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Quando il cammino della combriccola di
Mario e dell’immortale Farfabì si erano incrociati per la prima volta, la nimbi
aveva mostrato l’atteggiamento di una giovincella capricciosa che tuttavia, nel
momento in cui la sorte del mondo fu riposta nelle sue mani, rivelò infine una
profonda nobiltà d’animo. In realtà Farfabì si comportava in maniera tanto
puerile, nonostante secoli e secoli di esistenza nella dimensione spirituale,
poiché i suoi gelosissimi genitori, i sempiterni custodi dei regni dell’Aldilà,
non avevano fatto altro che trattarla come una bambina, viziandola senza
riserve per tenerla appagata e al sicuro nelle rispettive dimore dei cieli e
degli inferi.
Dopo il compimento dell’impresa per la
salvezza universale, alla perpetua infanta fu concessa una breve visita fuori
porta per avere un assaggio dell’esperienza mortale che lei, nata nimbi, mai
aveva avuto prima. Granbì e Infernia strinsero dunque un accordo coi sovrani
della Terra Oscura e del Regno dei Funghi: qualche ora di trastullo nel mondo
terreno che l’adorata figlioletta aveva contribuito a preservare in cambio di
una snellita alla lista dei precedenti criminali di Bowser, le cui furfanterie
non erano trascorse inosservate dall’inflessibile regina spettrale. Farfabì
celò l’aspetto di nimbi sotto spoglie umane e venne scortata dai tutori
provvisori al parco dei divertimenti di Girasolandia che, con sollievo di
questi ultimi, fu di estremo gradimento della bimba che rimase ammaliata dai
colori e dalle luci delle giostre variegate, dalla musica disco emessa dagli
altoparlanti e dai profumi e dai sapori delle leccornie in vendita nei
chioschi.
Bowser e Peach cercarono di accontentare
ogni richiesta, ciononostante, i capricci dell’ospite altezzosa non tardarono a
susseguirsi implacabili fino a mettere a dura prova la pazienza di entrambi,
ai quali non era reciprocato alcun riguardo da parte della monella, convinta di
impugnare il coltello dalla parte del manico e di poter disporre di loro come
fossero suoi galoppini personali.
Fu il Re Koopa, assai meno incline alla
sopportazione e genitore navigato, a ristabilire la disciplina:
« Sono stanco di queste lagne continue,
signorinella. Noi ti stiamo facendo un favore e non siamo al tuo servizio. Non
hai ancora capito che né Peach né io, specialmente io, siamo agli ordini di
chicchessia, ma che siamo qui per nostra scelta e perché i tuoi hanno
insistito. Per quanto mi riguarda, se godere di un misero sconticino sulla mia
fedina penale vuol dire dover reggere oltre una ragazzina ingrata e
insoffribile come te, preferisco portarmi tutte le colpe che ho commesso nella
tomba. Una in più o in meno non mi cambia certo l'esistenza ».
Da lì in avanti la convivenza divenne
decisamente più piacevole, sino al momento del saluto che
avvenne con mutuo affetto (sebbene Bowser non lo avrebbe mai ammesso
apertamente).
Le parole del drago si rivelarono tanto
severe quanto provvidenziali e quell’evento divenne una pietra miliare nella
crescita di Farfabì, che prese consapevolezza della propria condotta e che si
convinse così a porre rimedio da sola a ciò che i genitori avrebbero dovuto
correggerle, accecati dall’amore verso di lei per imporsi: doveva assolutamente
migliorarsi, sia per la dignità sua che per quella dei sudditi che lei doveva
rappresentare. Il tempo delle favole e di fantomatici principi azzurri era
ufficialmente finito.
