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Autore: Demy77    19/08/2023    2 recensioni
Per questa nuova long a tema Poldark ho deciso di farmi ispirare da un’altra delle mie grandi passioni televisive: la telenovela messicana Cuore Selvaggio, andata in onda in Italia nei primi anni ’90.
La trama in sintesi: Francis Poldark è tra i più ricchi giovani scapoli della Cornovaglia. L’ambizioso padre Charles pianifica il suo matrimonio con la contessina Elizabeth Chynoweth, la cui famiglia, pur di nobili origini, è caduta in disgrazia dopo la morte del capofamiglia Jonathan.
Con Elizabeth, bellissima ma capricciosa e volubile, vive Demelza, sua sorella adottiva, una trovatella che è stata cresciuta dai Chynoweth per volontà del defunto padre di Elizabeth; la ragazza è segretamente innamorata di Francis.
Il cugino di Francis, Ross, diseredato dalla famiglia molti anni prima, ritorna in Cornovaglia dopo aver combattuto nella guerra di indipendenza americana. Conduce una vita sregolata, dedicandosi ad affari poco leciti, trattando con disprezzo le classi sociali più abbienti.
Le strade dei quattro giovani si incroceranno, dando vita a passioni, intrighi, malintesi e ad una inaspettata e travolgente storia d’amore…
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Francis Poldark, Ross Poldark
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Charles Poldark e la signora Chynoweth trattarono il tema del matrimonio dei loro figli da affaristi navigati. Charles si era rimesso in salute, complice anche la dieta rigorosa del dottor Choake che gli aveva fatto perdere un po’ di peso, conferendogli un aspetto meno torpido. Nei giorni di convalescenza aveva imparato quasi a memoria il discorsetto da fare, pertanto, quando erano finalmente riusciti ad incontrarsi nel suo studio di Trenwith, aveva esposto alla signora i vantaggi di quell’unione in maniera così convincente da far impallidire il miglior avvocato di Truro per la sua oratoria.
La vedova di Jonathan, dal canto suo, era una donna furba. Gongolava all’idea di quel matrimonio, la cui proposta era giunta inaspettata proprio in un momento in cui la situazione finanziaria della sua famiglia iniziava a destare preoccupazioni; non poteva però mostrarsi troppo propensa alla cosa, per non dare l’impressione che lei, e soprattutto la figlia, fossero all’ultima spiaggia. Rispose a Charles, con estrema diplomazia, che non avrebbe mai imposto alcun matrimonio a sua figlia e che il futuro sposo avrebbe dovuto trovare il suo gradimento, i due giovani avrebbero quindi dovuto frequentarsi per qualche tempo e verificare le loro affinità prima di unire le loro vite in un vincolo indissolubile. Charles non ebbe nulla da obiettare, anche se tenne a precisare che Francis aveva già manifestato un grande apprezzamento per Elizabeth ed era certa che quest’interesse si sarebbe rivelato reciproco; non perché fosse suo figlio, ma Francis aveva mille qualità che non potevano lasciare indifferenti alcuna fanciulla dotata di un minimo di sensatezza.
Quando la signora Chynoweth riferì ad Elizabeth della proposta di matrimonio di Francis erano trascorsi sei giorni da quando la ragazza aveva salutato Ross. Durante quei giorni aveva più volte pensato a lui, rigirandosi al dito l’anellino che le aveva donato, che però di solito teneva occultato in fondo ad un cassetto, perché diversamente avrebbe dovuto dare spiegazioni a madre e sorella.
Ripensava a Ross e a quello che c’era stato fra loro, ripensava anche alla sua proposta di matrimonio, che forse era stata troppo avventata ad accogliere con tanto entusiasmo. Le aveva promesso di cambiare vita, di diventare ricco, ma restava pur sempre un orfano dalle dubbie origini, un uomo impresentabile in società, un contrabbandiere, un avventuriero, non propriamente il genere di persona con cui una fanciulla di buona famiglia desidera trascorrere tutta la vita. La passione, scoppiata con la veemenza di un temporale, avrebbe potuto svanire altrettanto all’improvviso, lasciandola con un mucchio di cenere fra le mani.
