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Autore: AlsoSprachVelociraptor    16/09/2023    0 recensioni
Il regno di Larnion, situato a nord del continente, è famoso per essere abitato dagli elfi: creature di bellezza ed eleganza, pura magia che scorre nelle loro vene, abilità straordinarie e nobiltà d’animo.
Eppure, non tutti gli elfi sono perfetti.
Il marchese Timothy Burch del Lago Nero si porta dietro una maledizione lunga generazioni, un corpo deforme e debole e una magia occulta, e vive una vita solitaria ma pacifica.
Finchè l’incontro con un bardo dalla schiena ricurva e le iridi pallide e disallineate non sconvolge la sua intera vita- in meglio o in peggio, nemmeno Tim lo sa.
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South Park - Stick of Truth AU + Post Covid. I design saranno ispirati a SoT, ma con la versione adulta PC.
Incentrata sulla coppia Timmy/Jimmy.
Contiene violenza, e le battute che non fanno ridere di Jimmy. Prestare cautela.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dog Poo, Jimmy Vulmer, Kyle Broflovski, Stan Marsh, Timmy
Note: Otherverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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La stanza di Timothy era, fortunatamente, ubicata in uno dei luoghi più isolati del castello reale, dove nessuno l’avrebbe importunato.

Seduto sull'ampio letto, inteso come matrimoniale ma in cui lui solo sedeva, Tim rimase ad osservare le nocche escoriate e sanguinolente della sua mano destra.

Non era mai stato un uomo violento. La violenza non si addiceva né alla sua natura mite e schiva, né alla razza a cui apparteneva, eppure aveva appena pestato a sangue quell'elfo malformato senza pensarci due volte.

Il sangue sulla sua mano era sia suo, sia di quel bardo, e poteva vederlo chiaramente. Il sangue di Timothy era di un rosso vivo e brillante, mentre quello del bardo era scuro e più denso, appiccicoso sulla sua pelle bianca. Il proprio sangue scorreva giù per le sue nocche abrase, tagliate dai denti del bardo, e si mischiava al suo sangue in maniere quasi psichedeliche. Era rimasto ad osservare quella scena invece che medicarsi, incurante che qualche goccia finisse sul tappeto polveroso.

Strinse il pugno. 

Nessuno aveva mai osato rivolgersi a lui con quel tono, usando quelle parole. Gli altri elfi sicuramente le pensavano, ma nessuno si azzardava a esplicare quei pensieri con parole, e men che meno gliele rivolgevano in faccia.

Ma no, quel maledetto bardo, tutto storto e claudicante, lui aveva trovato il coraggio di esprimerle, e riderci su, e guardarlo con sfida.

Timothy non era un uomo violento, ma non era nemmeno qualcuno che si sarebbe fatto mettere i piedi in testa così facilmente.

Ben gli stava, pensò allora Timothy, risvegliandosi da quel torpore in cui era crollato dopo aver raggiunto la propria camera temporanea e scattando in piedi, causando uno scatto di Gobbles all'angolo della stanza in cui si era messo a dormire, in una pila di vecchie coperte. Non sapeva bene come Gobbles percepisse il mondo, con i suoi occhi completamente bianchi e innocui, che Tim supponeva fossero ciechi. Forse non lo erano davvero, e a Tim non importava- Gobbles era il suo compagno di una vita, cieco o vedente.

Avanzando senza bastone, le gambe pesanti e poco mobili che si muovevano goffamente e i piedi che strisciavano sul pavimento, accarezzò le piume rade ma morbide della coccatrice, tra le ali storte e inutili.

"Va tutto bene, Gobbles." gli sussurrò dolcemente. 

L'unico suo rimorso per quell'exploit di rabbia era averlo fatto in fronte a Gobbles, mite e docile creatura che non aveva mai visto il padrone in quell'atteggiamento. Sperò non l'avesse davvero visto.

"Mi perdoni?"

La coda serpentina della coccatrice gli si avvolse attorno a una gamba mentre il suo becco da uccello picchiettava e mordicchiava gentilmente le sue dita. Sì, Gobbles era una creatura gentile e docile, incapace di provare rabbia o odio o imbarazzo, al contrario di Timothy.

