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Autore: EleWar    02/08/2023    7 recensioni
Nella vita di Ryo e Kaori ci sono tanti, troppi segreti, e omissioni, e la verità, prima o poi, viene a galla. Come reagiranno i nostri eroi alle prese con questa nuova avventura?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Salve gente! Sono tornata :D Sto giro vorrei proporvi una breve ff, con altrettanti brevi capitoli. La storia prende il via da... ma, aspettate un momento, mica ve lo posso dire subito? Leggete e vedrete.
Niente di nuovo, però, sotto il sole rovente di questa estate'23
Con affetto
Eleonora





Cap. 1 L’anello
 
Era quasi l’alba quando Ryo rientrò a casa.
E lo fece in maniera furtiva, come se temesse di essere beccato dalla sua socia, anche se…
Non era la prima volta che succedeva di fare le ore piccole, anzi, era la regola, quella, e raramente lei lo aveva aspettato alzata, facendogli una ramanzina per il suo rientro a notte inoltrata.
Kaori ci aveva provato, qualche volta, ma non potendo esternare la sua immensa gelosia – peraltro ingiustificata, e infondata, visto come lui si stava comportando ultimamente – si accaniva sul fatto che, se Ryo continuava ad andar per locali e a ridursi in quello stato, cioè ubriaco fradicio, voleva dire solo una cosa, e cioè che stava dilapidando il frutto del loro pericolosissimo lavoro, in bagordi.
Inoltre Kaori non poteva certo rimproverargli di andare a donne perché, come lui si era peritato spesso di ricordarle, almeno all’inizio, non erano fidanzati, non era la sua compagna né sua moglie, quindi lei non poteva pretendere niente.
E allora perché, proprio come in quel momento, quando lui rincasava così tardi, lo faceva sempre con un ingombrante senso di colpa?
Come se stesse facendo un torto a lei?
 
Stava quasi per sospirare, al termine delle sue elucubrazioni, quando, non appena entrato nell’appartamento, per un attimo restò senza fiato, stupito, bloccato sul posto con aria colpevole: dalla cucina giungeva il tenue chiarore della luce e, a meno che la sua socia non l’avesse dimenticato accesa ore prima, proprio lei in persona era lì!
Ad aspettarlo?
A fare cosa?
Era pur sempre presto per alzarsi, anche per lei!
 
Un brivido gli corse lungo la schiena.
 
Non aveva voglia di litigare con lei, non se la sentiva di ribattere alle sue accuse con le solite insulse scempiaggini, non aveva intenzione di difendere il suo status di stallone libero da legami e da impegni, che felice scorrazza da una giumenta all’altra.
Lui, che si sentiva profondamente legato alla sua socia, lui che non avrebbe voluto stare se non con lei, lui che continuava a tacere e mentire, condannando entrambi all’infelicità.
 
Quasi si aspettava la voce stridula di Kaori che, accortasi di lui, lo rimproverasse, e per una frazione di secondo pensò che, da buon vigliacco qual era, avrebbe potuto sgattaiolare al piano di sopra, eludendo la sua sorveglianza.
Ma, allo stesso tempo, era turbato da un potente bisogno di vederla, parlarle, anche se c’erano alte probabilità che sarebbero finiti per litigare.
 
Kaori, però, non lo chiamò, anche se, ne era certo, l’aveva sicuramente sentito rientrare; e non fece nemmeno il benché minimo rumore, lì nella stanza, cosicché lui cercò d’immaginarsi cosa stesse realmente facendo la sua socia, in cucina e a quell’ora.
 
Raddrizzate le spalle, e indossata la sua solita maschera da strafottente menefreghista, si diede un tono e si decise ad avanzare verso di lei.
Non aveva voglia di questionare con la storica partner, ma se fosse stato necessario, lui era pronto.
 
Si stupì non poco, però, quando ormai dentro la cucina - e non aveva fatto nulla per nascondere il suo arrivo, né lo aveva accentuato - Kaori nemmeno si voltò a guardarlo.
 
