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Autore: BluCamelia    21/08/2023    1 recensioni
Anno 1994. Costretta a cambiare scuola per via della separazione dei genitori, Milly affronta il trasferimento con ironia, una certa ansia sociale e un pizzico di presunzione dovuta al suo passato di studentessa modello. Non sa che dovrà affrontare sfide che hanno ben poco a che fare con la media dell'otto.
Una delle sfide in particolare potrebbe rivelarsi troppo difficile per una liceale: il professor Vanini.
Non è una storia d'amore.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Bene» annunciò Paris, con un tono che già smentiva la parola. «Credo che ci siamo accorti tutti che in questa classe l'atmosfera è diventata pesante. Speriamo che questo incontro tra professori e studenti concordato coi vostri rappresentanti serva a qualcosa. Cominciamo con le lamentele degli studenti nei confronti dei professori.»  

In realtà non era tanto un incontro tra la classe e i professori, quanto tra la classe e i magnifici tre, Colombo, Paris e Vanini, visto che tutte le lamentele degli studenti erano nei loro confronti e viceversa. La Gigli e la Guida stavano lì giusto per impedire uno spargimento di sangue, il prof di chimica era malato come al solito e la Canè non si era disturbata a venire. Anche l’assenza della più grande pietra dello scandalo, cioè Elisa, non aiutava molto.

Di fronte al nostro silenzio, Paris chiese in tono velenoso: «Tu, Lombardi, hai qualcosa da dire?» Voleva vedere se Gabriele avrebbe avuto il coraggio di ripetere pubblicamente la sua sparata sull'infermità mentale.

«Già detto» rispose Gabriele, tranquillissimo.

«Altri?»

Miriam si stava tormentando i capelli e si agitava come chi raccoglie il coraggio per parlare. Alla fine disse: «I voti del professor Vanini sono completamente arbitrari.»

Vanini si guardò le unghie come se volesse controllarsi la manicure. Forse faceva veramente la manicure, aveva mani perfette. Poi disse, con voce alta e chiara ma senza alzare lo sguardo: «I miei voti sono giusti. Fatevi valutare da qualche altro professore di storia e filosofia e vedrete che non ci sarà una gran differenza.»

«Ma per esempio ha dato la sufficienza a Barbier per una domanda a cui non ha risposto.»

«Sì, è vero.»

Seguì un silenzio sbigottito. Era ovvio che Miriam si era aspettata uno sfacciato diniego.

«Be’, allora...»

Vanini rimase nella stessa posizione di prima, facendo dondolare una gamba.

«...Insomma, come può dire che i suoi voti sono giusti?»

«Ho fatto a Barbier una domanda un po' insolita, di quelle che più che studio richiedono ragionamento. Mi aspettavo la solita faccia da triglia bollita, invece, anche se non ha saputo rispondere, ho visto che aggrottava la fronte e si metteva a pensare. Ovvero, ha dato per scontato che la domanda avesse un senso e che sforzandosi avrebbe trovato la risposta; non sarà un gran che ma è uno spettacolo che non si vede mai in questa classe. Di Matteo, tu sei un ragazzo onesto, ho ragione? Dì pure la verità, ti metterò quattro in pagella ma non sarà certo per questo.»

«Ehm... sì professore, ha ragione. Ma non è che sono pigro, davvero le sue domande non le capisco.»

«Ma non ci provate neanche. L'anno scorso avete deciso che mi inventavo domande assurde per il gusto di mettere voti bassi e da allora non avete più fatto il minimo sforzo.»

Oltre a dare per scontato che le domande di Vanini avessero un senso, chiedendogli spiegazioni avevo dato per scontato anche che dietro il suo voto ci fosse una ragione decente, e non fosse solo un modo per esercitare il suo potere. Per quello era rimasto sorpreso. Ma io ero sempre andata bene a scuola e non vedevo gli insegnanti come nemici sempre pronti a metterti quattro per sadismo. Fino a quando non avevo conosciuto Paris e Colombo.

«Secondo me il problema è che gli insegnanti danno troppi giudizi su noi come persone» dissi. «Non è certo ripetendo all'infinito che siamo apatici e ignoranti che ci farete appassionare alle materie.»

«La scuola non è una trasmissione televisiva, non è che abbiamo il dovere di essere interessanti se no voi non la seguite» disse Paris. «La situazione della classe è peggiorata notevolmente. E non parlo solo dei voti, che comunque non sono allegri. Abbiamo avuto drammi isterici, la classe è stata coinvolta in storie di droga...»

Mi irrigidii.

«Credevo fossimo tutti d'accordo che Barbier è stata coinvolta per puro caso» disse la Guida.

«Fare amicizia proprio con Zanetti tra tutti gli studenti non mi sembra un puro caso.» Sentii le guance che diventavano bollenti. «E poi, siamo sicuri che sia andata come dicono tutti? Abbiamo una ragazza che viene da un'altra scuola, sembra la classica studentessa modello ma guarda caso subito comincia a ronzare attorno al gruppo dei drogati. Forse ha cambiato scuola perché nell'altra ha avuto problemi di droga e appena arrivata qui si è messa in cerca dei contatti giusti.»

