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Autore: Longriffiths    18/08/2023    2 recensioni
Gli angeli sono sempre rilucenti anche se il più rilucente fra loro è caduto; se le più turpi cose assumessero il volto della grazia, la grazia resterebbe sempre grazia;
-William Shakespeare, Macbeth, 1606
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Molto rispetto al loro passato ci è naturalmente sconosciuto, e ci basiamo soltanto sui loro fugaci incontri per fantasticare sul come e sul quando siano effettivamente diventati amici. Ma c'è davvero un momento preciso? E sul loro futuro, sul come e quando si sono innamorati, forse, ne sappiamo ancora meno.
Insomma come ha preso Crowley la fissa per le piante? Perché Azi è così tanto attaccato ai suoi libri?
Tutto andava ricostruito, ed è ciò che noi abbiamo fatto partendo dall'antica Grecia.
-Una storia di Giulia e Arianna.-
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                                    Capitolo II, parte prima. 


               Roma Caput Mundi.
   
                                          


Verba volant; scripta manent. 

-le parole volano, gli scritti restano-


Roma, 270 d.C;

Non ricordava per quanto si sforzasse, un periodo più prospero di quello che aveva vissuto da cent’anni a quella parte.
Non che non ne avesse vissute di epoche rigogliose, ma ciò che la città Eterna era stata in grado di dargli e che gli dava tuttora, non era paragonabile a niente.
Egoismo, era l’essenza del centro della sua vita.
Il demone Crowley stava vivendo il paradiso terreno, per la prospettiva degli uomini che, s’intende, avevano la fortuna di far parte di quella fetta di popolazione che apparteneva ai Patrizi.
Le influenze Greche avevano preso talmente piede a Roma da adornare e condizionare qualsiasi fronte, dalla moda alla letteratura, alla medicina. Ma ella non era fondata su un principio filosofico, nonostante fosse zeppa di esponenti della materia non indifferenti, che di lì all’eternità, come appunto suggeriva la definizione di quella maestosa metropoli, sarebbero stati ancora conosciuti e ricordati per le sottili arti letterarie e poetiche. Roma era culla di potere e ricchezza, e laddove risiedevano tali qualità, risiedeva il benessere e l’abbondanza.. e i conseguenti vizi e peccati, di cui il demone si stava cibando a sazietà, fino a portare il corpo umano che abitava allo stremo delle forze e del piacere, come una bestia ingorda. Come gli animali feroci che grazie ai propri miracoli demoniaci era in grado di assistere nelle lotte e nelle aggressioni di gladiatori o schiavi, al fianco del corrente Imperatore Aureliano, negli anfiteatri più imponenti, per il solo gusto e divertimento del popolo romano, che mangiava e prosperava sulle spalle della plebe, cibo dei leoni. E dei potenti.

Crowley stanziava a palazzo, tra i nobili serviti e riveriti ed immerso nell’ebbrezza del vino, negli orgasmi dei Lupanari, nello sfarzo dei tessuti più pregiati e degli ori più sfavillanti. 

Niente al mondo lo aveva mai fatto sentire più vicino agli esseri umani che la condivisione di quel vortice di vizi irresistibili. Per la prima volta, sapeva di stare esagerando. 

Adorava sentire il proprio corpo scosso dalle vibrazioni e dai brividi del rilascio fisico. Adorava sentire la sensazione della pelle nuda a contatto con quella altrui, fino a che il culmine non gli stringeva i visceri sino ad appannargli la vista e il raziocinio. 

Adorava abusare, abusare di tutto. Tutto ciò che aveva sottomano, a disposizione. Abusare degli spettacoli, delle feste, degli oppiacei, della libertà. Adorava sentire i profumi ed i sapori sulla lingua dei peccatori che lo circondavano. E adorava indurre in tentazione così tanto dolcemente. Era così sublime.

Probabilmente, in quel secolo, aveva portato più anime al suo Signore che nel resto della propria esistenza come demone.
Ne aveva trascinato giù quasi tutta la popolazione.

Con suo immenso gaudio, Roma aveva conquistato il mondo intero, ed erano ancora lontani dal momento in cui crisi economica, colpi di stato e le pressioni dei popoli sotto assedio ne avrebbero causato la Caduta.
Crowley aveva assistito al prosperare di commerci, che avevano introdotto tramite gli scambi ed i pagamenti, materiali e beni provenienti da tutto il mondo. Di tanto in tanto, senza sapere che cosa mai gli portasse tali tarli alla mente, pensava che l'angelo avesse apprezzato quantomeno la componente artistica e architettonica di quella città. Si chiedeva dove fosse, perché non venisse ad assaggiare i cibi che i romani importavano e creavano. Gli esseri umani che frequentava erano a dir poco dipendenti da essi, dalla vita agiata che portava loro a riempirsene fino a scoppiare. Gli mancava vederlo mangiare qualcosa.

