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Autore: fiorediloto40    18/08/2023    1 recensioni
Quando arrivò in prossimità del primo tempio, accadde qualcosa di insolito. Normalmente non avrebbe dato peso ad una scena come quella, passando oltre con disinteresse e celerità, tuttavia, qualcosa di più forte di lui lo costrinse a fermarsi...il terzo guardiano non avrebbe saputo spiegare perché, ad un certo punto, sentì il bisogno di sopprimere il proprio cosmo per nascondersi dietro ad una delle colonne...ma fu proprio quello che fece, osservando di nascosto le due persone che parlavano tra di loro.
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I personaggi appartengono a Masami Kurumada, Toei e Bandai.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Aries Mu, Gemini Saga
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il giorno lottava ancora contro le ultime luci della notte per fare capolino dalle montagne intorno a Rodorio, mentre due cavalieri si lasciavano alle spalle i tredici templi. In silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.

Flashback

- Fa attenzione...te ne prego... - le iridi color mare di Milo erano fisse sul suo compagno, tradendo l’angoscia del loro proprietario.

E sebbene Camus fosse restio alle effusioni in pubblico, non poté evitare di accarezzare con amore il volto preoccupato dello Scorpione.

A qualche metro di distanza, per dare loro l’intimità che meritavano, Mu fissava il paesaggio, ripensando agli eventi della sera precedente. Inconsciamente portò una mano alle labbra, ricordando ed accarezzando il sapore che quelle di Saga avevano lasciato sulle sue.

Per un momento si voltò, sorridendo nel vedere Milo rubare un bacio a Camus, che si finse infastidito.

Quel gesto lo fece riflettere...gli sarebbe piaciuto avere una relazione? Qualcuno che si preoccupasse per lui? Qualcuno che lo aspettasse?

La risposta gli sembrò abbastanza scontata. Ed inevitabilmente la sua mente andò al terzo guardiano.

Sapeva che sarebbe stato impossibile per lui presentarsi quella mattina, come aveva fatto Milo. D’altronde, non erano una coppia, in effetti non erano nulla perché non avevano ancora chiarito nulla. C’era stata una gran confusione, e adesso bisognava aspettare che la calma facesse decantare tutte le emozioni vissute per capire cosa effettivamente rimanesse in superficie.

Eppure...

Quando, senza rendersene conto, con lo sguardo si rivolse alle sue spalle, in direzione della terza casa, non poté evitare al suo cuore di perdere un battito...

In piedi, maestoso come una delle statue che abbellivano il Santuario, Gemini Saga antistava il proprio tempio con lo sguardo rivolto in basso. O meglio...su di una persona in particolare.

Attirati dallo stupore dell’Ariete, Milo e Camus osservarono furtivamente ciò che stava accadendo poco distante da loro, limitandosi a scambiarsi occhiate eloquenti senza osare intromettersi in quella connessione, che appariva evidente essere non solo visiva.

Fine flashback

- Ecco, qui dovrebbe andare bene -.

Quando furono abbastanza lontani da aver superato la barriera al teletrasporto imposta da Atena, Mu si fermò, e, dopo aver appurato che lui e il suo compagno avessero tutto ciò di cui avrebbero avuto bisogno per la loro missione, prese le mani di Camus e le strinse forte.

La distorsione spazio temporale poteva essere davvero fastidiosa per chi non vi era abituato, e quel contatto era necessario affinché tutto andasse per il meglio. Nonostante ciò, e sebbene tutti ne fossero a conoscenza, le due paia di occhi che assistevano alla partenza non riuscirono ad evitare il fastidio che provocò loro quella piccola confidenza...

Dopo pochi istanti, i due cavalieri scomparvero lentamente, rivolgendo un ultimo sguardo a coloro che amavano.

****

- Tutto bene Camus? -.

L’Acquario non era molto avvezzo a quel tipo di tecnica, ed il capogiro che lo aveva colto materializzandosi di nuovo, aveva indotto Mu a sorreggerlo delicatamente.

- Sì - il francese annuì - dammi solo un momento... - disse prendendo lentamente confidenza con l’ambiente circostante.

Il luogo nel quale si trovavano era di difficile localizzazione. Un’immensa distesa di neve e ghiaccio era l’unico paesaggio visibile anche proiettando lo sguardo a qualche centinaio di metri di distanza.

- Mu...sei sicuro che questo sia il posto giusto? - domandò Camus guardandosi intorno.

- Secondo le indicazioni di Shion, il villaggio non dovrebbe distare più di un chilometro - rispose Mu alzando le spalle. Proprio in quel momento percepirono dei deboli suoni in lontananza, che li fecero annuire in silenzio dopo un rapido sguardo.

- Faccio strada - Camus si avviò verso quella che gli sembrava la direzione giusta, seguito da Mu, che non mostrò la minima esitazione. D’altronde, nessuno più del suo compagno sapeva orientarsi in quel territorio senza apparenti punti di riferimento.

Come avevano immaginato, l’intuizione di Camus si rivelò corretta, ed infatti, dopo pochi minuti i due cavalieri si ritrovarono in quello che appariva l’ingresso del villaggio. Facendo attenzione a che i vasi di Pandora fossero ben coperti, si mossero tra la gente con calma, cercando di non dare nell’occhio; approfittando del fatto che fosse giorno di mercato, riuscirono ad attraversare il Paese senza richiamare troppa attenzione.

Certo...sarebbe stato difficile per loro, di aspetto notevole e per di più stranieri, passare inosservati...ciononostante, il fatto che alcuni commercianti non fossero del luogo, permise di rendere discreto il loro passaggio.

Una volta usciti dalla piazza principale, per Mu e Camus non fu difficile localizzare il palazzo al quale erano diretti. 

Imponente, maestoso, dominava da una collina la sottostante distesa ghiacciata. 

La loro prima reazione fu di stupore nei confronti di quella che appariva quasi una scultura di ghiaccio, tuttavia, la differenza tra la regalità di quell’edificio e la semplicità del paese che governava strideva al punto da provocare, in chi guardava, un fastidio epidermico.

