Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: BluCamelia    05/09/2023    1 recensioni
Anno 1994. Costretta a cambiare scuola per via della separazione dei genitori, Milly affronta il trasferimento con ironia, una certa ansia sociale e un pizzico di presunzione dovuta al suo passato di studentessa modello. Non sa che dovrà affrontare sfide che hanno ben poco a che fare con la media dell'otto.
Una delle sfide in particolare potrebbe rivelarsi troppo difficile per una liceale: il professor Vanini.
Non è una storia d'amore.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il giorno dopo sarebbe iniziato il nuovo anno scolastico, ma prima dovevo risolvere un problema fondamentale.

Dovevo sistemare quei capelli.

Prima li portavo lunghi e biondi con la riga in mezzo, ma, dimagrita com’ero e con le occhiaie perenni, mi davano un’aria da vergine martire che non mi piaceva per niente. Così avevo pensato a un caschetto corvino anni Venti, ma quella parrucchiera ritardata invece di farmi una frangia netta aveva scalato i capelli ai lati del viso, in un taglio completamente fuori moda. Ero sexy come San Francesco. Con gli occhiali poi ero inguardabile, il ritratto della sfiga.

«Questo è anni Sessanta. Non avrei mai creduto che una parrucchiera non conoscesse i diversi stili» mi ero lamentata con mia madre.

Lei, come sempre quando i miei riferimenti culturali portavano a errori e brutte figure, invece di sostenermi aveva rincarato la dose. «Avresti dovuto darle un esempio concreto.»

«Tipo Louise Brooks?» avevo chiesto, sarcastica.

Lei si era messa a contare sulla punta delle dita: «Valentina di Crepax. La ragazzina in Léon...»

«Ok, ok, ho capito. Dovrò andare da un’altra parrucchiera a farmeli sistemare» avevo aggiunto, con una punta di malignità. Le spese extra non erano mai benvenute.

«Dovrebbe tagliarteli cortissimi.»

Aveva ragione. Ero sola con la mia spazzola e il mio phon a rimediare a quel disastro.

Li lavai e li asciugai girando le punte in fuori. Non male, ma faceva un po' troppo brava scolaretta. Scompigliai i capelli e fissai il tutto col gel perché non mi ricadessero a scodella. Il risultato finale, a parte il colore, ricordava un po’ Chloe nelle prime stagioni di Smallville. C'era un piccolo problema: a Smallville mancavano ancora un bel po' di anni. Allora quella pettinatura non era di moda. Sperai che sarebbe passata per un mio gusto eccentrico.

Poi dovevo portare le lenti a contatto perché con gli occhiali ero proprio stramba. Notai per la prima volta che il mio sguardo aveva preso una strana luce, quasi febbricitante. Col nuovo taglio e quello sguardo invece di una vergine martire sembravo una tossica. Se avessi avuto quella faccia ai tempi di Zanetti non mi avrebbe creduto nessuno.

Ma forse non è una bella cosa raccontare la scena con Vanini e poi staccare su un dibattito da parrucchiere. In quale scuola mi sarei presentata col nuovo taglio? Insomma, il mio prof era riuscito a fregarmi o no?

Be’, sì e no. Più sì che no.

Mi rendevo conto benissimo di quello che aveva fatto Vanini, compreso il lato squallido. Eppure quell'episodio aveva altre implicazioni. Aveva fatto di tutto per trattenermi, e il significato era... non voleva che me ne andassi.

Ero abituata a considerare la mia intelligenza come qualcosa che mi avvantaggiava a scuola, ma ero anche arrivata alla conclusione che nei rapporti umani fosse meglio non esibirla troppo. Persino mia madre, anche se mi voleva bene ed era contenta dei miei successi scolastici, se astrattamente avesse potuto scegliersi una figlia non avrebbe mai scelto me, l’avevo capito già alle elementari. Mio padre non se ne preoccupava, dava per scontato che avendo il suo DNA andassi bene a scuola, e nella sua testa si immaginava anche che fossi una vincente nella vita sociale. E lasciamo perdere i ragazzi. Non ero abituata all'idea che qualcuno mi volesse per la mia intelligenza, tanto meno un tipo brillante e un po’ stronzo come Vanini, inutilmente corteggiato dai suoi colleghi più mentecatti (la Canè non se lo filava, anzi, sembrava trovarlo antipatico.)

Ma a parte la mia vanità solleticata, c'era la sindrome di Flatlandia. Ormai ero legata a lui per quello che mi aveva insegnato, si sentiva anche lui legato a me? La risposta sembrava positiva. Se aveva usato un metodo del genere... qualcuno avrebbe potuto vederlo mentre mi accarezzava i capelli col naso a un palmo dal mio. Mi correggo: qualcuno l'aveva visto. La Colombo. Se l'avesse visto qualcuno che lo odiava, metti Paris, avrebbe potuto passare dei guai. (Paris lo corteggiava ma lo odiava, era un rapporto molto Mozart e Salieri.)