Mi sembrava che qualcuno mi stesse strangolando. Non potevo spiegare che avevo avvicinato Zanetti perché mi piaceva.

Mi alzai in piedi, con i pugni chiusi che tremavano: «Professore, se avessi avuto problemi di droga ci sarebbe scritto sui documenti che vi ha mandato la mia vecchia scuola.»

Paris borbottò qualcosa a voce bassa, ma riuscii a distinguere le parole “scuola privata” e “basta pagare”.

Cosa aveva detto quello stronzo?

Aprii la bocca per aggiungere che quella scuola faceva cagare e mi sarei trasferita l'anno seguente, quando Vanini si alzò in piedi facendomi tacere per la sorpresa.

«Calma, Barbier, nessuno crede veramente che tu sia il nemico pubblico numero uno. Lo sappiamo perché ti sei avvicinata a Zanetti. Purtroppo il mio collega è disinteressato all'argomento e non ne capisce niente, per questo ha frainteso.»

La classe scoppiò a ridere selvaggiamente.

«Cos'è che non capisco, Vanini?» chiese Paris con voce soave come una nuvola.

Vanini si chinò fino ad avere il naso a dieci centimetri da quello del collega e dopo qualche secondo di tensione disse: «Il rock, Mario, quello bello duro. Zanetti e Barbier vanno matti per i Metallica e si scambiano cassette.» Le risate raddoppiarono. Anch'io cominciai a ridere, anche se una lacrima mi era scappata. «Non ti sarai offeso perché ho detto che non ne capisci niente, quella musica ti fa schifo, no? Adesso scusate ma ho un impegno urgente... del resto le lamentele nei miei confronti le abbiamo già affrontate... arrivederci. E francamente se fossi in voi chiuderei qui.»


Quella notte non dormii. La mia testa vorticava pensando alla riunione.

Possibile che Paris pensasse veramente quello che aveva detto? Un insegnante che non distingue gli alunni tossici da quelli puliti sarebbe un bell'idiota. Mi sembrava che attaccando me avesse voluto attaccare Vanini, che prima mi aveva lodato. Non sapevo che problemi avessero tra loro, ma non ci voleva molto a immaginarsi che Paris, con il suo disperato desiderio di fare bella figura, fosse invidioso di ogni insegnante carismatico.

Mi ricordai di come la Colombo ci aveva accusato di non capire lo spirito dei tempi passati ed ebbi un'illuminazione: sia lei che Paris stavano imitando Vanini! Incapaci di imitarne l'intelligenza ne imitavano lo snobismo e l'eccentricità. Chiaro, il loro scopo era una specie di triumvirato di snob:  “guardate quanto ci distinguiamo in questa scuola da quattro soldi noi persone intelligenti ed elitarie”. Peccato che Vanini non se li filasse neanche per sbaglio. Quell'uomo era veramente una specie di vampiro che a poco a poco infettava tutta la scuola. Se almeno avesse potuto infettarla in senso buono...


Dopo questo successone non mi restava che tirare avanti in qualche modo fino alla fine dell'anno e poi cambiare scuola. Si volevano trasferire anche Elisa (che era stata sospesa), Carla, e un ragazzo e una ragazza che probabilmente avrebbero lasciato la classe comunque causa bocciatura. Il resto dell’anno si prospettava fantastico; i trasferimenti avevano indispettito ancora di più i prof, che secondo me avrebbero voluto la soddisfazione di decimare la classe personalmente. La gita scolastica era saltata con una motivazione tecnica che non aveva ingannato nessuno.

I pochi professori bravi ci aiutavano a tirare avanti. La Canè ci aveva fatto recitare delle scene da Cime Tempestose e aveva fatto interpretare Catherine e Heathcliff a me e Alberto, una scelta veramente poco azzeccata. Come ho detto lui con il suo metro e novanta di pure ossa e il suo naso assomigliava di più a Don Chisciotte da giovane, e io... be', alla fine della lettura la professoressa aveva recensito così la mia vibrante interpretazione di Catherine: «Encefalogramma piatto.» La classe era scoppiata a ridere, me compresa. Capivo che ci dava ruoli improbabili non per farci fare brutte figure ma per farci uscire da quelli che ho chiamato i nostri "personaggi".

Poi c'era Vanini. Da quando alla riunione mi aveva difeso umiliando quel grande stronzo di Paris mi era diventato molto più simpatico. Non lo vedevo più così strano e freddo. E poi a guardarlo bene non era neanche brutto, con quelle sopracciglia definite che si alzavano verso le tempie e le labbra dalla piega ironica come le statue etrusche. Certo era un po' vampiresco con quelle guance scavate e le occhiaie viola, ma non vogliamo mica essere classicisti! ("Classicista" era l'insulto della Canè per chi ammirava solo le cose armoniche, luminose ed eleganti ed era incapace di apprezzare una bellezza oscura o selvaggia.) Ma la parte migliore naturalmente erano le sue lezioni.