Sebbene la vista non fosse piacevole, i due cavalieri misero da parte i loro pensieri e, non indugiando oltre, si mossero in direzione del palazzo, con l’intenzione di iniziare subito la loro missione. Prima avessero cominciato, prima avrebbero finito, e solo Atena conosceva il desiderio di entrambi di tornare a casa il prima possibile... 

Quando, però, giunsero all’ingresso, si trovarono innanzi al primo vero inconveniente del viaggio, poiché, senza alcun riguardo, le guardie bloccarono loro il passaggio qualificandoli automaticamente come intrusi.

- Tornate indietro. Non potete passare oltre! - ed il modo in cui incrociarono le alabarde non lasciò spazio a dubbi che la loro minaccia fosse reale.

- Non siamo in visita - Mu abbassò il cappuccio che lo riparava dal freddo, invitando silenziosamente Camus a fare altrettanto - Veniamo dal Santuario di Atena -.

La reazione attesa, tuttavia, non ci fu, e le guardie non si mossero di un millimetro, rimanendo immobili nella loro posizione di difesa, e facendo accigliare vistosamente i due cavalieri.

Pur senza scambiarsi una parola, Mu e Camus fecero le stesse riflessioni scambiandosi rapidamente un’occhiata. L’atteggiamento di quei guardiani non era quello tipico di chi aspetta visitatori annunciati...dunque, non erano al corrente del loro arrivo.

- Lasciateli passare! - una terza voce mise fine allo stallo, tirandoli finalmente fuori da quella situazione scomoda.

- Ma...comandante Einar... -.

- Niente ma! - l’ultimo arrivato parlò con durezza alle sue guardie - Li abbiamo chiamati noi...e lasciarli attendere all’ingresso è quanto di più disdicevole possiamo fare! -.

I due guardiani si guardarono confusi, ma nonostante ciò obbedirono immediatamente al loro capo, abbassando le armi e permettendo a Mu e Camus di entrare.

- Vi chiedo perdono - disse il comandante venendo verso di loro ed abbassando lievemente il capo - siate i benvenuti a palazzo! - con un gesto della mano fece cenno di seguirlo, facendoli avanzare lungo il ponte che separava il castello dalla terraferma e, subito dopo, guidandoli all’interno della fortezza.

Una fortezza che non era meno algida di come apparisse all’esterno. Inoltre, nonostante il comandante avesse mostrato nei confronti dei suoi visitatori un atteggiamento rispettoso, le circostanze continuavano ad apparire quantomeno singolari...infatti, pur avendo riservato loro un’accoglienza diversa rispetto a quella delle sue guardie, li accompagnò lungo tutto il tragitto nel silenzio più completo, senza dare una minima spiegazione né fare cenno al motivo per il quale i due cavalieri si trovassero in quel luogo.

In conseguenza di ciò, e per non turbare quell’insolita calma, anche Mu e Camus, di tacito accordo, non scambiarono una parola tra di loro, limitandosi a seguire quella figura dalle tipiche fattezze nordiche che gli stava facendo strada, e preferendo comunicare con gli usuali sguardi eloquenti...

In effetti, anche in situazioni normali, il rapporto tra Mu e Camus aveva la singolare caratteristica di non avvertire mai il peso del silenzio...che poi era stato proprio il motivo che li aveva portati a diventare amici in breve tempo, nonostante la natura schiva dell’Acquario e quella discreta dell’Ariete.

Inoltre, entrambi approfittarono di quel tragitto guidato per osservare l’ambiente circostante, constatando come la loro prima impressione si fosse rivelata corretta. Quel posto si caratterizzava, neanche a dirlo, per la sua austerità e freddezza.

- Il maestro anziano vi sta aspettando - dopo aver camminato per svariati minuti, finalmente il comandante fermò il suo passo rompendo quel silenzio scomodo.  Con un movimento deciso aprì una massiccia porta di legno per fare loro strada in una grande sala, all’altro capo della quale, una figura solenne sedeva sul suo scranno. Lunghi capelli bianchi, occhi cristallini, coperto di una veste candida e algida come l’ambiente circostante, sembrava evitare persino di respirare. In apparente posizione di attesa.

- Vi stavamo aspettando - furono le parole che l’anziano pronunciò, in tono grave, quando i due stranieri si avvicinarono - Ben arrivati cavalieri -.

Mu e Camus osservarono rapidamente l’ambiente nel quale si trovavano, non percependo la presenza di nessun altro oltre a loro, sebbene l’anziano avesse parlato al plurale, dopodiché si limitarono ad abbassare il capo in segno di saluto e di rispetto, non prima, però, di essersi scambiati un rapido sguardo...ognuno di loro era convinto che l’altro avesse le sue medesime sensazioni...

- Shion mi aveva detto che avrebbe inviato due tra i suoi più fidati e seri cavalieri - riprese il maestro con la sua voce stanca e leggermente rauca - ma devo dire che, di primo acchito, superate le mie aspettative... -.

Se quella voleva essere una battuta o un modo di smorzare la tensione nella stanza, non ebbe molto successo, tuttavia, indusse quantomeno Mu ad uscire da quella situazione di stallo.

- E lo speriamo maestro anziano... - per un momento Mu provò una sorta di fastidio nel pronunciare quelle parole, perché, per lui, l’unico maestro anziano era il suo...Dohko. Tuttavia ignorò quel sentimento, che riconobbe un po' infantile, in favore di una maggiore tolleranza. 

- Io e il mio compagno Camus - Mu continuò indicando la figura alla sua sinistra - siamo stati messi al corrente da Shion di cosa sta accadendo nella vostra comunità o almeno...di quel poco che anche voi sapete - vide l’anziano annuire - Dunque siamo a disposizione per qualunque aiuto possa dipendere dalle nostre capacità -.

- Non ne dubito cavaliere - rispose il maestro continuando a fissare l’Ariete come aveva fatto da quando aveva iniziato a parlare - anche perché non dubito della saggezza del mio vecchio amico Shion.... -.

I secondi di silenzio che seguirono servirono solo a sottolineare il disagio di tutti i presenti.