Non che quella scena mi fosse piaciuta. Quella sensazione di essere la sua figlia spirituale si era trasformata prendendo una tinta morbosa. Il paragone col vampiro sembrava più che mai adatto.

Morbosità o no, avevo deciso per un altro anno di vampirismo.

*

Misi le mani sui fianchi: «Ohhh... è uno scherzo, vero? Ditemi che è uno scherzo!»

Tra bocciature e trasferimenti eravamo rimasti in pochi, così la V B era finita in una specie di sgabuzzino sufficiente a malapena per sei banchi. Il primo banco era letteralmente attaccato alla cattedra. Il professore e il fortunato seduto là si sarebbero guardati in faccia come due commensali ai lati di un tavolo. Su un banco notai lo zaino di Miriam affiancato a quello di un’altra ragazza, ma questa volta essere mollata dalla mia compagna non mi disturbava più di tanto. Quella sistemazione aveva ben altri problemi.

«Non possiamo passare tutta la mattina in questo posto per nove mesi della nostra vita. Facciamo qualcosa! Ci sarà qualche legge sui metri cubi d'aria a persona. Non è che dobbiamo accettare tutta la merda che questa scuola di merda ci tira addosso!»

Alberto sbadigliò. «Milly, puoi aspettare almeno l'intervallo per preparare la rivoluzione? E' veramente troppo presto.»

Entrò un ragazzo sconosciuto. «E' questa la V B?»

«Ed ecco il vincitore del primo premio...» cominciò Alberto, ma senza l'entusiasmo dell'anno precedente.

Risposi un po' spazientita: «Macché, non lo vedi che è uno sgabuzzino dove buttano i banchi vecchi?»

«Però con lui siamo in tredici. Dovranno spostarci per forza, un banco in più non ci sta di sicuro» osservò Alberto.

«Mi dispiace deluderti ma si è trasferita anche Carla. Con lui siamo in dodici.»

«Sei rimasta sola» notò Alberto. «Può sedersi con te.»

Guardai il nuovo arrivato. Sembrava un indefinito groviglio di capelli e vestiti sgualciti.

«Non svenire dall'entusiasmo» mi disse, sarcastico.

Arrossii. «Scusa, sono stata una gran maleducata. Tu non c'entri, sono nera perché ci hanno messo in questo buco. Io sono Milena, ma mi chiamano Milly.»

«Federico. Mi sa che non ci ho fatto un gran guadagno a cambiare scuola.»

«Ti sei trasferito?»

«Non mi trovavo molto bene. In effetti mi hanno bocciato.» Sentimmo un rumore di tacchi ed entrò Noemi. Federico la seguì con lo sguardo. «A parte gli scherzi, non sembravi entusiasta di avermi come compagno di banco. Non ti offendi se mi siedo con lei, vero?»

Noemi lo guardò schifata e disse in tono ipocrita: «Mi dispiace ma ho già una compagna di banco.» Poi ci chiese: «Ma dove sono gli altri?»

«Alle macchinette» rispose Alberto. «Non so perché ma hanno avuto tutti un attacco di claustrofobia. Ma eccoli... uffa, sono con Paris, è già arrivato.»

I banchi migliori, cioè quelli a ben due metri dalla cattedra, erano già stati occupati con zaini e giacche. A me e Federico restò il primo banco, ma almeno non era quello sul lato della cattedra. Quello in faccia al prof era rimasto a Noemi.

Quando ci sedemmo lo sguardo di Paris si incollò alla sua scollatura.

«Caccialupi, quella maglia è inappropriata.»

«Ma professore, l'ho portata per tutto l'anno scorso...» obiettò lei in tono innocente. Si stava divertendo un mondo.

Paris non poteva dire la verità, cioè "Sì, ma l'anno scorso eri nell'ultima fila, quest'anno ho le tue tette proprio sotto il naso." Aveva la fama di misogino, impotente, nonché tormentato da una continua frustrazione sessuale, probabilmente diretta verso il sesso maschile. Non credo ci fossero validi motivi per pensare questo di lui, a parte i modi affettati e l’eleganza. A me pare che essere a disagio di fronte  a una scollatura sia segno di eterosessualità.

«Sarà, ma domani presentati vestita come si deve.» Si alzò e cominciò a declamare col suo tono artificioso: «Quest'anno iniziamo l'analisi matematica. Probabilmente la troverete difficile perché è una materia molto astratta, ma è fondamentale per chi vorrà continuare gli studi in facoltà scientifiche.»

Un insegnante che presenta la sua materia dicendo che probabilmente la odierete e al novanta per cento non vi servirà neanche a niente...  Chinai la testa e me la strinsi tra le mani.

«Barbier, è solo la presentazione. L'analisi ti ha già fatto venire il mal di testa?»

«No professore, mi sono ricordata improvvisamente una cosa, ma sto ascoltando, davvero.»

Sentii dei passi nel corridoio e mi girai per guardare. In quel buco era impensabile chiudere la porta, e, poiché era in un punto di passaggio, almeno avevo la consolazione di vedere Vanini ogni volta che passava, e ogni volta era un'imbarazzante ondata di calore.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: BluCamelia