La socia sedeva in silenzio al tavolino, con entrambe le braccia abbandonate sul piano, una mano chiusa a pugno, l’altra appoggiata mollemente su quella che aveva tutta l’aria di essere un’istantanea.
La sua bella tazza con la K stampigliata bene sopra, era lì accanto.
La ragazza era completamente assorta nei suoi pensieri, anche se una parte di lei aveva registrato l’arrivo di Ryo, solo che, semplicemente, non gli aveva dato peso.
 
Il socio fece il giro del tavolo, e si sedette lentamente davanti a lei; l’uomo si sentiva stranamente a disagio, eppure quella era la sua cucina, era la sua casa, e quella magnifica donna che vegliava nel pieno della notte, era la sua socia, la sua migliore amica, la sua compagna di mille avventure.
Se possibile, quasi Ryo si sentì un intruso, e per scacciare quel senso di straniamento che stava provando, sporgendosi leggermente verso di lei, buttò lì la prima cosa che gli venne in mente e cioè:
 
“Ehi socia, perché non sei di sopra a dormire?”
 
Una domanda semplice, neutra, quasi un benevolo, ironico, rimprovero, ma lo sguardo che Kaori gli rivolse in risposta, lo raggelò: la ragazza lo guardò con occhi profondamente tristi, lucidi, in cui si poteva leggere una sofferenza antica, spiazzante, umiliante, e Ryo istintivamente si tirò indietro, come se avesse toccato il fuoco e si fosse scottato.
Eppure quella tristezza disarmante, su di lui ebbe lo stesso l’effetto di una doccia gelata, che s’insinuasse nel profondo del cuore, ed ebbe paura.
Il grande Ryo Saeba, ebbe paura.
E il suo innato sesto senso, lo mise in guardia, facendogli temere qualcosa di grave, di veramente serio, di pericoloso.
 
I suoi dubbi ebbero conferma quando Kaori aprì lentamente il pugno serrato, mostrandogli l’anello che le aveva regalato Hideyuki in punto di morte.
 
“Tu lo sapevi” esordì Kaori, senza giri di parole, inchiodandolo sulla sedia con quelle sole tre parole.
 
In quel preciso momento, Ryo pensò che sarebbe stato infinitamente meglio se fosse filato direttamente a letto, anziché deviare per la cucina, ma allo stesso tempo provò come un senso di sollievo.
Si prospettava una sorta di resa dei conti, e lui avrebbe finalmente potuto raccontarle tutto del segreto dell’anello, tutto ciò che le aveva tenuto nascosto per anni, ed era contento che proprio lei – come al solito – gliene desse la possibilità, che fosse stata lei a fare il primo passo.
Era però ben consapevole che non sarebbe stato facile, e lo sguardo addolorato dell’amata socia, gliene restituì la misura; ma ormai erano giunti al dunque e non si sarebbe tirato indietro, almeno non stavolta.
Nonostante ciò, non seppe cosa risponderle, e si limitò ad annuire.
Aspettò che lei proseguisse, e Kaori, come se recitasse un copione imparato molto bene a memoria, che prevedeva che dei due fosse lei quella a parlare e lui a tacere, si dispose a spiegare:
 
“Giorni fa Sayuri mi ha mandato questa foto” e la indicò brevemente con un gesto del mento, Ryo la prese e la osservò mentre la ragazza proseguiva dicendo “…e grande è stata la mia felicità. E’ una così cara ragazza… ed è anche molto bella; mi sono affezionata tantissimo a lei, fin da subito…” e detto ciò finalmente alzò gli occhi ad incontrare quelli del socio “…una sorta di sesto senso… di affinità elettive… Buffo no?” domandò in fine, abbozzando un sorriso che faceva tristezza.
 