All’udire la notizia che, dopo mesi in cui si era tormentata nell’incertezza, un giovane l’aveva chiesta in sposa, e non un giovane qualsiasi, ma uno dei più ricchi della contea, Elizabeth si sentì mancare. Se solo fosse accaduto una settimana prima! Se fosse accaduto prima di conoscere Ross e di diventare donna fra le sue braccia! Solo in quel momento giunse a comprendere di aver commesso una tremenda imprudenza. Se avesse sposato Francis, questi si sarebbe accorto di non essere il suo primo uomo. Come avrebbe potuto giustificare la sua condotta? Passare per una donnaccia sarebbe stato intollerabile! Il marito l’avrebbe ripudiata e le ragioni sarebbero divenute di dominio pubblico. Quello che Elizabeth temeva di più era essere oggetto di pettegolezzi, di maldicenze, essere additata quando camminava per strada, essere trattata come un’appestata, esclusa dagli inviti dalle persone che contano. D’altro canto, il matrimonio “riparatore” con colui che si era preso la sua illibatezza era una soluzione ancora peggiore. Rifiutare un Poldark per sposare un pirata l’avrebbe messa sulla bocca di tutti, e sua madre non lo avrebbe mai consentito. Doveva trovare una soluzione, e in fretta.
La madre riferì ad Elizabeth di aver preso tempo, con il pretesto di dover sentire la sua opinione e la figlia non potè che approvare la sua scelta. Aveva bisogno di tempo per verificare come sistemare la questione con Ross. Magari lui non sarebbe tornato ricco dal suo viaggio, onde, per forza di cose, la sua balzana idea matrimoniale avrebbe dovuto essere accantonata; forse, parlandogli con calma, lui avrebbe capito la situazione, nulla vietava che continuassero ad essere amanti anche se lei avesse sposato Francis; oppure poteva fingere di accettare il fidanzamento con Poldark e se Ross fosse davvero ritornato ricco avrebbe valutato il da farsi. Per il momento, tenere il piede in due scarpe era la soluzione migliore.
Francis non la entusiasmava: aveva un viso da bambolotto inespressivo, era timido da far paura ed Elizabeth pensò che una vita intera con lui sarebbe stata estremamente noiosa. Intanto, però, era opportuno trarre i massimi vantaggi da quella situazione in attesa degli sviluppi. La madre infatti aveva detto che Charles Poldark aveva lasciato intendere che una volta formalizzato il connubio, né lei né Demelza avrebbero più dovuto preoccuparsi di nulla; forse il padre di Francis avrebbe addirittura garantito una modesta dote a Demelza, affinchè la vedova Chynoweth potesse trascorrere serena la vecchiaia, sapendo sistemate entrambe le ragazze.
La proposta di Charles Poldark, come era ovvio, fu comunicata anche a Demelza dall’euforica signora Chynoweth. La giovane cercò di sorridere, mostrando di condividere l’entusiasmo della madre anche per gli aspetti che la riguardavano personalmente, ma in cuor suo si sentiva morire. Era consapevole che Francis non avrebbe mai potuto essere suo, ma addirittura, fra tante ragazze, sposare proprio sua sorella… in tal modo avrebbe dovuto vederlo continuamente, sarebbe stata costretta ad assistere alle loro effusioni e tenerezze, avrebbe dovuto crescere i loro figli… Francis sarebbe stato di Elizabeth, avrebbero fatto l’amore , generato dei figli…Demelza sarebbe stata, per lui, solo una sorella acquisita da trattare con amabilità e senso di protezione, ma null’altro… come avrebbe fatto a sostenere il suo sguardo? A parlare con lui senza arrossire, senza tradire i sentimenti che nutriva? E come nasconderli ad Elizabeth, a sua madre? Pensò che sarebbe stato preferibile allontanarsi per sempre, subito dopo il matrimonio, e se possibile anche prima. Con quale scusa, però?