Le piume sul collo di Gobbles si rizzarono tutto ad un tratto, e pochi istanti dopo qualcuno bussò alla porta della camera.

Tim si gelò sul posto, pentendosi di non aver portato il bastone con sé. Era a pochi metri da lui, appoggiato al letto, ma era più vicino alla porta. 

Bussarono ancora. 

“Chi è?” chiese speranzoso di una risposta l’inquilino, ma non venne nessuna voce in suo soccorso fuori dall’uscio. Tipico tra i nobili.

E se fosse stato un ambasciatore del re, a richiamare il suo orribile comportamento di poche ore prima? Magari era Stan delle Paludi, pronto a strattonarlo per un braccio e farlo inchinare di fronte al re, per scusarsi della sua condotta amorale di fronte alla corte intera.

Deglutendo un macigno, Timothy si alzò sulle gambe inferme, e a brevi passi si appoggiò alla porta, tolse il perno che la teneva chiusa, e girò la maniglia.

Dovette abbassare lo sguardo di almeno mezzo metro per guardare l’elfo negli occhi, pupille nere come la pece nel mezzo di iridi color ghiaccio, innaturalmente pallide, una di esse che sembrava galleggiare nella sclera rosso sangue e schiacciata tra le palpebre viola e gonfie.

“Possiamo parlare?” fece il bardo, un sorrisone sulle labbra sanguinolente e rotte.

Wow, Tim l’aveva proprio conciato per le feste. Oltre all’occhio disgustosamente gonfio e le labbra rotte, aveva anche uno zigomo livido, sangue seccato e segni di polvere a forma di stivale sulla calzamaglia attillata e gialla. Una delle stampelle, poco più che rami intarsiati rozzamente e tenuti insieme da pezzi metallici raffazzonati che si dividevano in due sotto le sue ascelle, sembrava doversi spezzare da un momento all’altro.

“No.” rispose Timothy cercando di richiudere la porta, solo per trovarsi una delle stampelle del bardo a bloccare la porta dal chiudersi. 

“Dai, me lo devi d-dopo quello che mi hai fatto. Guarda come mi hai conciato! P-per favore, ti p-prego ti p-preghino, Tim-Tim?”

“Non chiamarmi così. Sono un marchese.” sibilò Timothy, guardando con astio l’elfo grigio di fronte- e sotto- di sé. Sapeva cosa stava facendo, Tim non era uno stupido. Voleva giocare sui suoi sensi di colpa, voleva provare a manipolarlo. Oh, per gli dèi, quanto era stupido questo maledetto storpio.

Timothy avrebbe voluto sbattergli la porta in faccia, dritta su quel muso storto, ma forse prenderlo ancora a botte non era il massimo per la sua reputazione già carente alla corte del re Kyle.

Aprì la porta solo per assicurarsi che nessuno passasse di lì, spintonando il bardo dalla parte. No, nessuno passava per quei corridoi. Per quanto ne sapeva, le camere adiacenti alla sua erano vuote, perchè nessuno voleva soggiornare in quell’ala tetra del castello- nessuno voleva soggiornare vicino al marchese che si portava dietro una maledizione tanto pesante sul proprio corpo deformato.

“Ti ha visto qualcuno mentre venivi qui?” chiese Timothy, ma l’altro se n’era già andato, entrando claudicante dentro la stanza. “Perchè? Ti vergogni di me?”

“Sì.”

“Che c-cattivone che sei, Tim-Tim.” ridacchiò il bardo, Jimmy, abbandonando a terra un borsone che si portava sulle spalle, che sicuramente conteneva almeno il liuto e il mantello verde, dato che non portava addosso nessuno dei due. Timothy richiuse la porta, spinse il cardine di metallo nel legno perchè la porta non potesse essere aperta dall’esterno, e si appoggiò ad essa mentre studiava i movimenti lenti e tremolanti del bardo che si era infiltrato, molto lentamente, nella sua camera personale.

Se voleva le sue scuse, le avrebbe avute. Non sarebbero state sincere, ma Tim non era tipo da portarsi dietro queste inutili scaramucce. Gli si avvicinò e prese un respiro, pronto per esprimere le sue più insincere scuse.

