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Autore: EleWar    13/08/2023    3 recensioni
Nella vita di Ryo e Kaori ci sono tanti, troppi segreti, e omissioni, e la verità, prima o poi, viene a galla. Come reagiranno i nostri eroi alle prese con questa nuova avventura?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Proseguo con i capitolini ini e al solito mi scuso per questo. Però visto quanto presto aggiorno? :D
Detto questo, vorrei dedicare questo capitolo ad una mia lettrice ‘innamorata’ di Umibozu – lei sa, almeno spero ^_^’
Per il resto vi lovvo tutti
Con affetto
Eleonora

 
 
Cap. 4 Pezzo per pezzo
 
I giorni passarono lenti, con una lentezza esasperante, e a Ryo parvero mesi.
Kaori se ne era andata, alla fine, e lui non l’aveva trattenuta, ma stavolta non era stata codardia la sua, bensì rispetto.
Anche se avrebbe tanto voluto tenerla lì per sempre con lui, ed era pronto anche a dichiararsi se fosse stato necessario – in realtà necessario lo era da moltissimi anni ormai – riconobbe che non era quello il momento.
La sua amata socia aveva bisogno di quiete e serenità, doveva raccogliere i cocci della sua vita, doveva fare chiarezza e pace con il suo passato.
Doveva persuadersi che era stato a causa del troppo amore e senso di protezione, di chi l’aveva circondata, se non conosceva una parte della sua vita passata.
 
Fin da quando si erano conosciuti, Ryo aveva provato subito un forte slancio verso Kaori, un potente bisogno di prendersi cura di lei, di proteggerla, ma, aveva dovuto ammettere ben presto, era stato solo per amore e non per fragilità, poiché Kaori sembrava non aver bisogno di niente e di nessuno, nemmeno di lui.
Sembrava bastante a sé stessa e questa cosa l’aveva immensamente impressionato.
Lui ammirava, inoltre, la sua dirittura morale, la sua sconfinata bontà, e non vedeva in lei la solita donnetta fragile e priva di carattere da proteggere a prescindere, appunto.
 
Kaori non aveva versato una lacrima quando lui le aveva detto che suo fratello era stato ucciso, almeno non in sua presenza; era convinta che il dolore fosse un fatto privato, e non si sarebbe lasciata andare davanti a lui per pudore, e anche per non apparire una mammoletta: voleva essere una dura.
Ryo non l’aveva mai sentita piagnucolare per qualcosa, disperarsi per problemi legati alla loro vita spericolata, eppure lui non le aveva mai risparmiato tiri mancini o insulti beceri e prese in giro; se strepitava come una donnicciola, donnicciola? Ma se era più una virago o un’erinni! Si disse. No, se strepitava era solo per il suo comportamento esasperante da cretino, e gli improperi che lei gli indirizzava, se li meritava tutti.
Per questo Ryo sopportava le sue scenate di gelosia, le sue punizioni corporali.
Inoltre, quello era anche il suo modo di dimostrargli affetto e considerazione, e a lui andava bene, le piaceva così com’era; non avrebbe cambiato nulla di lei.
Ogni tanto ci pensava a che razza di uomo fosse, così complesso e incasinato, uno che ama e non vuol dirlo, uno che vuol proteggere e prendersi cura di una donna, ma non che questa si leghi a lui.
 
Ma adesso non aveva più importanza.
 
La donna che amava, non era più lì con lui.
Sperava che tornasse prima o poi, doveva darle tempo; al suo ritorno, però, si era ripromesso, avrebbe cercato in tutti i modi di fare chiarezza con lei; pur non avvezzo a certe dinamiche, avrebbe fatto del suo meglio per farle capire i suoi sentimenti; magari le avrebbe chiesto aiuto… sì, aiuto su come poterla amarla nel miglior modo possibile.
Nel frattempo si sforzava di non cedere alla disperazione, voleva darsi una speranza e non gettare la spugna.
 
Ai loro amici, che gli chiedevano che fine avesse fatto la storica partner, lui rispondeva evasivo, che era andata a trovare la sua amica Sayuri in America, anche se non aveva la più pallida idea di dove fosse; eppure, se solo avesse saputo quanto vicino era andato alla verità, sarebbe stato certamente più tranquillo, forse.
 
Kaori effettivamente, dopo quella notte di confessioni e chiarimenti, era volata veramente negli Stati Uniti, ma non subito.
Era uscita nelle prime ore del giorno, con ciò che indossava, e si era messa a girare senza meta per la città: doveva schiarirsi le idee.
 
Era salita fin sul più alto grattacielo di Shinjuku come se, idealmente, prendendo le distanze dal frenetico via vai della città, potesse fare altrettanto con le sue angosce.
Non seppe mai come fece Falcon a trovarla, ma quando la raggiunse al limite estremo del tetto, Kaori si voltò di scatto ed esclamò:
 
“Fa-Falcon! Che ci fai qui?”
 
“Ummm potrei farti la stessa domanda” grugnì l’uomo piazzandosi di fianco a lei, perfettamente a suo agio; sguardo nascosto dai sempiterni occhiali neri, rivolto verso l’ignoto, verso l’inutile affannarsi della gente sotto di loro.
 