Se non fosse stata per quella memorabile
giornata insieme ai sovrani Toadstool Koopa, Farfabì sarebbe rimasta chissà
quanto a lungo ancora incastrata nel circolo vizioso alimentato da suo padre e
sua madre, dalla loro ottusità nel vederla come un eterno pulcino. Nessuno dei
due, per esempio, aveva dato la necessaria importanza alla sua scolarizzazione:
quando avevano provato ad affiancarle maestri illustri, secoli addietro, la
loro volontà si era subito piegata di fronte alle proteste di una ragazzina
annoiata e incosciente che ancora non comprendeva il valore dell’istruzione.
Non potevano fare a meno di assecondarla in tutto, persino negli sbagli. Era
l’unico modo che conoscevano per dimostrarle che le volevano bene.
Al rientro dell’infanta nel regno dei
cieli, i luminari snobbati erano stati da lei braccati uno a uno, placcati al
volo e supplicati di riprenderla come allieva. Il perdono di molti se lo era
dovuto conquistare, studiando da sola tomi su tomi nella Biblioteca Celeste per
superare prove di ingresso al fine di convincerli di esser degna del privilegio
delle loro lezioni, mentre altri, più indulgenti, avevano accolto con gioia la
trasformazione della principessa. Quanto più Farfabì studiava e imparava, tanto
più aumentava il suo interesse per ciò che ancora non conosceva. Iniziò dalle artes
liberales (Filosofia, Grammatica, Dialettica, Retorica, Aritmetica,
Geometria, Musica e Astronomia) e poi spaziò su altre discipline come Storia,
Geografia, Scienze Naturali, Arte, Poesia e Letteratura. I nimbi non avevano
necessità di riposare o rifocillarsi, quindi la principessa trascorreva
ininterrottamente giorni, settimane, mesi su libri e manuali e alternando tra i
suoi maestri, sostentata dal desiderio di recuperare il tempo perduto e di
riscattarsi.
Il vetusto Granbì e l’austera Infernia
non avevano idea della scintilla che aveva innescato un cambiamento di tale
entità nella figlia diletta, ma lungi da entrambi distoglierla dal suo percorso
di edificazione per porle la domanda. Certo era che, considerato un risultato
tanto eccezionale dopo quello che doveva essere un banale viaggio di piacere,
il nome di Bowser Koopa era ufficialmente cancellato dall’elenco di malfattori
destinati agli orrendi domini del Mondodigiù. Per Infernia fu più facile
chiudere un occhio sul protocollo per la prima occasione in milioni di anni
grazie anche al notevole contributo di Peach, attivamente impegnata nella
missione di redenzione del monarca della Terra Oscura.
Farfabì rivoluzionò l’approccio anche
coi sudditi che la circondavano, parlandoci e ascoltando le loro storie: a
volte liete, a volte tristi, altre addirittura orribili. Qualsiasi anima le
chiedeva udienza, pia o dannata, Farfabì la accoglieva a cuore aperto e i loro
racconti pizzicavano le corde della sua sensibilità.
In una manciata di anni una vera
principessa sbocciò dalla crisalide di bimba: gentile, umile e benvoluta in
egual misura da nimbi e d-moni, avendo abbandonato le cattive abitudini e
affinato le virtù, tra queste l’interesse per l‘arte e la musica. Le sembianze di
Farfabì erano una proiezione della sua maturità interiore e, se prima la nimbi
si era presentata come un’adolescente che secoli di trattamento soffocante e
premuroso da parte dei genitori avevano represso allo stadio infantile, ora
aveva le fattezze di una giovane donna.
Pur essendo fortemente attratta dal
mondo terreno, Farfabì doveva attenersi alle regole primordiali tra mortali e
spiriti e limitarsi al ruolo di semplice osservatrice dall’interno dei confini
dei regni dell’oltretomba. Un giorno però, preda di una nostalgia stuzzicata
dai ricordi, la perpetua approfittò di un momento di distrazione dei sovrani
divini, costantemente indaffarati a ricevere nuove anime: varcò in punta di
piedi i cancelli eterei e fece ritorno al castello di un certo drago per
rendere omaggio a due vecchie conoscenze.
