Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Segui la storia  |       
Autore: 0421_Lacie_Baskerville    17/08/2023    0 recensioni
"Conservava uno strano ricordo del momento in cui il flebile fruscio dell'erba alta gli aveva fatto sollevare lo sguardo dai blocchi in legno con cui stava giocando, per incrociare quegli occhi penetranti che lo fissavano. Il silenzio immobile denso dell'odore dei fiori in cui erano rimasti a guardarsi, avvolti dall'ombra odorosa del glicine, con la voce cristallina di sua madre intenta a stendere il bucato poco lontano che faceva fremere le sottili orecchie pelose della volpe con il suo dolce canto. (...) Non sapeva ancora niente, allora, a parte che quella visione fugace l'aveva stregato. "
Venite con me, se quello che cercate è un mondo in cui potervi perdere e cercare riposo, questa storia potrebbe fare proprio al caso vostro. Perciò, girate pagina e addentriamoci insieme nelle atmosfere senza tempo del Giappone antico e forse, potremo vedere insieme una volpe dagli occhi rossi riposare all'ombra odorosa del glicine insieme al ragazzo che rinunciò a tutto per perdersi con lui in sogno...
💚 AU con ambientazione storica-leggenda giapponese
🦊 Kitsune legend
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Inko Midoriya, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La volpe ai margini del giardino


La prima volta che l'aveva incontrato era stato all'ombra del glicine che fioriva ai margini del giardino.

L'aria tiepida che gli sfiorava la pelle profumava dei primi fiori in boccio e mitigava il calore del sole primaverile che filtrando dai contorti rami carichi di fiori pendenti, disegnava pagliuzze di luce sulla coperta stesa sotto di lui e sulla pelliccia dorata della volpe.

Izuku era poco più di un bambino piccolo quando aveva scorto per la prima volta nella sua vita, la figura minuta seminascosta nella vegetazione e quel muso affilato che sbucava fra le contorte radici per fissarlo con occhi di fuoco, incastrati nella ispida pelliccia dorata.

Conservava uno strano ricordo del momento in cui il flebile fruscio dell'erba alta gli aveva fatto sollevare lo sguardo dai blocchi in legno con cui stava giocando, per incrociare quegli occhi penetranti che lo fissavano. Il silenzio immobile denso dell'odore dei fiori in cui erano rimasti a guardarsi, avvolti dall'ombra odorosa del glicine, con la voce cristallina di sua madre intenta a stendere il bucato poco lontano che faceva fremere le sottili orecchie pelose della volpe con il suo dolce canto.

Una sorta di meraviglia gli era fiorita nel petto nello scorgere come quel pelo morbido sembrasse corto e ispido sul muso affilato e una sottile linea bianca gli schiariva la peluria bionda per sfumare in un dorato più scuro sulla fronte. Aveva uno sguardo penetrante e leggermente infastidito nell'essersi vista scoperta e le narici gli fremerono come a cogliere una fragranza particolare nell'aria.

Perfino dopo anni, a Izuku quel loro primo incontro pareva senza tempo. Era nitido nella sua mente come se fosse stato impresso con il pennello su carta e fugace come un sogno infantile o una fantasia, il guizzo di una coda che fendeva l'aria e frustava le foglie con tanta rapidità da sembrare duplice.

L'aveva guardata scivolare via e scomparire senza lasciare traccia e solo in seguito, aveva realizzato che ad attrarre la volpe era stato il canto di sua madre e che era stato il suo sguardo di bambino a farla fuggire.

Non aveva pensato che di genere le volpi non avevano iridi rosso scuro né la pelliccia di un tenue color oro e tanto meno, due morbide e folte code che si agitavano al seguito, svanendo nel folto della foresta. Non aveva la capacità di linguaggio né la consapevolezza di sé stesso necessaria a capire quanto fosse sorprendente la forza silenziosa della sua presenza. Il semplice fatto che un animale selvatico si fosse avvicinato tanto da superare il confine che divideva l'ampio giardino dal bosco montano vicino, solo perché una donna stava cantando una canzone sotto i raggi tiepidi della primavera alle porte.