 

L’edilizia vedeva fiorire prorompenti monumenti e palazzi, che davano l’immagine per antonomasia dell’imponenza e della solennità di un popolo tanto grande da essere capace di tutto. Dove altro avrebbe dovuto restare una creatura come lui, se non nella gola della trasgressione, delle perversioni. 


Eppure.. tregua era una parola che aveva imparato ad eliminare dal vocabolario.
Prima o poi, sarebbero venuti a cercarlo inesorabilmente, i guai. 


Alessandria, Egitto, 270 d.C. 

 

Aziraphale visitò Roma diverse volte, anche lì si rese conto -come ai tempi di Atene- la civiltà occidentale stava progredendo a vista d’occhio; I romani erano diventati dei maestri nella costruzione degli acquedotti, delle strade, degli edifici pubblici, non aveva mai visto ingegneri così abili, forse solo - in parte - gli Egizi.
Tuttavia, c’era anche un lato più oscuro di Roma, un lato che gli angeli, ormai, faticavano a “tenere” a freno… i romani erano sicuramente violenti e si lasciavano andare ai più infimi vizi e peccati, per questo motivo l’angelo non si sentiva propriamente a suo agio a Roma, non sempre almeno, così decise di cambiare città. Aveva sentito delle voci riguardanti una meravigliosa biblioteca ad Alessandria, costruita durante il Regno di Tolomeo II Filadelfo, la biblioteca divenne presto uno dei centri culturali ellenistici più importanti di tutta la storia dell’umanità, Aziraphale non poté non visitarla.

Alessandro, mio caro, se tu potessi vedere questa biblioteca… ne saresti felice, hai contribuito molto a tutto questo, con la creazione delle tue Alessandrie.
Pensò Aziraphale commosso, tra sé e sé, durante le sue prime visite alla biblioteca. Gli mancava conversare con Alessandro Magno, durante la sua esistenza sulla terra non aveva mai incontrato un uomo tanto.. capace di attirare a sé chiunque lo circondasse, con la sua voce, il suo orgoglio, il suo fascino. Aziraphale non amava i conquistatori né le guerre, ma Alessandro fu diverso, in lui vide una luce divina che non vide mai in nessun altro essere umano. Lo accompagnò in alcune spedizioni e condivise con lui il sapere greco che aveva appreso nei suoi decenni ad Atene; Alessandro bramava la conoscenza, proprio come lui. Alessandro Magno fu, forse, il primo essere umano per cui l’angelo Aziraphale avesse mai provato una sorta di attrazione, ma non l’avrebbe mai ammesso a sé stesso, inoltre quel grande Re aveva occhi solamente per il suo Efestione, Aziraphale fu il primo a cercare di difendere i due, in modo che potessero vivere felici, insieme, e quasi provava una certa invidia

La biblioteca di Alessandria era l’apice di un lungo percorso, della cultura ellenistica che Alessandro aveva contribuito in modo decisivo a diffondere (contributo difeso e arricchito dallo stesso Aziraphale).
“Verrò a trovarti, amico mio, ti parlerò della biblioteca e di cosa vi leggerò, promesso” si disse, sapendo che la tomba di Alessandro Magno era localizzata proprio in Alessandria d’Egitto.

Fu così che iniziò il periodo di Aziraphale in Egitto, si dilettò anche a comprare nuovi abiti, spezie, pergamene antiche e oggettistica, a poco a poco stava creando un piccolo “tesoro” tutto suo, rinchiuso in una stanza di un palazzo di Atene che aveva acquistato, un tesoro invisibile agli occhi dell’uomo e accessibile solo a lui: lì conservava tanti ricordi, ceramiche, tomi, fra cui anche degli oggetti personali di Alessandro che ripose con cura in un baule.
La biblioteca conteneva pergamene di ogni tipo: dagli scritti filologici, scientifici, filosofici, alle commedie e tragedie del teatro antico. Aziraphale passava intere giornate rinchiuso lì, tanto che fece amicizia con i filologi che correggevano i testi (aiutandoli anche), oltre al sovrintendente che dirigeva la biblioteca.
Quel luogo stava diventando una seconda casa, se Dio lo avesse “condannato” a lavorare lì per sempre, probabilmente non sarebbe stato poi malvagio.
Ma tutto presto sarebbe cambiato.. un’ombra oscura incombeva su quella biblioteca, ma l’angelo era così assorto che non aveva notato niente.

 


Le cose non accadevano all’improvviso. Tutto nell’aria mutava quando arrivava il momento. Il demone Crowley sentì lo spazio attorno a sé pungergli il retro della nuca, quel mattino. Il risveglio dal classico tepore del sonno era stato brusco e repentino. Gli piaceva dormire, aveva imparato ad apprezzare le meraviglie che ciò che di lì a poco sarebbe stato studiato e appellato come subconscio costruiva mentre egli non era vigile, sveglio quando il resto della mente riposava. I sogni erano come uno spettacolo teatrale, solo più veloci, più strani, più fantasiosi. Sognava, ovviamente, cose che non poteva né spiegare né confessare a nessuno, cose che talvolta non voleva nemmeno ricordare. La spina dorsale fu percorsa da brividi intensi, tutti i rossicci peli corporei dalla nuca agli avambracci si rizzarono, quando mise piede in terra.
Il demonio della terra era sveglio.
E questo lo avevano sentito, al piano di sotto.
Sono qui, seppe Crowley quando la sensazione di pressione al ventre gli strinse il busto così tanto da costringerlo a respirare per trovare sollievo.

