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Autore: Longriffiths    12/08/2023    2 recensioni
Gli angeli sono sempre rilucenti anche se il più rilucente fra loro è caduto; se le più turpi cose assumessero il volto della grazia, la grazia resterebbe sempre grazia;
-William Shakespeare, Macbeth, 1606
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Molto rispetto al loro passato ci è naturalmente sconosciuto, e ci basiamo soltanto sui loro fugaci incontri per fantasticare sul come e sul quando siano effettivamente diventati amici. Ma c'è davvero un momento preciso? E sul loro futuro, sul come e quando si sono innamorati, forse, ne sappiamo ancora meno.
Insomma come ha preso Crowley la fissa per le piante? Perché Azi è così tanto attaccato ai suoi libri?
Tutto andava ricostruito, ed è ciò che noi abbiamo fatto partendo dall'antica Grecia.
-Una storia di Giulia e Arianna.-
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Gli angeli sono sempre rilucenti anche se il più rilucente fra loro è caduto; se le più turpi cose assumessero il volto della grazia, la grazia resterebbe sempre grazia.


William Shakespeare, Macbeth, 1606



 

Una storia di
Giulia e Arianna


Capitolo I 

 

Atene, l’occhio della Grecia, madre delle arti e dell’eloquenza

 


Amici vitia si feras, facis tua;

-tollerando i vizi dell'amico, rendi palesi i tuoi- 

 

Atene, 423 a.C;


Atene, che città magica.
Atene, ormai patria della filosofia, dell’arte e dell’erudizione, Aziraphale non impiegò molti decenni a capire che quella città avrebbe segnato la storia della civiltà umana, era più che convinto che  Atene sarebbe diventata presto la culla della civiltà occidentale. L’angelo stava assistendo alla realizzazione di opere monumentali, come mai ne aveva viste prima sulla Terra, tralasciando forse Babilonia e l’Egitto. La sete di conoscenza di Aziraphale si faceva sempre più viva anno dopo anno, aveva avuto modo di discorrere con Socrate, grande pensatore, così come con Aristotele, Platone, ognuno di loro con visioni diverse dell’uomo, insieme avrebbero costruito - tassello dopo tassello - il pensiero filosofico dell’Occidente. 

Atene, una città ancora in divenire dove il teatro, la politica e la società erano un tutt’uno. L’angelo amava perdersi nelle affollate strade della città, il sole caldo illuminava le meravigliose statue degli Dèi, botteghe di artigiani vendevano meravigliosi oggetti come anfore e recipienti decorati finemente, tanto che lo stesso angelo acquistò alcuni esemplari di crateri a figure nere, rappresentanti le fatiche dell’eroe che i Greci chiamavano “Eracle”. A volte si soffermava a udire gli aedi - i cantastorie greci - narrare le avventure dei loro Dèi attraverso l’aulos, un antico strumento musicale, una sorta di flauto a doppia canna, che Aziraphale trovava oltremodo curioso e piacevole da ascoltare. 

 


Così trascorreva l’esistenza dell’angelo ad Atene, tra una discussione filosofica, uno spettacolo a teatro e qualche acquisto. Quell’anno, inoltre, debuttava l’opera "Nuvole" di Aristofane, un commediografo che Aziraphale apprezzava molto, tra qualche giorno si sarebbe esibito e l’angelo non se lo sarebbe perso per nulla al mondo. Aziraphale fu attirato da un trambusto non molto lontano dal quartiere degli artigiani, sembrava che fosse una delle solite risse tra ubriachi. 
"Possibile che questi greci non fanno altro che bere?" 
si chiese tra sé e sé sospirando, ancora non molto avvezzo alle bevande alcoliche dell’umanità, certo lo sarebbe presto diventato, ma questo ancora non lo sapeva; qualcuno, sicuramente, lo avrebbe tentato… un certo demone dai capelli rossi che, di lì a poco, avrebbe fatto la sua comparsa.

