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Autore: Nefertari17    06/09/2023    1 recensioni
Katsuki ha una vita fatta di razionalità e dedizione al suo ruolo di eroe, non ha mai dato peso e valore alle emozioni. Dafne si è sempre sentita fuori posto e quando si ritrova in una nuova città, la sua vita fatta di addestramento e controllo viene sconvolta dallo scontro con chi mai avrebbe voluto incontrare. Impareranno che le certezze si possono modificare e che a volte basta uno sguardo o un odore per essere travolti in una spirale di sentimenti.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio, Shōta Aizawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bakugo Katsuki era in piedi davanti la vetrata del suo ufficio, il turno di lavoro terminava tra un'ora ma aveva deciso che sarebbe tornato prima a casa, tanto aveva tutta una squadra del reparto amministrativo al comando del suo vecchio mentore Jeanist, che si sarebbe occupata delle scartoffie di quel giorno. Piantato con le gambe leggermente divaricate e le spalle incassate nel petto, fece scricchiolare le dita delle mani per scaricare l'ultimo briciolo di adrenalina in corpo, la stessa che lo muoveva nelle missioni giornaliere.

Fuori aveva cominciato a piovere, piccole gocce d'acqua scivolavano sulla vetrata del finestrone del suo ufficio da cui aveva la visuale di una buona parte della città, alcune come piccole bolle rimanevano attaccate al vetro frastagliando la sua immagine riflessa grazie alla luce soffusa della lampada sulla scrivania alle sue spalle. La pioggia non gli era mai piaciuta, odiava bagnarsi sia perché gli procurava una sensazione di gelido in corpo, per lui fastidiosa, e poi perché diminuiva la possibilità di usare il suo quirk, sudare era più difficile con l'acqua che impregnava i vestiti, e questo lo faceva incazzare non poco. Su quello sfondo umido l'immagine riflessa restituiva quella di un giovane uomo di ventitré anni che era diventato l'eroe Numero Due del Giappone. Il suo fisico si era modellato e rinforzato da anni di allenamenti e battaglie; i capelli biondo cenere erano più corti di quando era un adolescente, irti in testa come un porcospino e rasati dietro fino all'altezza delle orecchie; gli occhi rosso rubino fieri ed intensi avevano abbandonato quello sguardo arrogante all'ennesima potenza che si era portato dietro per tanti anni. Era maturato, non era più un ragazzino bisbetico e borioso, ma non aveva perso la sua indole rabbiosa difronte a quello che non gli andava a genio e ovviamente non aveva nemmeno abbandonato il suo linguaggio colorito alla Bakugo Katsuki.

La sua vita era fatta di razionalità e dedizione al suo ruolo di eroe, dava come sempre il massimo in tutto quello che faceva, il suo obiettivo era quello di portare a termine più missioni possibili e superare il Numero Uno almeno per la quantità degli incarichi ultimati, visto che nei sondaggi di popolarità il nerd era sempre una manciata di voti avanti.

L'interfono che collegava la sala delle chiamate comunicò una segnalazione di un tentato furto in un'abitazione nella giurisdizione della sua agenzia, il sospettato era stato avvistato dai vicini,  si aggirava furtivo nel giardino di una casa dove i proprietari erano fuori. Chi aveva chiamato aveva dato una descrizione dettagliata dell'uomo: un metro e ottanta, felpa nera con cappuccio e scarpe gialle. Rispose scocciato alla segnalazione, stava terminando il turno e merda, doveva occuparsi di un villain idiota che andava girando con scarpe colorate per essere facilmente riconosciuto. Gli avrebbe tardato il rientro a casa, aveva bisogno di una doccia calda, quel giorno aveva sudato parecchio nel suo costume e adesso sarebbe dovuto uscire con la pioggia che gli avrebbe appiccicato ancora di più la tuta al corpo.

Fortunatamente l'intensità della pioggia ancora non era pesante, dopotutto era una giornata di primavera, era quel piovigginare irritante che non bagna completamente ma ti lascia la sensazione di umidiccio addosso, come se volesse infiltrarsi nei vestiti fin dentro le ossa.
Percorse il lungo corridoio per uscire dall'agenzia e salire sul tetto per muoversi in alto, così avrebbe avuto la visuale più ampia, muovendosi con leggere esplosioni una dopo l'altra.
Intravide il soggetto dopo pochi minuti, se ne andava in giro indisturbato, non si era accorto nemmeno di essere seguito. Le vie erano deserte, era un quartiere poco rumoroso e affollato, quel villain inutile aveva scelto anche una zona dove era facilissimo essere avvistati. Dopo uno svincolo però aveva notato due figure che gli andavano incontro, ignare, sotto un ombrello rosso, forse le avrebbe superate senza problemi, del resto il villain non doveva sentirsi minacciato. Invece appena incrociò quelle persone tolse la mano dalla tasca che trasformò in un coltello.

