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Autore: Selene123    19/08/2023    0 recensioni
Un gruppetto di qualche isola immerso nel verde lussureggiante di una vegetazione circondata dall'acqua cristallina che, per magia, sapeva farlo apparire e scomparire al momento giusto. Non voleva farsi trovare, né tantomeno essere cercato. Per questo motivo erano stati vani i tentativi di dare indicazioni su come raggiungerlo da parte dei navigatori di tutto il mondo e tutte le epoche. Le pochissime persone da cui si era fatto scoprire erano poi tornate in patria cariche di racconti inverosimili, al limite del mitologico. Animali sconosciuti, particolari fiori autoctoni, sporgenze e insenature naturali in continua metamorfosi...
Genere: Avventura, Azione, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Non-con, Tematiche delicate
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La nave spiegò le vele e la Isla finalmente apparve in tutta la sua maestosità, riflettendosi sulla superficie increspata del Mar dei Caraibi. Al largo tra Cuba e Panama, quella porzione di terra si stagliava su un’infinita distesa blu con la sua folta vegetazione e un perimetro ricco di insenature. Nel golfo più grande, situato a sud-est, era stato costruito ciò che doveva servire da molo di attracco. Qualcosa di simile a un faro sovrastava la montagna al centro dell’isola principale, così da permettere agli abitanti di ritrovare la rotta verso casa nei viaggi notturni. Nulla di più era stato concesso di costruire ai pirati che, tutto sommato, non sentivano di aver bisogno di molto altro. 

Tutto era stato studiato al dettaglio. Le grotte naturali ai piedi della montagna erano diventate (sempre nel rispetto dell’equilibrio e della pazienza dell’isola) il luogo più adatto per nascondere principalmente le armi, alcuni viveri e i bottini saccheggiati in anni di scorribande marine. Negli anni si era infatti creato un vero e proprio tesoro da proteggere, anche da se stessi. Bastava un attimo di distrazione per permettere a qualcuno di sgattaiolare tra i forzieri e rubare l’oro, subendo poi inevitabilmente lo spietato giudizio del Capitano (o in quello meno zelante del figlio). L’arcipelago, però, talvolta si dimostrava poco accogliente con i propri ospiti nonostante le accortezze. I capricci del tempo e gli attacchi di una fauna disturbata nel quieto vivere erano ancora gli ostacoli maggiori. Per evitare di dover tornare in una società a cui nessuno di loro più apparteneva, tutti si sforzavano e resistevano il più possibile alle tentazioni di imporsi. 

Edward viveva in un veliero preso d’assalto poco tempo dopo aver scoperto il loro paradiso, sollevando l’equipaggio originario “dalla responsabilità di doverlo gestire”. Non era stato semplice trasportarlo fino a lì, ma con un po’ di fortuna erano riusciti nell’impresa e lo avevano ancorato al lato dell’isola opposto rispetto a dove di solito si faceva ritorno. Con la nascita dei due gemelli quell’imbarcazione li aveva accolti, facendoli sentire grati di poterla chiamare casa. Gli altri uomini, il Lupo compreso, abitavano nei ponti inferiori. C’era posto per tutti là dentro, a costo di stringersi un po’ per fare spazio ai nuovi arrivati. Alcuni animali erano ormai così abituati alla loro presenza che nei momenti di difficoltà, durante piogge o tempeste, si facevano avvicinare per essere portati al sicuro sottocoperta. 

 Dopo mesi di navigazione – le cui ultime ore si erano rivelate quasi più impegnative di tutte le precedenti – il vascello finalmente gettava l’ancora in mare. Dal grande veliero che ospitava gli abitanti di la Isla, un gruppo di uomini si affrettava a scendere per dirigersi verso le scialuppe che avrebbero riportato il resto dell’equipaggio sulla terraferma. Contrariamente a quanto si aspettavano, però, non c’era alcuna traccia della solita euforia tipica del ritorno in patria. Una tensione generale si disperdeva a macchia d’olio tra i pirati. Nessuno gridava al ricco bottino, nessuno salutava con gioia i compagni rimasti a casa e, soprattutto, nessuno sembrava voler salire sulle piccole barche per primo.  