Non gli si poteva attribuire colpa, ma stava ormai facendo l’abitudine a quel genere di condizione per la quale un solo passo sollevava una tempesta di sabbia. Crowley, il demone dai capelli rossi in questione, aveva imparato a chiamare merito quella strana facilità con cui arraffava le malefatte degli esseri umani, e le presentava all’Inferno come proprie ricevendo in cambio varie lodi e ricompense. Ma quella volta, la zuffa era stata frutto d’un mero capriccio. Il suo sorriso si sollevò in un angolo delle labbra, mostrando uno dei canini aguzzi.
Una passeggiata lungo le vie della città madre di ogni arte terrena intellettuale gli avrebbe giovato, adesso che correva l’anno di tregua tra quel luogo e la polis in cui risiedeva da quasi tutto il Quinto Secolo a.C;




Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce neanche nei suoi stessi pensieri, ma quei paesaggi verdeggianti e le edificazioni cospicue sembravano un affascinante mosaico, a dir poco gratificante alla vista. Quei dolci e melodici suoni di risa mescolate alla musica erano un balsamo lenitivo per i suoi timpani, provati da anni di blasfemie, grida di dolore, e cori di guerra. Nessun bambino cantava canzoni di incitamento alla battaglia, nessuno maneggiava una spada. Crowley sperimentò per la terza volta dalla sua permanenza sul pianeta Terra, la voglia ed il bisogno di prendere un grosso respiro.. chiudere le palpebre, e lasciarsi andare ad un sospiro liberatorio. Ma era comunque tutto troppo tranquillo. Perché lasciarsi sfuggire l’occasione di creare un po’ di scompiglio tra le genti di un luogo tanto mansueto come Atene? Specie dal momento in cui aveva inalato l’aria circostante, e da rettile predatore qual era l’aveva assaporata sulla lingua biforcuta. Il demone l’assaggiò, e comprese che il sapore acido della diffidenza proveniva da un uomo che, a causa della bevanda dell’ubriachezza, stava bene in guardia dai visitatori della propria bottega. Non si fidava di nessuno, non dopo gli eventi che avevano visto la Guerra.
Era stato semplice scatenare un piccolo malinteso che rassomigliasse a un furto.

I suoi occhi dalle aghiformi pupille saltavano a destra e manca, elegantemente nascosti dietro la montatura dalle lenti scure. 

Bastava guardarsi intorno per comprendere che quel popolo era dedito alla costruzione, a differenza degli Spartani, volti alla distruzione. Non era l’addestramento l’unico lavoro che veniva considerato laddove si trovava adesso, per cui, un giretto nel mercato era forse la scelta migliore quel giorno. Aveva pure il sacrosan-.. il beato- il diritto di prendersi una pausa.


Aziraphale stava cercando di capire come sarebbe andata a finire, quindi se fosse il caso di intervenire nella disputa quando… notò una figura diversa dalle altre nella folla, riconobbe subito quella chioma rossiccia. Per un momento l’angelo rimase interdetto: gli tornò subito in mente la faccenda di Giobbe, un episodio che turbò Aziraphale per molto tempo, non avrebbe mai pensato di mentire in quel modo ai suoi superiori, eppure sapeva che fu la cosa giusta da fare per salvare i figli del pover’uomo. Tuttavia l’angelo, di natura buono e puro di cuore, non era stato creato per mentire, e la crisi che ne conseguì non fu facile da interiorizzare, nonostante le parole che il demone Crowley gli disse per “consolazione” (dopo averlo sbeffeggiato). Un demone che - alla fine - non si rivelò poi così malvagio, anzi fu piacevolmente sorpreso nel vedere come salvò le pecore e i figli di Giobbe di sua iniziativa.
Strano il destino, ma sembrava che - senza nemmeno volerlo - Aziraphale finiva sempre per incontrare quel demone qua e là nel tempo (e nello spazio), non che la cosa gli dispiacesse, in fondo.. non era così male conversare con Crowley.