Ora, nel ripensarci gli veniva quasi da ridere. Non sapeva ancora niente, allora, di cosa quell'incontro avrebbe significato per entrambi e di come avesse deviato il corso della sua esistenza, plasmandola e direzionandola verso sentieri che i comuni mortali non intraprendevano mai.

L'unica cosa che sapeva era che quella visione fugace l'aveva stregato.
 

🦊🦊🦊


Era ai margini della foresta che l'aveva intravista, in seguito.

Un lampo di pelo dorato così soffice e chiaro da sembrare tarassaco che scivolava fra i cespugli e le felci, nascondendosi alla sua vista e costeggiando i confini della sua proprietà per avvicinarsi abbastanza da ascoltare il canto di sua madre.

La sua casa sorgeva ai piedi di una zona montuosa, un poco distante dalla cittadina e vantava un ampio giardino giapponese che confinava con i boschi variopinti. C'erano sontuose piante di glicine ai margini di un laghetto naturale che prendeva le sue acque dalle alte montagne. Robusti rami di aceri secolari sconfinavano a sfiorare i tetti dell'antica dimora di famiglia, ombreggiandone le finestre con le loro chiome.

Ovunque Izuku venisse lasciato a giocare, quella primavera e nell'estate che seguì, i suoi occhi verdi cercarono e scovarono la volpe dorata che si muoveva furtiva ai margini del giardino. Veniva al suono del canto di sua madre che si innalzava nell'aria mentre svolgeva qualche mansione domestica la mattina o la sera, quando cantava per farlo addormentare, e se ne andava ogni volta che si vedeva scoperto da Izuku.

All'inizio, si accorgeva del suo arrivo solo perché quei suoi occhi di fuoco bruciavano attraverso il tessuto leggero dello yukata con tanta forza da percepirne l'intensità sulla pelle come un leggero formicolio. Il cuore gli sussultava in petto nel vedere quelle orecchie triangolari rizzarsi attente e il naso affilato spuntare tra le foglie di un basso cespuglio per arricciarsi in un'espressione buffa, quasi seccata, prima di scomparire nel folto della vegetazione.

Izuku rideva alla sua vista, agitando le mani paffute in segno di apprezzamento e gattonandogli incontro. Gorgoglii gioiosi gli sfuggivano dalle labbra, ma anche quelle poche volte in cui sua madre o la bambinaia non arrivavano in tempo per fermarlo, raggiungeva il posto in cui l'aveva vista solo quando la volpe era già svanita senza lasciare tracce.

A volte, gli sembrava quasi di capire dove la volpe si fosse nascosta a spiarli per pura intuizione infantile. Lo cercava con lo sguardo e ogni volta i suoi occhi verdi coglievano il guizzo sinuoso delle sue code o il baluginare del rosso delle sue iridi nella luce del sole, fra gli ispidi cespugli e le contorte radici, una risatina gorgogliante gli risaliva la gola e risuonava allegra nell'aria.

La maggior parte delle volte, però, le sue aspettative crescenti venivano deluse e Izuku gattonava sul tappetto di ghiaia ed erba senza riuscire a cogliere il guizzo fulmineo dell'oro della sua pelliccia per molti giorni. Niente lo contrariava quanto quella piccola delusione e dato che non possedeva la proprietà di linguaggio o la consapevolezza di sé stesso necessaria a spiegare agli adulti della casa cosa l'avesse contrariato tanto da trasformare le sue risate in guance arrossate e bronci scontenti, sua madre passava intere ore cercando di fargli tornare il sorriso.

Gli avevano raccontato che era sempre stato un bambino allegro, incline al pianto ma anche pronto alla risata. Il suo malumore non durava più di qualche minuto e non faceva mai i caprici, se non quando sua madre cercava di portarlo in città con sé.

Izuku detestava il modo in cui gli adulti in città lo guardavano, con un sorriso condiscendente stampato in volto che lo spingeva a cercare di nascondersi dietro la gonna di sua madre nella vana speranza di poter sfuggire alla loro attenzione.