Dalla spiaggia, un uomo alto, robusto e con il volto ricoperto da una folta barba bianca come i capelli osservava la scena. Era uscito dalla foresta pochi minuti prima sentendo il vociare dei marinai all’avvistamento del vascello. I suoi occhi erano grandi e verdi, la pelle cosparsa di lentiggini e il portamento talmente nobile ed elegante da rendere tale anche l’abbigliamento trasandato che indossava. Camminava sulla sabbia a passo sicuro: incuteva autorità e, quando necessario, sapeva trasformarla in terrore. Nonostante gli venissero incontro molte persone ad avvertirlo di membri della ciurma in difficoltà, il pirata non si scomponeva, avanzando di qualche metro in acqua per capire cosa stesse realmente succedendo.  

– Mancavano cinquanta miglia, signore... – si affannò a spiegargli il ragazzino con i capelli rossi dopo essere stato afferrato per un braccio da una stretta possente. – All’improvviso qualcuno si è accorto che aveva perso i sensi...  

Il Capitano corrucciò la fronte e inarcò un sopracciglio. – Di chi stai parlando? – gli chiese, stringendo la presa. Il giovane, nel panico, non riusciva a rispondere e tentava di raccontare quanto successo al mattino tra un balbettio e l’altro.  

Una scialuppa arrivò a riva, riportando a terra i due figli di Edward e i tre supposti dottori di bordo. L’uomo sgranò gli occhi e sbiancò. Facendosi largo tra chi cercava invano di chiarire l’accaduto, si precipitò a prendere tra le braccia Mayflower per portarla in tutta fretta alla cabina del veliero.  

– Ha la febbre molto alta. Sul braccio ha dei segni, forse una puntura di insetto... – tentava di spiegare Louis nella fatica del fiatone, ma suo padre lo gelò lanciandogli un’occhiata laterale. Nonostante sapesse cosa significasse quello sguardo, il giovane provò a proseguire ugualmente. – Era già svenuta un paio di volte nelle settimane passate e capitava che avesse anche degli strani tremori. Abbiamo cercato... 

– Silenzio! – lo interruppe il Capitano, dirigendosi verso la passerella che conduceva al ponte superiore del veliero. – Corri a preparare la sua cabina, va’! 

In men che non si dica il ragazzo era già sottocoperta, dove Edward arrivò insieme ad un paio di marinai al seguito. Si avvicinò al letto di legno nero e appoggiò la figlia prestando la massima attenzione a non urtare niente, poi diede un’occhiata alle bende macchiate di sangue che le coprivano un braccio e la coprì. Era certo che quei segni non gli fossero nuovi, ma non ricordava dove li avesse già visti. Tentò di darle una carezza senza risultare goffo nella sua inaspettata dimostrazione d’affetto e si allontanò, affidandola agli uomini che lo avevano accompagnato. Louis si diresse dietro di lui per seguirlo. Nonostante fosse sollevato di non avere più la responsabilità della ciurma, il terrore che Mayflower potesse peggiorare non smetteva di tormentarlo. Cercava di tenere il passo del Capitano, intercettarne il volto per avere anche solo un accenno di emozione a cui aggrapparsi. Tutto ciò che riusciva a scorgere, però, era la sua schiena massiccia allontanarsi sempre di più.  