Katsuki stava per intervenire quando da sotto l'ombrello si spostò una ragazza che si parò davanti a quell'uomo facendo da scudo all'altra persona. La ragazza interagì con il villain e anche se Katsuki era fermo sul palazzo difronte e non poteva sentire la conversazione tra i due, pensò sicuramente ad un tentativo di evitare la rapina ma l'uomo le si scagliò contro trasformando anche l'altro braccio in una lama.
La ragazza non sembrò minimamente spaventata e nemmeno fu presa alla sprovvista, schivò e parò i due affondi con una velocità e precisione incredibili. Aveva alzato prontamente la guardia e fatto perno su un piede per spostare il corpo di lato evitando il primo colpo, bloccò poi il polso dell'uomo che arrivava da sinistra e gli sferrò un calcio laterale colpendolo al fianco destro. Il villain rimase senza fiato per un secondo e fu raggiunto nuovamente con un pugno allo stomaco che lo fece piegare in avanti. La ragazza non era per niente affaticata, lo colpì alla testa con il tallone alzando la gamba in alto e, come fosse una leva, lo schiantò verso il basso con la faccia a terra.

Katsuki rimase un attimo sorpreso, quella ragazza lo aveva atterrato con tre mosse e dava l'impressione di conoscere bene le arti marziali per difendersi. Scese dal palazzo calibrando le esplosioni, lei lo sentì arrivare dall'alto e alzò lo sguardo. I loro occhi si incrociarono e si scrutarono silenziosi, in quell'attimo era come se si fosse creato tra loro un insolito magnetismo e una strana sensazione, che non ebbero né tempo né intenzione di comprendere, attraversò entrambi come una scarica elettrica lungo la schiena.

Katsuki atterrò a qualche metro da lei, li separava il corpo del villain steso a terra svenuto. Lei sostenne il suo sguardo intrepida e vi percepì una punta di ostilità. Non riuscì a distogliere gli occhi, quella velata avversione lo disturbò, possibile che lei non sapesse chi avesse difronte? Attento com'era ai dettagli scrutò con attenzione quella che sembrava volesse essere il suo avversario: i capelli neri con riflessi rossi erano mossi e coprivano metà orecchie, erano crespi per effetto dell'umidità della pioggia, che lentamente a piccole gocce le scivolava sopra; un ciuffo ribelle le ricadeva sul lato destro e incorniciava un viso dai lineamenti delicati; le labbra sottili erano di un tenue colore rosato; poteva avere qualche anno meno di lui, era minuta ma ben proporzionata; indossava dei jeans stretti che fasciavano le gambe sode e affusolate e stranamente si ritrovò a pensare alla linea tonica che poteva celare sotto la casacca che indossava dal taglio largo con la stampa di un drago. E gli occhi! Quegli occhi grandi e color ametista che lo guardavano in modo intenso sembrava lo stessero trapassando oltre la maschera, oltre il costume, come se volessero metterlo a nudo, come se volessero leggergli dentro. Non era mai stato disturbato dallo sguardo degli altri ma quegli occhi così profondi gli davano un senso di strano malessere e vi percepì una luce che stuzzicò il suo ego.
Fu lui a parlare
"Una specie di ninja in giro per la città. Non pensavo ce ne fossero!”
Lei rimase impassibile, non aveva alcuna intenzione di rispondere a quella provocazione, anzi aggrottò la fronte e gli restituì un'occhiata infastidita.

“Non puoi andare in giro a fare risse per strada! Ma posso chiudere un occhio visto che è stato per legittima difesa, almeno non ti sei difesa usando un quirk! In quel caso avresti avuto guai”
La ragazza spalancò gli occhi come se fosse stata colpita nell'orgoglio e con voce ferma rispose

“Ah già, è concesso solo a chi se ne va in giro vestito da pagliaccio!”

La persona che era con la ragazza, che fino a quel momento era rimasta in silenzio e leggermente più indietro, la riprese fermamente

“Dafne controllati!”