Chiedevano ai loro figli di giocare con lui solo perché era l'erede di una famiglia facoltosa, ma a nessuno importava come lo facesse sentire vederli ridere di lui, prendendolo in giro per la facilità con cui incespicava sulle parole o arrossiva; per l'insolito verde lucente dei suoi occhi e per le onde ribelli dei suoi capelli che lo distinguevano da chiunque altro in quella città.

Le stagioni cambiavano, l'estate arrivava e passava, riportando l'inverno gelido e costringendoli a passare più tempo chiusi in casa, dove il canto di sua madre era un sussurro che accompagnava il movimento della mano intenta a ricamare, e Izuku cresceva acquisendo la consapevolezza dell'esistenza di una volpe dorata dagli occhi di fuoco che costeggiava i confini della sua vita, cercando di sfuggirgli.

A volte, gli sembrava di scorgerla attraverso una finestra aperte mentre correva sulla neve e spariva nel folto del bosco vicino. Altre, ne avvertiva solo la presenza silenziosa, indugiare poco oltre le porte chiuse e aggirarsi per il cortile innevato come un'ombra celata alla vista, pronta a svanire al primo accenno di presenza umana.

Izuku amava quella casa e amava più di tutto la sottilissima linea di confine che esisteva fra l'ordinata semplicità con cui era disposta ogni cosa nel suo giardino tradizionale e la selvaggia esplosione di vita vegetale del bosco che l'invadeva senza ritegno, cancellando ogni linea di confine.

Amava l'odore di cera d'api di cui sapeva il legno della sua casa e il profumo dei fiori che sua madre faceva seccare per profumare i cassetti e gli armadi. Amava il fatto che le montagne e il bosco gli mostrassero un aspetto diverso ogni volta che si affacciava da una delle finestre per ammirarli. Il modo in cui sembravano mutare di colore e forma mentre le ombre si ispessivano o assottigliavano con lo scorrere delle ore e delle stagioni, così da sembrare sempre nuove e incantevoli al suo sguardo.

Era nato fra quelle mura sottili, fra pesanti porte rivestite di carta di riso e legno pregiato, in un pomeriggio estivo in cui soffiava un vento impetuoso che faceva tremare e scricchiolare tutti gli infissi con una ferocia tale da lasciar pensare volesse sfondarli.

Sembrava quasi che gli dèi delle montagne fossero adirati con noi ≫ gli aveva raccontato sua madre, pettinandoli i riccioli scuri con le dita, nel vano tentativo di appiattirne le onde ribelli. ≪ Gridavano e gridavano, riversando la forza del vento contro le nostre porte e facendo scricchiolare tutti gli infissi. Ho temuto che la montagna venisse giù per travolgerci.

Izuku aveva sentito un brivido inquieto scorrere lungo la spina dorsale al pensiero di quelle immense montagne che si rivoltavano per inghiottire la sua casa e tutti i suoi abitanti. La voce di sua madre era un sussurro suadente mentre aggiungeva. ≪ Era pieno pomeriggio, ma il cielo era così nero da sembrare notte e udivo chiaramente il rombo del tuono mentre gridavo per le contrazioni. Incombeva una tempesta quell'estate, me lo ricordo bene.

Forse gli dèi l'odiavano per quei riccioli ribelli che gli sfioravano la fronte e che non si riusciva a domare, per la tinta scura che sua madre usava per nascondere gli strani riflessi che li distinguevano. Socchiudendo gli occhi verdi aveva tirato uno spesso ricciolo scuro con le dita da bambino e l'aveva osservato con attenzione.

Gli altri bambini storcevano il naso nel vederli e perfino suo padre ne sembrava impensierito e chiedeva spesso alla moglie se non si potesse porvi rimedio. Non era normale che un erede di buona famiglia avesse capelli così ricci e di un colore tanto insolito, soprattutto perché i suoi genitori avevano entrambi pesanti chiome lisce del nero vellutato dell'inchiostro.

