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Autore: Demy77    03/09/2023    2 recensioni
Per questa nuova long a tema Poldark ho deciso di farmi ispirare da un’altra delle mie grandi passioni televisive: la telenovela messicana Cuore Selvaggio, andata in onda in Italia nei primi anni ’90.
La trama in sintesi: Francis Poldark è tra i più ricchi giovani scapoli della Cornovaglia. L’ambizioso padre Charles pianifica il suo matrimonio con la contessina Elizabeth Chynoweth, la cui famiglia, pur di nobili origini, è caduta in disgrazia dopo la morte del capofamiglia Jonathan.
Con Elizabeth, bellissima ma capricciosa e volubile, vive Demelza, sua sorella adottiva, una trovatella che è stata cresciuta dai Chynoweth per volontà del defunto padre di Elizabeth; la ragazza è segretamente innamorata di Francis.
Il cugino di Francis, Ross, diseredato dalla famiglia molti anni prima, ritorna in Cornovaglia dopo aver combattuto nella guerra di indipendenza americana. Conduce una vita sregolata, dedicandosi ad affari poco leciti, trattando con disprezzo le classi sociali più abbienti.
Le strade dei quattro giovani si incroceranno, dando vita a passioni, intrighi, malintesi e ad una inaspettata e travolgente storia d’amore…
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Francis Poldark, Ross Poldark
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Gli sposi partirono per Londra subito dopo il matrimonio per trascorrervi la luna di miele. Nel frattempo, Demelza e sua madre erano rimaste ospiti di Charles Poldark a Trenwith, dal momento che un violento temporale qualche settimana prima aveva fatto crollare il tetto della loro casa di Cusgarne, rendendola inagibile.
Demelza trascorreva le sue giornate nell’ampio giardino di Trenwith, ricco di alberi da frutto e piante ornamentali dalle mille varietà, contemplando con stupore le meraviglie che la natura offriva ai suoi occhi. Al limitare del giardino vi era una piccola dependance ove viveva il fattore con la sua famiglia, tra cui in particolare due bambini di sette e nove anni. La scuola del villaggio era troppo distante affinchè i bambini la frequentassero, così Demelza si era offerta di dare loro delle lezioni gratuite affinchè imparassero quanto meno i rudimenti della lettura e della scrittura.
La signora Chynoweth ed il suo consuocero avevano ampiamente approvato questa decisione, anche per scongiurare l’ipotesi del convento che Demelza aveva manifestato con tanta convinzione nelle settimane precedenti. Il vecchio Charles riteneva che la soluzione migliore per Demelza fosse rimanere a vivere accanto alla sorella; manifestò quindi la sua disponibilità ad ospitarle per quanto tempo desiderassero, sia lei che la madre, indipendentemente dal completamento dei lavori di riparazione della loro casa (di cui, inutile dirlo, si era fatto carico Charles stesso). In tal modo la famiglia sarebbe stata unita, ma Elizabeth avrebbe avuto la sua vita accanto a suo marito, mentre Demelza, se proprio non voleva sposarsi, avrebbe potuto dedicarsi all’istruzione di quei bambini sfortunati. Charles aggiunse che vi erano tanti nelle stesse condizioni dei figli del fattore cui fare del bene e che non v’era bisogno di rinchiudersi fra le quattro mura di un convento per realizzare la volontà di Dio.
Demelza non aveva molte alternative, e poi il discorso del padre di Francis non era affatto irragionevole. La sua proposta le garantiva parecchie ore di autonomia e di libertà, aveva l’impressione di essere padrona del suo tempo molto più di quando viveva a Cusgarne; inoltre l’aiuto  da poter offrire a quei bambini disagiati e lo spettacolo della natura che si concentrava nel giardino  di Trenwith le sembravano quasi propiziare quella ricerca della pace interiore che era il suo obiettivo primario.
Le capitava, ogni tanto, di ripensare a Francis, ma con tenerezza, senza rimpianti, ed ogni sera, prima di coricarsi, pregava che egli potesse avere, accanto a sua sorella, la felicità che meritava.
§§§
Qualche giorno dopo le nozze di Elizabeth e Francis, nella banca Pascoe di Truro si era presentato un uomo elegantemente vestito che chiedeva di poter parlare con il titolare.