Edward era un uomo forte e risoluto: il mare e la vita lo avevano reso tale, ma il pensiero della propria famiglia – o, meglio, quanto di essa gli era rimasto – in pericolo lo disarmava. Nessuno avrebbe dovuto assistere allo sconvolgente spettacolo di un capitano impaurito e incapace di essere una guida per i propri marinari. La sua mente era completamente offuscata dalla confusione. Le certezze che fino a mezz’ora prima gli avevano permesso di superare anche i momenti peggiori ora stavano crollando senza che lui potesse opporsi. Quando Mary era stata uccisa durante l’assalto, Edward aveva trovato nei due bambini la forza di rimanere a testa alta. Vedeva lei in loro più di quanto non vedesse tracce di sé. Rimanere fedele al proprio ruolo era l’unico modo per onorare la memoria della moglie e, allo stesso tempo, svolgere i compiti di un buon padre. Ora, però, lo stato in cui versava Mayflower lo faceva vacillare. Entrambi i gemelli erano le sue colonne portanti, entrambi gli davano la forza per essere l’ultimo terrore del Mar dei Caraibi. Il signore di la Isla esisteva solo grazie ai due bambini venuti al mondo al porto dell’Avana la sera del 6 agosto 1762. Se la ragazza non ce l’avesse fatta, non sarebbe dovuto cadere nella trappola di sostituirla con suo fratello. Tutto ciò che gli attraversava la mente si trasformava in un dubbio, perfino il pensiero di sé: un capitano non può né deve tentennare e, se lo fa, forse non merita di esserlo. 

L’uomo camminava veloce sulla spiaggia lasciando profonde impronte dietro di sé che la risacca faticava a portarsi via. Per la prima volta dopo molto tempo, quel luogo si stava trasformando in una prigione da cui voleva fuggire. Scappare, nascondersi: se il problema è invisibile, non esiste. La nave dove la figlia del Capitano riceveva le cure di cui aveva bisogno era ormai distante, abbastanza da non sentire più il vociare confuso degli uomini che cercavano da soli di riorganizzare lo sbarco del bottino e dei viveri. Edward si credeva sufficientemente al riparo da chiunque. All’improvviso, però, udì dei rumori tra il fogliame, si voltò afferrando la pistola appesa alla cintura e attese immobile per capire cosa gli si stesse avvicinando. Trafelato, Louis spuntò tra il verde liberandosi da un ramo che gli impediva di proseguire.  

– Torna al veliero, hanno bisogno di qualcuno che dia gli ordini. – disse l’uomo con severità appena riconobbe il figlio. 

– Avete ragione. – rispose il ragazzo, – Aspettano voi. – Non gli si era mai rivolto con quel tono duro. – È il vostro turno ora, – proseguì – non stanno più alle mie decisioni. – Per quanto lo disturbasse dover ricordare come ci si comportasse a chi gli aveva insegnato a vivere tra i pirati, Louis sapeva che fosse necessario insistere.  

I due rimasero in silenzio alcuni istanti, occhi negli occhi. Soltanto il rumore delle onde che si infrangevano a riva e le voci stridule dei gabbiani riempivano loro le orecchie. Con l’espressione di chi non avrebbe mai ammesso di essere stato lasciato con le spalle al muro, il Capitano tornò sui propri passi, diretto verso il veliero che chiamavano casa dall’altra parte della foresta. Il giovane rimase immobile a guardarlo. Si domandava quanto ancora suo padre stesse soffrendo per la tragica scomparsa della moglie tanto da essere refrattario alla vista della figlia in condizioni preoccupanti. Non ricordava di aver mai assistito ad un suo momento di debolezza del genere. Per lui, Edward era sempre stato un imperturbabile pirata dal sangue freddo, ma anche un genitore capace di accogliere nella propria ciurma chiunque e crescerlo con valore e solidità d’animo. Forse aveva finto tutti quegli anni, oppure aveva preferito impedire di lasciarsi trascinare dalle emozioni perché, come tante volte il ragazzo si era sentito dire, un vero uomo non piange, ha la schiena dritta e porta con fierezza le cicatrici che la vita gli ha lasciato.  

Louis voltò per qualche istante a guardare l’ultimo spicchio di sole tramontare nelle acque calde dei Caraibi. Il cielo terso sembrava dipinto con ogni sfumatura di arancione, mentre le ombre scure degli uccelli in volo lo attraversavano. Un soffio di vento increspava la superficie del mare, spostando appena la cima di qualche cumulo di sabbia qua e là sulla spieggia. In lontananza, accanto a uno scoglio frastagliato, una pinna fece velocemente capolino in superficie per poi immergersi di nuovo tra gli schizzi. 

– Un delfino? – mormorò Louis aggrottando la fronte. – Qui? 

   
 
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