Erano arrabbiati perché stavo venendo al mondo? ≫ aveva domandato a sua madre, con un filo di voce che tradiva l'inquietudine annidata nel suo petto. Nel rivoltare la testa indietro per guardarla in volto, gli occhi verdi avevano incrociato quelli di sua madre che lo guardava con affetto. ≪ L'ho pensato anche io. ≫ aveva ammesso lei, accarezzandogli i riccioli scuri con le piccole mani delicate. ≪ Mentre gridavo per i dolori del parto ho pensato che fossero adirati con me, ma sai una cosa?

Izuku aveva scosso appena la testa, mordendosi il labbro mentre sua madre sorrideva con tenerezza. ≪ Alla fine, quando sei venuto alla luce e hai dato il tuo primo vagito, il vento ha stracciato la carta di riso che rivestiva la finestra e il sole ha fatto irruzione. In quel momento ho capito che gli dèi non erano adirati, ma volevano solo vederti.

Izuku aveva guardato sua madre con gli occhi verdi sbarrati per lo stupore. Avevano gli stessi occhi, dello stesso colore del folto di una foresta e molto diversi dalle tonalità scure del resto degli abitanti della casa e della città vicina, eppure sua madre non aveva traccia di verde nei suoi folti capelli scuri. Era solo lui ad essere diverso, così come era solo lui ad attendere l'arrivo della volpe. A chiedere a sua madre di cantare davanti alla finestra anche in pieno inverno, nella speranza che il suo canto l'attirasse allo scoperto.

Nessun'altro sembrava essere consapevole della presenza silenziosa che compariva e svaniva con un guizzo sinuoso delle due code quanto lo era Izuku.

Non sua madre che cantava ogni volta che uscivano in giardino e gli pettinava i riccioli ribelli, nel vano tentativo di cancellarne le onde. Non suo padre che nel tornare a casa la sera guardava sempre con fare critico alla massa disordinata dei suoi capelli e la spruzzata di lentiggini sulle sue guance, prima di sospirare rassegnato e concentrarsi su altro, e nemmeno la servitù.

La volpe veniva e se ne andava all'insaputa di tutti, alimentando la scintilla che aveva acceso nel piccolo Izuku sin dal loro primo incontro: il desiderio feroce e radicato di afferrare quelle due morbide code fra le manine paffute e scoprire che sensazione dava stringerle.

Izuku ne era assolutamente certo. Era per testardaggine a inseguire questo progetto che aveva imparato a sollevarsi sulle corte gambette paffute e a muovere i primi passi incerti sull'erba. Solo per questo, aveva affilato la capacità di fingere di giocare con i suoi giochi mentre in realtà tendeva l'orecchio e aguzzava la vista per indovinare il punto in cui si nascondeva la sua volpe dorata e poter correre a scovarla.

Ma non era mai riuscito ad afferrare quelle due code ondeggianti e anzi, gli sembrava quasi che la volpe si prendesse gioco di lui e ridesse dei suoi tentativi fallimentari di afferrarla. Lo attirava in un punto preciso del giardino, fra cespugli ornati di spine e aghi odorosi con l'ondeggiare pigro delle sue code e il baluginare del suo manto dorato per poi, sbucare con la testa affilata in un punto totalmente diverso, dove meno si sarebbe aspettato di vederla.

La sua comparsa improvvisa gli faceva balzare il cuore in gola per lo spavento e gli strappava di bocca esclamazioni sorprese che mutavano rapide in risate estasiate. Era bellissima. Più cresceva e più Izuku ne aveva preso consapevolezza, la sua volpe era sfuggente e bellissima con il manto dorato quasi bianco nella luce violenta del sole che creava un forte contrasto con il verde scuro delle foglie o la delicata sfumatura violacea del glicine.

Rideva di lui con le orecchie tese sulla nuca dorata e gli occhi rossi intensi che lo scrutavano sprezzanti, le spesse labbra sormontate da sottili peli ispidi arricciate in una sorta di ghigno derisorio che svaniva solo quando scompariva nella vegetazione, preparandogli un altro scherzo.

Era anche dispettosa.