- Da questo momento avete pieno accesso alla biblioteca del palazzo e agli archivi di tutta la comunità... - fortunatamente, il comandante Einar, che era rimasto in disparte fino a quel momento parlò, smorzando l’imbarazzo - potete organizzare le vostre ricerche come meglio credete, e potete rivolgervi direttamente a me per tutto ciò di cui possiate aver bisogno -.

- Grazie - rispose Mu inchinandosi educatamente.

- Potrete cominciare quando lo riterrete opportuno - riprese Einar - per il momento vi mostro le stanze che abbiamo preparato per voi -.

- Non sarà necessario -.

Per la prima volta, da quando avevano messo piede nel palazzo, Camus fece sentire la propria voce, lasciando sinceramente perplesso il suo interlocutore.

- Noi cavalieri siamo abituati alla vita comune, quindi per noi non sarà affatto un problema condividere la stanza...e per voi sarà certamente minore disturbo... -.

Mu si limitò ad annuire confermando le sue parole. Sicuro del fatto che, dietro al suo silenzio fermo, il francese stesse in realtà osservando tutto con estrema attenzione, si era posto come interlocutore per poter permettere al compagno di fare le dovute riflessioni, e se Camus aveva optato per quella scelta, voleva dire che era la migliore per la loro sicurezza.

- Beh...come preferite... - disse il comandante ancora dubbioso. Soprattutto per il fatto che due uomini adulti volessero dividere la stessa stanza...

Tuttavia, non aggiunse altro, e, sotto l’occhio vigile del maestro anziano, che non aveva neanche battuto le palpebre da quando quei due stranieri erano giunti al suo cospetto, li invitò a seguirlo per condurli nell’alloggio designato.

Una volta arrivati a destinazione, Mu e Camus si sistemarono nella stanza assegnata. Il posto aveva già due letti, ragion per cui non fu necessario chiedere alcuna modifica e la loro guida poté finalmente congedarsi. Finalmente per tutti.

- Mu... - una volta soli, Camus attirò l’attenzione del compagno, apparentemente concentrato ad osservare il paesaggio lunare che si stagliava oltre la piccola finestra - ti sembra normale che sia Einar che l’anziano maestro parlino la nostra lingua? -.

- Ad essere onesti qui nulla mi sembra normale - lentamente, Mu si voltò, portando lo sguardo negli occhi interrogativi del compagno - Camus...questo non è un palazzo... - vide il francese accigliarsi - è una tomba... -.

****

Seduto nella tipica posizione meditativa, Shaka non era realmente immerso in una realtà trascendentale, sebbene avesse provato a raccogliersi in se stesso dal momento in cui aveva preso posto sul loto di pietra. Tentativi andati tutti a vuoto.

Stanco di fallire nella ricerca di una concentrazione che, ormai ne era sicuro, quella sera non sarebbe arrivata, fissava un punto indefinito davanti a sé senza guardarlo davvero. Quando, poi, avvertì una presenza conosciuta salire da alcuni templi più in basso per fermarsi all’ingresso del suo, sospirò stringendo le palpebre.

Ora o mai più. 

Se anche questa volta avesse mancato l’obiettivo di riprendersi Saga, non ne avrebbe mai più avuto l’occasione. 

La sera precedente aveva atteso con impazienza il suo arrivo, convinto che il gemello sarebbe andato a chiedergli spiegazioni non appena Kanon gli avesse rivelato la verità e invece...dopo aver aspettato per diverse ore, la sua delusione poté solo aumentare quando si rese conto che il cosmo del terzo guardiano bruciava in sintonia con un altro...molto caldo e amorevole...

Intuendo cosa stesse accadendo al primo tempio, il cavaliere della Vergine si ritirò nella parte più privata della sua casa, pensando a come poter rimediare a tutto quello che stava accadendo. Conscio che, almeno per quella sera, nessuno sarebbe venuto a reclamarlo.

Dopo aver fatto attendere il suo ospite solo il tempo necessario a mostrare un distacco che era lungi dal provare, Shaka concesse il passaggio ricomponendosi nella sua abituale posizione riflessiva, lasciando intendere a chi stava entrando di essere già impegnato nelle sue meditazioni.

Una scena della quale Saga non si innamorò affatto.

- Lo so che non stai meditando...il tuo cosmo è talmente pesante che persino Aphrodite si è rintanato nel suo tempio per avere un po' di pace... - la voce del terzo guardiano era seria, e quella non voleva essere affatto una battuta.

Ad essere sinceri, la prima reazione di Saga alla vista del suo ex partner immerso in quella sceneggiata fu di fastidio.

Come aveva fatto a non accorgersi di quella farsa già da tempo?

La sua domanda, però, lo portò subito ad un’altra riflessione, e cioè che Shaka non aveva cambiato nulla nei suoi modi di fare...era sempre stato così...da quando ne aveva memoria, l’indiano aveva sempre fatto quello che voleva, ignorando la correttezza, il buon senso, ma soprattutto la sincerità. In modo particolare quando gli faceva comodo.

Dunque...se Shaka non era cambiato, l’unica spiegazione plausibile per quel fastidio che sentiva percorrere sottilmente lo strato più superficiale della sua epidermide, era che ad essere cambiato fosse lui.

E realizzando quel pensiero, sentimenti contrastanti si agitarono nel suo petto...timore...di affrontare una parte di se stesso che non conosceva...ma anche, e soprattutto, sollievo...di accogliere la parte di se stesso che avrebbe sempre voluto conoscere...

In quel momento ricordò la sensazione che aveva provato la sera prima quando, confrontandosi con Mu, si era reso conto di quanto fosse piacevole e gratificante la sensazione di poter essere, di potersi sentire, se stessi, senza aver paura di essere giudicati, e con la sicurezza di trovare sempre il conforto di chi ami.

Un momento...la sua mente stava andando senza freni...e, quando realizzò ciò che aveva appena pensato, trasalì rendendosi conto di quello che significava...

Il conforto di chi ami...ed inevitabilmente l’immagine del primo guardiano si materializzò davanti ai suoi occhi. Amava Mu?