Ryo deglutì a fatica e non disse nulla, ancora.
Aspettava di sapere dove la ragazza sarebbe andata a parare, cosa voleva dirgli.
Lo sweeper continuava a guardare la foto, però, e nonostante il suo acume, non riusciva a notare nulla di strano.
L’istantanea raffigurava Sayuri in posa davanti all’obiettivo, un sorriso radioso, raggiante; era vestita elegante, e con un braccio ripiegato sul petto, reggeva un libro, no, un fascicolo; Ryo aguzzò la vista e lesse il titolo: aveva tutta l’aria di essere una tesi di laurea, una specializzazione, quindi, un master ottenuto nel corso della sua fulgida carriera di giornalista.
Nulla di strano che la donna avesse voluto condividere con Kaori tale traguardo; sicuramente la foto era accompagnata anche da un qualche scritto, ma la lettera non era lì sul tavolo, quindi era la foto che faceva la differenza.
La esaminò nuovamente con più attenzione e nell’attimo esatto in cui realizzò quale era il dettaglio rivelatore, Kaori disse:
 
“L’anello… Sayuri indossa un anello simile, identico al mio…”
 
Ryo trasalì e forse Kaori se ne accorse.
La sua Sugar era ormai diventata una sweeper in gamba, e non ci aveva messo su molto a notare il seppur quasi insignificante particolare di quella foto, e cioè che la donna che amava come una sorella, indossava un anello uguale al suo, anche se la mano di Sayuri non era in primo piano, anche se l’attenzione di chi guardava la foto era assorbita dai suoi occhi ridenti, dal suo sorriso contagioso, dall’emozione che traspariva dal volto perfetto, dal suo personale elegante e femminile.
Notare un piccolissimo particolare come quello, non era affatto facile, eppure l’unica persona al mondo che, in teoria, non avrebbe dovuto notarlo, l’aveva visto.
Ma poi, si chiese Ryo, perché non avrebbe dovuto?
Kaori non poteva rimanere all’oscuro di questo segreto per sempre!
Prima o poi avrebbe dovuto saperlo, e il ritardo con cui Ryo si era trastullato, era una sorta di mancanza di  rispetto per l’anima di Makimura.
No, non era stato un caso che Kaori avesse individuato quel particolare infinitesimale, era la forza della verità che chiedeva di venire fuori.
 
“Kaori…” iniziò dicendo Ryo, ma poi si bloccò incapace di dire altro.
 
“Che strana coincidenza, non credi?” disse la ragazza con una punta di ironica mestizia; sembrava più che ragionasse fra sé e sé, piuttosto che con il suo taciturno socio.
 
Aveva nuovamente abbassato gli occhi, sul palmo aperto della sua mano e fissava l’anello, abbastanza anonimo, quasi dozzinale, con un’indefinita pietra rossa che, per quanto ne sapeva, poteva benissimo essere vetro colorato.
Eppure, per lei, nella sua interezza, era più prezioso del più grande tesoro dell’imperatore, e l’aveva tenuto sempre con amorevole cura.
 
Ryo non era capace di muovere un muscolo, né di dire una sola parola, e si stava macerando in quel pantano emotivo, in quell’atroce empasse in cui erano caduti.
 
Da sempre non abituato a spiegarsi a parole, soprattutto nei discorsi seri o che riguardassero i sentimenti in generale, e in particolare quelli verso la sua adorata partner, restava muto, e quel suo stesso silenzio pesava come un macigno su entrambi.
Vedeva la sofferenza di Kaori, e avrebbe tanto voluto sollevarla, consolarla, magari abbracciarla forte, avrebbe voluto vederla nuovamente felice, ma non sapeva come fare.
Se anche fosse stato un collega più espansivo ed affettuoso, non sarebbe stato affatto facile per lui, per loro affrontare e superare quell’evenienza.
L’anello di Makimura era la cosiddetta punta dell’iceberg.
 
Ryo era ancora immerso nei suoi dissidi interiori, quando d’un tratto Kaori si alzò in piedi e l’uomo sobbalzò.
 
“Dove vai?” Le chiese di getto, prima ancora di rendersi conto della domanda che le stava facendo.
 
La ragazza si voltò a guardarlo, e per un attimo parve indecisa sulla risposta, come se non ci avesse pensato minimamente, come se non fosse affatto necessario informarlo dei suoi movimenti, come se non fossero affari del socio.
In fondo era stata da sola fino a pochi istanti prima, sola nel cuore della notte, ad interrogarsi sulla sua vita così piena di menzogne, di parole e fatti taciuti.
Ryo era arrivato quasi per caso, non era previsto che avrebbe dovuto discuterne con lui, era un fatto privato.
 