Aziraphale sospirò, per poi alzare un braccio e agitarlo per richiamare il demone:
«Crowley!» esclamò facendosi largo tra la folla.
«Ne è passato di tempo, stai lavorando? Bellissima città Atene, questa civiltà mi sta stupendo.» esordì l’angelo tenendo lo sguardo attento sulla disputa, come se una parte di lui facesse ancora fatica a guardare Crowley negli occhi, conscio del fatto che un demone e un angelo non avrebbero mai dovuto avere quel tipo di rapporto che avevano loro, un rapporto che Aziraphale stesso non riusciva a interrompere, nemmeno volendo.

«Aziraphale, come mai non sono affatto sorpreso?»

Il demone affermò più a se stesso che alla creatura eterea. Ormai, era solito anche pensarlo per nome, perché si, lo pensava. Spesso. Principalmente quando si sentiva sopraffatto dagli eventi e dalle emozioni da cui tentava così duramente di distaccarsi, e sentiva il bisogno di ammettere che forse, quel senso di solitudine dell'essere unico al mondo nel suo genere, gli pesava l'animo. 

«Ti godi la pace, eh? Lo farei anche io se fossi in te. Prima o poi ci sarà una guerra senza epilogo, lo sai.»

Il demone Crowley fissò l'angelo suo rivale per dicotomia, suo simile nella realtà che entrambi al momento ignoravano. Crowley adorava odiava quella voce. Odiava quel sorriso. Odiava quello sguardo. Gli facevano desiderare.. di meglio. Di essere di meglio. Di fare di meglio. Neanche l'esilio gli aveva strappato l'indole che conservava tanto avidamente, tanto gelosamente, ma nessuno mai gli aveva fatto desiderare di esprimerla, a discapito della sua attuale natura. Il dannato sorrise perdendosi nelle iridi cerulee del riccioluto portatore di luce. Si guardò intorno analizzando le parole del suo compagno, ed annuì alla sentenza. Era davvero una bella città.

«Sì, ed in realtà sono qui per l'esatto opposto.» 
«Sì, beh.. non parliamo di guerre, non mi piacciono molto.» disse l’angelo con un mezzo sorriso, vedendo che finalmente qualcuno era intervenuto a separare i due litiganti, sembrava che la situazione si sarebbe risolta presto, senza rendere necessario nessun intervento “divino”.

«Che ne dici di fare una pausa e mangiare qualcosa? I formaggi e le olive di stagione sono ottimi! C’è una piccola locanda in fondo alla strada, il proprietario è un brav’uomo, mi ha fatto uno sconto come cliente fedele!» disse l’angelo tutto entusiasta (e con anche una punta d’orgoglio per lo sconto ottenuto).
Una creatura di Dio che si faceva fare gli sconti nelle locande perché adorava il cibo umano? Sì, era proprio Aziraphale, un angelo che amava l’umanità, forse fin troppo. Ma, dopotutto.. fu proprio Crowley che lo tentò, secoli or sono, con le cibarie umane, una parte di Aziraphale si “giustificava” dando la colpa al demone. Fin troppo facile.
 

«Cliente fedele?» Crowley sogghignò con un tono semi acuto quasi sottolineando l'ilarità della faccenda, mentre il ghigno si espandeva sotto il naso affilato e gli zigomi di sollevavano quel tanto che bastava ad assottigliare lo sguardo. E la cosa divertente, a suo parere, era proprio il fatto che era l'angelo stesso a servirgli tanto di quel materiale con la quale giocherellare su un piatto d'argento. Ma i suoi satanici occhi gialli da dietro le lenti erano genuini.

«Perché no? Tu mi fai asssaggiare questi formaggi di stagione, ed io ti mostro che cosa ci sta da D–, uhm.. con che cosa si possono accompagnare divinamente. Ormai sei abbastanza aperto ai consigli.»