Mentre a Cusgarne accadevano tutte queste cose, in casa di sir Francis Bassett, governatore della contea, si stava svolgendo una riunione con il capo delle guardie ed i magistrati del tribunale di Truro. Il responsabile delle forze di polizia stava riferendo dei progressi nelle indagini per la repressione del contrabbando. In particolare, riportava alle autorità che negli ultimi mesi si era notato un incremento di sbarchi nei porti della zona e numerosi giovani del luogo avevano addirittura abbandonato il lavoro nelle miniere per essere assoldati come marinai, anche se privi di esperienza. Il gendarme riferì che la maggior parte delle navi in questione era diretta o proveniva dalla Francia; si ipotizzava, quindi, che vi fosse un florido smercio illegale, all’apice del quale vi era probabilmente un certo Joseph Trencrom. Il suo  nome era giunto alle orecchie dei tutori dell’ordine  tramite una soffiata , ma non vi era alcuna prova contro di lui. A quanto pareva Trencrom soleva avvalersi di golette di medio-piccole dimensioni, cui affidava carichi di rum e di tabacco da trasportare al di fuori del regno; era probabile, però, che si trattasse di imbarcazioni munite di sofisticati sistemi di doppio fondo, perché per quanto si fosse cercato non era mai stata trovata merce di contrabbando a bordo di nessuna delle barche ispezionate. Trencrom doveva avere anche dei basisti in zona, probabilmente cittadini apparentemente rispettabili che si prestavano, dietro compenso, a trattenere la merce in casa loro in attesa del momento giusto per l’imbarco.
Bassett esclamò che il contrabbando era una piaga che andava estirpata. Cary Warleggan, che era il decano dei giudici del tribunale del distretto, affermò che se fossero riusciti ad intercettare anche solo una delle dannate barche che collaboravano con Trencrom avrebbero arrestato dal primo all’ultimo dei membri dell’equipaggio ed avrebbero applicato pene esemplari, come deterrente per chiunque osasse imitare tali condotte.
Elizabeth, intanto, aveva deciso di mostrarsi lusingata dalla proposta dei Poldark, ma aveva chiesto che prima di annunciarlo in società si attendesse qualche settimana. Pareva così virtuosa e seria, una ragazza che chiedeva del tempo per conoscere meglio il suo promesso sposo, prima di dargli una risposta definitiva! Francis era incantato: i due giovani cominciarono ad incontrarsi, a volte a Trenwith e a volte a Cusgarne. Come accadeva per tutti i fidanzamenti tra giovani di buona famiglia, i due ragazzi si incontravano sempre alla presenza dei rispettivi genitori e molto raramente potevano trascorrere degli istanti da soli, sempre sotto il vigile occhio dei parenti. Quando però capitava che i due potessero allontanarsi qualche istante passeggiando in giardino, Francis non faceva che adulare Elizabeth, dicendo che non esisteva uomo più fortunato di lui, che era una donna stupenda e ricca di virtù e non vedeva l’ora di sposarla.
Elizabeth fingeva interesse, ma in cuor suo sbuffava: Francis non amava balli e feste, gli unici argomenti su cui sapeva discutere erano le miniere oppure il violino. Con il passare dei giorni, per fortuna, la conversazione tra i due divenne più sciolta e Francis si rivelò un ragazzo capace anche di una certa ironia. Conoscendolo meglio era simpatico, e, cosa importantissima, era molto accomodante. Elizabeth era certa che una volta divenuta sua sposa l’avrebbe accontentata in tutto e per tutto. Conoscendo ad esempio la passione di Elizabeth per i cappellini, si offrì di accompagnarla dalla modista e farle un regalo anticipato di compleanno; la sua gentilezza e la sua generosità cominciarono a fare breccia nel cuore di Elizabeth ed allentare piano piano quelle resistenze iniziali, legate al fatto che lei provava la passione vera per un altro, l’uomo affascinante cui si era concessa sul Lucifero.
Demelza viveva quel periodo come un martirio. Si era resa conto che né sua madre né soprattutto Elizabeth apprezzavano davvero Francis. Quando si parlava di lui e della sua famiglia, i termini in cui le due donne si esprimevano facevano pensare più ad una mucca da mungere che a persone da apprezzare e da rispettare. Elizabeth si soffermava sugli aspetti esteriori, sulle opportunità che quel matrimonio le garantiva e non pareva curarsi minimamente dei sentimenti di Francis. Demelza si sentiva morire ed avrebbe avuto voglia di gridare che il loro comportamento era ingiusto, ma si tratteneva, perché troppo interesse avrebbe rivelato la reale natura dei suoi sentimenti per Francis, ed era troppo orgogliosa per ammetterli.  