«Faros, Itha.» Due figure se ne stavano in piedi dinanzi il Serpente fatto uomo. Una era alta, dagli scuri capelli lisci come fibre tessili, il corpo così deperito da mostrare le ossa, e all’Inferno, lui ricordava, aveva profondi sfregi purulenti sul viso e sulle braccia. L’altro non aveva probabilmente mai avuto capelli, soltanto croste nere sanguinolente come sul resto del petto e della schiena. Due demoni gemelli, il quale aspetto sul pianeta era pressoché normale, ma il puzzo che conservavano stava appestando tutto il palazzo, e stava malamente disgustando il demone. Da quanto non scendeva negli inferi?
«Come te la passi Crowley?»
«Abbiamo saputo che ti stai divertendo.»
«E abbiamo pensato che non è carino nei confronti di chi sgobba tutto il tempo, rilassare le corna così placidamente.» Il demone non parve scomporsi a determinate insinuazioni, al contrario, sorrideva divertito. Non erano i primi inviati a sorvegliarlo, accertarsi che stesse compiendo il proprio dovere. Lord Belzebù come voce di Satana, teneva particolarmente al fatto che gli uomini patissero pene e sofferenze. Ma perché spingere gli umani a peccare di supplizi e omicidi, quando poteva assicurarli alla propria fazione attraverso il vizio? Non era male poi nemmeno prendersi il merito delle venationes.
«Se aveste avuto un po’ di cervello ci sareste voi al posto mio.» Crowley ricambiò gli sguardi astiosi, quando incredibilmente, il modo in cui i gemelli lo guardarono gli provocò inquietudine e quella fastidiosissima sensazione di peso al petto che gli umani chiamavano ansia.
«Oh ma è per questo che siamo qui.»
«Siamo saliti a fare una passeggiata»
«Più di una passeggiata.»
«Lo sai cosa abbiamo scoperto?»
Il demone Crowley cominciava ad avere un conseguente tic all’occhio. Erano oltremodo fastidiosi, e se mai aveva provato la brama di uccidere, quella era una delle volte. Soffiò dell’aria dal naso assaporando sulla lingua il sapore piccante dell’infamia. Li guardava interrogativo, con grande scrupolo e già consapevole che quella conversazione non gli sarebbe piaciuta. Chissà quali sporchi e viscidi atti avevano compiuto quei due esseri spregevoli tra, o peggio, con gli umani.
«Non siamo stati i soli ad aver avuto l’idea di mandare uno dei nostri sulla Terr-»
«Siamo? Non vi verrebbe un’idea da soli neanche aprendovi la testa e ficcandocela dentro a voi due.»
I due loschi figuri arricciarono i nasi, per niente contenti di essere stati interrotti. Parlò l’altro.
«Anche l’opposizione ha mandato uno dei suoi qui. Un idiota che pensa solo a raccogliere immondizia in giro per il mondo e conservarsela, e a rimpinzarsi di spazzatura umana.» Crowley allora dovette resistere alla tentazione di aprire la bocca o gli occhi, ma non poté fare a meno di sollevare un sopracciglio.
«Ebbene? Era logico che ne mandassero uno ad assicurargli anime impedendo a noi di fare lo stesso. Come vedete, non c’è pericolo.»
«Già, ma perché non approfittare e divertirsi?»
«Uccidere un angelo non sarebbe motivo di promozione, secondo te?» Crowley allora avanzò, gli occhi duri e i tratti del viso in tensione. Gli occhi del colore del sole splendente s’adombrarono, incupendosi come il velo che preannuncia l’arrivo della Morte.
«Vi hanno mandato a comandarmi o state solo cercando un motivo per spezzare la noia dell’eterna dannazione? Dovrei suggerire a Belzebù di aumentarvi la razione di carboni ardenti giù per la gola. Voi non appartenete a questo luogo né verrete mandati a sostituirmi. Vi conviene smettere di provarci.»
«Forse. Ma quale atto è meglio visto che un dispetto doppio a Dio a discapito di uno dei suoi soldati e di tutte le sue creature in una sola volta?» Il rosso allora, iniziò a sentire il proprio cuore accelerare. Non era una sensazione a cui da lucido era abituato. La cosa non gli piacque affatto.
«Che cosa avete fatto?»
«L’angioletto frequenta un posto sporco e noioso, pieno di carta straccia. E’ stato facile seguirlo. Sai, la puzza. Pare che là dentro ci sono.. filolog.. filosof.. un mucchio di stronzate utili a questi ammassi di ossa ambulanti che conservano da anni.»
«E’ stato facile dare fuoco a tutto, e l’angelo è dentro.»
«Chissà come bruceranno bene quelle penne bianche.»
«E quale riguardi noi due avremo per averlo fatto mentre tu pensavi a dormire.» Senza dargli il tempo di elaborare e di controbattere, i due sparirono in una risata violenta e sinistra nella terra, e Crowley allora, poté bestemmiare.