Il demone dai rossi crini ondulati passeggiò accanto al proprio oppositore, con le mani giunte dietro la schiena. I due avanzavano senza lasciare reciprocamente il fianco dell'altro, quasi apprensivi all'idea che un altro dei loro incontri potesse finire tanto presto, ed al contempo ben attenti agli occhi che posavano su di loro. Erano ben consci dei guai che avrebbero affrontato, se scovati a chiacchierare. Figurarsi sedere allo stesso tavolo, conversare allegramente. Raccontarsi. Conoscersi

Eppure.. neanche per un attimo Crowley dubitava che anche per la creatura ultraterrena celeste, l'incuranza verso quella consapevolezza batteva la paura. Perché c'era qualcosa di più forte, lui lo sentiva sulla lingua ogni volta che Aziraphale lo guardava. Era il sapore fruttato della serenità. E quello della secca delizia che emanava il rispetto. Crowley lo ammirava. 

«Soggiorni qui da molto?»

Aziraphale inarcò un sopracciglio un po’ indispettito quando il demone gli disse che era diventato “abbastanza aperto” ai consigli… non poteva negare che fosse la verità e non era una cosa positiva per l’angelo, tuttavia da quando passava tanto tempo sulla Terra era cambiato, pur mantenendo totale fede nel “piano di Dio”, la faccenda di Giobbe gli fece notare il modo in cui ragionava diversamente rispetto agli altri angeli (Gabriele per primo). Un cambiamento positivo? Una parte di lui non credeva lo fosse, l’altra parte continuava a dirgli che, a prescindere dagli ordini del Paradiso, avrebbe sempre agito per il bene del mondo. Ed era questo ciò che più contava per Aziraphale.
«Sono qui da un po’ di anni, ho parlato con diversi filosofi e artisti, questa civiltà è un vulcano di idee, inoltre amo il teatro greco! Aristofane debutterà con una nuova commedia proprio in questi giorni.» raccontò entusiasta l’angelo, scorgendo la locanda poco più avanti: all’esterno vi erano alcuni vasi di terracotta di abbellimento sotto dei piccoli tendaggi, mentre una pianta rampicante verde incorniciava l’ingresso. La locanda aveva una lunga forma rettangolare, con delle colonne addossate alle pareti esterne, all’interno erano disposti una serie di piccoli tavoli e un lungo bancone dove venivano preparate le pietanze, le pareti tutte intorno riportavano varie decorazioni come piccoli scudi, mosaici, alcuni oggetti sempre in terracotta che richiamavano Dioniso, il celebre dio dell’ebbrezza. «Ti consiglio il tagliere di formaggi con la loro focaccia alle olive.» sussurrò Aziraphale con fare colpevole al demone, come se stesse rivelando uno dei segreti più terribili del mondo, mentre si faceva largo tra le persone per recarsi al tavolo. "Bontà divina, perché consiglio a un demone quale cibo umano mangiare?! E' l'opposto di ciò che dovrebbe fare un angelo!" pensò insofferente tra sé e sé.

Crowley aveva un' espressione a dir poco divertita, e si limitò ad annuire. Se non fosse stato per i suoi continui spostamenti e le doti sovrannaturali, o più precisamente, per la sua elevata curiosità, sarebbe stato arabo ciò che l'angelo stava dicendo. Se fosse stato un essere umano, avendo vissuto a Sparta come fatto, non avrebbe avuto idea di che cosa stesse parlando. Lui non avrebbe mai sentito niente di diverso da combattimento e dibattiti politici. Filosofia? Arte? Sarebbe stato interessante soggiornare ad Atene. L'atmosfera era tranquilla e la locanda era già zeppa di persone, essendo quello che il demone definiva "orario del pranzo" degli umani, eppure non fu loro difficile trovare un tavolo dove accomodarsi. In effetti, in molti stavano consumando i viveri che il riccioluto biondo gli aveva nominato. Una cameriera poco dopo venne da loro, e Aziraphale, ovviamente più ferrato, ordinò. Ma quando la fanciulla stava per indietreggiare, Crowley aggiunse:

«E dell'Oinos. Rosso.»

Crowley inspirò profondamente, e aprì a fessura le labbra quel tanto che bastava ad esporre le punte della lingua biforcuta. Le fece roteare l'una sull'altra. Il gusto acre del timore gli accese le papille gustative, e si concentrò così tanto sulla donna da non essersi accorto che la faccia disgustata proveniva invece dall'angelo. Allora, Crowley si sporse.