Jimmy invece aveva altre idee, e una volta che Timothy gli fu abbastanza vicino, il suo grosso pugno si schiantò contro l'addome di Tim, che sentì tutta l'aria scappare dai suoi polmoni. Il bardo si appoggiò con l'altra mano al suo braccio, mentre tirava un altro pugno alla pancia di Tim, e poi un altro, finché l'elfo più alto non cadde a terra, e il bardo gli fu addosso.

Tim cercò di riprendere a respirare, lo shock di quei colpi che sembravano avergli chiuso i polmoni, ma il peso del bardo sul suo corpo sembrava impedirglielo. Jimmy premette un largo avambraccio sotto il mento di Tim, facendo pressione sulla sua gola.

C'era rabbia, primordiale e incontrollata, nei suoi occhi pallidi e inquietanti. "Mi hai fatto fare una figura di merda d-davanti al re, stronzo." ringhiò Jimmy, similmente a una fiera selvatica, sangue tra i suoi denti storti e sul viso grigio e livido, di rabbia e di botte.

Tim si fece prendere dal panico. Non aveva mai partecipato a nessuna rissa, nella sua vita. Nessuno si era mai azzardato ad alzare le mani sull'elfo pelle e ossa e deformato. Cosa avrebbe dovuto fare, ora? Sarebbe morto così?

Premette le mani sul viso del bardo, pressando le dita sui suoi occhi, labbra, naso, ovunque. Schiacciò sulle ferite aperte, sentì l'altro gridare mentre stringeva gli occhi.

Jimmy gli morse le dita, sentì i suoi denti affondare nelle ossa, ma Tim premette i polpastrelli sul suo occhio gonfio finché non sentì l’elfo più pesante rotolare giù da sé, l’aria sprigionarsi di nuovo nei suoi polmoni stanchi.

Tim non poteva permettere che il bardo tornasse all’attacco, così fu lui stesso ad avventarsi su Jim, prendendolo per i capelli e sbattendo ripetutamente la sua testa contro il pavimento, fortunatamente- per il bardo- coperto da un tappeto vecchio e polveroso. Jim gridava, le sue tozze gambe che si dimenavano nell’aria mentre Timothy gli si sedeva sul bacino, bloccandogli ogni movimento. Purtroppo aveva sottovalutato la forza del bardo, perchè con un violento colpo di reni fece perdere l’equilibrio a Tim, gettandolo a terra al suo fianco. 

Da quel momento in poi, il chaos dilagò. Sentì il bardo gridare insulti, e Tim sentì la propria stessa voce gridare oscenità a sua volta, senza davvero il controllo logico su sé stesso. In un tripudio di mani, pugni, schiaffi e graffi, i due rotolarono sul tappeto, andando a sbattere con spalle e schiene e ginocchia contro mobili, credenze e muri, gomiti nello stomaco e dita negli occhi, una dolorosa testata fronte contro fronte, sudore e sangue e saliva e rumore e grida e dolore.

Quando Tim si trovò con la schiena contro il muro di mattoni e una mano del bardo tra i capelli, rinvenne abbastanza da quella nebbia di rabbia e foga della lotta per accorgersi che quella zuffa non stava portando a nulla.

“Fermati! BASTA!” ringhiò Timothy con un tono più animalesco che da nobile elfo, sbattendo una mano in faccia all’altro elfo, che stavolta non lo morse. Il suo viso era bollente sotto i suoi polpastrelli, la pelle madida di sudore. “Basta, non sta portando a un cazzo di niente!”

Il grosso pugno del bardo si strinse attorno al polso esile di Tim, senza stringere. Staccò la mano dal suo viso, crollando mollemente sul pavimento. “D’accordo.” sospirò, senza voce nè respiro.

Nemmeno Tim era messo meglio, e riuscì a malapena a mettersi seduto, la schiena che tirava fitte lancinanti mentre si appoggiava senza più forze alla parete ruvida.

La camera era mezza distrutta. Beh, solo al livello più basso, a dire il vero. Avevano ribaltato un paio di sedie e tutti i sacchi che Tim aveva appoggiato sopra esse, il letto era vagamente spostato, e il comodino era piegato e in bilico contro esso, la lampada per la notte abbandonata sul materasso.