Quando le sentinelle informarono Ludwig
che una donna misteriosa era inspiegabilmente riuscita a superare la
sorveglianza senza esser intercettata per bussare indisturbata alle porte della
fortezza, un fulmine a ciel sereno spezzò la monotonia ripetitiva del principe.
Si allontanò dalle scartoffie per andare a verificare di persona e,
effettivamente, a ricambiare il suo sguardo con pari perplessità c’era proprio
una damigella all’entrata della lugubre dimora. Portava un vestito candido fino
alle caviglie e i capelli chiarissimi morbidamente annodati sulla nuca. La
pelle rosea sembrava splendere sotto i raggi del sole di quella giornata
insolitamente luminosa nella Terra Oscura.
Sulle prime la nimbi, colta alla sprovvista
dal volto estraneo, temette che il castello fosse passato di proprietà, perché
il drago che le aveva risposto non era Bowser, né gli somigliava molto: era di
stazza meno robusta, con una vistosa chioma blu, le basette e gli incisivi
superiori che sporgevano leggermente insieme ai canini acuminati. Gli si
presentò con timidezza come un’amica dei sovrani, conosciuti durante l’impresa della raccolta dei Cuori Puri per contrastare la profezia nefasta
della fine del mondo, e domandò molto educatamente se fossero in casa.
« Posso sapere chi li sta cercando? ».
La voce cavernosa e animale del koopa vibrò come un motore al minimo,
esprimendo una calma che l’imprevedibilità dell’incontro non aveva intaccato,
almeno in apparenza. Ludwig rammentava quanto i genitori avevano riferito a lui
e ai fratelli di tale faccenda: il padre aveva l’abitudine di porre
l’attenzione sui nemici contro cui aveva combattuto, mentre la madre sulle
amicizie strette e in nessuno dei due elenchi era presente una descrizione che
coincidesse col profilo della forestiera.
Farfabì tentennò. Non era certa che la
sua esistenza fosse ancora un mistero per i mortali, ma la perpetua scelse di
non correre il rischio e mantenere discrezione. Giammai dovesse circolar voce
che un nimbi aveva calpestato il mondo terreno: i genitori non glielo avrebbero
perdonato, sua madre nella maniera più assoluta. « Temo di non poterlo rivelare
». Chinò il capo con umiltà, giungendo le mani. « Non intendo recarvi offesa.
Ho le mie ragioni, vi prego di credermi ». A dispetto dell’assurdità della
situazione, l’interlocutore non si alterò.
« Posso sapere allora dove vi siete
incontrati? » domandò questi, continuando a osservarla guardingo dietro le
profonde iridi scure, come se tentasse di leggerle sotto la pelle
La fanciulla scosse la testa. « Non
posso precisarlo, mi dispiace ».
Sebbene esteriormente il principe non
lasciasse trapelare nulla, dentro di sé si stava arrovellando sull’identità
della nuova arrivata, escludendo uno a uno i suoi sospetti. Non gli sembrava
una minaccia: se ella desiderava entrare nel castello, avrebbe potuto farlo con
la stessa facilità con cui aveva superato le decine di sentinelle e invece si
era annunciata all’ingresso. Se aveva aiutato in qualche modo i genitori nella
missione dei Cuori Puri, dove potevano essersi conosciuti? Dopo un ultimo
sforzo di memoria, un nome affiorò alla mente del principe, quasi sbiadito in
fondo alla lunga lista di personaggi. Altruista e valorosa, l’aveva
descritta Mama Peach. Una vera peste, l’aveva inquadrata suo padre.
« Non intendo rubare loro troppo tempo,
vorrei soltanto salutarli ». Provò a insistere in tono quasi di supplica
l’insolita ospite. Il drago le parve tutt’altro che bendisposto, restandosene
piantato e indifferente dall’altra parte del pesante portone ricoperto di
borchie aguzze che ricordavano il carapace del proprietario.
