovò mai nulla, cosicché nel 1815 quelle ricchezze erano solo chiacchiere di vecchi signori nelle taverne di Marsiglia. Il castello di manifestò forte e imponente agli occhi di Edmond, che aspettava di arrivare solo per porre fine alla sua vita. Giunto nel piccolo porto dell’isola, si trovò dinanzi altri tre gendarmi e il direttore del carcere, Armando Orleàk, che era solito attendere l’arrivo dei prigionieri per condurli egli stesso in cella. Cosi, si mise alla testa del gruppo che dunque entrò nel portone principale del Castello d’If. Era questo un luogo buio, illuminato a tratti dalle torce che splendevano solo lungo i corridoi e le scale; per il resto, la luce del sole era interdetta dall’entrare in quel luogo, come se quella gente, oltre che il mondo e la vita, dovesse dimenticare anche il calore solare e quello di Dio. Il castello era formato da un piano centrale, uno superiore e uno inferiore posto sottoterra, lungo cui correva un corridoio centrale ai lati del quale erano distribuite le varie celle. Edmond venne condotto, scendendo una strtta strada vorticosa, nel piano inferiore; poi, dopo aver percorso parte del corridoio, gli venne aperto un portone recante il numero 34: da adesso “numero 34” era il suo nome, pronunciato solo dalle varie guardie, in quanto ogni cella era riservata ad un solo prigioniero, che, dunque, viveva in perpetua solitudine. Edmond vi venne depositato in un angolo e liberato dalle manette; poi Orleàk gli parlò dicendo: “ Sono Armando Orleàk, direttore del Castello d’If. Questa è la vostra cella, luogo in cui mangerete, dormirete e, quando Dio vorrà, morirete. Come potete vedere, la vostra cella, come tutte le altre, non ha una finestra. La sola luce che può entrare è quella delle torce del corridoio attraverso la piccola finestrella del portone da dove riceverete il cibo una volta al giorno. Tuttavia, una volta al mese, vi verrà consegnata una candela che una guardia vi accenderà una sola volta, quindi badate di non farla spegnere poiché vi verrà riaccesa solo allo scadere del mese. Probabilmente, Dantès, vi rivedrò solo quando verrò a rimuovere il vostro cadavere, ma prima di salutarvi vi voglio dire una curiosità riguardo questa cella. Ebbene, il precedente detenuto è scomparso qui dentro molti anni fa e non è mai stato ritrovato, sebbene, come potete vedere, qui non ci siano altre uscite se non il portone d’accesso, che viene chiuso oggi e riaperto quando verrò a seppellirvi. Buona permanenza, Dantès. La vostra candela vi verrà consegnata il mese prossimo, il 14 ottobre. Meditate sulla vostra disgrazia in questo mese di buio. Addio!”. Detto questo, si voltò e, seguito dalle tre guardie, chiuse la porta, lasciando Edmond al buio seduto in un angolo, solo con sé stesso.
  
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