Il banchiere Harris Pascoe era un uomo di circa sessant’anni di media statura, dai capelli grigi, gli occhi scuri e sinceri ed un sorriso bonario ed accogliente. Aveva una banca di piccole dimensioni, ma era noto per la sua onestà e correttezza negli affari. Era raro che fosse talmente impegnato da non poter ricevere chi domandava di lui; chino sulle sue carte, non appena l’usciere fece accomodare l’uomo elegante, il vecchio banchiere sollevò il volto , che dopo un attimo di stupore si illuminò nel più ampio e schietto dei sorrisi.
“Ross Poldark! Che gioia rivederti, figliolo! Come stai?” – disse, accogliendo a braccia aperte il nuovo arrivato.
Ross abbracciò con calore il vecchio banchiere, amico di sempre di suo padre Joshua: Pascoe era il benefattore che dopo la tragica morte di entrambi i genitori si era preso cura di Ross, aveva finanziato i suoi studi, affidandolo ad un istituto per ragazzi bisognosi presso il quale lo andava a trovare periodicamente. Harris rimproverò il suo pupillo lamentandosi del fatto che non aveva avuto più sue notizie da tempo, anzi le ultime che aveva ricevuto lo avevano addolorato non poco, perché sembrava che il giovane avesse preso una brutta strada.
Ross sorrise, disse che in principio era proprio così, ma ora aveva deciso di voltare pagina con quella vita ai margini della legalità, voleva dedicarsi al commercio lecito… raccontò che era stato arrestato al porto di Brest, con l’accusa di contrabbando, che gli avevano sequestrato la nave ed arrestato anche tutto l’equipaggio; senonché, mentre era detenuto vi era stato un incendio nella prigione ed egli aveva messo a repentaglio la propria vita pur di salvare quella di tutti gli altri, i carcerati, le guardie e soprattutto il direttore del carcere. Per il suo atto di eroismo era stato graziato e gli era stato restituito anche il Lucifero. Rimessosi in viaggio, nel corso di una tempesta lui e i suoi uomini (o meglio i pochi rimasti al suo fianco, ché alcuni erano fuggiti) avevano dovuto riparare su un’isoletta, sulla quale giaceva il relitto di una nave battente bandiera scozzese. Calmata la bufera, avevano esplorato la carcassa del battello  ed avevano trovato un forziere pieno di monete d’oro e gioielli. Rivenduti i preziosi, Ross aveva ricavato una somma cospicua ed ora voleva chiedere consiglio al suo amico banchiere su come investire quel denaro. Innanzitutto intendeva acquistare una bella proprietà immobiliare, perché aveva conosciuto una ragazza di cui si era innamorato follemente e voleva sposarla.
Pascoe si congratulò con Ross e cominciò a fornirgli qualche informazione di massima sulle valutazioni da compiere in proposito. Quando però il giovane, sollecitato dal banchiere, gli comunicò il nome della fortunata fanciulla che aveva conquistato il suo cuore, Pascoe impietrì.
“Elizabeth Chynoweth: che cosa stai dicendo Ross, non può essere! Esiste un’unica ragazza con quel nome, e si è sposata domenica scorsa con tuo cugino Francis!” – esclamò il buon uomo , esterrefatto. Così dicendo, mostrò a Ross l’invito al matrimonio, cui il banchiere non aveva potuto presenziare a causa di un improvviso attacco di gotta.
Ross lesse e rilesse quel biglietto dalle lettere dorate che Pascoe gli aveva appena sventolato sotto il naso: I nomi di Elizabeth e Francis figuravano intrecciati fra di loro da un decoro a forma di edera. Le frasi gli danzavano davanti agli occhi e gli apparivano così vuote…. “sono lieti di annunciare le nozze dei loro figli” … “la cerimonia avrà luogo…”; più in basso, un versetto della Bibbia recitava “per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne”.
“Non capisco – balbettò il giovane bruno – aveva giurato di aspettarmi… aveva promesso che mi avrebbe sposato… Elizabeth è mia, maledizione, come ha potuto farlo… con mio cugino, poi!”