Vicino ad esso, Gobbles era rannicchiato sulle coperte, tremante e spaventato. Oh no.

“Gobbles. No, Gobbles… vieni qui, va tutto bene.” lo confortò Tim, tentando di rimettersi in piedi, ma fallendo. La schiena gli faceva così male che ogni movimento gli causava forti fitte alla cassa toracica, e i colpi all’addome che aveva ricevuto erano così forte che anche solo spostarsi e mettersi a sedere meglio gli faceva venir voglia di mettersi a gridare dal dolore. "Gobbles, vieni qui, da bravo.” lo chiamò il suo padrone, e la coccatrice alzò la testa pesante, squadrandolo coi suoi occhi bianchi e vuoti.

Si alzò sulle zampette, saltò a fatica giù dal letto e zoppicò verso Tim, sedendosi pesantemente in grembo al marchese, che a malapena si trattenne dal gridare. Strinse i denti e respirò dal naso, mentre la creatura si accoccolava a lui. “Va tutto bene, va tutto bene.” gli sussurrò, accarezzando le piume ora tutte arruffate nel terrore che aveva dovuto provare.

Poverino, lui non c’entrava niente in quella faccenda.

Gobbles ebbe uno scatto quando il bardo, Jimmy, si mosse dalla posizione supina in cui era rimasto fino a quel momento. Alzò la testa, e guardò Tim e il suo animale con un sorrisetto, seppur non di beffa, comunque poco cordiale. “B-beh, ci siamo sfogati ora, no? P-possiamo parlare senza azzannarci a vicenda, ora?”

“L’unico che ha azzannato qui sei tu.” rispose Timothy, la mano ferita e sanguinolenta tenuta a terra, per non sporcare le piume della coccatrice. Non riusciva a piegare le dita, per quanto profondo il morso del bardo era stato.

Jimmy si resse sulle grosse braccia tremanti, e a fatica si trascinò come un verme verso il muro, lo stesso a cui Tim era appoggiato. Finì al fianco del marchese, troppo vicino per i suoi gusti, e quando si voltò e si sedette finì con la coscia contro quella di Timothy, e la sua spalla a spintonarlo dalla parte.

“D-dammi la mano.” gli intimò il bardo. Timothy non reagì, fissandolo con risentimento, e senza nessun tipo di fiducia verso di lui. L’elfo grigio prese il polso di Tim, che cercò di tirarsi indietro con uno scatto, spaventando ancora la coccatrice sulle sue cosce.

Entrambi si fermarono, ma le grosse e callose dita di Jimmy rimanevano salde attorno al suo polso. “Non vorrai sp-spaventare ancora il tuo tacchino, vero? D-dammi la mano.”

No che Timothy non si fidava, non dopo aver passato quella orribile serata in sua compagnia. Ma cosa poteva fare? Cacciarlo dalla sua camera, tutto pieno di lividi e sangue e con la calzamaglia strappata e quello sguardo da cuccioletto smarrito e abbandonato in quegli occhietti storti e pallidi?

Timothy volse lo sguardo dal viso del bardo, e gli allungò la mano ferita, guardando altrove, niente in particolare.

Le dita di Jimmy erano larghe, dure, calde e tremanti, forti e deboli allo stesso tempo. Sentì i polpastrelli callosi passare attorno ai morsi- fatti da lui stesso, tra l’altro!-, un calore avvolgere la sua mano che Tim conosceva bene. Quando si voltò a guardare cosa Jimmy stava facendo, vide una fioca luce tra le sue dita. 

Magia.

Il bardo alzò lo sguardo sull’elfo più alto, come un bambino colto in flagrante con le mani nel barattolo dei biscotti. 

“Sai usare la magia?” chiese Timothy, e Jimmy annuì, ancora un po’ confuso. “ Un pochino. Solo quella curativa, sai, a-avrai notato che ho qualche problema a contenere la ra-rabbia.”
Le dita di Tim, prima di un rosso intenso e carne viva aperta sull’osso, erano quasi del tutto intatte, una vaga ferita rossastra su medio e anulare. 

“Saresti capace di guarirti in fretta, prima di uscire di qui?” 