Dopo il confronto della sera precedente, non aveva chiuso occhio interrogandosi su cosa provasse davvero per il tibetano, non riuscendo ad addivenire ad una soluzione, ed ora...gli era bastato lasciare il suo cuore libero per pochi istanti, perché gli desse la risposta che la sua ragione, da sola, non gli avrebbe dato neanche tra mille reincarnazioni.

Ora più che mai, il suo unico desiderio era quello di lasciare il sesto tempio e, contravvenendo a tutte le indicazioni del Patriarca, raggiungere Mu il prima possibile, tuttavia...sapeva di non poterlo fare. In primo luogo, per il rispetto dovuto a Mu nella sua funzione di cavaliere e quindi delle missioni a lui affidate, ed in secondo luogo, perché non aveva più senso scappare da Shaka. 

Già non erano più una coppia, ma a parte questo, Saga aveva bisogno di sapere. E anche se non si fidava minimamente dell’indiano, sapeva che quel confronto, prima o poi, avrebbe dovuto avere luogo.

Shaka non insistette nella sua farsa, rendendosi conto di quanto fosse insensato prendere in giro il gemello, e, dopo aver aperto gli occhi, osservò il suo compagno concentrato nei suoi pensieri, prendendo consapevolezza di quanto fosse lontano...

- Saga...amore mio... - la voce insolitamente dolce di Shaka ebbe solo l’effetto di preoccupare Saga - mi fa piacere che tu sia qui...per poter finalmente appianare le nostre divergenze... - era chiaro come l’indiano avesse trovato il giusto compromesso per far sapere a Saga che lo stesse aspettando, ma senza mostrare disperazione. 

Shaka era un maestro...ma sottovalutava lo sfinimento di Saga.

- Per cortesia... - la voce di Saga suonò stanca - sai perfettamente che non sono qui per appianare qualcosa...ma solo per avere le spiegazioni che mi devi... -.

- Non so cosa ti abbia detto Kanon... - Shaka finse di ignorare le parole del greco - ma sono certo che ti abbia mentito -.

- Se non sai cosa mi ha detto...come sai che ha mentito? - non solo la voce, ma anche la postura di Saga tradiva tutta la sua stanchezza. E non era fisica. 

Saga era sfinito...da Shaka e anche da se stesso...dal modo in cui, insieme, si erano barricati dentro ad un microcosmo fatto di bugie, sotterfugi, scappatoie ed espedienti per aggirare la verità. Ma se gli ultimi giorni con Mu gli avevano insegnato qualcosa, era che la verità non può essere taciuta per sempre, perché porta con sé una forza tale da rompere gli argini di qualsiasi omertà, abbattere i muri della più aspra resistenza. E si presenta in modo aggressivo, violento, feroce, senza preoccuparsi di chiedere il permesso a chi, passando, travolge...tuttavia...la sua è una devastazione a fin di bene...per portare la meritata luce nell’ottusa oscurità della menzogna.

Shaka incassò il colpo, ma rimase attento a non mostrare segni di nervosismo. Per un momento, un solo momento, un pensiero gli attraversò la mente, ma, sfortuna per lui, fu un momento di troppo, che dette a Saga l’opportunità di anticipare le sue intenzioni spegnendole sul nascere.

- Non pensarci nemmeno Shaka! - il terzo guardiano tagliò i suoi pensieri e i suoi propositi - Se provi a cancellarmi nuovamente la memoria non avrai un posto in cui nasconderti... - il tono divenne greve, volutamente sinistro - Kanon non è tenero come me... -.

Un brivido percorse la schiena dell’indiano. 

Non avrebbe mai indietreggiato in un combattimento contro uno dei suoi compagni, ma Kanon...beh...Kanon era un’altra cosa. Il gemello minore non aveva limiti, e lo aveva dimostrato in più di un’occasione. Poteva anche essere un illuminato, una reincarnazione di un essere divino, ma Kanon aveva ampiamente dimostrato di non avere remore neanche nell’ingannare gli dei...

No, Kanon era l’ultima persona che avrebbe sfidato.

Sconfitto, sospirò. Impercettibilmente, per non dare l’impressione della resa...ma sospirò.

- Cosa vuoi sapere? -.

- Cosa è accaduto quella notte...dopo il mio ritorno dal Jamir? - senza tanti giri di parole Saga andò al punto - E non provare a mentirmi, perché me ne accorgerei prima di te - concluse fissando con serietà il volto dell’indiano, pronto a coglierne qualsiasi sfumatura sospetta.

Shaka prese un respiro profondo, concedendosi qualche attimo di riflessione.

- Lo vuoi sapere davvero? - vide Saga annuire in modo deciso - Bene...sei tornato al Santuario la mattina, presumibilmente dopo aver passato la notte con il tuo amante tibetano - la voce della Vergine sottolineò sprezzante l’ultima parte, e se il suo intento era quello di mostrare sdegno, la reazione di Saga fu tutt’altra cosa.

Le parole amante e tibetano gli procurarono un brivido di piacere, riproponendo nella sua mente le immagini del primo guardiano perso tra le sue braccia...

Suo malgrado, però, fu costretto a mettere quei ricordi in un angolo della sua memoria, quantomeno per portare a termine il suo obiettivo in quel momento. Poi, una volta solo, si sarebbe nuovamente perso nei suoi pensieri, ricominciando da dove li aveva interrotti...nello specifico, dai grandi occhi di Mu socchiusi, dai suoi lunghi capelli sensualmente sciolti e dalla deliziosa sensazione dei fili lilla che sfioravano la sua pelle accarezzandola...

- Mi stai ascoltando? - domandò Shaka infastidito, rendendosi conto di come il gemello fosse altrove.

Saga non rispose, limitandosi ad annuire, mettendo, suo malgrado, una momentanea fine alle sue fantasie. Serio, senza far trapelare emozioni.

- Come tua abitudine, salisti direttamente al tredicesimo tempio - l’indiano ricominciò il suo racconto - tuttavia, per me non fu difficile sentire il tuo cosmo completamente diverso anzi...credo che anche tutti gli altri si fossero accorti di qualcosa di diverso... -.