«Andiamo Aziraphale, non dirmi che in questo "po' di anni" ad Atene non hai mai né partecipato ad un'Orgia Dionisiaca né ti sei beato del sapore del vino. È Ambrosia, è nettare degli Dèi.»

Il demone intensificò il proprio sorriso.

«Eppure un angelo dovrebbe essere al corrente che è talmente sacro da essere usato nei riti religiosi. È arrivato il momento di berne.»

Aziraphale avvampò quando il demone Crowley parlò di quelle cose dionisiache, l’angelo si guardò intorno con fare colpevole come se fosse stato lui a parlarne.
«Bontà divina, Crowley! F-farò finta di non aver sentito!» balbettò l’angelo, certo era incredibile come persino una creatura eterea potesse assumere in viso un colore tanto acceso.

Quando il demone parlò del vino, toccò sicuramente un tasto “dolente”. Aziraphale era molto incuriosito da quella bevanda, specie da quando visitò alcuni vigneti e osservò il laborioso processo con cui si realizzava quel “nettare divino”. Tuttavia sapeva anche che l’ebbrezza era un peccato e che l’alcol portava gli uomini a peccare e a commettere azioni sbagliate… un angelo non avrebbe dovuto mai cedere ad una bevanda tanto infima, ma quando la donna portò la brocca di vino rosso, il suo profumo inebriò le narici dell’angelo. "No, non devo.. già non dovrei mangiare, non posso.. pensò tra sé e sé, era così concentrato nel resistere alla tentazione, che tutti i rumori e le persone intorno a lui sembrarono svanire.

Crowley sentì il classico formicolio dell'eccitazione che pervadeva ogni fibra del corpo umano assegnatogli, sensibile all'informazione nervosa che un pensiero come 'che delizia che è questo angelo imbarazzato' gli dava. Il demone si versò la bevanda in un bicchiere di terracotta, e ne bevve perdendosi nella sensazione dell' alcol che gli bruciava la gola e gli accendeva i sensi. Le sue pupille serpentesche si dilatarono. Una goccia gli cadde dalle labbra, e lui la raccolse velocemente riportandola alla bocca. 

«Coraggio, siamo in mezzo agli esseri umani.»

Il rosso peccatore spostò la brocca verso la creatura dal cuore puro.

«Io mangerò se tu berrai. Non ti sembra un buon accordo? Tutti e due vogliamo che l'altro scopra una cosa che reputiamo buona.»

Eccolo, Crowley sapeva bene come ricattare qualcuno, sapeva che Aziraphale ci teneva che assaggiasse il formaggio di stagione.. davvero infimo da parte sua.
«Io.. non è giusto, io non--» lamentò l’angelo guardandosi intorno con fare sospetto, mentre le dita gli fremevano e non riusciva nemmeno a tenere fermi i piedi.
«Solo un sorso, ma solo
 perché voglio che assaggi la focaccia, non amo i ricatti.» Così Aziraphale, con il cuore agitato, si versò poco vino nel bicchiere, il profumo si fece ancora più intenso, quasi fruttato.. portò lentamente il bicchiere alle labbra e per Dio, che sensazione meravigliosa!
Il liquido rossastro scese giù caldo e confortante nella gola, fino ad arrivare al petto e, dopo, in tutto il corpo. Aziraphale se ne versò un altro po’ e, senza spiegarsi perché, si sentiva meglio, più rilassato, il viso era un po’ colorito.
«Beh, è.. dolce, con una leggera nota fruttata, mi sembra di sentire anche il profumo del legno e della resina di pino.. buono.» commentò Aziraphale, un angelo che, sorprendentemente, aveva un palato davvero
sopraffino. Senza nemmeno accorgersene si era appena bevuto due bicchieri pieni, sapeva di non dover esagerare, ma quella sensazione che dava il vino al proprio corpo era.. quasi divina, si sentiva più leggero. Non si accorse nemmeno che la donna aveva già portato i due piatti di focacce e formaggi.
«Ah! Ecco qui.» commentò cercando di rimanere vigile, Crowley reggeva benissimo l’alcol, non voleva di certo fare una cattiva figura, un angelo brillo sarebbe stato un insulto alla sua fazione, non voleva dimostrare debolezza
. Non con Crowley, perché? Perché ci teneva tanto a non essere debole davanti a lui? La sua mente era troppo annebbiata per pensarci.