In più, aveva sentito che quel matrimonio poteva comportare un grosso mutamento di vita anche per lei. A dispetto di quello che pensava la madre, non riusciva proprio a fingere di essere contenta di avere una dote; a questo riguardo, era consapevole che, forse, sarebbe andata in sposa allo Hugh Bodrugan di turno, non potendo certo sperare nella sorte di Elizabeth. A quel punto, pensò, forse la soluzione migliore era fingere una vocazione religiosa: vi erano in Cornovaglia dei conventi di suore cattoliche, lì avrebbe trovato il silenzio e la pace di cui necessitava, magari la preghiera avrebbe potuto infondere nel suo animo la serenità e la rassegnazione. Magari in quel luogo di raccoglimento,  allontanandosi da Francis, si sarebbe dimenticata del suo amore per lui…
Le due ragazze Chynoweth erano dunque agitate da mille pensieri riguardanti il loro futuro. Mentre però Elizabeth diveniva ogni giorno più carina, complici anche gli abiti nuovi che aveva potuto acquistare grazie la munificenza dei Poldark, Demelza si chiudeva sempre più in se stessa, smagrita e spenta, con l’unica consolazione dei suoi ricami e dei suoi fiori da curare.
Una sera Charles e Francis avevano invitato a cena la famiglia Chynoweth. Demelza, con una scusa oppure l’altra, aveva sempre evitato questi incontri, perché non sapeva come comportarsi con Francis e non tollerava di sedersi alla stessa tavola con lui che avrebbe avuto occhi solo per Elizabeth.
Anche quella sera chiese alla madre di scusarsi con gli ospiti per la sua assenza, ma addusse un terribile mal di capo, a causa del quale desiderava soltanto andare a dormire nel buio completo. Mentre quindi madre e sorella si recavano a Trenwith, Demelza si mise in camicia da notte e si coricò, sforzandosi di non pensare a Francis né a sua sorella e ripromettendosi di parlare il prima possibile con la madre della vocazione, per potersi trasferire il prima possibile in un convento e porre fine a quella tortura.
Proprio mentre era in quella fase di dormiveglia in cui gli occhi diventano più pesanti ed il corpo sta per abbandonarsi al sonno, udì un rumore secco e poi qualcosa di simile ad un bisbiglio. Dopo pochi istanti, il mormorio divenne più chiaro: “Elizabeth…”. Demelza aprì gli occhi e le si parò dinanzi un’ombra. Non ebbe neppure il tempo di gridare, che una mano le serrò la bocca ed una voce le disse, con tono basso ma con fermezza: “Non abbiate timore: non voglio farvi del male!”
Demelza, atterrita, cercò di divincolarsi da quella presa, ma poi si rese conto che effettivamente l’intruso non aveva cattive intenzioni, e pensò che se si fosse mostrata arrendevole avrebbe potuto appurare chi, e soprattutto perché, si era introdotto in camera sua nel cuore della notte, chiedendo della sorella.
“Chi siete? Che cosa volete?” – replicò con voce flebile e tremula, cercando l’acciarino per accendere la candela ed illuminare la stanza, guardando meglio in volto quella sagoma scura, che  aveva intuito, dalla voce, essere un giovane suppergiù della sua età.
“Da voi, nulla - aveva risposto la voce, con un pizzico di sarcasmo – cerco Elizabeth. Dov’è?”
Demelza scrutò alla luce della candela quel bel volto virile, ma sobbalzò alla vista della cicatrice. Raccogliendo tutto il coraggio che aveva , disse che avrebbe gridato ed allertato la servitù se quell’uomo non le avesse immediatamente detto chi era e come aveva osato entrare di nascosto in casa sua, di notte.