Doveva andare ad Alessandria. Lo sapeva che si stavano riferendo a quella dannatissima Biblioteca.

Spiegò le ali ebanesche, e partì senza pensare, e per un attimo gli venne in testa di pregare pur sapendo che nessuno lo avrebbe ascoltato.  

 

Era da un po’ di tempo che c’era qualcosa di strano nell’aria, ma Aziraphale non ci fece troppo caso, probabilmente era qualche nuovo odore o qualche faccenda politica di poca importanza. Era una giornata soleggiata ad Alessandria, l’angelo era occupato ad aiutare i filologi della biblioteca e  il sovrintendente con le nuove sistemazioni, tuttavia quel giorno uscì per svolgere altre commissioni e rilassarsi un po’ ad una locanda vicina. Stava gustando un po’ di carne quando sentì urlare fuori dal locale.
«La biblioteca va a fuoco! A fuoco!» urlarono molte persone, e Aziraphale per un momento si sentì svenire, corse con tutte le forze che aveva e davanti a lui si presentò l’inferno in Terra: la biblioteca stava andando a fuoco, e ormai l’incendio era troppo avanzato anche solo per pensare di spegnerlo. L’angelo si sentì “morire”, mentre i filologi uscivano correndo e urlando dall’edificio.
“Cosa faccio?! Non posso usare i miei poteri, è un incendio troppo ampio.. ma non posso lasciare che tutto bruci, non posso! Non me lo perdonerei mai!”
Sentiva che quell’incendio non era opera terrena, riusciva a sentirlo nell’aria, quel presagio che aveva percepito in quei giorni… perché non era stato attento? Perché era stato così cieco da lasciare che accadesse una cosa simile?!
«Cosa fate Azira?! Correte via! Non c’è più modo di salvare la biblioteca!» urlò il sovrintendente tossendo, appena fuori dall’ingresso in fiamme.
«Farò ciò che posso!» urlò Aziraphale, ormai non sembrava nemmeno più lui. Quella biblioteca non era solo un luogo in cui amava leggere, ma era anche il simbolo di ciò che aveva rappresentato Alessandro Magno, il simbolo e il frutto delle sue conquiste, del suo impegno e del suo lascito… era come se Alessandro stesse morendo una seconda volta, e Aziraphale non riusciva ad accettarlo, non poteva lasciare che l’umanità perdesse un pezzo di sé, intere opere ricche di conoscenza e storia. L’angelo stava rischiando troppo, se ne rendeva conto, quelle erano fiamme infernali e potevano distruggerlo, ma in quel momento sembrava non importargli più. L’interno della biblioteca era davvero l’inferno, il fuoco e le fiamme lo accecavano. Solo grazie al suo potere riuscì a tenerle leggermente a distanza, ma il calore era insopportabile, iniziava a sentire la pelle ustionarsi. Con affanno raccolse più pergamene che poteva, insieme a quelle su cui stava lavorando con alcuni filologi. Aziraphale non riusciva più a respirare, ma cercò di affrettarsi verso l’uscita, uscita che stava per essere ostruita da delle travi di legno che stavano per cedere… e così sarebbe davvero finita lì? Avrebbe mai rivisto la Terra e.. Crowley?
“Voglio rivedere Crowley.. non posso morire qui..”
Nel momento esatto in cui pensò al demone, gli sembrò di scorgere i suoi capelli rossi appena fuori l’uscita. La vista di Aziraphale era annebbiata, le ustioni si stavano espandendo e probabilmente, di lì a poco, le fiamme lo avrebbero distrutto.

Crowley aveva volato talmente forte da doversi proteggere il suo stesso viso con gli avambracci dal vento che gli tagliava il volto. Per tutto il tragitto bramò solo il riuscire ad arrivare in tempo, per salvaguardare la sicurezza dell’angelo, ovviamente. Di tutto quello che conteneva la Biblioteca, poco gli importava. Un po’ perché ogni volta che ripensava al fatto che gli uomini prima o poi sarebbero stati estinti veniva pervaso da una sorta di vuoto che gli pesava indosso, come se niente avesse senso, né la loro evoluzione né tutte le meraviglie che avevano creato, compresi per l’appunto secoli di scienza, arte, letteratura racchiusi in quel grande centro di raccolta che ospitava tomi e conoscenze proveniente da tutti i continenti del pianeta. E un po’ perché lui era convinto, avendo visto ciò di cui gli uomini erano capaci, che ciò che era perduto sarebbe stato riscoperto prima o poi. Perché struggersi tanto per una Biblioteca?
Il demone batteva le sue grosse e possenti ali nere come la pece nell’immensità del cielo, sino a che non lo vide.