«Non era un ricatto. Era uno scambio.»

Il demone puntualizzò sornione, ma nel profondo era sincero. Voleva davvero che provasse il vino solo per piacere, se possibile associare a un demone la cosa, innocuo. Poi, la sua espressione mutò. Non c'era neanche bisogno di provare a indurre in tentazione quell'angelo, era talmente genuino che non ci voleva granché sforzo, quantomeno da parte sua, a convincerlo con le proprie seduzioni che le idee fossero non solo cosa buona e giusta, ma anche in primis decise da Aziraphale in prima persona. Era più semplice persuaderlo quando gli si faceva credere che fosse una scelta. 

«È buono, non è così?» Il demone Crowley sorrise sinceramente divertito, e incrociò le braccia. Quando i cibi arrivarono, si limitò ad osservare l'angelo mangiare. Non era come la prima volta che aveva mangiato, con avarizia e ingordigia. Adesso era elegante mentre degustava i sapori della terra, e Crowley si ritrovò a pensare per la prima volta che non aveva mai visto niente di più attraente alla vista. E dalla mente di uno che, di piaceri non ne perdeva uno, era dire molto. Era piacevole guardarlo, come se i suoi occhi non ne avessero abbastanza del modo in cui masticava, del modo in cui sollevava gli zigomi quando un boccone lo appagava particolarmente. 

Crowley seguì la creatura dinanzi a sé bevendo e bevendo, una brocca, e poi la seconda. Lui neanche aveva notato che in realtà Crowley non aveva toccato cibo. Dopo pochissimo tempo, arrivarono anche le battute, le risate. Erano rilassati, spensierati, come due amici che almeno una sera la settimana passavano del tempo assieme dilettandosi in una bella cena, per raccontarsi le piacevoli novità. Ed infatti fu ciò che accadde. 

Con sua piacevole sorpresa, ma previsto come se l'era immaginato, l'angelo iniziava a dare segni di.. disequilibrio. 
Fu allora che il demone iniziò a divertirsi davvero.

Aziraphale mangiò di gusto, il sapore agrodolce del formaggio si accompagnava perfettamente con le olive e la dolcezza del vino, non poteva esserci nulla di più sublime (o quasi), si sentiva felice. Ed era felice di non essere lì da solo, parlare con Crowley lo aveva sempre trovato divertente, certo i loro metodi potevano differire molto, ma si trovavano concordi su molte cose. «Forse dovremmo iniziare ad avviarci..» disse un angelo pieno e confuso, quando provò ad alzarsi la stanza sembrò improvvisamente iniziare a vorticare su sé stessa. «Oh Cielo.» Aziraphale tornò di botto seduto, perché sapeva che altrimenti sarebbe rovinosamente caduto a terra. «Un momento solo..» balbettò cercando di tenere un contegno, provò quindi ad alzarsi lentamente, cercando di rimanere concentrato, il suo corpo era strano.. le gambe erano più deboli e tutti i rumori sembravano come amplificati, era quello lo stato d'ebbrezza? Bontà divina, aveva esagerato! Ma Aziraphale non era nemmeno troppo lucido per iniziare a flagellarsi di colpe, così riuscì ad uscire dal locale senza cadere e finalmente respirò un po’ d’aria fresca. Il potere dell’alcol poteva essere sicuramente paragonato a quello di un demone, riusciva ad amplificare ogni senso e rendere inermi, inoltre, il volto di Crowley era diverso, gli occhi cerulei dell’angelo osservavano Crowley in modo differente.
«Andiamo, da quella parte.. sono troppo pieno. Sai Crowley, ricordo i tuoi occhi quando eri un angelo.» iniziò a balbettare Aziraphale, ovviamente non lucido per capire ciò che stava dicendo, l’angelo camminava tra le strade di Atene senza nemmeno riconoscerle, ma si stava dirigendo verso una collina che aveva una bella vista, doveva stendersi.
«Quando creasti quella nebula eri davvero.. felice, i tuoi occhi erano luminosi di felicità.» continuò l’angelo accennando un sorriso, quante volte aveva sognato quella nebula, quel giorno nello spazio.