« I sovrani Toadstool Koopa non sono qui
» rivelò pacato Ludwig, leggendo la delusione sul viso della giovane. « Sono
impegnati nel Regno di Sarasaland per tutta la settimana, a fini diplomatici ».
Farfabì si sentì così sciocca da non
aver considerato prima di partire la possibilità che i suoi amici avrebbero
avuto da fare altrove, avendo così nutrito aspettative dolorosamente disattese.
« Porgo le mie scuse per avervi importunato » fece infine, mascherando con
scarso successo la tristezza dietro un sorriso tremulo che non ingannò nessuno.
« Riprenderò la mia strada, ora ». La voce le si incrinò e si passò lesta una
mano sugli occhi per asciugare disperatamente le prime lacrime che d’impulso
erano sgorgate, sentendosi ancor più sciocca per tale perdita di contegno.
Avrebbe voluto così tanto riabbracciarli, persino il tartarugone bisbetico che
proprio lui le aveva dato la spinta ad elevarsi (sebbene Farfabì non lo avrebbe
mai ammesso apertamente).
Il principe non aveva dubbi ormai su chi
lei fosse. « Perché non entrate? ».
Gli occhioni castani batterono con
sorpresa, soffermandosi sul volto del koopa ignoto.
« Mai si rifiuterà ospitalità a chi ha
aiutato la famiglia reale e, se mio padre e mia madre fossero presenti, di
certo vorrebbero che siate trattata col massimo riguardo ». Ludwig si presentò, compiacendosi in segreto alla tenera vista del sorriso sollevato a
cacciar via l’espressione incupita, e ricevette conferma che Bowser le aveva
parlato di lui e dei fratelli. Considerate le origini di Farfabì, il primogenito Toadstool Koopa non si meravigliò che sino a quel preciso momento la giovane non aveva avuto idea con chi stesse parlando.
Al fine di ridurre l’interessante
dislivello in altezza, il drago roteò lo scettro tra gli artigli e assunse
sembianze umane con l’outfit che solitamente prediligeva: pantaloni neri e
camicia con maniche arrotolate sui gomiti. Con un cenno elegante della mano, la
invitò nella fortezza. La perpetua arrossì sbalordita, avvertendo un volo di
farfalle agitarsi nello stomaco di fronte allo charme del principe, al fisico
piacente, alle maniere squisite. Lusingata e impreparata dinnanzi a cotanta
galanteria, cercò di recuperare l’autocontrollo, drizzò le spalle e si sforzò
di corrispondere lo sguardo serissimo del principe senza sciogliersi. La
fanciulla accettò con un inchino cortese e Ludwig ebbe un fremito quando gli
camminò accanto quasi sfiorandolo: emanava un profumo tenue e buonissimo di
aria pura, erba fresca e di libri.
La accolse nella sua vita con
naturalezza, come il primo raggio dell’alba che penetra discreto dalle imposte.
Adorava ascoltarla e cercava continui spunti di dialogo per incoraggiarla a
dischiudersi, un petalo alla volta, fino a che l’imbarazzo iniziale non si
dissolse, sostituito da simpatia e calore. Gli esternò una sensibilità
acutissima e delicata a ogni espressione di bellezza, di ordine e di ritmo e,
come era prevedibile, essendo lei familiare anche con l’atroce Mondodigiù, le
minacce della roccaforte la lasciarono impassibile. Il principe le aveva
proposto un giro turistico per agevolare la conversazione e passeggiare su
ponti sospesi sulla lava e la vista di twomp, categnacci, tartossi e altri
brutti musi non la distrassero un istante dal dialogo.