Katsuki aveva ascoltato quelle parole cariche di astio e lo irritarono, quella ragazza odiava gli eroi e non riusciva ad immaginare una motivazione che potesse dare una spiegazione a quella sua presa di posizione, ma aveva pronunciato quella frase con tono passionale, decisa a fargli capire che non era come tutti che si infervoravano davanti ad un eroe, soprattutto come le ragazze che con gridolini isterici cercavano di attirare l'attenzione. Questo stranamente lo incuriosì.
E la sua voce... era armoniosa e calda allo stesso tempo.
Chi era quella ragazza? E perché gli aveva innescato un'incomprensibile vibrazione?
 

Dafne sentì un movimento provenire dall'alto e notò la figura che stava arrivando, scambiò lo sguardo con quell'estraneo percependo una sensazione fastidiosamente elettrizzante che le lasciò un turbamento nel petto. Lo sconosciuto atterrò al suolo e dopo aver visto che usava un quirk esplosivo comprese chi cavolo fosse.... era un Hero, dannazione!
Non si aspettava certo di incontrarne uno dopo due ore che aveva messo piede in quella città. Lei non vedeva di buon occhio quei soggetti anzi le davano proprio fastidio, con quei costumi e nomi ridicoli se ne andavano in giro a raccogliere lodi ed ammirazioni dalle persone, facendo sfoggio delle loro abilità e per lei, pronunciare le loro mosse in battaglia era un modo per vantarsi, le sembrava una sorta di teatrino di commedianti, nauseante!
Era tutto troppo spettacolarizzato. Aveva un concetto un po' diverso di eroe: colui che non doveva apparire ma esporsi, salvare come unico scopo e non per ottenere riconoscenza o meriti, colui che agiva nell'ombra e che non faceva sfoggio della sua identità. Non capiva come la società avesse sfornato una banda di personaggi del genere, ce n'erano di tutti i gusti: i temerari, i simpaticoni, i bellocci, i duri, ma per lei erano tutti una massa di attori da strapazzo.

Quell'hero le stava difronte, postura fiera e altezzosa, il costume ricopriva il corpo come una guaina: una tuta nera fasciava ed esaltava le linee dei suoi muscoli; ne seguì i contorni minuziosamente dalle spalle alle braccia, dai pettorali agli addominali; due lembi di stoffa arancione incrociati in una X attraversavano un torace definito, una cintura carica di granate avvolgeva la sua vita stretta, i muscoli delle cosce erano risaltati dall'aderenza della tuta, ai piedi stivaloni neri con la suola arancione. Sugli avambracci aveva un' attrezzatura a forma di mezzaluna, erano una specie di manicotti ma di un materiale duro e resistente, luccicante, sembravano una sorta di contenitori che terminavano con dei guantoni non ingombranti ma ben aderenti per facilitare i movimenti. Sembrava un carro armato, aveva altra attrezzatura addosso: ginocchiere e gomitiere per coprire quelle aree negli scontri, una fascia attorno alla coscia destra con altri tipi di granate, un supporto sulle spalle per sostenere uno sorta di arma con potenza di fuoco. Era grosso, la sovrastava di una spanna e incuteva un certo timore nell'aspetto. La sua postura denotava una grande sicurezza di sé e la prestanza fisica era la prova che fosse forte ma quello che la colpì furono i suoi occhi.
Una mascherina nera gli copriva il viso fino al naso e avvolgeva due occhi vermigli superbi e ipnotici che riuscirono a destabilizzarla nel profondo, cercò di scrutarli per decifrarli e catturarne l'essenza. Ne rimase affascinata.

Era decisa a non scambiare alcuna parola con quello sconosciuto, sentiva in lei una sensazione di confusione perché provava emozioni contrastanti: la infastidiva perché era un eroe, percepiva in lui arroganza e superbia ma nello stesso tempo ne era attratta. Voleva sapere chi davvero ci fosse sotto la maschera, chi c'era sotto il costume. Quando sentì quella frase sull'uso del quirk non riuscì a trattenersi nell'esprimere il suo punto di vista come a rimarcare la distanza tra loro e spegnere quella maledetta sensazione nei suoi confronti. La madre, che aveva assistito alla scena in silenzio dietro le sue spalle, l'aveva ammonita e l'aveva chiamata per nome, cavolo, che le era passato per la testa?
Non doveva mica sbandierare al primo sconosciuto come si chiamasse!

