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Autore: Dart Anevon    11/09/2023    0 recensioni
Livir la Fenditenebre...
Secondo il mito sarebbe stata lei a creare e diffondere la luce delle stelle nell’universo conosciuto del Millemondi, prima ancora che fosse chiamato così. Nella loro Era rappresentava per alcuni un simbolo di rinascita e di speranza contro le avversità.
Ma voi non sapete chi o cosa sia Livir, né la "sua" storia o l'importanza per i protagonisti di "questa" storia.
Non è che sia molto importante ai fini della trama.
Per adesso, almeno.
Ma c'è un motivo preciso se ne stiamo parlando. Livir era una dea antica. Era, perché in tanti ne hanno dimenticato l'esistenza.
Come hanno dimenticato anche molte altre cose sulla civiltà più grande di tutti i tempi. Un pezzo di mosaico andato in frantumi molto tempo fa.
È la classica vicenda di umani, umanoidi, altri esseri pensanti, magia e grandi poteri che si ripete. Ma questa volta più in grande.
Molto più in grande.
Vi basti sapere per ora che, alla fine di un lungo medioevo stellare, creature senzienti di ogni genere vollero riprendere il contatto con quel lontano passato andato perduto. Riscoprirlo per capirlo.
Nacquero per questo scopo i Cercatori.
Ed è proprio da qui che può iniziare la "nostra" storia.
Genere: Avventura, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Uscì dal suo alloggio quando il sole era già alto.

Si fece largo in un corridoio squallido, scese per le scale crepate del palazzo e non incontrò nessuno fino al piano terra.

Al bancone tetro dell’ingresso c'erano il portinaio e il suo assistente. Lo fissavano guardinghi mentre si avvicinava.

Non li biasimava. Aveva svegliato e terrorizzato loro e praticamente tutti gli occupanti del suo piano quella notte.

Alto e impostato il capo, un po' più tarchiato l'altro. Lineamenti tipici degli abitanti del posto. Calvi e glabri, color cobalto della pelle sporcato da macchie cineree e segni di cicatrici e bruciature.

Erano due brave persone.

Si erano prodigati particolarmente ad aiutarlo qualche ora prima, calmando anche la truppa di condomini infuriati per il casino che era successo.

Giunto lì, scambiò alcuni convenevoli con l'assistente mentre si preparava a pagare l’affitto dell’ultimo mese.

L'altro li fissava.

L’orlo della manica era fissato con un paio di spuntoni alla spalla destra della camicia, quella che reggeva il moncherino del braccio.

- Tenga!

Si voltò per vedere la mano a mezz'aria che reggeva un sacchetto marrone.

- Mi scusi?
- Si tratta di qualche erba in polvere che ho comprato a un emporio qui vicino sempre aperto.
- Ah. La ringrazio. Beh lo aggiunga pure al conto del...
- Non ce n'è bisogno.

Lo inquadrò al meglio che gli permettevano i postumi dell'incubo e la stanchezza. Aveva un'espressione dura che nascondeva qualcos'altro.

- So cos'ha visto questa notte.

La stanza vibrò per un attimo e visto che non replicava, il capo continuò.

- Io ho perso mio figlio durante la guerra. Posso solo immaginare cosa le sia successo.
- La guerra... Sì...
- Le prenda. Il padrone del negozio è un mio amico. Non ci sono problemi.

Cercò di declinare cortesemente l'offerta ma l'altro fu irremovibile.

Alla fine se ne andò con il sacchetto di erbe dentro lo zaino da viaggio.

Era una bella giornata.

La guerra, pensò.

Non c'era andato lontano in effetti, anche se le cose per lui erano un po' più complesse.

Decisamente più complesse.

Tirava una brezza leggera che gli scompigliava delicatamente i vestiti, un paio di pantaloni e camicia di lino bianco avorio più un gilet color chateaubriand ricucito in più punti.

Si portava dietro un pesante sacco da viaggio pieno di roba che avrebbe dovuto consegnare a chi di dovere fra qualche ora.

In effetti c'era il tempo di una deviazione.

Magari per la locanda che stava aprendo le porte dall'altra parte della strada.

Chissà che liquori offrivano a pranzo.
   
 
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