Pascoe, imbarazzato, cercò di trovare una spiegazione razionale a quell’equivoco. Forse Ross aveva frainteso… a quel che sapeva lui, il fidanzamento risaliva ad almeno quattro o cinque mesi prima e quando esso era stato annunciato in società i due ragazzi erano apparsi da subito molto felici ed affiatati. Ross continuava a ripetere che non era possibile, che quando si erano conosciuti Elizabeth gli aveva detto che non era fidanzata e che non si sarebbe mai sposata perché non aveva dote. Pascoe confermò che la famiglia Chynoweth non navigava in buone acque, ma aggiunse che, a quanto si sapeva, Francis aveva accettato Elizabeth senza dote poiché al vecchio Charles faceva gola il titolo nobiliare che la primogenita dei Chynoweth poteva vantare.
Ross si sforzava di ricostruire i fatti: quando si erano conosciuti, poteva anche essere accaduto che Elizabeth gli avesse detto la verità; certamente però, quando si erano rivisti, ella aveva già ricevuto la proposta di Francis e glielo aveva deliberatamente taciuto! Non v’era altra spiegazione.
Una rabbia tremenda lo invase. Di colpo, Ross si sentì un imbecille. Si era innamorato alla follia di quella donna, si era fidato di lei, per lei era stato disposto a cambiare vita, aveva affrontato viaggi pericolosi al solo scopo di guadagnare abbastanza denaro per rendersi presentabile alla sua famiglia, e lei non era stata capace di essergli fedele neppure pochi mesi! Ma non poteva finire così, non sarebbe rimasto a mani vuote, soprattutto considerando chi era stato a portargliela via!
Uscì come una furia dalla banca, montò a cavallo senza curarsi neppure di Pascoe, che gli urlava dietro implorandolo di fermarsi, e partì al galoppo verso Trenwith, speronando senza pietà i fianchi del povero cavallo per far sì che non rallentasse la marcia.  
Durante il tragitto, in preda alla rabbia, aveva dinanzi agli occhi soltanto il momento in cui avrebbe rivisto Elizabeth. L’avrebbe svergognata davanti a tutti, si sarebbe goduto lo spettacolo, vendicandosi nel contempo di quella famiglia che lo aveva privato di tutto.
Intenzionato a  fare una scenata, giunse a Trenwith con gli zoccoli del cavallo ancora fumanti. Varcò l’ampio cancello di ingresso, che nelle ore diurne era sempre aperto, e cercò uno stalliere cui affidare la povera bestia, messa a dura prova dalla cavalcata. Nei pressi delle stalle si imbatté in Demelza, che stava lucidando il manto della sua cavallina Honey.
“Voi qui!” – esclamò la ragazza, riconoscendolo. Anche lui, sebbene l’avesse vista una sola volta e al buio, comprese subito di chi si trattava.
“Sì, sono io. Dov’è Elizabeth?” – le chiese in maniera brusca.
“Non è qui” – rispose asciutta Demelza, che nel frattempo incaricò un servitore di prendere in consegna i due animali portandoli all’interno della stalla.  Poi, pur temendo la reazione di quell’individuo, pensò di dire subito la verità: “E’a Londra con suo marito, in viaggio di nozze”.
Ross, che non sembrava stupito della notizia, chiese quando sarebbero tornati e Demelza gli rispose che non lo sapeva, che non erano affari di Ross, che doveva andarsene immediatamente, non avendo nulla da poter pretendere.
“Nulla, dite? – esclamò Ross furioso, ponendosi ad un passo dal suo viso – non sapete che io e vostra sorella siamo stati amanti? Amanti, anche se questa parola vi scandalizza! – aggiunse, notando il rossore sulle guance della fanciulla – aveva promesso di sposarmi, aveva giurato di aspettarmi, e invece al mio ritorno la trovo sposata con un altro! Credo di aver diritto a qualche spiegazione da parte sua!”
“Capisco la vostra rabbia, ma che senso ha adesso venire qui? Elizabeth è sposata ormai, che cosa potrebbe dirvi? Perché volete che delle persone innocenti soffrano?”
