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Autore: EleWar    06/08/2023    5 recensioni
Nella vita di Ryo e Kaori ci sono tanti, troppi segreti, e omissioni, e la verità, prima o poi, viene a galla. Come reagiranno i nostri eroi alle prese con questa nuova avventura?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Ariciao gente! Che bello il vostro entusiasmo per il mio ritorno!!! ^___^ mi avete commosso!
GRAZIE GRAZIE GRAZIE
Come promesso, ho cercato di aggiornare presto, del resto anche questo è un capitoletto etto e quindi, perché indugiare?
Buona lettura, buona domenica e buona estate a tutti
Eleonora

 
 
 
Cap. 2 Devi sapere che…
 
Lo sweeper iniziò così:
 
“Il giorno che Hide è morto…”
 
“…che è stato ucciso!” l’interruppe Kaori.
 
Ryo, affatto infastidito per l’interruzione, annuì e proseguì dicendo:
 
“Hai ragione, scusami… Il giorno che Hide è stato assassinato, nel pomeriggio c’eravamo incontrati nel solito posto, al parco, e avevamo discusso del caso. Io ero contrario a che lui andasse all’incontro da solo, ma riuscì a convincermi dicendo che era il tuo compleanno, che così avremmo fatto entrambi tardi, e che non ti meritavi uno sgarbo simile da parte di tutti e due; che tu che ci tenevi tanto e che avresti cucinato per un reggimento.” Suo malgrado gli sfuggì un sorriso amaro.
 
Kaori non reagì minimamente.
 
Ryo riprese:
 
“Non parlammo solo della pericolosità dell’associazione con cui eravamo entrati in contatto, della Union Teope … Parlammo anche… di altro.” E nel dirlo allungò una mano verso di lei, e aprendole il palmo, le prese l’anello.
Lei lo lasciò fare.
 
Nonostante tutto Kaori accettò con piacere quel piccolo, intimo, contatto fisico.
Ancora una volta era come se, aprendo la sua mano, gli aprisse anche il suo cuore; per una frazione di secondo si augurò che lui non la ferisse nel profondo.
 
Anche Ryo apprezzò quel contatto: continuò a lungo a sentire il calore fuggevole della piccola mano di Kaori, e pensò che, in un altro momento, avrebbe tanto voluto stringergliela fra le sue, tenerla stretta e non lasciarla più.
Ma ora doveva parlare, e mentalmente rimandò la carezza: forse un giorno sarebbe diventata una cosa così normale e semplice, che non avrebbe nemmeno provato imbarazzo nel farla, si augurò solo che non ne avrebbe perso in intensità.
 
“Hide mi mostrò questo stesso anello” continuò Ryo, senza bisogno di guardalo.
 
I suoi occhi erano fissi su Kaori, di cui cercava di interpretare anche la più piccola espressione facciale, ma la ragazza era pervasa da un pallore innaturale per lei, e la tensione traspariva da ogni poro della pelle.
I troppi sentimenti che di sicuro stava provando in quel momento, si annullavano a vicenda, ed era praticamente impossibile capire cosa stesse sentendo.
L’uomo si rammaricò.
Quella non era la sua Kaori, e sperò che il disagio che stava sperimentando, lasciasse presto il posto all’innata voglia di vita della ragazza, alla sua solarità, al suo contagioso ottimismo.
Ancora una volta l’umore della donna che amava sarebbe dipeso da lui, e ancora una volta si sentì in colpa.
Scacciò quei pensieri molesti, e proseguì la spiegazione: da che si conoscevano non aveva mai intrapreso con lei un discorso così diretto e spinoso come quello che stavano facendo, o meglio che lui stava facendo, perché stavolta era lui che doveva parlare e chiarire.
 
“Hide mi mostrò l’anello” ripeté “e mi spiegò che vostro padre avrebbe voluto dartelo il giorno del tuo ventesimo compleanno, perché in quella data saresti divenuta un’adulta a tutti gli effetti e saresti diventata grande. Ma poi l’onere e l’onore sono passati a Makimura, e sarebbe toccato a lui non appena fosse giunto il momento giusto. Quell’anello, però, non era un semplice regalo da parte sua, anzi. Era… era… l’unico ricordo, l’unico legame che ti univa alla tua madre biologica.” Ryo tacque, affinché la socia assimilasse meglio l’informazione.
 