Doveva andare via, uscire da quella situazione scomoda, quell'hero la metteva in soggezione e già lo odiava per questo. Anni di addestramento erano andati in fumo appena era uscita dalla sua bolla e messo piede in un mondo diverso che non aveva imparato a conoscere. Non era molto brava ad interagire con le persone, non aveva avuto una adolescenza 'normale' del resto e le emozioni e i sentimenti aveva dovuto reprimerli dalla sua esistenza per fare posto al controllo e alla disciplina eppure quell'estraneo in un momento aveva mosso qualcosa dentro di lei. Fortunatamente il villain fece rumore,  l'hero si occupò di lui, questo le permise di prendere per mano la madre e sparire velocemente senza voltarsi.

 

Katsuki abbassò lo sguardo sul villain che aveva mugolato, stava riprendendo i sensi e sicuramente aveva tutto il corpo dolorante: il naso si era rotto con lo schianto a terra e il braccio, colpito dal calcio di quella ragazza, era piegato in modo innaturale. Percepì un movimento repentino davanti a lui e quando rialzò lo sguardo, dove un attimo prima c'erano la ragazza e la donna, erano già in fondo alla strada come se fossero state mosse dal vento.

“Ehi dove cazzo stai andando!” gridò ma quelle svoltarono l'angolo e sparirono dalla sua visuale. Ma che razza di tipo! Non poteva inseguirle, doveva occuparsi del villain che fece rialzare di peso da terra e caricandoselo in spalla lo portò alla stazione di polizia.

Katsuki tornò a casa senza passare dall'agenzia, con addosso ancora il costume da eroe. Il suo appartamento era in periferia, in un posto lontano da occhi indiscreti, una villa a due piani di proprietà di famiglia in cui aveva sistemato solo il piano inferiore dove vivere, a lui bastava.
Un grande appartamento con due camere, un grande salone con tv al plasma 55 pollici e un divano di tre metri, una cucina con penisola centrale e due bagni: uno in camera e l'altro nel corridoio che separava la zona giorno da quella notte.
La sua stanza era quella più grande con il bagno. L'altra stanza era stata usata da capelli di merda e il parafulmine quando si mettevano in testa di andarlo a trovare, poi erano così sbronzi che non riuscivano a tornare a casa e lui era costretto ad acconsentire di farli rimanere. Era capito solo due volte in verità, non gli piaceva che quelli girassero nel suo spazio.

Si sentiva strano, aveva ancora nella testa le parole di quella ragazza. Vi aveva percepito un forte disprezzo per gli eroi. E non aveva avuto bisogno di un aiuto per mettere al tappeto quel villain. Cazzo, però,  lo aveva sistemato per bene!
Si tolse tutta l'attrezzatura che aveva addosso e si sfilò la tuta che era completamente bagnata tra sudore e pioggia. Si buttò sotto il getto caldo della doccia e con l'acqua che gli scorreva sui capelli non riusciva a togliersi dalla mente quei dannati occhi. Avevano una scintilla che lo aveva scosso, la sensazione di essere scrutato in quel modo lo aveva fatto sentire quasi nudo. E lo avevano guardato con astio. Non era il modo in cui lo guardava la gente di solito, quel timore reverenziale che lo lasciava indifferente.

Gli aveva dato fastidio quello sguardo di completo distacco, disinteresse per il suo ruolo, di quello che rappresentava. La società acclamava gli eroi, quella ragazza li schifava. Anche se non gli era mai piaciuto  il lato pubblico, per lui essere eroe significava solo vincere su tutti e non arrendersi mai. Perché quella ragazza lo aveva messo in discussione? Non si spiegava cosa cazzo era successo!

Uscito dalla doccia si avvolse i fianchi con un asciugamano e con un altro si frizionò i capelli. Arrivò un messaggio sul cellulare. Era Kirishima che gli ricordava l'appuntamento di quella sera per il grande annuncio di Deku che avrebbe fatto a tutti i suoi amici. Cazzo lo aveva dimenticato! Non aveva davvero voglia di rivedere tutte le facce di quegli idioti della sua vecchia classe del liceo. Ma da Deku aveva ricevuto una ventina di messaggi per dirgli di non mancare  quella sera. E non si sentiva di deluderlo.
Si vestì, prese le chiavi della moto e il casco, andò al locale. Sperava solo che sarebbe finita il prima possibile!

 

“Dafne rallenta non riesco a starti dietro!”

Dafne camminava rumorosamente e spedita senza meta in verità, solo con l'intenzione di mettere più distanza possibile tra lei e quell'Hero.
“Ci stiamo allontanando troppo tesoro! Puoi calmarti per l'amor del cielo!”