“Innocenti? Qui l’unico innocente sono io! Sono io l’ingannato, il tradito, quello messo da parte come una carta straccia per un.. per un…!”
“Non è vero! – disse Demelza, per la prima volta alzando la voce ed interponendo il proprio corpo dinanzi a quello di Ross, come per impedirgli il cammino verso la casa padronale – l’unica vera vittima innocente è il marito di Elizabeth, un uomo onesto, innamorato, che è ignaro persino della vostra esistenza! Mia sorella non si è comportata bene con voi, ne convengo, ma perché trascinare nel fango  e nel disonore due famiglie che non hanno alcuna colpa dell’accaduto?”
Ross ribatté che era dispiaciuto per lei, che si ritrovava con una donnaccia come sorella; che compativa il povero cornuto, che se l’era portata a Londra in viaggio di nozze, talmente ingenuo da non essersi neppure accorto, dopo la prima notte, di quanto era svergognata la donna che aveva sposato; che forse poteva provare pietà pure per la signora Chynoweth e per tutti quanti sarebbero stati coinvolti dallo scandalo, ma tutto ciò non lo avrebbe fatto desistere dai suoi propositi. Nessuno poteva permettersi di offenderlo impunemente, non poteva essere lui solo a perdere, avrebbe trascinato tutti nel fango in cui Elizabeth lo aveva spinto.
Mentre Demelza cercava di convincere un Ross furibondo  ad andarsene, pregandolo di abbassare la voce, sopraggiunse il padrone di casa. Attirato dal vociare ed intuendo che non si trattava di una conversazione serena, il vecchio Charles chiese che cosa stesse succedendo.
Demelza, sconcertata, rimase in silenzio ed indietreggiò fino ad appoggiare la schiena al muro di cinta, mentre Ross con spavalderia si fece avanti, fronteggiando a testa alta il padrone di casa, che improvvisamente impallidì come se avesse visto un fantasma. Enorme fu la sorpresa di Demelza nel sentire Ross pronunciare al suo indirizzo queste parole: “Vedo che mi avete riconosciuto, caro zio! Del resto, non deve essere stato difficile: tutti dicono che sono il ritratto vivente di mio padre! Sono proprio io, Ross: il vostro unico nipote, il figlio di vostro fratello Joshua, ricordate? Quello che per egoismo avete privato di tutto: onore, famiglia, proprietà. Quello che avete condannato a morire lontano, povero, reietto, mentre vi impossessavate della sua miniera e della sua casa…mi hanno detto che si chiama ancora Wheal Grace: strano che non le abbiate cambiato nome, visto che odiavate tanto mia madre…Ma non preoccupatevi, non sono qui per parlare del passato, ma del presente.”
Charles sembrò sul punto di scoppiare di rabbia, tanto più che la sparata di Ross era avvenuta davanti a Demelza, che pur essendo una ragazza riservata era pur sempre un’estranea.
“Cosa ti conduce qui, Ross?” – gli chiese, dissimulando una calma che non possedeva.
Ross lanciò un’occhiata furtiva a Demelza. Era buffo vedere fino a che punto sia lei che lo zio Charles fossero atterriti, per motivi diversi, da quanto era in procinto di dire.
“Sono stato da Harris Pascoe questa mattina, e mi ha informato del lieto evento che di recente ha rallegrato questa casa. Volevo congratularmi con mio cugino e sua moglie ed approfittare un po’ della vostra ospitalità prima di rimettermi in viaggio. Sono un uomo di mare, sapete? Ed ho anche una discreta posizione economica, nonostante voi abbiate fatto di tutto affinchè crescessi come un miserabile…”
“Ora basta, Ross! – sbottò lo zio – non mi sembra il caso di usare questo tono con me, tanto più in presenza di miss Chynoweth, la cognata di Francis! Le accuse che mi muovi sono completamente false: tuo padre è stato l’unico artefice della sua sfortuna, dapprima innamorandosi di quella sgualdrina …”
“Non parlate in questi termini di mia madre, o giuro che non rispondo più di me! – disse Ross, facendosi più aggressivo – sono ben altre le sgualdrine, ad esempio ….”