Farfabì
aveva così tanto da raccontare,
non avendo affetti con cui confidarsi, pur rimanendo attenta a non
toccare la
sfera personale: libri che aveva letto, spettacoli che le sarebbe
piaciuto
guardare dal vivo, musiche che aveva ascoltato. « Mi rende felice
cantare per i
miei sudd… per i miei amici! » si corresse mordendosi la
lingua. Capitava con
crescente frequenza, quando discendeva nell’averno per portare
sollievo a
qualche anima tormentata, che frotte di dannati le si radunassero
intorno pregandola almeno di una canzone, così da aiutarli a
dimenticare per un po’
la loro miserevole condizione. Di tutti i maestri che l’avevano
seguita, quelli
di canto erano stati i più esigenti e bacchettoni, ma le lezioni
estenuanti
avevano dato ottimi frutti.
« Voi cantate? ». Ludwig era
genuinamente interessato. Si arrestò lì dove erano giunti, al centro della
gigantesca biblioteca, e la fissò negli occhi con un’intensità tale da farle
tremare le ginocchia. « Se non sono troppo ardito, mi concedereste l’onore di
un canto? ».
Sulle prime Farfabì fece la modesta,
tuttavia acconsentì senza il bisogno di chiedere una seconda volta. La presenza
avvenente del principe le causava uno stato di euforia tale da minarle la
concentrazione e di conseguenza la qualità dell’esibizione, ma la giovane
desiderava impressionarlo per ascoltare il dolce suono dei suoi complimenti.
Quel pensiero le diede l’ispirazione sulla scelta del pezzo. Compì pochi passi
indietro, trasse un lungo respiro di preparazione e poi intonò:
Il dolce suono mi colpì di sua voce!
Ah, quella voce m'è qui nel cor discesa
Edgardo, io ti son resa
Edgardo, ah, Edgardo mio!
Sì, ti son resa
Fuggita io son da' tuoi nemici
Ah, nemici
Un gelo mi serpeggia nel sen
Trema ogni fibra
Vacilla il piè
Presso la fonte meco t'assidi alquanto
Sì, presso tal fonte meco t'assidi
Si lasciò completamente trasportare dal
sentimento del canto struggente e solo alla fine si rese conto di aver
modulato gli ultimi versi con la sua vera voce di nimbi, utilizzata per
comunicare nell’antica lingua del Mondodisù, l’enochiano. Si era tradita. « È
arrivato per me il momento di andare ». Riassunse contegno, spaventata dalle
ripercussioni di tale sconsideratezza. « Indicatemi l’uscita, per favore ».
Ludwig si riscosse dalla trance in cui
la voce dell’ospite lo aveva indotto. Le ultime parole della famosa aria,
distorte in un suono che corde vocali umane non avevano capacità di produrre,
penetrante e sovrannaturale, gli scorrevano ancora dentro come se l'eco della
voce di Farfabì si perpetuasse in vibrazioni lungo il sistema nervoso: il suono
più melodioso e potente che il principe avesse mai udito prima. « Ho compreso
chi foste ancor prima di farvi entrare » ammise sollevando una mano
per invitarla a non cedere al panico. « Se temete che farò parola della
vostra identità con qualcuno, sul mio nome prometto che rispetterò il vostro
riserbo ».
« Devo comunque andare ». Farfabì notò da
una finestra che i primi colori del tramonto stavano tingendo la cupola
celeste: erano trascorse ore intere e lei non se n’era minimamente avveduta.
Forse i genitori erano già in agguato ai cancelli eterei, furiosi e impazienti
di imporle il castigo più lungo della storia. « Vi ringrazio per il tempo e per
le gentili parole dedicatimi. E vi ringrazio per la vostra promessa ». Eseguì
un piccolo inchino, trattenendo delicatamente la gonna candida con la punta
delle dita. « Non lo dimenticherò ».
« Chiedo il permesso di poter
approfondire la vostra conoscenza ». Ludwig espresse risoluto il desiderio che
serbava ormai dall’intero pomeriggio. Gli occhi scuri brillarono con speranza e
decisione.
La fanciulla ebbe un tuffo al cuore e,
dopo attimi di muto sbigottimento, gli ricordò da dove lei provenisse.
