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Autore: Yanez76    12/09/2023    0 recensioni
Storia ambientata durante la prima guerra mondiale, con protagonista il giovane Indiana Jones.
Genere: Avventura, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elsa Schneider, Henry Walton Jones Jr.
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Svizzera/Austria, marzo 1917
 
 
Seduto nello stretto scompartimento del treno che avanzava sbuffando tra le spettacolari montagne biancheggianti di neve, Indy continuava a rigirare tra le dita la sottile funicella, intrecciandola abilmente in complicate figure che si affrettava a disfare un attimo dopo. Concentrandosi sul gioco del ripiglino, sperava di riuscire a rilassarsi e a farsi così passare il nervoso che gli ispiravano i due bizzarri personaggi seduti accanto a lui.
Portavano abiti all’ultima moda, confezionati su misura nei materiali più pregiati: giacche di cachemire, morbidi cappelli di feltro, scarpe lucidissime fatte a mano, camicie candide dagli alti colletti, chiusi da cravatte a farfalla, leggermente flosce come amavano portare i più raffinati dandy dell’epoca. Trovandosi a passare presso Gstaaad, i due avevano preso a conversare amabilmente della stagione invernale che avevano passato così piacevolmente in quella località, ricordando divertiti tutti i pettegolezzi che erano corsi su un certo duca e una certa duchessa e su altri personaggi aristocratici di loro conoscenza.
Avvolto nella sua pesante giacca di tweed, con i suoi calzoni di lana grossa e gli scarponi che, assieme al suo inseparabile cappello portafortuna, costituivano il suo abbigliamento, Indy continuava ad ingarbugliare la funicella, scuotendo la testa al pensiero che il maggiore Delon aveva raccomandato degli abiti civili poco appariscenti per quella missione segreta.
Indy chiuse gli occhi e lasciò per un attimo vagare i propri pensieri; con una punta di tristezza, ricordò che, solo pochi giorni prima, aveva appreso dell’arresto per spionaggio di quella danzatrice dal nome esotico: Mata Hari, quella donna dal sorriso indefinibile che l’anno scorso aveva conosciuto a Parigi, e della quale si era infatuato, lasciandosi iniziare ai misteri dell’amore. Gliel’aveva presentata un amico di suo padre, il prof. Jacques Levi, il quale gli aveva anche letto una lettera in cui il suo vecchio tentava di convincerlo a smettere di combattere e tornare in America.
Erano anni che non lo sentiva. Del resto, era esattamente quello che si meritava quella cariatide che lo aveva letteralmente torturato durante tutta l’infanzia. Quale padre, di fronte al suo bambino emozionato per il primo giorno di scuola, anziché rassicurarlo, lo terrorizza costringendolo a declamare poemi epici di secoli fa, declinazioni latine, classificazioni zoologiche e lettere in greco antico, riempiendolo di sculaccioni ad ogni minimo errore? Solo per un attimo di confusione tra Tarquinio Prisco e Tarquinio il Superbo?
Da un padre del genere, per il quale gente morta e sepolta da secoli sembrava contare molto più del proprio figlio, si poteva solo fuggire a gambe levate! E poi, che cosa mai sperava di concludere quel vecchiaccio fuggendo la realtà, seppellendosi tra tomi polverosi? Credeva forse che sarebbe arrivato Re Artù a impedire che l’Europa finisse sotto il tallone tedesco? Certo, anche per Indy la guerra era una follia; ma almeno lui stava tentando di fare qualcosa per farla finalmente cessare!