«Ora sono cambiati, sono così.. gialli, molto gialli. Il giallo non è poi così male, sai? Ma non hai perso totalmente quella luce Crowley, a volte mi sembra di vederla ancora.» balbettava l’angelo sbandando per un momento e aggrappandosi alla spalla del demone.
«Sto farneticando.. devo stare zitto e stendermi, oh cielo, quella bevanda è diabolica.» balbettò Aziraphale stendendosi s’un prato di un grande giardino, andando giù con la grazia di un sacco di patate.

Ogni dannatissima volta che l'angelo riportava ad una luce ormai spenta la sua natura d'origine, il cuore umano di Crowley annegava in un mare di desolazione, di vergogna. Si sentiva avvolto da una nebbia densa e scura, e le carni gli bruciavano esattamente come nel momento fu condannato al tormento eterno. Ma, più forte di lui e delle spine nell'animo erano le labbra di chi lo rimetteva in croce ogni volta con quei discorsi senza speranza. Ricordare gli faceva male. Perché lui ricordava perfettamente com'era vedere le piume delle proprie ali bianche velate da sprizzi dorati ogni volta che le batteva per muoversi nell'infinito che egli stesso aveva adornato di punti luce, gli stessi punti che adesso scintillavano a causa del sole in una lacrima che gli si era formata. Una lacrima che non venne mai lasciata andare. Grazie di non aver usato il mio nome. Avrebbe voluto dirgli.

Crowley si sentì sciogliere qualcosa all'altezza dello stomaco, e suo malgrado ridacchiò quando l'angelo sentenziò i primi sintomi del vino.

«Adesso non dirmi che non ti piace la sensazione di volare senz'ali. Chiudi gli occhi.»

Crowley sedette accanto a lui, aggraziato e longilineo mentre se ne stava a ginocchia flesse sul prato verde, e gli avambracci su di esse. Fissava l'orizzonte. Avvicinò la mano dalle sottili dita al volto, e si tolse gli occhiali. Poi si girò a guardarlo, i boccoli rossi gli ondeggiavano dinanzi il viso affinato.

Volare senz’ali… sì, Crowley aveva ragione, era un po’ come volare, per quanto si sentisse leggero. Chiuse gli occhi e si sentì bene, riuscì ad udire il verso di un’aquila e il vento che soffiava sopra le chiome degli alberi.

Tuttavia l’angelo si sentiva anche agitato, sentendo la presenza del demone così vicina, l’alcol amplificava le più piccole emozioni… Aziraphale non era abituato a quel turbine di sensazioni. Aprì di nuovo gli occhi e vide il volto di Crowley senza lenti, con quei dannati capelli rossi che ancora non si era deciso a tagliare.
«Tu non lo sai cos'è la luce, voglio che tu ne sia consapevole.»

Aziraphale distolse lo sguardo, un po’ imbarazzato e ancora rosso in viso, non era abituato ad essere osservato da simili occhi.
«Non so cos’è la luce?» disse confuso l’angelo.
«No. La luminosità dei miei occhi
Non ne hai idea. Puoi conoscere la luce solo se hai visto il buio. Quindi non dirlo più.»
«Beh, Crowley, non credo di riuscire a fare altri discorsi seri in questo momento..» disse Aziraphale, interrotto improvvisamente da un singhiozzo. «Per colpa tua ora sono anche un angelo che beve vino, se mi vedessero.. e smettila di fissarmi, scommetto che ti stai divertendo a vedermi così!» un altro singhiozzo interruppe l’angelo.