Jimmy rispose con un altro sorrisetto, non lasciando andare la sua mano pur essendo quasi completamente guarita. Sentì le larghe dita di Jimmy scivolare tra le proprie. “Mi vuoi mandare via, di già?”

“Hai già fatto abbastanza.”
“Suvvia, marchese, era solo una z-zuffa per risolvere i c- i conti. Abbiamo tanto di cui parlare ancora. Ora siamo amici, no?” 

Il bardo negò, appoggiando la spalla al fianco di Timothy, di molto più alto di lui anche da seduto. “Potremmo p-parlare delle nostre maledizioni, o..”

Timothy sospirò pesantemente, lasciando il bardo al suo fianco appoggiarsi al suo corpo e scorrere la mano lungo il suo braccio con fare fin troppo appiccicoso mentre Gobbles si era addormentato pesantemente sulle sue gambe. Quel Jimmy si credeva più intelligente di quanto non fosse in realtà.

Palesemente, non aveva nessuna camera in cui soggiornare. Il re non avrebbe sicuramente sprecato una camera per quel fenomeno da baraccone, che il figlio non aveva nemmeno apprezzato. Tim pensò che, forse, era anche colpa sua. Forse, se non avesse reagito in quel modo, qualcuno l’avrebbe sicuramente ospitato nella propria stanza.

Sospettò che il teatrino che il bardo aveva messo in piedi nella sala non fosse durato a lungo dopo essere stato pestato a sangue da Tim, dato che, invece di ubriacarsi al piano inferiore come di solito facevano tutti i bardi che Tim avesse mai conosciuto, lui era lì, nella sua camera, a quell’ora non così tarda.

Voltandosi verso Jimmy, che lo stava guardando dritto negli occhi con un’espressione piena di speranza, Tim sentì un vago odore di fumo, e alcol, non abbastanza per definirlo ubriaco. Un elfo non si ubriacava con la stessa intensità e facilità delle altre specie loro inferiori.

“Posso anche curarti! Quei p-pugni che ti ho dato hanno fatto maluccio, eh?” ridacchiò ancora Jimmy, la speranza mista alla disperazione ora nei suoi occhi che puntavano di qua e di là allo stesso tempo.

Strinse i pugni.

Avrebbe Timothy potuto lasciare quell’elfo, malformato e ferito, all'addiaccio nel rigido clima del nord del regno?

Era qualcosa che le morali rigide di Tim gli avrebbero permesso, era una crudeltà che avrebbe potuto compiere senza sentirsi in colpa per i secoli a venire?

La risposta era facile, purtroppo.

No.

Per quanto Jimmy fosse rumoroso, prepotente e assillante, una palla al piede e una spina nel fianco, era allo stesso tempo era un essere imperfetto come lui, un emarginato, un elfo che a malapena poteva essere considerato tale e, soprattutto, qualcuno che aveva bisogno di lui.

Poteva Timothy rifiutarsi di aiutarlo?

“...va bene, puoi dormire qui per stanotte. Poco dopo l’alba partirò per tornare al mio castello.”

Avvinghiandosi al suo braccio, Jimmy ridacchiò come una ragazzina che assiste alle nozze di una sua compagna, sognando il principe azzurro. “Oh mio l-mio lord, lei è così generoso a farmi dormire sul suo letto!”

“Non ho mai parlato di-!”

Jimmy si staccò da lui, iniziando a strisciare pateticamente sul tappeto, increspandolo e tirandosi dietro delle porzioni, fino al letto dove, avvinghiandosi allo scheletro di legno della struttura, si issò sopra esso, aiutato in parte anche dalle gambe, che non erano completamente inermi. “Non dormo su un letto da uhh… da anni? Una decina o una ventina! A Kupa Keep m-mi facevano dormire per terra, in una stalla. La paglia è m-meglio che il duro legno sporco di merda di cavallo, q-questo è vero, ma non ti immagini quanti schifosi insettini vi si ann- ann- nascondono dentro.”