- Che vuoi dire? - Saga si accigliò - Cosa aveva il mio cosmo? -.

- Era... - Shaka sospirò - era lo stesso cosmo che avevi prima che...che... -.

- Prima che Arles prendesse il sopravvento...giusto? - Saga terminò al posto suo, vedendolo annuire con convinzione.

- E allora perché Shaka...perché lo hai fatto?! - continuò spalancando gli occhi - Quante ingiustizie, quante sopraffazioni, quante morti avremmo potuto evitare?! -.

Forse per la prima volta nella sua vita, Shaka incassò veramente il colpo. Pur non mostrando emozioni, abbassò leggermente lo sguardo sul pavimento, interrogandosi sulle parole di Saga.

Era vero? Avrebbe potuto evitare tutte le ingiustizie perpetrate da Arles da quel momento in poi?

Probabilmente sì. Ma non aveva più alcun senso pensare a quello che sarebbe potuto accadere e che non è stato.

- Sarebbe stata la completa anarchia... - rispose la Vergine cercando di mostrare una sicurezza che neanche lui aveva - anche se il tuo governo aveva le sue falle era pur sempre un ordine...e la sua caduta avrebbe portato soltanto caos nel Santuario... -.

- Oltre alla perdita del controllo su tutto e tutti...vero Shaka? - lo provocò il gemello - Soprattutto per te... -.

Quando vide l’indiano irrigidire il suo corpo, Saga capì di aver toccato il vero punto nevralgico. Ed una tristezza immensa lo pervase da capo a piedi.

- Posso capire Deathmask...o Aphrodite...che credevano in quell’ordine costituito al punto da guadagnarsi la fama di assassini spietati... ma loro almeno hanno avuto il coraggio di sopportare la loro reputazione prima e l’onta del disonore poi - la voce di Saga suonò delusa - tu invece dovresti essere l’uomo più vicino agli dei...e non hai neanche il coraggio di assumerti le tue responsabilità... -.

Ciò detto, Saga si voltò dando le spalle a Shaka, non avendo più la forza di guardare quel viso che continuava a mostrarsi inespressivo nonostante l’evidenza dei fatti; senza dare alcun peso ai suoi richiami, si avviò verso l’uscita incurante della voce dell’indiano che si faceva sempre più lontana, e desiderando essere fuori da quel tempio il prima possibile.

Non c’era più niente da capire. O, forse, non c’era mai stato.

****

Il viso di Camus si mostrò impassibile come sempre, mascherando perfettamente lo sgomento che provava davanti a quello spettacolo sconcertante.

Lo sguardo rapido che scambiò con Mu gli fece tornare in mente ciò che il lemuriano aveva detto la sera prima.

Questo non è un palazzo... è una tomba...

E non è che non avesse dato peso a ciò che aveva detto il suo compagno, semplicemente, aveva preferito lasciare decantare le emozioni intense della giornata passata, attribuendo le sue parole alla strana atmosfera che si respirava nel palazzo. Perché l’unica cosa certa era che fosse strana davvero...e sì che lui non era un tipo facilmente impressionabile.

Ora, però, davanti al mesto spettacolo delle bare di ghiaccio, perfettamente allineate, all’interno di una delle sale che costeggiava il corridoio che conduceva alla biblioteca, dovette ammettere che la sensazione di Mu era corretta.

Ma...perché erano lì?!

- Abbiamo preferito tenerli all’interno del palazzo - intuendo la perplessità degli ospiti, il comandante Einar si sentì in dovere di spiegare ciò che stavano guardando - il fatto è che...sono talmente giovani che non ce la siamo sentita di seppellirli sotto le nostre terre fredde.... -.

Percependo la leggera commozione che traspariva dalle parole del comandante, sia Mu che Camus si limitarono ad annuire, senza chiedere ulteriori spiegazioni. La sensazione di entrambi era che quell’uomo, a dispetto delle sue poche parole, avesse dei sentimenti sinceri. E forse era l’unico, fino a quel momento, ad aver mostrato un vero interesse alla loro presenza. 

Senza dire nulla ripresero a muoversi, e dopo aver percorso un’altra serie di corridoi, giunsero finalmente alla biblioteca che custodiva tutti gli archivi del palazzo. 

Per un momento, sia Mu che Camus rimasero sorpresi da ciò che videro...la volta della biblioteca era talmente alta da non riuscire a scorgerne la sommità, mentre, tutt’intorno, file interminabili di libri si perdevano nell’oscurità di cunicoli bui ed apparentemente senza fine.

- In tutta onestà, anch’io non saprei da dove cominciare... - davanti alla loro perplessità il comandante allargò le braccia desolato - tutto ciò che posso dirvi è che avete libero accesso ad ogni angolo di questo luogo e.… - vedendo il sopracciglio alzato di Camus si affrettò ad aggiungere - so perfettamente che non è facile, anche perché credo che nessuno abbia mai davvero perlustrato questo luogo fino in fondo...ma se avete bisogno di aiuto, per qualunque cosa, io sono a vostra disposizione -.

I due cavalieri lo ringraziarono per la disponibilità, convinti sempre di più della sincerità di quell’uomo, dopodiché lo congedarono, rimanendo soli in quel posto che, nella sua bellezza e imponenza, incuteva lo stesso timore che suscitava ogni angolo ed ogni singola pietra di quel luogo apparentemente fuori dal mondo.

- Credo che la cosa migliore sia dividersi - Mu ruppe il silenzio vedendo Camus acconsentire con un cenno del capo - se preferisci puoi cominciare da qui, mentre io... - ma si interruppe subito, quando vide lo sguardo dell’Acquario perdersi insolitamente nel vuoto.

Insolitamente per uno come Camus, che riusciva ad apparire stoico anche nelle situazioni più critiche.

- Camus? - Mu si avvicinò lentamente, portando una mano su una spalla del francese - Tutto bene? - domandò sinceramente preoccupato. 

- Mu... - la voce già seria di Camus suonò ancora più grave del solito - in tutta onestà...neanche io sarei in grado di fare una bara così spessa e perfetta... - disse scuotendo leggermente il capo.