«Non ci vado più a pranzo con te, no, mai più, e comunque dovresti tagliarti quei capelli.» farneticò ancora Aziraphale.

Crowley non batté neanche le palpebre mentre gli parlava, fiero e solenne, e serioso come non lo era mai stato finora. A nessuno manca veramente casa fino a che non va a vivere altrove. Nessuno apprezza mai davvero ciò che ha fino a che non lo perde. La sua nostalgia, il suo dolore, la felicità dell'essere un angelo. Forse, un orecchio estraneo, avrebbe percepito quell'affermazione come burbera, e indispettita. Crowley in realtà lo stava pregando. Pregando di accettare la sua nuova natura, e di non imitarla mai e poi mai. Di preservarsi.

«Non dire sciocchezze. Non ti succederà niente!» Non lo permettereipensò nella sua mente.
«E poi, che diamine hanno i miei capelli che non va? Tu piuttosto, fatteli crescere.»

Sbottò, stendendosi al suo fianco con le mani dietro la testa ed un angolo delle labbra tirato all'insù, mentre il sole baciava la loro pelle. Sapeva che Aziraphale fosse intontito, e che probabilmente non avrebbe ne ricordato né compreso niente di quella curiosa, seppur speciale a suo modo, conversazione. Eppure, il demone ne fece tesoro internalizzandola come una preziosa ricchezza. Sapeva, in un certo senso, che andava bene essere solo, andava bene vedere nascere e morire gli essere umani uno dopo l'altro, purché alla fine avrebbe potuto ritagliarsi un angolo di pace con quell'angelo, e con la luce di cui in segreto godeva, quando era insieme a lui. 

 

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SALVE SALVE SALVE! Ragazzi, che meraviglia, che gioia immensa, siamo tutti col cuore COLMO E STRACOLMO e quello di qualcuno -forse tutti- non ancora risanato come è giusto che sia, ma comunque, bisogna.. compensare in qualche modo. Questa è venuta fuori da una role, e le idee arrivano a raffica man mano che scriviamo. 
Mi conoscete già -qualcuno mi vuole bene qualcun altro mi odia, mio amato angst colpevole- ma oggi sono qui per parlarvi di Giulia. Purtroppo non ha profili, ma vi posso citare un articolo che ha scritto proprio su Good Omens! Ed allego inoltre la sua presentazione:

https://www.framedmagazine.it/good-omens-serie-neil-gaiman-terry-pratchett/?fbclid=PAAabEkFj5t1LlyWDi5uFJrxeybkFyOXOIhrfRcsreZyhqoIJp5sK_UYjSOVs 

"Ciao a tutt*!
Mi chiamo Giulia, e sono una delle scrittrici di questa storia, muovo Aziraphale -si chiama così perché così ci piace!-. Ho 26 anni e sono lombarda, scrivo articoli su vari siti e tra poco mi laureerò in magistrale in Conservazione dei Beni Culturali. Il mio background umanistico e artistico influenza molto la mia scrittura, amo l'arte e la storia, quindi il mio Aziraphale potrebbe sembrare ancora più "fissato" con i libri e la cultura rispetto alla serie. Poter muovere un angelo attraversando le tappe e la storia dell'umanità è un piacere per me, e poter scrivere di Atene, del teatro antico.. è stata una bella esperienza. Spero di trasmettervi tutto quello che ho mentre scrivo dell'angelo più adorabile del mondo, il nostro Aziraphale."

E con questo è davvero tutto -no non è vero-, speriamo davvero davvero tanto di avervi incuriosito abbastanza, ne vedremo delle belle.. angst, tragicomico, hurt, commedia.. SPERIAMO VI PIACCIA.

A presto! 

-Ah, la nostra Giulia qui sta scrivendo anche IL DIARIO di Aziraphale, in cui racconta le sue impressioni sulle varie cose gli nel tempo gli succedono, quindi.. è un'informazione importante per una parte fondamentale della storia, a breve vi daremo modo di leggere anche queste splendide pagine.- 

 
   
 
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