Ross la prese in giro, dicendo che sapeva benissimo che in quella casa non vi era servitù, ma una sola cameriera. Ribadì che non era un ladro e non era venuto con cattive intenzioni: era un amico di Elizabeth, era tornato da un lungo viaggio e desiderava parlarle con urgenza.
Demelza si vide costretta a dire all’intruso che Elizabeth era uscita con sua madre e che non sapeva a che ora sarebbe tornata. Aggiunse che nessuna persona per bene si introduce in casa d’altri in quel modo e che vi sono altre forme ed orari per recapitare messaggi di qualsiasi natura.
Ross fece una risatina e replicò che il messaggio che doveva dare ad Elizabeth non poteva essere recapitato per interposta persona. Poiché aveva fretta disse che non poteva aspettare il rientro di Elizabeth, e con spavalderia chiese a Demelza di dire alla sorella che “Ross era venuto a cercarla”.
Poi si allontanò nella maniera furtiva in cui si era avvicinato, calandosi dalla finestra giù in giardino e scomparendo nella notte.
Inutile dire che Demelza non riuscì più a prendere sonno. Attese sveglia il ritorno di Elizabeth, con cui condivideva la stanza, e dopo averle riferito della visita notturna di Ross e registrato la sua sorpresa, ma al tempo stesso la gioia nell’apprendere che era tornato, Demelza pretese dalla sorella qualche spiegazione.
Elizabeth cercò di non offendere l’intelligenza di Demelza, tacendo però tutto ciò che la comprometteva. Quell’uomo era un marinaio che aveva conosciuto sulla spiaggia, lui le aveva parlato dei suoi tanti viaggi, avevano civettato in maniera innocente, lei lo aveva incaricato di portarle un profumo francese consegnandogli del denaro; forse lui era passato per consegnarglielo, ma poiché gli aveva raccomandato segretezza non aveva osato presentarsi di giorno…
Demelza disse che quell’uomo poteva anche essere un marinaio, ma di certo non era passato di là solo a consegnare un profumo. Il suo tono di voce, la sfacciataggine con cui aveva parlato di lei e pronunciato il suo nome, lasciava ad intendere che fra i due vi fosse un rapporto molto confidenziale. La ragazza dai capelli rossi rimproverò aspramente la sorella, dicendo che era la fidanzata di Francis Poldark, e non poteva permettersi di agire con superficialità e leggerezza. Ricordò delle sue numerose passeggiate in spiaggia qualche settimana prima, disse che non poteva abbassarsi a farsi corteggiare da un uomo di così bassa estrazione sociale, un delinquente forse, data la cicatrice che aveva sul viso. Elizabeth negò, giurò e spergiurò che quel Ross si era invaghito di lei ma che non aveva fatto nulla per incoraggiarlo; disse che lo avrebbe cercato il giorno dopo per dirgli di non permettersi mai più di avvicinarsi a casa sua, che tra l’altro non sapeva come aveva fatto a trovare, perché lei non gli aveva mai detto dove abitava. Demelza accettò, sul momento, quelle spiegazioni, disse ad Elizabeth che voleva crederle, ma qualunque cosa fosse accaduta con quell’uomo doveva prenderne immediatamente le distanze, perché se si fosse resa conto che stava ingannando Francis si sarebbe vista costretta a dirlo alla madre e forse agli stessi Poldark.
Elizabeth litigò con lei, dicendo che non doveva intromettersi nella sua vita e rovinargliela. Non era ancora sposata, ed anche se fidanzata non le era vietato parlare con un ragazzo che non fosse Francis. Demelza si era espressa con tanta acrimonia solo per invidia, sperando di far saltare il matrimonio con Francis per una sua maldicenza, proponendosi lei al suo posto…
“Credi non mi sia accorta che ti piace quel bamboccio del mio fidanzato? Tu per lui sei trasparente come l’aria, non esisti, non ti ha neppure mai nominato in questi giorni! Ho capito benissimo che ti stai struggendo di gelosia, e che non sei mai venuta a Trenwith perché non sopporti di vederci insieme! Prova a raccontare di Ross a nostra madre, ti renderesti solo ridicola, sarebbe la tua parola contro la mia! Dovresti ringraziarmi: solo grazie a me potrai sperare di trovare un marito! Non ti devi preoccupare per Francis: sarò per lui la moglie migliore del mondo, lotterò per lui, e non permetterò che una spiantata come te me lo porti via!”
