Capitolo 5
Buoni propositi
POV Robert
Tu
che sei la perfezione
per fortuna che ci sei
apro le mie braccia al cielo
e penso…
Mamma
mia bella! Come avevo fatto?!
Era
incredibile che fossi riuscito a portare a termine uno degli obiettivi che mi
ero prefissato.
Cerca di apparire sciolto e disinvolto!
Sciolto e disinvolto, disinvolto! mi ero detto e ripetuto fino alla nausea nelle ultime 24
ore prima di rivederla, e ci ero riuscito. Chissà dove avevo trovato la forza
per non urlarle che era stupenda e che sarei stato ore a fissarla
mentre incerta scrutava il mio assurdo comportamento e quei miei
cambiamenti d’umore talmente percettibili e reali da poterli toccare con un
dito. Li avrebbe notati anche un cieco..o un sordo..o chiunque
avesse uno o due sensi mancanti.
Ero
riuscito a ignorarla gentilmente e quanto meglio fosse
possibile e poteva essere solo una mia modesta impressione ma mi sembrava
alquanto – e giustamente oserei dire - turbata dal mio atteggiamento lunatico;
era stata silenziosa tutto il pranzo. Ogni tanto buttavo un occhio per
osservarla persa nei suoi pensieri e non potei fare a meno di incrociare i suoi
occhi un paio di volte. Chissà a cosa stava pensando? Forse stava valutando le
sue scelte, forse mi aveva preso per un pazzo lunatico, forse aveva anche
pensato che non sarei stato buono per la parte.
Comunque
non potei concentrarmi completamente su di lei. Non me lo potevo permettere.
C’erano altre sei persone che volevano sapere di me e non potevo ignorarli per
pensare ai fatti miei, o meglio ai fatti suoi…dovevo tener fede al mio
obiettivo e fare buona impressione su tutti. Avrebbe
giovato certamente. Così mi ero impegnato a rispondere a
una serie di domande di circostanza, alquanto noiose in verità, ma dovute.
Dove
sei nato? Quanti anni hai? Hai sempre vissuto in Inghilterra?
Poi
domande un po’ più personali…
Sport,
hobby, famiglia, animali…un po’ di tutto.
Continuavano
a farmi domande e continuavo a rispondere paziente.
“Allora
Rob, sei fidanzato?” mi chiese la ragazza con i capelli lunghi scuri alla mia
destra che se ricordavo bene doveva essere Nikki. Da lì il discorso si spostò
subito sull’amore in generale.
Credi
all’amore? Al colpo di fulmine? Mai stato innamorato?
Una
serie di domande un po’ sfacciate le cui risposte modeste tutti ascoltavano
interessati, eppure l’unica persona che volevo ascoltasse
sembrava essere totalmente assente. Probabilmente non aveva sentito una sola parola
da quando eravamo seduti a tavola. Se ne stava lì, di
fronte a me, bellissima nella sua semplicità, a fissare il piatto, a giocare
col cibo e a torturare i filini di un braccialetto che aveva al polso; uno di
quei semplici braccialetti finissimi che vendono dappertutto, di colori diversa a seconda del significato: amore,
amicizia, soldi, fortuna…
Il
suo era rosso. Non ricordavo bene i significati dei colori ma
non ci voleva un genio per capire. Il rosso era senz’altro amore. Brutto segno.
Allora era fidanzata? O comunque era impegnata con
qualcuno?
D’un
tratto piombai in un silenzio improvviso che avevano dovuto percepire tutti.
“Hey,
tutto bene?”, “Cosa è successo?”, “Che c’è che non
va?”
Sentivo
le voci nella mia testa ma non era difficile ignorarle
perso com’ero nell’improvvisa e sconcertante possibilità che si era appena
presentata ai miei occhi.
Le
voci continuavano e iniziai a sforzarmi per ignorarle quando
decisi di non lasciarmi scoraggiare. Quello che avevo avuto già era tanto. Non
potevo certo pretendere tutto subito; in fondo non potevo aspettarmi che una
ragazza così fosse single, senza contare che non avevo ancora nessuna prova:
per quel che ne sapevo poteva anche essere un semplice braccialetto senza
importanza, magari il rosso era il suo colore preferito, magari glielo aveva
regalato la migliore amica, o forse….il suo ragazzo. Non riuscivo ad abbandonare
quella possibilità, ovvia come si presentava ai miei occhi. Ma,
non sapendo cosa avrei trovato, mi ero ripromesso di non abbattermi. Così
tornai alla realtà scherzando come se niente fosse successo e scusandomi con
gli altri per la mia momentanea assenza.