Tim svegliò il più delicatamente possibile Gobbles, che alzò a fatica la testa issata sul lungo collo, voltandosi nella sua approssimativa direzione. Lo sollevò e appoggiò al suo fianco, mentre, a fatica e reggendosi ai mattoni che sporgevano appena dal muro, si sollevò in piedi. Le gambe gli tremavano, le ginocchia dolevano ad appoggiarvi il peso del suo lungo e magro corpo sopra, la schiena mandava fitte lancinanti e lo stomaco gli si era completamente rivoltato per colpa di quei pugni. Tim strattonò la camicia da dentro i pantaloni, sollevandosela quasi fino al petto ossuto. Sulla pelle bianca alabastro, grossi e pesanti lividi viola e porpora, a coprire quasi tutta la regione addominale, dalle costole fino all’ombelico. E faceva un male cane.

Timothy si appoggiò al muro dietro di sé, sospirando e cercando le forze per incamminarsi verso il letto. Ma perchè era venuto lì… non avrebbe potuto starsene a casa sua, mandare qualche servo a recapitare quell’unicorno per il principe?

Ai suoi piedi, tintinnare di metallo. Il suo bastone rotolò fino ai suoi piedi, dalla posizione vicino al letto a cui lo aveva appoggiato prima di… di tutto quello che era successo.

Lo afferrò a fatica e si appoggiò ad esso, tirando un sospiro di sollievo. Era stato Jimmy, ora coricato a pancia in giù di sghembo sul letto di Timothy, a tirarglielo. Gli stava sorridendo, le braccia larghe che ciondolavano pigramente giù dal materasso. 

“Hai detto ch-che hai deciso di partire all’alba. Meglio se vieni a dormire, ormai n-non mancano così tante ore al sorgere del s-s-sole.”

Non gli piaceva come quel bardo si stesse prendendo così tante libertà con il marchese del Lago Nero, ma allo stesso tempo, era qualcosa di confortante avere qualcuno che gli parlasse così liberamente, che volesse parlargli, a lui e a nessun’altro, in un contesto così intimo.

Un po’ Timothy si rammaricò che in qualche ora sarebbe finito tutto, ma allo stesso tempo se ne sentì sollevato. Quel Jimmy era davvero una rogna.

Tim ciondolò verso il letto, dove vi si appoggiò pesantemente, al fianco di Jimmy. Avrebbe voluto indossare la propria camicia da notte, ma spogliarsi sotto quello sguardo bianco ghiaccio che sicuramente l’avrebbe osservato e fissato per tutto il tempo non era davvero nelle prerogative di Tim, quella notte.

Voleva solo dormire.

Si stese il più lontano possibile da Jimmy- difficile da fare, dato che aveva deciso di stendersi proprio in mezzo al letto, e per quanto basso e ingobbito fosse, le sue spalle erano abbastanza larghe da occupare una buona porzione del letto- e, con un gesto delle dita, spense le torce che erano appese al soffitto. Una piccola magia che gli era stata utile, crescendo incapace di muoversi, nella sua infanzia confinato a una sedia nel suo solitario castello.

“Wow!” sentì la voce di Jimmy. Avrebbe preferito stesse zitto.

Rumore di coperte, e il peso familiare di Gobbles al suo fianco, la sua testa appoggiata sul suo petto e le sue piume tutte arruffate e morbide sotto la mano stanca di Timmy, che richiedeva attenzioni e coccole prima di dormire, come faceva ogni notte da più di un secolo. 

E poi, similmente, altro rumore di coperte, e un peso decisamente meno familiare dall’altro lato del letto, la pesante testa di Jimmy sulla spalla e la sua grossa mano che sbatteva poco delicatamente proprio sopra l’addome livido di Timothy, causandogli un sibilo di dolore. Non scacciò via il bardo solo perchè, nel buio della camera, sentì il torpore e vide la lieve luce della magia curativa che il bardo stava applicando sul suo corpo dolorante.

Nella penombra osservò la coccatrice dormire pacificamente contro il suo corpo, un corpo storto e martoriato di una bestia deforme che aveva trovato un rifugio sicuro, una persona che potesse apprezzarlo e amarlo. E poi passò lo sguardo sull’elfo deforme appoggiato mollemente alla sua spalla, la schiena ingobbita e le orecchie ricurve in una posizione innaturale, i capelli scompigliati che ricadevano morbidamente sul suo viso ferito, e sulla spalla di Timothy, il viso rilassato quasi in un sorriso.

Timothy si maledisse sottovoce.

   
 
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