Dopo essersi dato un nome falso, Henry Défense, per arruolarsi tra le fila dell’esercito del Belgio, quando quel pacifico paese neutrale era stato brutalmente invaso dall’esercito tedesco; dopo aver combattuto nelle trincee, conoscendo tutto l’orrore senza nome della Somme e di Verdun, dopo essere fuggito dal campo di prigionia di Ingolstadt, dopo aver combattuto in Congo e incontrato il dott. Schweitzer, Indy era tornato in Europa con un obiettivo preciso: far terminare una buona volta quella carneficina che aveva già inghiottito milioni e milioni di giovani vite e pensava che il modo migliore per farlo fosse arruolarsi nel servizio segreto. Convinto che nei servizi belgi avrebbe combinato poco o nulla, aveva optato per i meglio organizzati servizi francesi, il Deuxième Bureau, e così eccolo catapultato nell’ennesima avventura: doveva scortare a Vienna due principi, fratelli dell’imperatrice d’Austria, per trattare con l’imperatore Carlo la pace separata.
Un lavoretto facile… pensò con il ghigno sarcastico che, ormai sempre più spesso, faceva la sua comparsa sul suo volto.
Una volta passata la frontiera austriaca, grazie ai documenti falsi che erano stati loro forniti, avrebbero dovuto mettersi in contatto con un certo Schultz per avere ulteriori istruzioni. Già ma come trovare quel Schultz? Non aveva la minima idea di che aspetto avesse o di come individuarlo…
«Sarà Schultz a trovare voi… », gli aveva detto il suo superiore, il maggiore Delon con un sorrisetto sibillino.
Sempre che non ci trovino prima gli agenti tedeschi, pensò Indy mentre un brivido gli correva lungo la schiena, quelli non si farebbero certo scrupoli ad eliminarci dopo averci sottoposti alle peggiori torture per farsi raccontare ogni dettaglio della nostra missione
Ma i due nobiluomini che lo accompagnavano non sembravano invece preoccuparsene minimamente, continuando a scherzare e a parlottare come due giovani sfaccendati in vacanza.
«Ma ci pensi Xavier? Siamo in missione segreta! Tra poco questa guerra sarà finita e sarà solo merito nostro! Saremo considerati degli eroi, si parlerà di noi nei libri di storia, ci saranno monumenti, vie piazze che porteranno i nostri nomi tramandandoli nei secoli futuri...»
«Già, Sixtus, e immagina quando lo racconteremo alle ragazze al club!»
«Dannazione!», sbottò finalmente Indy, «Non vi sembra che sia il caso di pensare prima a compiere la nostra missione riportando possibilmente a casa la pelle, prima di pensare a far colpo sulle ragazze con il racconto delle vostre avventure?!»
«Ma, capitano Défense, che modi…», obiettarono i due.
«Aprite bene le orecchie voi due: sui nostri documenti c’è scritto che siamo dei comuni civili. Quindi, se qualcuno vi sente parlare di vacanze in località di lusso, duchi e duchesse, la nostra copertura va a farsi benedire e verremo arrestati.»
«Arrestarci? Ma non hanno prove contro di noi…», fecero i due interdetti.
«Le prove servono in un processo regolare e quelli non perdono tempo con simili formalità!», fece Indy sarcastico, «In tempo di guerra comandano i militari, e ormai l’Austria è sotto il controllo dei generali agli ordini di Berlino. Quindi, se ci catturano, prima ci appendono per le… finché non avremo confessato e poi ci piantano una pallottola nella zucca. Sono stato abbastanza chiaro?»
«Ch… chiarissimo!», biascicarono i due aristocratici, impallidendo vivamente.
«Bene, e adesso sarà meglio cercare di riposare un po’. Avremo presto bisogno di tutte le nostre energie.»
I tre chiusero gli occhi e si misero a sonnecchiare finché il treno si fermò e la porta dello scompartimento venne aperta dall’estero. 
«Siamo arrivati alla frontiera, meine Herren, vi prego di seguirmi.»
Obbedendo al soldato svizzero, i tre scesero dal treno e, dopo essersi separati, fingendo di non conoscersi, si misero pazientemente in fila con gli altri passeggeri per il controllo dei documenti; mentre il treno vuoto passava lentamente dall’altra parte del confine, dove una pattuglia di guardie austriache si affrettò a salire per perquisirlo minuziosamente.