Mu si limitò ad annuire alle parole del compagno, lasciando scorrere la mano sul suo braccio e stringendolo delicatamente per dargli forza. Per darla ad entrambi. Purtroppo era quello che aveva immaginato.

Si guardarono negli occhi il tempo sufficiente a scambiarsi il pensiero che avevano formulato nelle loro menti.

C’era qualcosa di più grande di loro in tutta quella faccenda, qualcosa al di là delle loro forze...

Tuttavia, nessuno di loro temeva per la propria vita, che, in qualità di cavalieri di Atena, era perennemente in bilico. La paura vera era di non avere il tempo di fare luce sulla questione, perché, in tal caso, la loro sconfitta sarebbe stata vana...

Per questa ragione, di tacito accordo si mossero in direzioni diverse, iniziando immediatamente il loro lavoro di ricerca. Se quella doveva essere la loro tomba, non le avrebbero reso le cose facili...

****

Seduto sui gradini del terzo tempio, Saga guardava la volta celeste come se potesse trovarvi la risposta a tutti i suoi dubbi. Mu era partito da pochi giorni, eppure non poteva fare a meno di sentirsi sempre più inquieto.

- Non fa un po' freddino per stare qui fuori a guardare le stelle? - quando voleva, Kanon aveva la straordinaria capacità di passare inosservato, come ora, arrivando in silenzio e scivolando accanto al suo gemello per prendere la stessa posizione.

- Non ho sonno... - fu la laconica risposta di Saga. Ovvia, data l’ora...

- Fammi indovinare... - un sorriso malizioso si allungò sul volto di Kanon - ha grandi occhi verdi...un bel viso...lunghi capelli setosi... -.

- Come fai a sapere che sono setosi?! - Saga guardò sospettoso il suo gemello, che non poté evitare una risata.

- Beh...si vede...inoltre, se devo essere sincero, durante gli allenamenti mi è capitato di approfittare della vicinanza... - disse provocando il fratello, che ridusse gli occhi ad una fessura - Geloso? -.

Saga rispose con una smorfia sul volto, non nascondendo il fastidio di essere caduto per l’ennesima volta nei tranelli del gemello, che a sua volta rise di quell’espressione; ma quel momento durò poco, perché subito dopo Kanon espresse la vera ragione della sua presenza.

- Sei preoccupato -. Non era una domanda.

Prima di sedersi accanto a Saga, Kanon lo aveva osservato a lungo, notando il suo cosmo farsi sempre più pesante.

- C’è qualcosa che non mi convince in tutta questa storia - disse Saga vedendo suo fratello accigliarsi, segno inconfutabile di avere tutta la sua attenzione - Una missione senza capo né coda...ci hanno chiamati in Siberia pretendendo aiuto senza darci uno straccio di spiegazione...non sappiamo con chi abbiamo a che fare, né per quale motivo, né se davvero abbiamo a che fare con qualcuno... - la sua voce tradiva tutta la preoccupazione che provava.

- Sembra quasi una trappola... -.

Saga si voltò di scatto verso il suo gemello quando lo sentì pronunciare quelle parole, e la sua espressione seria non lasciò dubbi sul fatto che non stesse scherzando. Quella...era proprio quella la sensazione che gli opprimeva il petto e alla quale non era ancora riuscito a dare un nome...

Tuttavia, Kanon non aggiunse altro, forse meditando su ciò che aveva appena detto, e quando girò il viso per incontrare quello di Saga, lo sguardo gli cadde immediatamente sul suo collo, distraendolo momentaneamente.

- Dov’è la tua collana? - chiese stringendo gli occhi. Non era un buon segno il fatto che Saga non portasse la sua collana.

- Non è come pensi - Saga scosse lentamente il capo negando - Non l’ho tolta perché mi dava fastidio...l’ho solo data a qualcuno che, in questo momento, ne ha più bisogno... -.

- Mu? - domandò Kanon più sollevato, vedendo l’espressione sul volto di Saga addolcirsi al semplice suono di quel nome.

- Beh...allora è tornata al suo legittimo proprietario...giusto? - aggiunse strizzando un occhio, e volendo smorzare la tensione che si era creata negli ultimi minuti. 

Per un momento il gemello minore si era chiesto se fosse giusto svelare quel dettaglio, ma il dubbio era durato giusto il tempo di decidere che il tempo dei misteri era finito e che suo fratello dovesse conoscere la verità. Tutta. E l’espressione smarrita di Saga non lasciava dubbi sul fatto che non sapesse di cosa stesse parlando.

- Perché Mu dovrebbe esserne il proprietario? È stata Atena che... - ma il movimento del capo di Kanon in segno di diniego gli fece chiaramente capire che le cose non stavano così.

- Saori ha dato a Mu l’incarico di forgiare la collana, ed il motivo è molto semplice... - Kanon soppesò le parole guardando intensamente il suo gemello - Saga...credi che sia l’amore della nostra dea a proteggerti da Arles? -.

Saga stava per rispondere in modo affermativo, ma l’espressione di suo fratello lo convinse a tacere in attesa di ascoltare il resto.

- Anche quando eri un giovane apprendista...anche quando hai ottenuto l’armatura...anche quando ti prendevi cura dei piccoli cavalieri... era l’amore della dea a guidarti...eppure, questo non ti ha impedito di attentare alla sua vita né di uccidere il Patriarca... -.

Saga non si mosse, evitando persino di respirare nel tentativo di elaborare le informazioni che Kanon gli stava riversando addosso.

- Per poterti proteggere Saori aveva bisogno di un sentimento forte, immutabile, sincero, e del quale Arles avesse paura...non è stato difficile per lei comprendere ciò che Mu ha sempre provato nei tuoi confronti... -.

- Mi stai dicendo che è Mu a proteggermi? - domandò Saga con gli occhi sgranati, vedendo Kanon annuire.