Kaori non ignorava di essere stata adottata, solo che pensava di essere stata presa dall’orfanatrofio, e che i suoi genitori adottivi, i signori Makimura, non conoscessero l’identità dei suoi familiari d’origine, malgrado ciò, non si stupì più di tanto.
Si limitò a deglutire vistosamente, ed istintivamente andò a cercare la tazza di tè, ormai vuota: aveva la gola riarsa, ma non si sarebbe alzata di lì per nulla al mondo.
Delusa ritrasse la mano, e in un certo senso fu come un segnale per Ryo, per poter riprendere il racconto, non prima di chiederle:
 
“Sapevi di essere stata adottata?”
 
“Certo che sì” rispose pronta “ed è anche una delle primissime cose che ti dissi quando ci conoscemmo…o hai dimenticato anche quello?” E le sue parole, pronunciate con tono tagliente, ferirono lo sweeper.
 
Quella domanda implicava tante altre domande, e altrettante risposte; gli ingombranti detti e non detti che si erano stratificati nella loro relazione, si sommavano alle bugie e alle mezze verità.
Per Ryo fu una rivelazione il provare così tanto dolore, ad essere additato da lei come un bugiardo, perché nella sua vita non si era mai preoccupato di doversi giustificare per ciò che diceva o non diceva.
Lui era un cinico sweeper, che lottava quotidianamente per salvarsi la pelle, e a nessuno doveva interessare la veridicità dei suoi discorsi, salvo solo quando minacciava qualcuno di morte o prometteva vendetta, perché di quello si poteva essere certi.
Ma da quando Makimura prima, e Kaori poi, erano entrati nella sua vita, aveva cambiato prospettiva: la stima e l’affetto necessitavano di sincerità e coerenza, e lui aveva imparato a fidarsi di loro, e ad aprirsi un po’ di più, ma non troppo, poiché nel momento in cui si era scoperto innamorato di Kaori, in un certo senso, aveva fatto un passo indietro, adoperandosi in tutti i modi per nascondere i suoi veri sentimenti, e purtroppo gli era riuscito anche bene.
E adesso si rammaricava di essere visto solo come un bugiardo, e si chiedeva se anche le omissioni avessero la valenza di menzogne, e soprattutto se Kaori avrebbe mai più avuto fiducia in lui.
Suo malgrado le rispose:
 
“Sì, mi ricordo, ricordo tutto di quel primo incontro, anche se non te ne ho mai parlato. E’ stato lì che ti ho chiamato Sugar Boy… e la notte prima dello scontro di Kaibara te l’ho fatto capire…”
 
Stavolta fu il turno di Kaori di trasalire.
Ryo aveva ragione, in quella bella e terribile notte passata insieme, uniti dalla disperazione e dalla speranza, lui l’aveva chiamata proprio con quell’inconfondibile nomignolo, anzi, attirandola a sé e riferendosi ai suoi cortissimi capelli, le aveva detto “Sugar… sei tornata da me”.
La ragazza aveva provato una felicità immensa, e nel dramma aveva sperato che la loro storia prendesse finalmente il via, ma poi, come sempre accadeva fra loro due, tutto si era guastato ed erano tornati dolorosamente ai blocchi di partenza.
Lei aveva temporaneamente perso la memoria, e lui ne aveva approfittato, anzi, apparentemente era lui che aveva dimenticato!
Fra i due chi era che soffriva spesso di amnesie?
Decise di lasciar correre, per il momento; non era di quello che stavano parlando, il problema era un altro.
 
“Vai avanti…” gli disse piuttosto, cercando di tornare al nocciolo della questione.
 
“Makimura mi confidò che tua madre aveva fatto fare due anelli identici, per te e tua sorella, e che rappresentavano l’amore che lei nutriva nei vostri confronti; dovevano essere di buon auspicio per il vostro futuro. Quando tuo padre ti rapì, prese con sé anche il tuo anello…” di nuovo Ryo fece una pausa.
 
Non aveva ancora rivelato l’identità della sorella, ma sapeva già che Kaori aveva capito di chi si trattasse; era più concentrato su come avrebbe preso il rapimento da parte del padre che tutto il resto: la sua famiglia non era il prototipo della famiglia felice, e lui doveva ancora finire di raccontarle tutto.
 
“Rapimento…” sospirò la ragazza “direi che è nel mio dna!” aggiunse con sarcasmo.
 
Ryo sorrise; l’autoironia di cui era provvista la sua socia l’aveva sempre divertito, ed era una dote che apprezzava tantissimo; era piacevole stare con lei, anche e soprattutto per questo.
Non l’avrebbe cambiata con nessun’altra donna al mondo.
Con cuore più leggero continuò:
 
“Sì, tuo padre, per ragioni che non conosco, e credimi è la verità” si affrettò a specificare “fuggì di casa quando tu eri piccolissima, e ti portò con sé. Era ricercato dalla polizia, e durante un inseguimento ebbe un terribile incidente. Si schiantò contro un muro, e non appena Makimura Senior giunse sul posto, ti trovò miracolosamente illesa all’interno della macchina. Per tuo padre non ci fu più nulla da fare. I Makimura decisero allora ti prenderti con sé, adottandoti, e soprattutto crescendoti con tanto amore come la propria figlia.”
 