La fila dei passeggeri avanzava lentamente nell’oscurità della notte, squarciata dalla luce accecante dei fari che illuminavano ora il treno ora i reticolati sormontati da un groviglio di filo spinato che segnavano il confine tra i due paesi: tra la pacifica Svizzera e l’Austria in guerra.
Un grasso sergente austriaco dal cipiglio severo e dal grosso naso rubizzo, che testimoniava della sua dedizione alla birra, esaminava i passaporti. Indy passò per primo poi si volse e vide con sollievo Xavier passare il controllo, infine fu la volta di Sixtus.
«Sono i suoi documenti, Herr?», chiese il sergente rivolgendogli uno sguardo inquisitorio.
«Na…naturalmente…Vi assicuro che sono in regola… Adesso se volete lasciarmi passare…»
Ad un cenno del sergente, alcuni individui che vestivano lunghi impermeabili scuri, comparvero come dal nulla intimando al principe di seguirli.
Polizia segreta austriaca, brutta storia… pensò Indy tra sé, senza tuttavia permettere al suo volto di tradire la minima emozione. Spostò gli occhi su Xavier che assisteva sconvolto alla scena e, per fortuna, riuscì ad artigliargli un braccio prima che il giovane potesse accorrere in soccorso del fratello.
«Non possiamo fare più nulla per lui… Se quelli appena sospettano che lo conosciamo, vengono a prendere anche noi!», gli sussurrò, spingendolo a bordo del treno sul quale, terminata la perquisizione dei militari austriaci, i passeggeri stavano ormai risalendo.
«Mio Dio! Mio Dio! Povero Sixtus! Non possiamo rimanercene così, con le mani in mano! Dobbiamo fare qualcosa!», balbettò il principe, cadendo pesantemente sul sedile prendendosi il viso tra le mani.
«L’unica cosa che potremmo sperare di ottenere sarebbe di farci ammazzare con lui… Invece dobbiamo compiere la nostra missione: solo così il suo sacrificio non sarà stato inutile…»
«Ma…è…è troppo orribile. Come potrò dirlo a nostra sorella, a nostra madre?!», singhiozzò Xavier.
«Bah, puoi dirle che un sergente ubriacone mi ha scambiato per un altro…», risuonò una voce, coprendo lo stridio della portiera dello scompartimento che si apriva.
«Sixtus! Grazie a Dio sei vivo!»
«Sì, grazie al capitano Défense! Me la sono vista davvero brutta e se, perquisendomi, avessero trovato la lettera di nostra sorella, sarei stato fritto! Per fortuna, il capitano me l’aveva fatta bruciare…».
«Grazie capitano!», fece Sixtus volgendosi a Indy, «Con la vostra astuzia siete riuscito a farci passare indenni! Ah, ah, gliel’abbiamo proprio fatta sotto il naso a quegli imbecilli!», ridacchiò il principe, sollevato.
Indy si risedette, scuotendo la testa. Poi riprese a parlare, quasi riflettendo tra sé: «Perché fermare una sospetta spia alla frontiera, quando si può pedinarla e così scoprire tutti i suoi complici?»
«Pe…pensate ci stiano alle costole?», chiesero i due aristocratici, con un leggero tremolio nella voce.
Sentendo il portello dello scompartimento stridere di nuovo, Indy impose il silenzio con un gesto.
«Guten Abend»
I tre videro entrare una donna di corporatura piuttosto minuta, con i capelli completamente bianchi che vestiva un loden verde piuttosto consunto e dalla foggia antiquata. La faccia rugosa contrastava singolarmente con due occhi azzurri vivissimi, mentre dalle falde aperte del mantello di lana faceva capolino il musetto vivace di un bassotto dagli occhi nerissimi.
«Guten Abend», risposero i tre.
La donna si sedette accanto ad Indy e il cane si affrettò a fiutarlo con aria sospettosa.
«Buono Schatze!», ordinò la padrona, traendo poi fuori dalla borsetta due lunghi e acuminati ferri da calza ed un lavoro a maglia che Indy non riuscì ad associare ad alcun capo di vestiario.