                                             


Quel fumo creava una coltre tossica tanto densa che sarebbe bastata a uccidere la vegetazione, qualsiasi forma di flora e fauna soltanto avvolgendole. L’intensità dei colori delle fiamme diaboliche era così accesa da coprire la luce del sole, ed essere l’unica e sola fonte di luce. L’odore di bruciato era forte e pungente, ed il calore era veemente al punto che a quasi un chilometro, lo avvertiva. Gli occhi di Crowley si spalancarono così tanto che i suoi occhiali caddero nel vuoto, e s’infransero come le speranze di essere arrivato in tempo. Il demone Crowley atterrò ad ali spiegate, del doppio della lunghezza del suo corpo, e chiunque lo vedeva posarsi dinanzi l’entrata della Biblioteca poteva scambiarlo per l’angelo della Morte venuto a mietere. Lo spettacolo era raccapricciante. Persone che urlavano, fiamme che abbracciavano l’intero edificio, imbarcazioni che tentavano di salvaguardare ciò che avevano arraffato in tempo. 

«Aziraphale?!» Il rosso urlò cercando di vincere il boato continuo del fuoco, senza successo. Ritentò una seconda volta e poi una terza. Niente era abbastanza. Allora chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di separare il sapore dei sentimenti umani che gli arrivavano a raffica, ma flebili, impotenti contro la puzza di bruciato. Tentò di captare la forza emotiva dell’angelo. E allora lo sentì: paura, rabbia, disperazione. Crowley mise a fuoco, e si precipitò nella struttura quasi incenerita. L’interno, seppur devastato, era bellissimo. Si riusciva a comprendere l’eternità di quel luogo, l’importanza in termini di risorse e di bellezza culturale. Probabilmente tutto ciò che aveva vissuto dal Giardino a quella parte ogni volta che un uomo aveva avuto un’illuminazione era lì, distrutto. Era un peccato, effettivamente, gli dispiacque. Ma fu un lampo passeggero, non aveva il tempo adesso e né l’intenzione di piangersi addosso.
«Aziraphale!» Crowley avanzò volando per quanto gli era permesso, senza curarsi di qualche bruciatura sulla tunica rossa e sulle sue stesse piume. Non poteva estinguere le fiamme né abbatterle, né fermarle. Sarebbe stato percepito il proprio miracolo, e se avesse salvato un angelo o quella Biblioteca dall’opera del maligno, sarebbe stato distrutto per sempre. Il calore, anche per lui che alle fiamme era abituato, era insopportabile. Finalmente dopo una ricerca di buoni cinque minuti, per per l’incolumità di un angelo nel mezzo di quella catastrofe erano troppi, scorse il proprio  ̷a̷m̷i̷c̷o̷  rivale, e gli si avvicinò. Era scosso da una tosse avvilente, il viso come il suo, era sporco di cenere ed arrossato dall’offesa cocente del fuoco, così come le sue vesti bianche. Ma era difficile notare le lesioni, avvolti dal fumo che rendeva gli occhi lucidi e pizzicanti. Il demone gli mise le mani sulle spalle, e lo scosse, notando finalmente un particolare: cercava di mettere in salvo i libri.
«Per l’amor di Ssssssatana, Aziraphale! Che cosa stai facendo?! Arrostirai, vieni via di qui!»

La gola e il petto erano in fiamme e l’ossigeno ormai iniziava a mancare, Aziraphale teneva strette quelle pergamene come se ne andasse della sua vita, ma non poteva morire lì.. sentì lontanamente la voce di Crowley, lo stava salvando? Un demone che salvava un Angelo, di certo bizzarro, ma gliene fu grato.
«C-Crowley..» Aziraphale non era più lucido ormai, ma sentiva di essere vicino all’uscita, non riuscì a focalizzare cosa stesse succedendo, ma una volta fuori sentì l’aria farsi più pulita e gli sembrò di respirare di nuovo mentre teneva strette quelle pergamene leggermente bruciacchiate con tutte le forze che aveva.

L’angelo perse i sensi, ed ebbe una visione.
Era di nuovo a Babilonia, con il suo caro Alessandro, il banchetto era pieno di delizie e, come sempre egli gli riservava un posto d’onore facendogli portare i cibi che più amava.
«Azira, mi sembri turbato, qualcosa non va?» gli chiese Alessandro inclinando leggermente la testa, come suo solito.
«Questo.. non è reale.» rispose l’angelo, osservando le pareti blu e dorate del celebre palazzo di Babilonia
«Sì che lo è, abbiamo conquistato Babilonia! Ci credete? Ora ci riposeremo e poi riprenderemo il viaggio!» esclamò il Re macedone, nonostante gli sguardi incerti dei compagni, ormai piuttosto stanchi di tutto quel viaggiare… volevano tornare a casa, eppure Aziraphale l’avrebbe seguito fino in capo al mondo e oltre.
«Mi dispiace, Alessandro, la biblioteca…»
«Non darti colpe, Azira, mi sei sempre stato fedele, hai creduto in me quando tanti, invece, mi credevano pazzo.. tu ed Efestione siete gli unici su cui io possa contare, capisci? Gli unici.» Alessandro ora era diverso, il suo viso ambrato sembrava perdere granelli di sabbia, sembrava si stesse sgretolando.
«Aspetta, Alessandro.. aspetta!»
«Vienimi a trovare, ad Alessandria, amico mio, una delle città che abbiamo fondato insieme, per l’ultimo saluto.» e allora Alessandro si trasformò in sabbia dorata, così come il palazzo, il cibo sul suo piatto e tutta Babilonia.