« Non importa ». La determinazione del
principe non si ridusse di un nanometro: se lui non poteva raggiungerla
fisicamente, la musica avrebbe funto da ponte tra loro due, nell’attesa del
ritorno di lei nella dimensione dei vivi.
Farfabì, allo stesso modo di tutti i
nimbi, aveva la capacità di ascoltare le preghiere dei mortali, pertanto Ludwig
avrebbe inviato i suoi componimenti fino agli estremi del Regno dei Cieli e
degli Inferi. Sarebbe valsa la pena aspettarla settimane, mesi, o addirittura
anni. Nel frattempo i tasti del pianoforte si sarebbero tramutati nelle corde
del pensiero del principe e avrebbero dato voce all’affetto, alla nostalgia e
alla passione.
La fanciulla non si lasciò certo
abbindolare dall’ardire del rampollo Toadstool Koopa che magari credeva di
poterla conquistare soltanto con le belle parole, seppur una parte di lei, la
più fragile e romantica, che sin da bambina covava ostinata il sogno di
incontrare un giorno il suo cavaliere, accolse la sfida.
Non passò molto tempo nel nebuloso
Mondodisù che le prime note le solleticarono soffici le orecchie, come un
sussurro, e l’esistenza della principessa cambiò irreversibilmente.
Se non scaturiva diretta dal cuore, una
preghiera non giungeva all’udito celestiale dei nimbi. Ludwig riversava l’anima
ammalata d’amore in ogni armonia rivolta alla sua musa. Più il tempo a
separarli si dilatava e più intensi i messaggi del principe divenivano: la
inebriavano di una letizia incontenibile che la faceva danzare come
una ballerina, le infiammavano i sensi, la commuovevano sino a che le lacrime
non le rigavano le guance, la chiamavano, la supplicavano.
Si vedevano di nascosto, senza
regolarità e senza cedere all’impazienza, quando la perpetua poteva
sgattaiolare via nell’assoluta certezza di non destare attenzioni pericolose.
Lui la attendeva devoto e le dedicava spartiti su spartiti, abbandonandosi alla
gioia più completa quando gli era finalmente concessa l’opportunità di
stringerla a sé e di affondare il viso nei capelli candidi.
I genitori della nimbi non avrebbero mai
approvato la relazione, poiché trasgrediva l’ordine naturale tra i loro mondi,
perciò Farfabì fu costretta a mantenere il segreto e Ludwig fece altrettanto
con la sua famiglia, nel timore che si sarebbe opposta in previsione delle
ritorsioni da parte dei guardiani divini. Tuttavia, un’avventura così rischiosa
non poteva continuare indisturbata tanto a lungo e, infine, i custodi del regno
celeste e degli Inferi presero atto di cosa stava accadendo proprio sotto il
loro naso.
Tentarono di porre termine alle evasioni
della figlia, ma questa si ribellò con tutte le forze. Rassegnatisi che nulla
avrebbe persuaso la loro bambina adorata a privarsi del suo principe, in barba
alle regole universali, i sovrani perpetui convocarono al loro cospetto sia lo
spasimante che i coniugi Toadstool Koopa per definire una soluzione.
La Regina Infernia propose quella più
logica: « Ludwig dovrà rinunciare alla vita e raggiungere Farfabì nella
dimensione dei defunti ».
La Regina Peach propose quella più
umana: « Farfabì rimarrà nel mondo terreno fintanto che lo desidera e la
famiglia Toadstool Koopa avrà cura di lei. Il segreto della sua identità non
trapelerà al di fuori dei presenti. Inoltre Farfabì può adattare l’aspetto
esteriore all’età che col tempo ci si aspetta che lei dimostri, così non
nasceranno sospetti sulla sua vera natura ».
Granbì, compassionevole, acconsentì
dinnanzi alle implorazioni della figlia, mentre la consorte non si contentò di
una banale promessa ed esigette un giuramento dal diretto interessato: non
appena si fosse venuto a sapere dell’identità di Farfabì, che un nimbi aveva
lasciato la dimensione spirituale per camminare di nuovo tra i mortali,
Infernia avrebbe trascinato il baldo Ludwig nelle sue lande di ombre e
tormenti.