Demelza scappò in bagno in lacrime, colma di vergogna per essere stata così trasparente nelle sue emozioni. Si rese conto che al momento non poteva che tacere sull’incursione notturna di quell’uomo, non poteva rovinare la vita della sorella e dello stesso Francis solo per un sospetto. Inoltre Elizabeth  aveva ragione: o non le avrebbero creduto, oppure avrebbero pensato che calunniasse la sorella solo per gelosia. Sarebbe stata la classica goccia che fa traboccare il vaso: la vedova Chynoweth avrebbe avuto la scusa perfetta per disfarsi per sempre di lei, e che fine avrebbe fatto? Soffocò i singhiozzi, fece un ampio respiro e tornò in camera, scusandosi con la sorella , promettendole che non l’avrebbe intralciata, ma lei, Elizabeth, doveva prometterle di comportarsi rettamente con Francis e la sua famiglia, interrompendo ogni legame con quell’avventuriero.
Elizabeth gongolò per aver messo la sorella con le spalle al muro. Inutile dire che la sua promessa di fedeltà a Francis rimase vana. Nei giorni successivi lei e Ross si videro spesso e non fecero altro che fare l’amore, a bordo del Lucifero, sulla spiaggetta nascosta teatro della loro prima passeggiata, addirittura anche nei boschi che circondavano Cusgarne. Elizabeth, non fidandosi pienamente delle cautele di Ross, aveva preso le sue precauzioni, ricorrendo ad una guaritrice di Sawle che le aveva dato un sacchetto con delle erbe per non restare incinta.
Con Ross si era guardata bene dal raccontare di Francis, anche perché lui aveva esordito dicendo che era tornato per pochissimi giorni e sarebbe ripartito per un viaggio ancora più lungo del precedente. Aggiunse che i controlli sui porti erano molto più serrati e che se davvero voleva mantenere la promessa di tornare ricco per sposarla doveva essere molto cauto.
Elizabeth gli ribadì la promessa di aspettarlo e gli giurò di essere sua per sempre, pretendendo lo stesso giuramento da parte di Ross.
In quei giorni Demelza non aveva potuto fare a meno di notare come Elizabeth fosse sempre sfuggente e trascorresse molte ore fuori casa, mentre lei era stata coinvolta più del solito da sua madre, che ad esempio le aveva chiesto di accompagnarla a Truro per acquisti, poi in visita da un cugino del suo defunto marito che era reverendo, al quale aveva anticipato del fidanzamento di Elizabeth e gli aveva chiesto quale tempo minimo occorresse per organizzare le nozze. In realtà anche Demelza era favorevole a che i tempi delle nozze si accelerassero, da un lato per porre fine alle sue angustie, dall’altro perché pensava che Elizabeth una volta sposata avrebbe posto fine alle sue intemperanze. Trascorrendo molto più tempo insieme Demelza aveva cominciato ad accennare alla madre alla volontà di condurre una vita ritirata in convento, decisione che la signora non aveva accolto molto bene, pensando, forse, che della dote graziosamente concessa dai Poldark avrebbe usufruito la Chiesa e che sarebbe andata perduta l’occasione di ottenere degli ulteriori vantaggi connessi al matrimonio. Il consuocero Charles le aveva accennato che da poco si era trasferito in zona un giovane medico, che collaborava con lui alle miniere: si chiamava Dwight Enys ed era un ragazzo molto giovane e di buona indole; se lui gli avesse parlato di Demelza, era certo che Enys avrebbe accettato di prenderla in moglie. Non era ricco, ma per lo meno non era un ubriacone e svolgeva una professione onesta.