Erano
davvero tutti simpatici, eravamo un cast giovanissimo e ampio – a quanto mi
avevano detto eravamo solo la metà degli attori al pranzo – e mi risultò facile fare amicizia, o almeno conversazione. Tutti
ridevano alle mie battute, che uscivano spontanee, senza bisogno di forzarle.
Mi sentivo bene, anche se avvertivo che sarei potuto stare meglio se solo lei…
Se solo
avesse alzato gli occhi, se mi avesse guardato, se avesse parlato un pò… E
invece continuava a fissare il vuoto…
Intanto
le portate iniziavano a rallentare e sentivo che eravamo quasi alla fine. Non
volevo andare via. Non le avevo detto più di due
parole e invece avrei voluto parlare con lei tutto il giorno. Non ero pronto ad
andare. Volevo stare ancora lì a contemplarla. Tuttavia il destino, che
ultimamente per me aveva nome Catherine, avanzò un piacevole imprevisto.
“Robert,
se per te va bene, credo sia l’ideale che tu e Kristen iniziate a provare…sai
com’è? Il tempo scorre e il budget è limitato..”
Inaspettatamente
saltò fuori che l’avrei rivista prima di quanto
immaginassi, e in circostanze del tutto favorevoli.
Afferrai
la palla al balzo. “Certo!” mi affrettai a dire cercando di apparire
disinvolto. “Sempre se per Kristen va bene”.
Non
so se fosse stato il suono del suo nome, fatto sta che
tornò alla realtà come risvegliata da un sonno profondo, disorientata e ancora
incosciente. Era evidente che non aveva seguito una
virgola del nostro discorso e non potei fare a meno di chiedermi nuovamente a
cosa stesse pensando. Avrei tanto voluto esplorare quella graziosa testolina
per scavare nei suoi pensieri, nelle sue preoccupazioni e per avere
informazioni; quelle informazioni che Catherine non tardò
a darmi poco dopo.
Catherine
le espose la sua idea e con disinvoltura chiesi l’indirizzo, ma nel prendere il
tovagliolo su cui l’aveva scritto le nostre dita si sfiorarono e a quel
semplice contatto non potei non avere un fremito di piacere. Sperai tanto che
nessuno se ne fosse accorto. Cercando di tornare al presente, ci mettemmo
d’accordo per l’ora pacatamente, mentre invece dentro me
urlavo di gioia.
Stavamo
per andare via, quando inaspettatamente Catherine mi chiamò e mi fece segno di
seguirla per mettermi al corrente di quella realtà che
avevo cercato di negare ed evitare disperatamente.
“Senti
Robert. Credo che tu sia perfetto per la parte. Non posso pensare a nessuno
meglio di te…”
Sentivo
che stava per arrivare…
“E
a questo punto ci deve essere un ma…” dissi con l’aria
di chi ha voglia di scherzare cercando di prendere alla leggere quel ma sconosciuto che stava per arrivare.
“Ma…” continuò lei mostrandomi uno sguardo eloquente. Si
bloccò per un secondo e poi “…promettimi che non ci proverai con Kristen!”
disse tutto d’un fiato.
Rimasi senza parole, non sapevo proprio cosa dire. Avrei dovuto sbrigarmi a inventare qualcosa o avrebbe scambiato il mio silenzio per
un tacito assenso oppure avrebbe capito le mie iniziali intenzioni. Non potevo
lasciare che capisse o l’una o l’altra cosa, così decisi che avrei mentito
spudoratamente e l’avrei presa sullo scherzo fingendo di non sapere di cosa stesse parlando, cercando di rassicurarla, ma le sue
parole continuarono a scorrere e interruppero i miei propositi di frenare le
sue fantasie fondate e penetrarono nel mio petto come schegge di vetro, pronte
a rivelarmi la verità che volevo aggirare.
“Poi
il suo ragazzo è un mio grande amico…” Ed eccola lì. Sentivo che stava per
arrivare…ed ecco la botta che stavo aspettando
colpirmi in pieno sbattendomi in faccia la cruda realtà.
Continuavo
a rimanere in silenzio mentre la voce di Catherine
continuava imperterrita, questa volta scherzandoci su…”Senza contare che ha 17
anni, quindi potresti finire in galera” si mise a ridere e la seguii con un
sorrisino forzato che mascherava il mio dolore e il mio stupore.