Dopo quel primo scambio di scarne battute, era calato il silenzio fra i due, del resto Umibozu non era famoso per la sua facondia, e Kaori in quel momento doveva raccogliere le idee, prima di poter iniziare un qualsivoglia discorso.
 
La brezza leggera le scompigliava i capelli corti, e dimentica della presenza di Falcon, restava assorta nei suoi pensieri.
Fu solo quando Umi disse: “Io vado” che la sweeper si riscosse, e volgendosi verso di lui, con tono esasperato gli chiese: “Perché?”
 
Ovviamente non si stava riferendo alla decisione presa, dal suo nerboruto amico, di andarsene dopo quegli interminabili minuti di silenzio, Falcon lo sapeva e non mosse un muscolo; era lì per lei, perché sapeva che ne aveva bisogno, e pazientemente si dispose ad ascoltare.
 
“Perché non mi hanno detto mai nulla del mio passato?” gli chiese Kaori, e prese a raccontargli, tutto d’un fiato, ciò che aveva saputo durante quella lunga notte, partendo dai suoi sospetti nei riguardi di Sayuri, al particolare dell’anello, alle confessioni di Ryo; non tralasciò nulla.
 
Alla fine di quella lunga tirata, Umibozu le disse semplicemente:
 
“Kaori, sei e sei sempre stata molto amata.”
 
“Sì, ma… questo cosa c’entra? Io avevo il diritto di sapere, era la mia vita!” ribatté.
 
“E’ vero, ma non sempre le cose vanno come vorremmo, o come dovrebbero andare… Pensi che saresti stata diversa, se avessi conosciuto tutto di te?” le chiese Umi.
 
“Io… io ci ho pensato, e non so darmi una risposta. Forse mi sarei vergognata di essere la figlia di un criminale, mi sarei sentita marchiata a fuoco dal disonore, per sempre. Forse…” la sua voce si affievolì.
Poi come rianimata, gli chiese “E tu? Tu lo sapevi?”
 
“No, ma per me non sarebbe stato un problema. Io vivo nel presente, e tengo conto solo di come le persone si comportano con me, il resto non m’importa. Io non giudico.” Tipica risposta da Falcon.
 
Kaori si rabbuiò, indecisa se offendersi, o apprezzare la sua mordace sincerità.
In qualche modo lui comprese il suo turbamento e aggiunse:
 
“Kaori non angustiarti, io penso che tu non saresti stata diversa, che saresti stata ugualmente una brava persona, buona e onesta come sei ora, e non solo perché sei stata educata in tal senso dai Makimura. La bontà fa parte di te come… come… come per Miki” finì per impappinarsi ed arrossire.
 
Suo malgrado, la ragazza sorrise della tenerezza di quel gigante buono.
 
Dovette ammettere che probabilmente Falcon aveva ragione; lei non era diventata una criminale a sua volta, e quel senso insopprimibile di giustizia le ribolliva dentro comunque.
Scientemente aveva scelto di seguire le orme di quello che considerava suo fratello a tutti gli effetti, e liberamente aveva scelto di vivere e lavorare con Ryo, per lo stesso motivo.
Era una sweeper, giusto?
Era una giustiziera, voleva salvare il mondo.
Sospirò.
Il pensiero le era tornato a Ryo, e alle sue omissioni, e ancora una volta si confidò con il suo amico:
 
“Hai detto che sono sempre stata amata… e che tutti hanno taciuto per il mio bene, l’ha detto anche Ryo. Questo significa che Ryo… Però, però… doveva essere onesto con me, doveva dirmi la verità. La verità è sempre preferibile alla menzogna.”
 
“Ryo non ti ha mentito” fu la risposta laconica di Umibozu “Quando Hideyuki ti ha affidato a lui, Saeba ha pensato che non fosse quello il momento di rivelarti i particolari della tua adozione. Avevi sofferto già abbastanza, e quando ti ha visto, giorno dopo giorno, recuperare un po’ di serenità, gli è mancato animo di farti soffrire ulteriormente. Io lo conosco. E’ andata sicuramente così.”
 
Ancora non del tutto convinta, ribatté:
 
“Sì, ma quando è arrivata Sayuri, perché non mi ha parlato di lei? Quello sarebbe stato il momento buono no?”
 
“Lui non voleva perderti.”
 
Anche Ryo glielo aveva confessato a modo suo, ma sentirselo dire da Falcon, di colpo acquisì tutto il vero significato che aveva.
Che strano, si disse, non ci aveva creduto quando lo stesso Ryo glielo aveva detto, e in altre circostanze avrebbe fatto i salti di gioia, e invece adesso… Ci voleva Falcon per capire che Ryo l’amava, che tolte le boiate che aveva combinato durante la loro convivenza, quando aveva scelto per lei, quando aveva taciuto o omesso quelle informazioni, lo aveva fatto solo per il tanto amore che provava per lei.
 
Di colpo fu invasa da una potente ondata di amore, e in quel momento provò un desiderio immenso di correre da Ryo, abbracciarlo, e dirgli che sì, anche lei lo amava, e voleva stare con lui.
Ma qualcosa la frenò, e non seppe dire cosa.
Si voltò verso il gigante buono, ma si accorse con sgomento che non c’era già più, se ne era andato.
Peccato, avrebbe tanto voluto abbracciare anche lui.
 
   
 
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