Si sforzò di sorridergli e in risposta gli fece un’alzatina di spalle.
Ma a Ryo passò un lungo brivido attraverso la spina dorsale, e un sentore di pericolo lo mise in allerta: non aveva mai avvertito Kaori così distante, sentiva che la stava perdendo, e non solo perché di lì a poco sarebbe uscita da quella stanza, per andare altrove.
No, temeva che Kaori, invece, sarebbe uscita dalla sua vita, e per sempre.
Doveva impedirglielo, doveva agire, doveva fare qualcosa.
 
Scattò in piedi a sua volta, e allungando un braccio nella sua direzione, le disse impulsivamente:
 
“Aspetta!” e poi più dolcemente “Ti prego non andare…”
 
Era così appassionato nel tono della voce, così implorante, che Kaori lo guardò più attentamente.
 
Eppure era così sconvolta, turbata, confusa, che non riusciva più ad interpretare il comportamento di Ryo.
Abituata a leggere fra le righe, a soprassedere sulle sue mancanze, sulle assenze, a sforzarsi di non dare peso agli insulti e alle feroci prese in giro, dicendosi che lui non faceva sul serio, e che quello che le diceva non lo pensava veramente, perché sotto sotto era affezionato a lei, che per una volta si arrese.
Era così stanca di cercare di capire Ryo, che stavolta nemmeno ci provò.
D'altronde  aveva scoperto l’ennesima menzogna, e non sapeva più a cose credere.
 
“Ho bisogno di stare da sola… devo andare…”.
 
Aveva dato voce al suo tormento, doveva allontanarsi da lui, dal mondo che la circondava, così come lei lo conosceva.
Aveva bisogno di richiudersi in sé stessa e ritrovarsi, doveva fare chiarezza dentro di sé, e in quel momento non c’era posto per l’ingombrante e totalizzante presenza di Ryo.
 
“Ho… ho capito, ma prima… devi sapere.”
 
Ryo aveva preso coraggio ed era deciso a raccontarle tutto, fin dall’inizio: non sapeva se al termine del suo racconto lei avrebbe ancora voluto restare accanto a lui, ma era giunta l’ora della verità e questo lo doveva non solo a lei, ma anche al suo defunto amico.
Kaori non era più una bambina, forse non lo era stata mai, piuttosto era una splendida adulta sensata e intelligente.
Il passato non poteva certo essere cancellato, ma Ryo voleva che il suo futuro fosse limpido e senza ombre.
Troppi segreti l’uomo custodiva dentro il suo cuore, che lo tormentavano ogni qualvolta ci pensava, ma con Kaori aveva trovato un po’ di pace, una speranza, e voleva che almeno lei vivesse serena e consapevole.
Kaori aveva avuto dei genitori, e almeno uno, sua madre, l’aveva amata fino alla fine: Ryo voleva che lei lo sapesse.
Kaori era sempre stata amata, era stata circondata dall’amore di una vera famiglia, seppur non biologica o sui generis, ma questo lei lo doveva sapere.
Anche adesso era amata tantissimo, da lui, ma se anche non si sentiva ancora pronto a dichiararglielo, tutto il resto doveva conoscerlo.
 
“Prima… prima che tu vada devi conoscere tutta la verità… fin dall’inizio. Ti prego resta…” le chiese con tono accorato infine.
 
Kaori si lasciò cadere sulla sua sedia, e si dispose ad ascoltare, augurandosi che stavolta Ryo le raccontasse solo ed esclusivamente la verità, quale lei aveva il diritto di sapere.
Si sarebbe accorta se stava nuovamente mentendo?
Ma che importanza aveva, orami, arrivati a questo punto?
E poi, avrebbe sempre potuto interrogare Sayuri.
Sì, adesso era il momento di far parlare Ryo.
 
   
 
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