- Conosci qualcun altro sul quale Arles non abbia mai avuto alcuna influenza? - chiese Kanon allargando le braccia - Beh...a parte Dohko...ma si da il caso che non provi alcun interesse romantico nei tuoi confronti... - aggiunse più per smorzare l’atmosfera - Sì, è proprio così - tornò serio - sai meglio di me che Mu non è un fabbro qualunque...la sua capacità di comunicare con il mondo minerale è fuori dalla nostra portata e dalla nostra comprensione...quella che hai portato fino ad ora al collo è la benedizione di qualcuno che ama te più di se stesso... - concluse portando una mano sulla spalla del fratello.

Saga fissava un punto nel vuoto, mentre assorbiva le parole di Kanon. 

- Perché non si sono mai accorto di niente? Dico sul serio Kanon...perché non so niente? - il suo dispiacere era evidente - Inoltre...devi essere stato molto vicino a Mu per aver visto tutto questo... - aggiunse non riuscendo a mascherare il disagio che questo gli provocava.

- Per questa idea assurda, e sottolineo assurda, di Mu di volerti sempre proteggere - con una smorfia di ovvietà Kanon rispose alla prima domanda - Quanto al resto...sì, sono stato molto vicino a Mu - sorrise maliziosamente della gelosia del fratello - ma, come sai, questo non è bastato a toglierti da qui... - disse battendosi leggermente una mano sul petto. Poi, tornando serio guardò il suo gemello costringendolo ad incrociare gli sguardi.

- Saga...cosa provi per Mu? - domandò provocando una visibile sorpresa negli occhi di Saga, che si prese qualche istante di silenzio per riflettere.

- Ti giuro... - deglutì a secco - che non c’è niente che mi abbia mai fatto tanta paura come ammettere di... -.

Saga stava per dire qualcos’altro, quando una stretta all’altezza dello sterno gli bloccò il respiro. Istintivamente portò una mano al petto per placare quella sensazione, tuttavia, il disagio non fece che aumentare, provocandogli una vera e propria smorfia di dolore.

- Saga...che hai?! - allarmato da quel cambiamento improvviso, Kanon urlò, prendendo il suo gemello per le spalle e costringendolo a guardarlo negli occhi - Dimmi che cosa hai! -.

Saga avrebbe voluto essere in grado di spiegare cosa provava, l’angoscia terribile che lo schiacciava, ma le uniche parole che riuscì a pronunciare furono quelle che uscirono a fatica dalla sua bocca.

- Sta per succedere qualcosa Kanon...sta per succedere qualcosa a Mu... -.

****

- L’hai notato anche tu? -.

Erano già passati due giorni da quando Mu e Camus erano rinchiusi in biblioteca, ma le informazioni trovate fino a quel momento non erano state di alcun aiuto. Quando l’Acquario notò qualcosa di diverso, richiamò l’attenzione del suo compagno.
- Sì, ho visto - rispose Mu alzando gli occhi da uno dei tomi che stava sfogliando senza alcun entusiasmo.

- Non ti convince -. Non era una domanda, ed il modo in cui Mu asseriva confermava le sue parole.

- Per niente Camus... - disse dopo qualche istante di silenzio - perché in un posto così perfettamente ordinato dovrebbero mancare dei volumi? In questo luogo nulla è casuale...c’è un rigore quasi irritante...inoltre, dalla quantità di polvere che c’è nessuno entra qui da molto tempo... -.

- Pensi che sia una trappola? - domandò Camus alzando un sopracciglio. Anche se quella era la sua stessa sensazione.

- Non c’è un granello di polvere nello spazio vuoto dei libri mancanti - osservò il lemuriano.

- Sono stati spostati da poco - Camus vide Mu annuire.

- Credo appositamente per noi...quindi è ovvio che sia una trappola -.

- Sono d’accordo con te Mu, però... -.

- Però è l’unica pista che abbiamo, giusto? - e senza attendere oltre, Mu si alzò avvicinandosi al suo compagno - Allora...a questo punto non abbiamo altra scelta Camus...seguiamo la scia dei libri mancanti e vediamo dove porta -.

In realtà non fu difficile, perché i tomi erano stati rimossi in maniera tale da definire un percorso ben preciso, che, senza troppe difficoltà, condusse i due cavalieri al terzo piano dell’immensa biblioteca. Non furono di certo sorpresi di trovare una delle stanze che davano sul ballatoio già pronta...la luce accesa, e, sul vecchio tavolo di legno posto al centro della stanza, diversi libri già aperti...

- Ovviamente... - fu l’unica parola che Camus pronunciò rivolgendo a Mu uno sguardo d’intesa, e, senza perdere altro tempo, si misero ognuno ad un lato della scrivania, uno di fronte all’altro per iniziare la loro vera missione, e guardarsi reciprocamente le spalle.

****

Con il suo tipico piglio deciso, Kanon non impiegò molto tempo per richiamare tutti i suoi compagni, e nonostante l’ora tarda, riuscire a radunarli in breve tempo al tredicesimo tempio.

Naturalmente a Shion non era sfuggito il trambusto generato dal gemello minore, ragion per cui, quando la sua élite si trovò fuori dal Grande Tempio in richiesta di udienza, il Patriarca era già seduto sul suo scranno in attesa di riceverli. E sebbene il suo atteggiamento saggiamente calmo lo rendesse apparentemente impassibile, era davvero preoccupato.

- Shion...chiedo scusa a te e a tutti i miei compagni per l’ora...ma è accaduto qualcosa di importante...qualcosa che non può attendere domattina... -.

Senza inutili giri di parole, né soffermandosi su dettagli troppo personali, Saga raccontò quanto accaduto pochi minuti prima, nonostante fosse ancora provato da quel peso invisibile che gli schiacciava il petto.

- Sta per accadere qualcosa di brutto... Mu e Camus non sono più al sicuro... - furono le ultime parole che il terzo guardiano rivolse all’uditorio raccolto in un angosciato silenzio, e ad un Patriarca molto più tormentato di quanto sembrasse.

****

- Non è possibile... - la voce incredula di Camus attirò l’attenzione di Mu, che sollevò rapidamente il capo - Dannazione! Come abbiamo fatto a non accorgercene? -.

- Che succede Camus? - per Mu sentire l’imperturbabile Acquario così agitato non era un buon segno...