 

Lo aveva tenuto con un braccio intorno alle proprie spalle ed una mano sul fianco, ma per pochi metri. Quando l'angelo cadde senza forze in avanti, fuori dalla Biblioteca, Crowley reagì modulato da un istinto basico e per la prima volta, protettivo. 

Raccolse il corpo della creatura ormai incosciente, e se la caricò in braccio flettendo le ginocchia, e dandosi alla fuga spianando le ali. Sotto di loro, la terra bruciava e finalmente tutto quel disastro distava chilometri sino a scomparire. Il volto dell'angelo era stato violato così come tutta la pelle esposta, da fresche bruciature edematose. Il cuore di Crowley perse un battito. Il calore lo aveva ustionato, stava per lasciarci l'aureola lì dentro. Lo avrebbe rimproverato per bene, una volta sveglio. Che cosa gli era passato di mente? Come poteva talvolta essere così testardo da sfiorare la stupidità esattamente come gli esseri umani? 

Il sentimento ed i brutti pensieri che gli vennero però erano frutto dell'apprensione, e della furia. Oh, lo avrebbero sentito, all'Inferno. 

 

Volò per mezz'ora fino ad atterrare in un luogo imprecisato, stringendo il corpo inerme dell'angelo. I suoi occhi serpenteschi scorsero un angolo di verde, e fu lì che atterrò, sedendosi e riposando finalmente le ali stanche e le membra provate dalla corsa contro il tempo mentre passava delicatamente le dita nei ricci biondi di Aziraphale, steso con la testa in grembo al demone immerso in un limbo di pensieri oscuri.


Tutto diventò sabbia quando Aziraphale si svegliò di soprassalto, prese a respirare affannosamente cercando di mettere a fuoco la vista, gli sembrava di vedere ancora le fiamme davanti a sé, invece… era Crowley, era sdraiato su Crowley. L’angelo si mise subito seduto, non abituato a quel tipo di contatto. Gli occhi di Aziraphale erano ora cromati tra l’oro e l’azzurro, mentre realizzava quanto fosse accaduto, in terra e nella sua mente.
«La biblioteca.. i libri..» balbettò l’angelo con voce rotta senza nemmeno accorgersi delle condizioni del suo “involucro” costellato di ustioni, andò subito alle pergamene che era riuscito a salvare.. poche, ma almeno erano qualcosa. Si guardò le mani e si toccò il volto, rendendosi conto solo in quel momento di dover pensare a guarirsi, ma non c’era tempo. Invocò subito le proprie ali, ma appena le sentì addosso lanciò un urlo addolorato.
«AH! Le mie ali..» quelle dell’angelo erano malconce, diverse piume si erano bruciate e non erano affatto uno spettacolo piacevole da guardare, in quel momento sembrava quasi un angelo sull’orlo della caduta.
«Crowley, per favore.. per favore riportami ad Alessandria, devo fare delle cose.. vicino al porto.» gli chiese l’angelo con voce tremante mentre si curò velocemente le ustioni più gravi con le forze che aveva.
Il demone non sapeva bene cosa fare, come reagire davanti a quello spettacolo. Doveva essere così sopraffatto l'angelo, che a stento riusciva a pensare in modo razionale, almeno dal proprio punto di vista. Sembrava perso in qualche modo, come se stesse continuamente cercando di acchiappare qualcosa che gli sfuggiva dalle mani.

Crowley girò il viso quando notò le macchie nere sulle ali del biondo. Gli portavano alla mente troppe cose, troppo dolore. Le sue macchie nere. Il volto di Crowley era una maschera greca senza espressione, lo sguardo sottile.

«Ti rendi conto di quello che hai fatto?»

Aziraphale scosse la testa, portandosi una mano al volto, le ali bruciavano più che mai.
«Oh Crowley..» balbettò, mentre una lacrima dorata gli scese lenta lungo la guancia sinistra.
«Non puoi capire cosa significava quella biblioteca per me, sono stato così cieco da permettere che accadesse.. è stata anche colpa mia, dovevo almeno provare a salvare qualcosa.» continuò l’angelo, provando un forte senso di colpa e di perdita come mai provati in tutti i suoi secoli di vita.
«Spero che lui potrà perdonarmi, amico mio..» farneticò Aziraphale pensando ad Alessandro e a tutti i risultati raggiunti insieme, infine pensando alle parole della sua visione, Alessandro voleva l’ultimo saluto.
«Devo tornare, ti prego, Crowley!»