Demelza aveva visto il dottor Enys di sfuggita nel corso di qualche celebrazione in chiesa, si erano scambiati un saluto e le era parso una persona gentile, ma il suo cuore apparteneva a Francis e non riusciva proprio ad immaginare un altro uomo dinanzi a sé. Disse alla madre che non poteva pensare di sposarsi quando il suo cuore era rapito dal fervore verso Dio, e che chiedeva soltanto del tempo per riflettere sulla sua vocazione. La madre adottiva rispose che ci avrebbe pensato e che, per il momento, aveva bisogno della sua collaborazione per organizzare le nozze di Elizabeth.
Il fidanzamento fu formalizzato, fu stabilita la data del matrimonio di lì a tre mesi. I Poldark acquistarono per Elizabeth un corredo degno di una regina, Demelza si fece forza e partecipò attivamente ai preparativi. Incontrò anche Francis in varie occasioni e conversarono amabilmente, come si conviene a due futuri cognati.
Elizabeth recitava la parte della fidanzata capricciosa ed ansiosa, cui si perdonano tutti gli sbalzi d’umore. Man mano che si avvicinava il tempo delle nozze cercava di escogitare pretesti per rimandarle, ma non aveva la minima idea di cosa fare e soprattutto non sapeva se e quando Ross sarebbe tornato e come fargli digerire che avrebbe sposato un altro.
Alla fine, a dissipare ogni remora di Elizabeth, fu un incontro inaspettato che avvenne due settimane prima della data fissata per le nozze. In un’osteria di Truro Elizabeth intravide Tholly Tregirls, il pirata più anziano dell’equipaggio di Ross. Con una scusa, allontanò la madre e la cameriera Ginny e rivolse la parola a quell’uomo, che si ricordava benissimo di lei.
“Ah, signorina, non vi so dire quando tornerà il capitano! Un mese fa ci hanno bloccato al porto di Brest, ci hanno arrestato tutti ed il Lucifero è stato sequestrato… dopo tre giorni mi hanno rimesso in libertà insieme al moccioso, Peter. Il capitano ci ha detto di tornare a casa prima che ci ripensassero, mentre i fratelli Daniels sono  rimasti lì… il capitano, lo accusano di contrabbando… le ultime notizie che ho avuto da lui è che lo avrebbero riportato in Inghilterra per il processo, ma in realtà un mio amico di qui mi ha detto che la cosa più probabile è che sconti la pena lì in Francia… quattro, cinque, forse anche dieci anni di prigione, signorina… io sto cercando di trovare qualcun altro che mi imbarchi, perché sono certo che, comunque vada, il Lucifero non glielo restituiranno… che peccato, davvero, Ross era un ottimo padrone…”
Fu così che Elizabeth Chynoweth, rassegnatasi a non rivedere più il tenebroso capitano del Lucifero, convolò a giuste nozze con Francis Poldark, nel corso di una cerimonia sfarzosa con oltre duecento invitati.
La mattina successiva alla prima notte di nozze la cameriera chiamata a rassettare la camera degli sposi trovò sulle lenzuola l’inequivocabile segno della purezza della sposa. Quello che la governante non poteva sapere era che Elizabeth aveva curato che Francis bevesse molto quella notte, fino quasi ad ubriacarsi, e che aveva portato con sé un flaconcino di vetro contenente il sangue di un animale, con il quale aveva sporcato le lenzuola, poco dopo essersi coricata. Il matrimonio era stato consumato, ma Francis non aveva certo l’ardore di Ross, neppure sotto i fumi dell’alcol.
Elizabeth si guardò intorno, osservò tutti i particolari di quella lussuosa camera da letto: l’armadio enorme contenente molti più vestiti di quanti ne avesse posseduti in vita sua, la specchiera che rifletteva la sua graziosa immagine, l’ampia finestra vetrata che affacciava sull’enorme giardino di Trenwith. Pensò che quella era la sua vita, ora. Scacciò dalla mente l’immagine del capitano del Lucifero: le meravigliose ore passate fra le sue braccia avevano rappresentato solo una piacevole parentesi in una vita noiosa, un dolce ricordo che non significava più nulla. Il povero Ross, chissà dove diavolo era ed in quale lurida prigione scontava la sua pena, non avrebbe mai potuto darle tutto quello che aveva ottenuto sposando Francis. Era la signora Elizabeth Poldark ora, e doveva essere felice.  

 

  
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