Dopo la sospensione Elisa non era tornata a scuola. Ormai era sicuro che l’anno seguente si sarebbe trasferita, ma oltre a questo aveva anche supplicato i suoi di farle finire l’anno in una scuola privata. Dopo la tragica assemblea di classe anche una delle candidate alla bocciatura aveva deciso di abbreviare l’agonia e se n’era andata. In teoria la sua compagna di banco e quella di Elisa avrebbero potuto sedersi assieme, in pratica ci fu un riassestamento generale dei posti tipo domino. Probabilmente con tutte quelle bocciature e trasferimenti nella nostra sezione non si erano create delle coppie molto affiatate. Così due persone si ritrovarono senza compagna di banco. Una era Miriam, l’altra indovinate chi era.

Carla mi sorrise con aria di scusa dal posto dove prima sedeva Elisa.

«Bene, pare che faremo un sacco di discussioni letterarie» dissi sarcastica, sedendomi vicino a Miriam. Lei non era molto più contenta di me.

Vanini entrò, lanciò un’occhiata disinteressata alla nuova sistemazione e scrisse alla lavagna: “Oswald Spengler”. Quindi appoggiò la schiena al davanzale della finestra con le braccia conserte e le caviglie incrociate.

Era vestito meglio del solito, con camicia bianca e pantaloni neri. Insomma, invece di un residuato anni Settanta sembrava un becchino. Ma con quella pettinatura e quell’anello riusciva quasi a rendere nobile quello stile spartano, anche grazie al suggestivo cielo tempestoso che si intravedeva dalla finestra e gli faceva da sfondo.

«Ma professore, è programma dell'anno prossimo» si lanciò Miriam. Meglio mettere subito in chiaro chi fosse la fuoriclasse. Lei conosceva già il programma di quinta!

Se mai ho visto nella realtà l'equivalente dell'espressione “fulminare con lo sguardo” è stata quella volta. In effetti provai dispiacere per Miriam. Era abbastanza interessata e zelante da sapere chi fosse Spengler, ma dopo un anno e mezzo di Vanini che le urlava in faccia ancora non aveva capito niente di quell'uomo.

«Visto che state così attenti a orari, tabelle e programmi non vi sarà sfuggito che questa è l'ora di stoooria.» Strascicò la parola in modo sarcastico come per rimarcare la pedanteria di Miriam. «È un'illusione pensare di studiare storia e basta, ogni libro di testo, che non sia un elenco telefonico completamente inutile, offre una particolare visione della storia. Il testo che usiamo noi è blandamente marxista, dà una grande importanza ai fattori economici. Non vi farà male se prendiamo in considerazione altre concezioni. Quindi sì, sto per spiegarvi un filosofo, ma è un filosofo che vi aiuterà a capire meglio la stoooria. Ho il vostro permesso?»

Dopo un’introduzione del genere nessuno avrebbe osato negarglielo.

Ci spiegò che la concezione di Spengler era lontana dall'idea di progresso e si rifaceva di più all'idea di storia ciclica, quindi disse molto brevemente che secondo Spengler la civiltà occidentale è nella fase declinante e ci chiese di scrivere quali fossero secondo noi le motivazioni.

Vedendo le nostre facce aggiunse: «Non dovete dare la risposta giusta, solo riflettere un po'. Mamma mia come vi spaventate per poco... io avevo quella faccia al terzo capitolo di Metodo del quarto ordine. Suggerimenti: primo, non copiate dall'enciclopedia che me ne accorgo subito; secondo, fate ipotesi liberamente ma non scrivete stronzate.»

«Ehm, professore, cosa intende dire con “stronzate”?» chiesi ridacchiando. Mi divertivo talmente con quell'uomo che anche se mi lasciava secca con qualche battuta acida non me ne importava.

«Per esempio non scrivete che secondo Spengler la società occidentale è in declino per colpa della televisione e del rock satanico, spero che i motivi siano ovvi... Barbier, cosa stai scrivendo?» Si avvicinò al mio banco e vide che avevo scritto "Metodo del quarto ordine". Di solito Vanini reagiva positivamente alla curiosità intellettuale, quindi restai di stucco quando strappò il foglio dal mio quaderno ad anelli e lo appallottolò: «Non prenderlo come un suggerimento, è troppo difficile anche per te.»

Mi venne un’idea. «Professore, quando dice ‘Metodo’ con la lettera maiuscola, intende il Metodo del quarto ordine?»

Rispose in tono serio, come se mi stesse fornendo un’informazione importante: «Barbier, nel linguaggio parlato non esistono le maiuscole.»

La classe scoppiò a ridere, Miriam più di tutti.

Scrissi nei miei appunti: bella schivata, prof, ma se crede che mi arrenda così...


Se la storia vi sta piacendo, su Wattpad sono un po' più avanti con la pubblicazione:    https://www.wattpad.com/user/CameliaBlu

   
 
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