Ryo con quell’ultima frase voleva sottolineare il lieto fine che aveva avuto la sua vicenda, piuttosto che il fatto che suo padre fosse un criminale, ma non riuscì a stornare l’attenzione della socia che amaramente commentò:
 
“E così mio padre era un malvivente?”
 
Ryo si strinse nelle spalle.
Era vero che non sapeva null’altro di più di quello che le aveva appena riferito; avrebbe voluto indorarle la pillola, ma cosa poteva inventarsi?
Non sapeva di quali crimini si fosse macchiato il padre di Kaori; forse l’unico era stato proprio il rapimento, e l’inseguimento con il suo tragico epilogo, era stata la conseguenza del mancato stop ad un posto di blocco, magari allestito apposta per lui.
Hideyuki non era vissuto abbastanza per dirglielo, e anzi, se fosse rimasto in vita, l’onere di rivelarle tali scomode verità, sarebbe toccato a lui.
 
In ogni caso Kaori si rattristò, se possibile, ancora di più.
Un conto era scoprire, anzi avere la conferma, di essere stati adottati e che l’anello che credeva fosse un semplice regalo dell’amato fratello, fosse invece un dono della sua vera madre, un conto era scoprire di essere figlia di un criminale, proprio lei che aveva votato la sua vita alla giustizia, alla lealtà, alla bontà.
Ryo colse al volo lo scoramento della sua partner e si affrettò a rassicurarla, come poté:
 
“So cosa stai pensando” le disse “Ma tu non sei tuo padre, siete due persone diverse, e tu e tua sorella avete sicuramente preso da vostra madre. E in ogni caso… proprio tu mi hai insegnato che anche se il passato non si può cambiare, si può sempre migliorare, e in certi casi rimediare agli errori commessi. Che c’è sempre un riscatto, c’è sempre una seconda possibilità, che si può sempre riprendere la retta via e non sbagliare più. Tu me lo hai insegnato ed io ci sto provando.” Concluse spiazzandola.
 
Kaori non si aspettava che Ryo le parlasse in quel modo, che ammettesse di voler cambiare, per lei, ma soprattutto grazie a lei.
Non ci aveva mai riflettuto, però era vero che Ryo era cambiato, che non era più il vecchio cinico assassino giustiziere che aveva conosciuto in un’altra vita.
Lo guardò intensamente.
Non si era mai resa conto di quanta presa avesse avuto su quel debosciato, su quell’uomo di mondo che sembrava averne viste e vissute di ogni, che aveva solo da insegnare e nulla più da imparare.
E invece le stava dicendo che aveva deciso di cambiare vita grazie a lei, al suo esempio, alla sua vicinanza.
Si commosse.
 
Ryo si addolcì ulteriormente:
 
“Sugar… non angustiarti per tuo padre… forse non sapremo mai perché era ricercato dalla polizia, e perché quel giorno decise di rapirti. Forse la separazione da tua madre era stata così dolorosa che oltretutto non voleva perdere anche le sue figlie, e per questo ti ha portato via con sé. Forse… forse al suo posto avrei fatto lo stesso chissà? E comunque, so che se tu lo avessi conosciuto, saresti finita per perdonarlo, per accettarlo come fai con tutti, come da sempre fai con me. Hai accolto come amici ex mercenari, sweeper e personaggi ambigui senza mai giudicarli, quindi, non essere troppo dura con lui, di certo ha sbagliato, ma sono sicuro che l’ha fatto per amore.”
 
Era così strano per Kaori sentire Ryo parlare di amore, che per un attimo rimase senza parole.
Non era facile assimilare tutte quelle informazioni, digerirle e accettarle.
E poi, si chiese, cosa le stava dicendo effettivamente Ryo fra le righe?
 
Presa nel turbine dei pensieri, nemmeno si accorse quando le scappò detto:
 
“E Sayuri allora?”
 
Ma Ryo non si scompose, perché si aspettava questa domanda, e senza indugio spiegò:
 
“Quando Sayuri è venuta a Tokyo, era alla disperata ricerca di sua sorella, di te. Si era rivolta anche alla polizia e Saeko…”
 
“Saeko sapeva? Anche lei sapeva la verità?” l’interruppe incredula.
 