 

Il demone gli raccolse un polso, improvvisamente arrabbiato. Non si spiegava da dove provenisse, niente era spiegabile, nulla aveva senso. 

«È stata la cosa più stupida che ti abbia mai visto fare! Eppure Dio ci ha fatti superiori agli umani, che cosa volevi fare, eh, morire per delle parole che probabilmente neanche la metà della Terra avrebbe mai letto?» 

Era la prima volta che Crowley si riferiva a se stesso da angelo, da quando era stato esiliato. Ma neanche ci badò. Era troppo.. provato. Le scie d'oro dagli occhi di Aziraphale gli picchiarono al ventre. Non avrebbe saputo né potuto contrastarlo, né lasciarlo a se stesso. Sapeva cosa voleva dire piangere la propria essenza. Quando le gocce scure inondavano i propri occhi, valeva a dire aver raggiunto un limite crudele e infelice oltremodo. Il demone sospirò lasciando andare l'angelo, e annuì senza troppo entusiasmo. Quel viso contorto dal dolore gli faceva male.

«Bada che la prossima volta non ci sarò a salvarti. È stato un miracolo.» 

I due trascorsero un momento di silenzio duro e abissale, colmo di parole non dette. I loro occhi si incrociarono e si mescolarono, prima che Crowley prendesse tra le braccia Aziraphale, e si levasse nuovamente in volo accompagnandolo laddove desiderava. 

La creatura eterea dovette ammetterlo: volare con Crowley fu un bel momento, forse l’unica cosa che riuscì - anche solo un poco - a risollevargli l’animo addolorato.

Quando atterrarono, Aziraphale materializzò un piccolo bastone con cui accompagnare il proprio cammino, il suo corpo non si era ancora ripreso del tutto e zoppicava un po’.
«Grazie Crowley, per tutto. Se vuoi.. ci rivedremo più tardi, altrimenti sei libero di andare, io sto bene.» E no, non stava affatto bene. Ma non volle trattenere oltre il demone, era rischioso per entrambi ciò che era accaduto, sicuramente il demone sarebbe stato più al sicuro lontano da lui.
Aziraphale si allontanò lentamente, usando il bastone per aumentare il passo  sotto lo sguardo sconcertato di diversi passanti. Non si diresse alla biblioteca, ma verso la Tomba di Alessandro.

 

                                                     

 