Erano già passate un paio d’ore da quando entrambi avevano chinato il capo sui libri, evitando persino di respirare per non perdere la concentrazione.

- Questo è un diario Mu...un diario appartenuto ad uno degli abitanti della popolazione nomade che abitava queste terre e che si è estinta quasi un secolo fa - vide Mu stringere gli occhi in attesa che continuasse - Secondo quello che è riportato qui - disse indicando una delle pagine - la loro estinzione fu voluta dalla popolazione stessa e... - tuttavia Camus non riuscì a continuare, sentendo la lingua impastarsi e la mente offuscarsi lievemente.

Mu si alzò di scatto dal suo posto, avvicinandosi al suo compagno e allontanando bruscamente il diario che aveva tra le mani.

- Non toccarlo Camus... - e annusando il volume con attenzione si rese conto di come l’odore non fosse quello tipico delle pagine antiche e polverose -  ti sta avvelenando - in realtà, esaminando anche gli altri libri sulla scrivania, scoprì che tutti esalavano lo stesso odore. Chi li aveva condotti in quel luogo li stava avvelenando lentamente.

- Perché su di te non ha alcun effetto? - chiese dopo un po' Camus, respirando profondamente e riprendendosi lievemente dallo stordimento che il contatto con le pagine aveva provocato.

In effetti Mu si stava ponendo la stessa domanda...perché su di lui quel veleno sembrava non avere effetti? Cosa c’era di diverso? Non di certo la sua discendenza, anzi...la sua gente era sempre molto accorta nel maneggiare erbe e distillati...un veleno era pur sempre un veleno.

Veleno...Veleno...

- Aphrodite! - il nome del loro compagno uscì dalla bocca di Mu come se fosse ovvio, facendo accigliare visibilmente Camus...che, a questo punto, perse il filo del discorso...

Vedendo l’espressione perplessa dell’Acquario, Mu si sentì in dovere di spiegare.

- Camus...che rapporto hai con Aphrodite? -.

- Nessuno in particolare - Camus alzò leggermente le spalle ancora più confuso - di cordialità, suppongo... considerata la vicinanza... -.

- Quindi non vai mai a trovarlo? Non passate mai del tempo insieme? - lo incalzò Mu.

- No - Camus aggrottò le sopracciglia, continuando a non capire cosa c’entrasse in quella situazione il guardiano dei Pesci.

- Tu sai che, da quando siamo tornati in vita, di tanto in tanto io e Aphrodite ci facciamo visita reciprocamente per chiacchierare un po'... - Mu vide Camus annuire - ed in quelle visite beviamo il tè che ognuno prepara all’altro... -.

Camus strinse leggermente le palpebre, cominciando ad intuire dove Mu stesse andando a parare.

- Camus...non esistono rose inoffensive nel giardino dei Pesci... - a questo punto l’Acquario spalancò gli occhi - certo...non tutte sono letali, ma anche la rosa più innocua contiene una piccola percentuale di veleno...e ovviamente Aphrodite prepara il tè con le sue rose... -.

- Stai dicendo che ti ha avvelenato a poco a poco rendendoti immune?! - domandò Camus sbalordito.

- Beh... - Mu sorrise leggermente scuotendo il capo in senso affermativo - non volontariamente, questo è certo, ma sì...è quello che è successo...anche se ora non posso fare altro che ringraziarlo - dopodiché prese il posto di Camus, lasciando l’amico ad una distanza che gli permettesse di non respirare il veleno - lascia continuare me nella lettura... -.

Cosa che Mu fece, ad alta voce, apprendendo da quel diario le informazioni che Camus aveva letto poco prima. Pochi minuti furono sufficienti, prima che il tibetano si alzasse dal suo posto, cominciando a girare intorno al tavolo pensieroso.

- Dunque è così - vide Camus annuire - hanno preferito togliersi la vita pur di non continuare ad integrarsi con altre popolazioni... -.

- E lo hanno fatto proprio qui Mu...su questo colle dove in seguito è stato costruito questo palazzo -.

- Dunque, se ho ben capito, la popolazione che abita il villaggio non discende da quel gruppo nomade? - domandò Mu.

- In realtà... - Camus si avvicinò abbastanza da indicare un punto sul diario, ma non troppo per subirne gli effetti - non tutti parteciparono a quel suicidio collettivo...qualcuno fuggì, probabilmente per difendere la propria famiglia... - disse tenendo una mano sul naso.

Mu sgranò gli occhi - Secondo te è possibile che quei superstiti siano gli antenati dei ragazzi che sono stati uccisi? -.

- Potrebbe essere... - rispose Camus cominciando a collegare le cose, ma senza riuscire a dargli un senso. Dopodiché vide Mu tornare al suo posto per riprendere in fretta uno dei libri che aveva consultato e scorrere velocemente le pagine.

- In questo libro di antichi rituali - Mu divorò letteralmente le parole - c’è scritto che bruciare il corpo permette all’anima di liberarsi da ogni gabbia, da ogni costrizione, per renderla finalmente libera ed immortale... -.

- Si sono dati fuoco Mu...sono bruciati vivi in questo posto... - incredulo, Camus mosse lo sguardo da una parte all’altra, non riuscendo a credere che fosse vero - ma quindi questo significa... -.

- Che quelle anime liberate...sono ancora qui... -.

Gli attimi di silenzio che intercorsero tra i due compagni affinché assimilassero le informazioni furono bruscamente interrotti da una risata che spezzò definitivamente la pace effimera di quel luogo. Una risata cupa, grottesca e gelida. Che non aveva niente di umano.

- Ma che bravi! Aveva ragione Shion... -.

Mu e Camus non fecero in tempo a voltarsi nella direzione in cui si era materializzato improvvisamente il proprietario di quell’inquietante ilarità, che la stanza si era già riempita di strane figure. Né umani né fantasmi, li guardavano con un inquietante ghigno sul volto in attesa che chi li comandava desse loro indicazione di muoversi.

- È quasi un peccato liberarmi di voi - una nuova risata spezzò l’aria.

- Quasi... -.




   
 
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