Izuku non sapeva come facesse, ma aveva iniziato a notare come i suoi giocatoli svanissero e ricomparissero a distanza di ore, dove era sicuro non fossero mai stati lasciati. Gli indumenti sparivano dal filo in cui erano stati stesi ad asciugare e venivano ritrovati a galleggiare nel laghetto, fra i petali caduti del glicine e le foglie degli aceri. Le ampie maniche dei suoi yukata aperte ad accogliere le acque cristalline e mettere in mostra il taglio maschile, ricordando un corpo morto sulla superficie.

La prima volta, una serva aveva scambiato la figura scura per lui e aveva lanciato grida agghiaccianti che erano risuonate per tutta la casa e l'ampio giardino. Erano accorsi tutti. La servitù a gran completo, sua madre, lui stesso e perfino suo padre, aveva lasciato lo studio in cui gestiva tutte le sue incombenze e si era precipitato a vedere.

Un brusio inquieto aveva risuonato per l'intero cortile, sormontato dal singhiozzare rotto di alcune serve e le grida furiose di suo padre. Izuku aveva osservato la scena trattenendo il fiato e tormentandosi le pellicine sulle mani, gli occhi verdi sbarrati fissi sul tessuto galleggiante del suo kimono nero ricamato in filo d'argento. Una volta che il panico era scemato e si erano accertati che lui stesse bene, sua madre aveva riportato l'ordine ed era stata costretta a sgridare sia lui che le povere serve della casa, totalmente ignare ed estranee al fenomeno, per quello che era stato definito uno scherzo di cattivo gusto.

Ma Izuku sapeva che era stata la volpe.

Aveva percepito quel suo sguardo rovente sulla schiena che lo fissava e si sarebbe giocato un braccio che stava ridendo di tutti loro dal suo nascondiglio.

Non riuscì a spaventarlo.

Lo scherzo lo rese ancora più determinato a catturarla, alimentando la sua naturale testardaggine e il desiderio di riuscire finalmente ad afferrare quelle folte code danzanti. Si muoveva per il giardino, studiando il suo rivale e la beffarda fluidità dei suoi movimenti nella vegetazione con gli occhi verdi socchiusi per la concentrazione e un sorriso emozionato a curvare le labbra.

La volpe era abbastanza furba da evitare di avvicinarsi troppo in presenza di adulti e non si spingeva mai allo scoperto. Camminava sul tappetto di glicine con la leggerezza del vento e si muoveva silenziosa come uno spettro fra i bassi cespugli e le radici, usando le fitte ombre degli alberi per celarsi alla vista. L'unica cosa che la tradiva era l'intensità del suo sguardo, il silenzio concentrato della sua presenza che Izuku avvertiva come un formicolio sulla pelle anche attraverso il tessuto dello yukata.

Il fruscio della carta fra le sue dita risuonò nella tenue frescura della sera, dipingendo le placide acque del laghetto dei colori del cielo. Un caleidoscopio di argento e oro, del rosso aranciato del sole che si tuffava oltre gli alti rami degli alberi e il profilo sinuoso delle montagne. La volpe l'osservava dalle radici contorte del glicine, le spesse code che ondeggiavano divertite nell'aria e gli occhi rossi che fissavano il viso concentrato del bambino che tentava di articolare il suono delle parole dipinte su carta.

Aveva imparato a camminare sulle goffe gambette paffute per poterla afferrare, ora stava imparando a leggere solo per poter scoprire quale cibo piacesse alle volpi e poterla così attirare fuori dal limitare del bosco.

Izuku non riusciva a vederla da dove si trovava, ma ne percepiva la presenza e quando sua madre si affacciò a chiamarlo per la cena, si voltò verso il limitare del bosco a sorriderle. ≪ Ci vediamo domani. ≫ sussurrò ed era una promessa che avrebbe mantenuto perché nulla a quei tempi gli sembrava più importante di riuscire ad affondare le mani nella morbida pelliccia di lui.

 

 

to be continued...  Come nasce un'amicizia all'ombra del glicine.

 

 

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: 0421_Lacie_Baskerville