Il sarcofago di Alessandro si trovava all’interno di un piccolo tempio, quasi un mausoleo. C’erano due guardie, ma Aziraphale era di pessimo umore.
«Mi dispiace, non ho tempo per voi.» e con un gesto della mano le fece cadere addormentate, poco angelico, certo, ma Aziraphale era troppo scosso. Non gli importava di beccarsi un richiamo da Gabriele, non in quel momento.
Il sarcofago si ergeva all’interno della piccola stanza ottagonale, in tutta la sua bellezza. Aziraphale, con un colpo di tosse - forse per la cenere respirata - si accasciò leggermente su di esso, inginocchiandosi, le ali bruciate riapparvero, stavano guarendo, ma troppo deboli rimasero basse.
«Sono qui, Alessandro, come mi hai chiesto.» iniziò Aziraphale con un sospiro, sistemandosi meglio in ginocchio davanti al sarcofago, anche se era difficile mantenere l’equilibrio senza il bilanciamento corretto delle ali.
«Ti chiedo scusa, amico mio.. quando eri in vita, ho cercato di proteggerti e pregavo Dio che a te e ad Efestione non accadesse nulla di terribile. Prima di voi, non avevo mai legato molto con nessun mortale, poi sei nato tu, in modo quasi divino, da tua madre Olimpiade. Ricordo ancora quel giorno, come se fosse ieri.» un accenno di un sorriso comparve sul volto provato dell’angelo.
«Ricordo la prima volta che cavalcasti Bucefalo, il tuo amato destriero, avevo così paura che tu potessi cadere e farti male, sarei stato pronto ad intervenire, anche se a noi angeli non è concesso interferire con le vite umane, non più del necessario.» Bucefalo, il cavallo di Alessandro che lo accompagnò fino alla morte, gli animali, anch’esse creature di Dio, erano straordinari.
«Mi mancano le nostre conversazioni sulla cultura greca, sulla filosofia, sull’Iliade, le nostre passeggiate a Pella, sapevo che non saresti stato un mortale come gli altri, così come lo sapeva Aristotele. Sin dalla tua nascita, in te c’era una grande luce. Una luce così forte, da scottare persino un angelo.» più andava avanti, più la voce di Aziraphale si faceva tremante e rotta.
«Ad ogni guerra, Alessandro, avevo così paura. Eppure tu, fiero, mi dicevi sempre di non averne, perché saresti stato il Signore del mondo. Un angelo lo avrebbe visto come un affronto a Dio, dato che è lui il Signore del mondo, eppure.. tu sei stato un signore del mondo terreno, ti rispettavo e ammiravo per questo, e ti avrei seguito fino in capo al mondo, fino alla fine dei tempi.»
Aziraphale cercò di alzarsi, rimanendo appoggiato al sarcofago.
«Ricordo ancora, prima della battaglia di Gaugamela, la luce nei tuoi occhi e il tuo volto leggermente inclinato, come un cervo che ascolta il vento. Tu eri il Sole, Alessandro.» “Il mio sole in Terra” pensò Aziraphale, non vi era volontà di sostituire il suo amore per Dio, quello sarebbe sempre stato al primo posto, ma Dio disse di amare i suoi figli, di proteggerli, e Aziraphale lo stava facendo, forse un po’ troppo, ma ciò che aveva fatto non era che stato seguire i dettami del Signore Celeste.
«Ricordo quando mi parlavi di Efestione e mi chiedevi consiglio, tu, un Re che chiede consigli d’amore ad un angelo che di amore tra mortali non sa proprio niente! Conosco solo l’amore verso Dio, ma grazie a te.. ho conosciuto e imparato tante cose, vedendo te ed Efestione, ho visto cos’è l’amore per voi umani, è una forza straordinaria. Non avrei mai potuto competere con Efestione, dopotutto, mangio un po’ troppo.» e una leggera risata seguì quell’affermazione tanto stupida, eppure la sentiva vera, chi avrebbe mai potuto amare uno come lui, nel mondo terreno? Non era né attraente né molto interessante.
«Ah Alessandro, quali banchetti meravigliosi a Babilonia, eri sempre così premuroso da farmi avere la carne migliore.» sospirò l’angelo ricordando la sua visione.
«Quella biblioteca era il simbolo del nostro tempo assieme, delle nostre conquiste, della cultura ellenistica che hai diffuso, abbiamo fondato Alessandria d’Egitto insieme, noi due, Efestione, Parmenione, Nearco e tutti gli altri. Mi dispiace, non potrò mai perdonarmi di aver privato l’umanità di tale conoscenza, se non fossi stato lì, magari i demoni non si sarebbero interessati alla biblioteca..» altre lacrime dorate calarono sul viso dell’angelo.
«Farò un ultimo piccolo miracolo per te, amico mio. Che il tuo luogo di riposo eterno sia dorato, come era dorata la luce nei tuoi occhi quando abbiamo conquistato la Persia.» e allora l’angelo raccolse nelle mani il liquido dorato delle sue lacrime, lo fece scivolare sul pavimento e, come una macchia d’olio, uno strato dorato decorato di lapislazzuli blu coprì tutto l’interno del piccolo tempio.
«Ecco, lo sai che ho sempre avuto standard alti per le decorazioni interne. Ora.. ora devo riposare e guarire le ali, non ti dispiace se sto un po’ qui, vero?» e Aziraphale si sedette dietro il sarcofago, lontano da occhi umani, lasciandosi avvolgere dalle proprie ali fino a formare quasi un bozzolo, si concentrò così sulla guarigione e le parti bruciate tornarono ad essere bianche e forti. Rimase così per un po’ e, quando tornò in piedi, era come prima, o quasi del tutto.

«E’ ora che vada.. addio, amico mio.» Aziraphale, rinnovato di forze, uscì dal tempio, certo era ancora affranto dalla perdita della Biblioteca, ma sentiva di aver fatto pace almeno con Alessandro. 


Un certo demone di conoscenza nostra, non se la sentì di lasciare un angelo ferito nel corpo e nell'anima in balia delle intemperie che sarebbero potute accadere, adesso che i demoni avevano preso piede sulla Terra. Era un bersaglio, e inoltre.. era andato all'Inferno proprio perché era curioso, e l'espressione e l'atteggiamento dell'angelo erano le stesse fugaci degli esseri umani, quelle tipiche di quando nascondevano qualcosa.

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Ciao, eccoci di nuovo qui!
Questa storia ci sta prendendo come poco al mondo. Come tutti siamo impazzite per questa stagione, e non potevamo astenerci nel donare ciò che purtroppo da una serie senza un testo scritto manca, l'introspezione, la RAGIONE per la quale accadono e sono accaduti, secondo noi, gli eventi che conosciamo. E ci divertiamo soprattutto nelle modalità xD
Ci stiamo divertendo a scriverla, talvolta in chat alterniamo momenti in cui si ride, altri in cui si piange, anche amaramente. Ma amiamo ogni secondo come speriamo lo amiate voi, perché in cuor nostro sappiamo che queste righe non sono altro che l'amore e la genuinità di due persone che non desiderano altro che costruire un qualcosa di bello. Noi due, le autrici, e loro due, i protagonisti. 

Aspettatevi tanti altri nomi illustri, tante vicende storiche di cui abbiamo cercato di essere più accurate possibili, e talvolta, qualche sorpresina.
Alla prossima!
   
 
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