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Autore: aletheiamal    02/09/2023    0 recensioni
Una donna cammina per le strade di una città sconsacrata pensando alla sua vita e alle tragedie che la circondano, a ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà.
“Era stato un suono chiaro, improvviso, come quello di un campanellino in mano ad un chierichetto.
Una volta ritornata nel suo appartamento non era riuscita a pensare ad altro se non a quella che ormai nella sua mente era diventata un’orchestra, una cacofonia di suoni, l’impossibilità di ignorare quell’essere umano.
Il giorno dopo era entrata nel piccolo negozio di calzature e sacrificando i guadagni dell’ultimo mese aveva comprato quegli stivaletti.
Ed ora, in quel vicolo buio, camminava."
Genere: Dark, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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CAPITOLO II - DRAMATIS PERSONA


La memoria è effimera e dopo una vita non vissuta è anche uno spreco di spazio.
L’ippocampo e la corteccia entorinale, la scheda SD di una macchina fotografica, una piccola scatola con i cimeli della propria infanzia: vicoli bui.
Più ci si addentra e più la mente si confonde, per i suoi corridoi si scorgono ombre inesistenti, mentre ci si lascia abbagliare facilmente dalle luci improvvise dei ricordi.
Nel vicolo cieco della sua memoria si potevano intravedere solo figure indistinte: nomi e visi si confondevano tra loro, si scomponevano e ricomponevano, ricordavano più i personaggi di uno spettacolo teatrale che dei veri e propri esseri umani. 

Persino il suo volto di bambina era ormai irriconoscibile e somigliava più ad una creatura informe piuttosto che ad una persona.
Sottile e minuta, riusciva ad infilarsi negli angoli più angusti della sua casa, scattava spaventata quando percepiva su di sé gli occhi curiosi dei suoi fratelli e si dava alla fuga quando iniziava a sentire che le voci indistinte dei genitori avevano iniziato ad alzarsi dalla cucina. 
Nessuno poteva fermarla e nessuno voleva farlo.
Un tempo era esistita una casa che aveva potuto chiamare sua, una creatura senza cuore e senza calore, il luogo in cui aveva vissuto i lunghi anni della sua infanzia.
Nulla è per sempre.
Non ricordava più i nomi dei membri della sua famiglia, né tantomeno si sforzava di farlo, lei ormai li aveva abbandonati esattamente come loro avevano abbandonato lei.

Se la memoria è una scelta e se Dio ha veramente concesso ai mortali di scegliere, allora sarà l’uomo stesso ad avere pieno potere sul proprio passato.
(Le falsità che sceglieva di credere e le menzogne che raccontava a se stessa erano come bagliori nella notte scura, le impedivano di perdersi e non ritrovare più la strada del ritorno).


***

La prima volta che aveva indossato quegli stivaletti per uscire di casa era stata durante una breve visita al supermercato.
Un pomodoro marcio, un barattolo di sottaceti, del burro.
La desolazione color neon del suo frigorifero l'aveva avvilita.
Una lattina di birra, una bottiglia mezza vuota di rum, del vino acido.
La donna lo aveva chiuso e la cucina di colpo si era riempita di un buio petrolio.
Il ricordo di una torta di mele, il profumo di bollito, un bicchiere di liquore di fronte a suo padre.
Dopo essersi vestita aveva osservato quelle piccole creature color frassino, se le era messe ai piedi ed era uscita immergendosi nella notte della metropoli.
La strada sotto le suole delle sue scarpette era costellata di crepe e osservandole la donna aveva iniziato a pensare a quanti prima di lei avevano calpestato quello stesso suolo, a come il cemento sembrava star cedendo sotto il peso di tutte quelle insignificanti esistenze quasi fosse un animale docile e obbediente.
Eppure quegli stivaletti risuonavano nel buio e lei si sentiva viva.
Tac tac tac.
La città la circondava, la avvolgeva con le sue mille braccia, con i suoi migliaia di artigli, con il suo unico sguardo.
Per la prima volta nella sua esistenza si sentiva come se fosse l’unica persona al suo centro, come qualcuno dentro l’occhio di un ciclone in cui tutto è quieto mentre il resto del mondo viene raso al suolo. 
Nei meandri del supermercato sentiva gli occhi delle persone seguirla come se fossero dei fari e si crogiolava in quella luce, non poteva credere di essere vissuta per così tanto tempo nell’oscurità.
Ogni passo era il suono della sua esistenza, il tac tac tac era costante e nessuno poteva ignorarlo.
Uscita da quell’edificio, la donna senza volto camminava immersa nella luce. 


***

Tutto ciò che rimaneva della luce dei grandi lampioni della via principale erano solo i loro deboli riflessi nelle pozzanghere sporche del vicolo.
Ormai la donna era arrivata alla fine di quel piccolo angolo di mondo, aveva oltrepassato i tombini, i cestini stracolmi di spazzatura e le finestre di quei palazzi dimenticati.
Dentro quei rettangoli luminosi poteva solamente intravedere il movimento delle persone che ci vivevano, le sagome indistinte ma piene di vita dei lavoratori che stavano tornando a casa e che avevano iniziato a preparare le loro cene. 
C’era qualcosa di letale nella gioia altrui, nella serenità di persone conosciute e sconosciute, nella solitudine che si prova solo quando l’altro solo non è.

La donna si era fermata e, appoggiando la schiena al muro di uno dei palazzi gemelli che abbracciavano quel vicolo, aveva ascoltato: il brusio di una radio accesa, il rumore di piatti e stoviglie che venivano spostati, la risata luminosa di una donna e l’eco di un’altra che la seguiva a ruota.
Il silenzio che circondava la sua esistenza la perseguitava come un morbo.
Non importava quanto si sforzasse e quanto provasse, non riusciva a indossare la maschera dell'umano né tantomeno riusciva a fingere di poterlo fare.
I suoi sorrisi sembravano ghigni, le sue risate sussulti e i suoi occhi ricordavano l’acqua stagnante di una palude, torbida e immutevole.
Si sentiva visceralmente umana solamente quando camminava, camminava e continuava a camminare con quegli stivaletti ai piedi e, in qualche modo, riusciva a far riecheggiare la sua presenza senza che le esistenze altrui potessero soffocarla.
Quel vicolo dimenticato dal mondo era il palco del suo personale spettacolo teatrale, chiunque abitasse in quei palazzi poteva sentirla e la donna non bramava nient’altro, non desiderava nulla oltre a quello.
Staccandosi dal muro del palazzo l’omuncolo aveva ripreso di nuovo a camminare.
Il rumore dei tacchi aveva iniziato la sua ouverture e l’attore aveva abbandonato una volta per tutte la maschera.

 

Note di Nessuno

Se siete arrivati qui vi ringrazio per aver letto questo capitoletto.
Qualsiasi tipo di consiglio e insulto è ben accetto!

 


 
 

 

   
 
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