Nello scompartimento nessuno fiatò più; in fondo, quella donna poteva benissimo essere una spia e quei ferri da calza potevano in un attimo diventare un’arma micidiale. Tuttavia, come aveva dedotto Indy, per ora non avevano nulla da temere: se veramente la polizia segreta era sulle loro tracce, per il momento si sarebbero limitati a pedinarli in attesa di coglierli con le mani nel sacco a Vienna.
Il suono monotono, prodotto dal lavoro a maglia della donna, conciliava il sonno e i tre reclinarono la testa per riprendere il pisolino che avevano dovuto interrompere alla frontiera e, ben presto, nello scompartimento silenzioso, l’unico rumore che restò fu il ticchettio metallico dei ferri da calza che sferruzzavano ad incredibile velocità.


 
***
 
«Amstetten! Amstetten!», gridava la voce dell’uomo sulla banchina della stazione, resa lucida dalla recente pioggia.
Indy e i principi riaprirono gli occhi e si guardarono attorno: l’anziana signora era scomparsa.
Istintivamente, si tastarono le tasche per vedere se mancasse qualcosa ma tutto sembrava in ordine.
«Sbrighiamoci a scendere: è la nostra stazione.», ordinò Indy.
I tre rimasero a fissare il treno che ripartiva avvolto dalla sottile nebbiolina che si levava nella luce pallida del mattino.
«E adesso che facciamo? Sapete come possiamo trovare il nostro contatto?», chiesero i due principi con un’aria da turisti spaesati che chiedano notizie del loro albergo.
«Non ne ho idea: il maggiore mi ha solo detto che il nostro uomo si chiama Schultz e che sarebbe stato lui a trovarci.»
«Sappiamo almeno com’è fatto questo Schultz?»
Indy scosse la testa.
La discussione fu interrotta dall’improvviso abbaiare di un cane, seguito da una voce che risuonò alle loro spalle.
«Sono io Schultz.»
I tre si voltarono, rimanendo a bocca aperta nel rivedere la vecchia del treno con al fianco il bassotto.
«Forza, non c’è tempo da perdere: seguitemi!», intimò loro la donna, avviandosi poi con un passo svelto e deciso che mal si accordava con l’aspetto di una fragile vecchietta.
Stupefatti, i tre uomini la seguirono fuori dalla stazione di Amstetten dove il loro stupore aumentò nel vederla raggiungere un’automobile parcheggiata poco distante e salire al posto di guida.
«Svelti, salite! Dobbiamo filare in fretta, prima di attirare l’attenzione di qualche ficcanaso.»
La macchina partì rombando con i quattro a bordo, giungendo in breve ad una graziosa villetta di campagna.
Dopo averli fatti entrare ed accomodare nel soggiorno, la donna attizzò il fuoco in un bel caminetto di mattoni rossi.
«Datemi i vostri documenti falsi.»
Avuti i documenti, la donna si affrettò a gettarli tra le fiamme.
«Ecco fatto: ora i tre signori che viaggiavano sul treno non esistono più. Da adesso, siete tre giovani ufficiali austriaci in licenza, ricordatevelo bene. In quella stanza potrete cambiarvi d’abito: nell’armadio troverete tre divise della vostra taglia e nel cassetto della credenza troverete i vostri nuovi documenti.», fece, indicando loro una porta.
Indy e i due principi si affrettarono ad obbedire; ma, quando rientrarono nel soggiorno con indosso le loro fiammanti uniformi, non trovarono più traccia della vecchia. Davanti a loro c’era invece una giovane e bella donna con gli stessi occhi azzurri e luminosi, ma con una pelle liscia e florida e una cascata di capelli biondi come l’oro. Sul tavolo del soggiorno, erano appoggiate una parrucca bianca ed una maschera.
Indy, non certo insensibile alla bellezza femminile, non poté trattenere un sorrisetto compiaciuto nel constatare quell’inopinata trasformazione.
«Sono senza parole, signora…», le disse, avvicinandosi per un galante baciamano.
«Oh, potete chiamarmi Lotte.»
   
 
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