Bowser e Peach offrirono prontamente le
loro anime in palio, terrorizzati di fronte al rischio di un simile destino per
il figlio, ma quest’ultimo, il quale mai avrebbe permesso ai propri cari di
pagare il prezzo delle scelte da lui compiute, aveva capito che, dietro tale
minaccia, la temibile regina stava di fatto mettendo alla prova la sua volontà,
pertanto accettò senza batter ciglio. Anche se fosse finito nell’avernale
Mondodigiù, avrebbe sempre avuto Farfabì accanto.
A quelle parole anche l’irremovibile
Infernia cedette e la giovane innamorata poté far ritorno felice dall’Aldilà in
braccio al suo diletto.
Farfabì era rimasta profondamente
colpita dai genitori di Ludwig, specie dalla madre adottiva, che non ci avevano
pensato due volte a porre a repentaglio la loro salvezza eterna per proteggerlo
e fu inghiottita dai sensi di colpa. Addolorata, chiese loro perdono per aver
cagionato tanta pena e per non avere nulla da offrire in cambio della
generosità riservatale. All’improvviso la sua risolutezza venne meno: si era
appena infilata di prepotenza in un nucleo familiare la cui serenità era stata
compromessa per il suo egoismo, costringendoli a convivere costantemente con la
paura per l’incolumità di un figlio. Come se ciò non fosse abbastanza, Farfabì lo avrebbe derubato della possibilità di una discendenza, giacché i nimbi
non possedevano l’onore di poter generare la vita.
Provò disprezzo per sé stessa. Avrebbe
fatto meglio a rientrare nei domini dell’oltretomba, così da restituire a
Ludwig la libertà di dimenticarla e di condurre un’esistenza senza il peso di
un simile macigno. Cercò di liberarsi dall’abbraccio affettuoso del principe
che, dopo aver ascoltato le ragioni per cui il viso del suo prezioso angelo si
era improvvisamente rabbuiato, le depose un bacio tenero sulla fronte, lungo e
confortante. Per Ludwig era lei la famiglia che questi desiderava e, dopo aver
badato a ben sette fratelli più piccoli, non nutriva interesse a crescere anche
dei figli.
La Regina Peach le garantì che fosse la
benvenuta nella grande famiglia Toadstool Koopa che proprio Farfabì, grazie al
suo sacrificio per il quale le erano eternamente debitori, aveva contribuito a
preservare.
Per Re Bowser il figlio era grande
abbastanza da scegliersi la sposa che il cuore gli comandava e, essendo i Koopa
per indole amanti del rischio, il sovrano non era affatto stupito che Ludwig
fosse andato a stuzzicare i suoceri più pericolosi su piazza.
Il patto suggellato quel giorno segnò
una rinascita per l’immortale Farfabì, che stabilì di lasciarsi alle spalle il
passato di nimbi e di ripartire da zero in forma umana, godendosi appieno la
vita che le era stata negata in principio. Chiese a Ludwig di darle un nuovo
nome che, da allora, le sarebbe appartenuto per sempre.
Nota
d’autrice:
Non è la prima volta che decido di buttar
giù qualche riga su Ludwig e le righe diventano paragrafi e i paragrafi diventano
pagine. L’intenzione originaria era di fornire un veloce chiarimento sull’identità
di Alba per poi passare ad altro ma, vista la lunghezza di questo excursus, ho
preferito ritagliarlo in un capitolo a sé, così nel prossimo ci sarà più spazio
per altri argomenti.
Grazie per aver letto fin qui :]
Lucia di Lammermoor [Atto III: Scena
della Pazzia, "Il dolce suono”] di Gaetano Donizetti
Farfabì [Super Paper Mario] © Nintendo
Alba © koopafreak