Dafne si fermò di colpo a quella richiesta accorata da parte della madre

“Scusami mamma!”
Era anche un po' contrariata per il fatto che avesse gridato il suo nome davanti a quel tizio.

“Potevi evitare di dire il mio nome davanti a quello là però!”

“Tesoro perché sei così indispettita, non ti ha detto nulla in verità”

“Non mi piaceva la sua faccia strafottente. Come se non fossi capace a difendermi da sola e avessi bisogno di un eroe” rimarcando l'ultima parola con un tono cinico.

“Sei ostinata figlia mia!” le disse la madre sorridendo

“Avrò ripreso da qualcuno suppongo”

Dafne era ancora agitata, gli occhi di quell'eroe l'avevano disturbata in un modo che non pensava. Non aveva riflettuto sulla possibilità che si potesse ritrovare davanti uno di quelli così facilmente e non aveva avuto nemmeno il tempo di capire come poteva comportarsi.
I suoi occhi però... erano ipnotici. Vi aveva letto determinazione, sicurezza, orgoglio anche tanta passione e grinta.
Tutte cose a cui lei aspirava. Poteva avere la faccia della dura ma in verità si sentiva insicura, un pesce fuor d'acqua, sempre fuori posto. Diversa. Sfogava le sue debolezze con la strafottenza soprattutto verso quelli che la mettevano in soggezione proprio come quell'Hero.

“Dafne, lo so che per te è difficile ma non sei più una bambina. Devi trovare la tua strada adesso”

La madre era sempre stata presente, pronta a guidarla, sorreggerla anche ammonirla e metterla di fronte a delle scelte.
Sin da bambina la ricordava amorevole e severa allo stesso tempo. L'aveva cresciuta con il principio di dover mantenere il controllo in ogni situazione. Ma a volte era difficile imbrigliare il fremito delle emozioni. Per lei era sempre tutto amplificato. E per evitare di deluderla o fare disastri preferiva isolarsi e ridurre al minimo le interazioni sociali.
Era riuscita negli ultimi anni a sviluppare una certa passività di fronte alle cose ma l'incontro con quell'eroe aveva messo tutto in discussione.

“Andiamo Dafne o saremo in ritardo”

Madre e figlia si incamminarono verso la loro destinazione.
Quello era stato solo un contrattempo, un maledetto contrattempo.

 

Katsuki arrivò al locale dove c'erano già tutti. Poteva sentirli e riconoscerli distintamente da fuori, ogni voce, ogni schiamazzo, ogni stronzata che usciva dalle loro bocche. Fu accolto da un saluto trionfale dagli idioti in prima linea, ovviamente non si lasciò andare ad abbracci o saluti plateali anche con chi non vedeva da tempo. Fu raggiunto da un abbraccio esagerato da faccia tonda che durò un attimo perché si divincolò immediatamente. Deku che gli diede solo un pugno sulla spalla come segno di saluto sapeva che non poteva osare di più.

“Cosa devi annunciare nerd!”

“Il solito Kacchan dritto al punto! Non puoi goderti un po' la rimpatriata”

Katsuki si accomodò ad un tavolo, non era un animale da festa, lo sapevano tutti. E quella sera era ancora meno di compagnia. Era assente come gli fece notare capelli di merda dopo un'ora. Rivedeva gli occhi di quella ragazza su ognuna che passava. Era assurdo. L'avrebbe più incontrata? Probabilmente doveva solo non fare caso a quella sensazione che gli aveva lasciato. Era solo stanco, ecco cosa. Sperava che il nerd si decidesse a dire a tutti perché li aveva riuniti, se ne sarebbe tornato a casa a fare una bella dormita. Aveva già passato da ore il suo coprifuoco.

Le sue preghiere furono esaudite un secondo dopo perché Deku alzò in aria un calice e annunciò

“Vi ho chiamati qui per dirvi che io e Ochaco ci sposiamo”

Un boato di gioia e congratulazioni fece tremare il locale. Sovrastò anche la musica e tutti si voltarono nel loro angolo per guardare. Ognuno fece gli auguri a qui due. Quando gli animi si accesero di nuova vita per fare festa tra alcol e musica, capì che era arrivato il momento di defilarsi. Si alzò e sbraitò un saluto a tutti senza neanche voltarsi e difronte a Deku riuscì comunque a dire

“Buon per voi!” il sorriso che gli rivolse il nerd fu carico di intesa e affetto.
Tornò a casa e si buttò sul letto. L'ultimo pensiero prima di addormentarsi furono nuovamente quei dannati occhi ametista.

 

   
 
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