“Sì, anche Saeko sapeva tutta la storia, perché gliel’aveva raccontata Makimura all’epoca, e poi Sayuri, quando è venuta a Shinjuku, gliel’ha confermata.”
 
“Bene, anche lei conosceva la mia storia… tutti conoscevano la mia storia, tutti tranne me!” ammise amaramente.
 
“No, non tutti. Solo Hide, Saeko, Sayuri e…me”
 
“E cosa aspettavate a dirmelo?” scoppiò con veemenza. “Perché mi avete tenuto all’oscuro di queste informazioni importanti? In fin dei conti non erano nemmeno affari vostri, no? Se lo avessi saputo prima, se lo avessi saputo prima io…” ma non terminò la frase, e dopo l’enfasi iniziale, si afflosciò sulla sedia e su sé stessa.
Ma poi si riscosse, e subito chiese di colpo:
 
“Cosa ti ha detto Sayuri, e perché se n’è andata senza dirmi niente?”
 
“Sayuri… tua sorella Sayuri” ed era la prima volta che Ryo ammetteva apertamente questa ovvietà “Tua sorella Sayuri era giunta qui perché ti stava cercando da una vita, voleva ritrovarti e portarti via con sé. Quando io e Saeko ci siamo incontrati con lei, ci ha raccontato la stessa storia che già conoscevamo, e ci ha spiegato il significato dell’anello identico che possedete. Avrebbe voluto rivelarti subito la sua identità, ma noi… noi l’abbiamo dissuasa, perché temevamo che sarebbe stato uno shock troppo grande per te. Si è anche infuriata con me, non appena ha saputo che tipo di lavoro svolgiamo, e che razza di vita conduciamo; se l’è presa con me perché ti metto costantemente in pericolo e perché io… sono quello che sono.
Aveva ragione, naturalmente, non potevo darle torto, ma facemmo un patto. Le chiesi di prendersi del tempo per stare con te, per conoscerti, e rendere tutto molto più graduale. Io me ne sarei tenuto fuori perché, hai ragione, non erano affari miei anche se… temevo che alla fine te ne saresti andata via con lei, anche prima di conoscere la verità sul tuo passato.”
 
Ecco, Ryo si era inaspettatamente sbottonato, aveva ammesso di tenere così tanto a lei, fino al punto di temere un abbandono da parte della sua storica socia.
Ma Kaori era troppo frastornata per carpire fino in fondo le implicazioni di quell’affermazione; era ancora troppo indignata per il fatto di essere stata scavalcata nei suoi affari, per essere stata manovrata ingenuamente, per essere stata trattata come una bambina, una minorata mentale che non è in grado di gestire la sua vita.
Ricordava molto bene quel periodo in cui era comparsa la dolce e bella Sayuri: si era sentita subito istintivamente attratta dalla ragazza, e, in poco tempo, avevano stabilito un rapporto, un legame, e veramente era come se si conoscessero da sempre; l’affetto era nato spontaneo.
Con giri di parole, con battute e allusioni, la giovane donna aveva cercato di farle capire che erano sorelle, ma all’atto pratico non si era dichiarata, e Kaori era stata al gioco; aveva compreso che non era la solita cliente e che c’era qualcosa sotto, ma ammettere di averla scoperta, di aver capito chi fosse, avrebbe comportato un cambiamento radicale nella sua vita.
Avrebbe dovuto lasciare Ryo, che amava più di sé stessa, per seguire una sorella, ritrovata, la quale era poco più di una sconosciuta.
Non si sentiva pronta.
All’epoca aveva scelto Ryo, aveva scelto di restare, ma per un attimo si chiese se avesse fatto bene.
Tutti le avevano mentito, tutti le avevano taciuto informazioni importanti.
E se poteva scusare Saeko che non era così tanto intima con lei, o Sayuri che era letteralmente sbucata dal nulla, cosa pensare di Hideyuki e di Ryo?
 
“Gli uomini più importanti della mia vita, gli unici che ho veramente amato… mi hanno mentito!” sentenziò a mezza voce.
 
Ryo trasalì.
Sapeva che Kaori era innamorata di lui, ma non si aspettava che lo confessasse così apertamente, inoltre ciò che lei aveva appena detto, non era propriamente vero, Ryo non le aveva mentito, e se lo aveva fatto, non era stato per danneggiarla, anzi.
Ma Kaori, nemmeno avesse potuto sentire i suoi ragionamenti, gli chiese a bruciapelo:
 
“Perché lo hai fatto, perché lo avete fatto!” e poi alzando la voce “Dimmelo, e sii sincero una buona volta!”
 
Quella richiesta perentoria meritava una risposta onesta e franca.
 
“Lo abbiamo fatto per il tuo bene!”
 
   
 
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