“Vi prego, Ross! – esclamò all’improvviso Demelza, prendendo le mani del capitano fra le sue, e frapponendosi fra lui e lo zio – in questo momento siete troppo alterato, e sia voi che vostro zio rischiate di dire cose di cui potreste pentirvi… in tutte le famiglie possono accadere delle diatribe e dei fraintendimenti: ognuno pensa che le proprie ragioni siano quelle giuste e ci vuole tempo per riuscire a capirsi, soprattutto quando gli avvenimenti del passato sono tanto dolorosi. Vi ho già spiegato che Francis e sua moglie non ci sono: ritornate a Trenwith fra qualche giorno, ed allora saluterete vostro cugino e mia sorella con animo più sereno…”
“No, miss Demelza – tuonò Zio Charles – Ross ha ragione, gli sono dovute delle spiegazioni, e preferisco che le abbia prima dell’arrivo di Francis. Mio figlio non sa neppure di avere un cugino: sono tutti fatti avvenuti quando non era neppure nato…”
Charles chiese a Ross dove fosse alloggiato ed il giovane, con il consueto sarcasmo, rispose che viveva sulla sua barca, non aveva un alloggio sulla terraferma, giacché Nampara non gli apparteneva più.
“Parleremo anche di questo…” – concluse Charles, ed invitò il nipote ad accomodarsi in casa.
Ross, prima di seguire lo zio, fece un inchino con la testa rivolto a Demelza, e le lanciò uno sguardo malizioso che voleva dire: avete visto?
La ragazza rimase nel cortile, con il cuore che le batteva a mille, terrorizzata da quello che Ross avrebbe potuto fare o dire.
L’intervento improvviso dello zio e la piega che il loro dialogo aveva assunto aveva fatto riflettere Ross. Forse Demelza non aveva neppure tutti i torti: armare uno scandalo gli avrebbe reso una soddisfazione momentanea, una rivincita sulla donna che lo aveva tanto fatto soffrire, ma nessun concreto vantaggio.
Se invece avesse finto di voler riallacciare i rapporti con Francis, di voler perdonare i torti subiti, se avesse acquistato la sua fiducia, magari la bontà del cugino si sarebbe manifestata restituendogli il maltolto: la Wheal Grace e Nampara. Solo allora avrebbe compiuto la sua vendetta: avrebbe convinto Elizabeth a fuggire con lui, si sarebbe ripreso tutto, tutto ciò che era suo!
Che Charles non avesse la coscienza a posto per come si era comportato con il fratello fu chiaro fin da subito. Dichiarò che Joshua aveva abbandonato tutto per amore di una donna indegna del loro casato: non era certo colpa di Ross, ma il nonno Claude non avrebbe mai acconsentito ad un matrimonio di Joshua con tale tipo di persona. Joshua ne era consapevole, ciò nonostante aveva scelto di rinunciare a tutto, al suo buon nome, alla miniera ed alla casa sulla collina, Nampara. Charles raccontò che dopo la sua partenza aveva ricevuto dal fratello soltanto una lettera che annunciava dello stato di gravidanza della donna, con cui nel frattempo si era sposato, ma di non aver mai saputo se il bambino era nato. Soltanto dopo molto tempo, tramite dei conoscenti, aveva avuto notizia che sia suo fratello che quella donna erano morti e che il bambino nato dalla loro unione era stato condotto in un orfanotrofio nel Devon, ma poi non era riuscito a sapere nulla di più.
Charles sosteneva di non aver avuto alcun ruolo nella vicenda, ma, a voler credere a quanto gli aveva detto invece Pascoe, Claude Poldark subiva molto la personalità del figlio primogenito e certamente non era stata tutta sua la decisione di diseredare Joshua. Chiaramente Charles ne aveva beneficiato, perché alla morte di Claude aveva ereditato anche la parte che sarebbe spettata a Joshua. Era molto furbo suo zio, pensò Ross: consapevole di aver tratto un indebito vantaggio dalla situazione, si finse ora disponibile a trovare un accordo per risarcire, per dire così, Ross; un accordo che, in realtà, era un’elemosina.  