“Non
preoccuparti..” dissi alla
fine un po’ deluso ma consapevole che quell’impegno era troppo importante per
lasciarmelo sfuggire.
Solo
quando mi trovai solo nella mia stanza inizia a
riflettere e a rimuginare sulle sue parole. In particolare una frase mi
rimbombava nelle orecchie: poi il suo
ragazzo è un mio grande amico…il suo ragazzo…ragazzo…
Così
le mie supposizioni erano fondate. Aveva un ragazzo. Come avevo potuto metterlo
in dubbio anche per un secondo?! Normale che avesse un
ragazzo! Che idiota che ero!
Poi
un altro pensiero si fece largo tra i miei pensieri.
17
anni! Wow! Sembrava molto più grande, almeno fisicamente; ancora non la
conoscevo bene per dire altrettanto riguardo la sua
maturità, ma il desiderio di conoscerla e parlarle crebbe smisuratamente in me.
“Che disdetta!” Pensai come un vecchio che ha appena
perso una partita a carte. Avevo già fatto progetti ma
non avevo tenuto in conto il mazziere, colui che conduce il gioco, a cui spetta
l’ultima mossa e che ha tutti i vantaggi del leader. Nel giro di una settimana
avevo toccato il paradiso ed ero sprofondato all’inferno in un istante.
Improvvisamente una serie di immagini e pensieri
negativi invasero la mia mente stravolta dallo sconforto e dalla delusione.
Forse era meglio abbandonare tutto, forse avrei dovuto abbandonare
la recitazione, forse l’amore non era cosa per me, forse avrei dovuto annullare
il contratto e continuare la mia vita a Londra, suonando musica sul mio tetto
tra piccoli ingaggi in bar e pub, nell’ignoto più totale, nella pace dei sensi,
forse sarebbe stato meglio allontanarmi, lasciare quel sogno dov’era e tornare
alla vita di sempre come se nulla fosse successo, forse era meglio
dimenticarla…
Ma
davanti quell’ultima opzione un varco si aprì tra quei
pensieri lugubri e macabri rivelando una specie di epifania: io non volevo
dimenticarla e non l’avrei fatto. Cavolo! Mi stavo già rimproverando per cose
che non avevo fatto! Ma quanto ero stupido? Non avevo
ancora fatto niente. Avevo scambiato a malapena due parole con quella ragazza e
già pianificavo di lasciare il paese per una piccola delusione che,
stupidamente, avevo dimenticato di calcolare. Ma al diavolo le delusioni! Non avrei
fatto proprio niente, proprio come Catherine aveva chiesto. Sarei stato
al mio posto, buono e tranquillo a fissarla e a celarle la mia ammirazione
finché non fosse stato il momento giusto, perché se ci fosse stato un momento
giusto l’avrei colto, l’avrei preso al volo; perché se ci fosse stato quel
momento significava che era destino che ci fosse. Non avrei forzato la mano, mi
sarei comportato a seconda delle situazioni, facendo e
dicendo quello che sentivo con moderazione. Avrei cercato di aprirmi un piccolo
varco verso di lei, ma non l’avrei mai forzata a fare niente che non volesse.
Questa
fu la mia rivelazione: volevo parlarle e volevo
conoscerla.
Era
tutta la vita che aspettavo un momento simile. Tutta
la vita che aspettavo lei.
Il
destino era stato tanto gentile da offrirmi una tale possibilità su un piatto
d’argento e non me la sarei lasciato sfuggire; non
avrei permesso alle mie paure di farmi fuggire, l’avevo fatto già troppe volte.
Ora basta. Era il momento di affrontare la vita e quello che mi offriva. E
quello che mi offriva ora era una serata con la ragazza dei miei sogni…e un
ritardo pazzesco!!!
Mi
accorsi che mancava un quarto alle otto e io ero ancora a rimuginare! Scattai
dal letto e corsi sotto la doccia cercando di fare il punto della situazione e
sperando di non aver preso decisioni sbagliate.
Più
tardi, quando la vidi, mi fu tutto inspiegabilmente
più chiaro.
“Hey!”
disse semplicemente aprendomi la porta.
Allora
capii di aver fatto la scelta giusta.
..sei la più bella del mondo
ed era tutta la vita che
non aspettavo che te.
Sei
la più bella del mondo
religione per me
mi piaci da impazzire
mi piaci come sei.