La Wheal Grace, all’epoca in cui Joshua era partito, era una miniera con una vena di stagno esaurita. Soltanto molti anni dopo, grazie a nuove tecniche di estrazione ed agli investimenti fatti da Charles, era stato scoperto un filone di rame. Charles disse che era disposto a valutare di riconoscere a Ross una somma forfettaria, perché per dividere gli utili con lui avrebbero dovuto diventare soci, ripartire anche i costi e le perdite. Per quanto riguardava Nampara, lo zio disse che era disposto a cedergliela gratuitamente, ma non si trattava di un buon affare: da venticinque anni la casa era disabitata, cadeva in rovina e le spese per rimetterla a nuovo erano quasi superiore al suo valore.
Concluse che, in totale, per la miniera e per acquistare una piccola casetta in cui vivere, al posto di quella proprietà troppo grande per un uomo solo, era disposto a versargli cinquemila ghinee.
Ross rispose che avrebbe riflettuto su quell’offerta  e disse che doveva allontanarsi, perché aveva lasciato alcuni affari in sospeso.
Quando si recò in cortile a riprendere il cavallo Demelza era ancora lì ad aspettarlo.
“Allora? Che è successo?” – gli chiese ansiosa.
“Non ho detto ancora nulla di vostra sorella, se è quello che temete. Abbiamo parlato d’altro.”
“Dio sia lodato!” – esclamò la fanciulla.
“Ma non crediate starò zitto per sempre – precisò Ross – è solo questione di tempo… e poi, tutto dipende da come si comporterà Elizabeth. Se si dimostrerà sufficientemente pentita, non escludo di poterla perdonare. E a quel punto…”.
“A quel punto cosa?” – chiese Demelza, seguendo Ross all’interno della stalla.
“Voi fate troppe domande – sentenziò il giovane – su cose che non sono affar vostro. Mostrate una preoccupazione eccessiva per questa vicenda. Se Elizabeth ed io saremo abili, nessuno scandalo vi travolgerà, di conseguenza non avrete di cosa lamentarvi. Adesso scusatemi, ma ho degli affari da sistemare a Truro.”
“No! – esclamò Demelza – aspettate, dovete ascoltarmi”.
Ross replicò che non avevano più nulla di dirsi e che aveva fretta, ma Demelza lo trattenne, afferrando le briglie del suo cavallo.
Ross rimase colpito dalla veemenza di quella ragazza e decise di ascoltare ciò che aveva da dire. Demelza gli ribadì che non doveva ritornare mai più, non doveva tormentare Elizabeth. Sua sorella era una ragazza capricciosa e volubile, che agiva d’impulso, in maniera sconsiderata. Se lo avesse rivisto, sarebbe stata capace di tutto… persino di continuare ad ingannare Francis, e questo non doveva assolutamente accadere. Ben presto Ross si rese conto che dietro lo strano comportamento di Demelza si celava una insolita devozione nei confronti di suo cugino, di cui non comprendeva la ragione. Possibile che anche la rossa si fosse innamorata di Francis?
Con poco tatto, Ross le pose una domanda diretta. “Siete per caso innamorata di lui? A maggior ragione, scusatemi, dovreste essere contenta se io ed Elizabeth riuscissimo a fuggire insieme. Francis, con il cuore spezzato, resterebbe libero e pronto a farsi consolare da voi…”
Demelza lo guardò con sdegno. “Siete un uomo senza ritegno, senza valori, un egoista pronto a calpestare i sentimenti degli altri! Voi non amate affatto mia sorella, siete solo ferito nel vostro ego! Chi ama vuole il bene dell’altro, anche a costo di sacrificarsi! Se l’amate davvero, non tornate mai più! E badate, se decidete di tornare, troverete in me la vostra prima nemica! Dovrete passare sul mio cadavere, prima di fuggire con Elizabeth!”
Ross le sghignazzò in faccia. Quell’esile creatura, come avrebbe potuto ostacolare una fuga tra lui ed Elizabeth?  Eppure, c’era qualcosa in lei, una forza interiore nascosta dietro quell’apparente pacatezza, qualcosa che la rendeva completamente diversa dalla sorella, tanto che lo incuriosiva scoprire fino a che punto sarebbe arrivata per difendere l’onore dei Poldark e delle Chynoweth.
  
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