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Autore: agfdetre    16/09/2023    0 recensioni
Samantha Betz è un brillante ingegnere di rotta sulla nave interstellare USS Pardatchgrat che a tentoni cerca di tenere in piedi una vita fatta di fragili legami, una mente instabile ed una giovinezza tormentata.
Un'improvvisa missione segreta della nave forza Sammy a tornare in un luogo che pensava di aver dimenticato, sepolto nei ricordi di una vecchia vita. Sarà costretta a rivangare il suo passato ed affrontare l'orribile compito che le è stato imposto.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 13

Un urletto a dir poco fastidioso rovinò la canzone proprio sul più bello. Samantha si tolse gli auricolari e si voltò verso Anna che mostrava un’espressione di terrore.

«Che schifo!» disse la pony beige mentre si lisciava la lunga criniera bionda.

Sammy roteò gli occhi sbuffando «Anna, basta stare attenta e non appoggiarsi al vetro»

«Ho capito, ma è impossibile! La mia criniera finisce ovunque e questi sostegni sono luridi!» disse Anna lamentosa «Non capisco come fai con la tua»

«Allora non sederti!» rispose Sammy già più alterata «Se stai nel mezzo del vagone vedrai che non strofinerà contro nulla»

Anna si alzò dal sedile a fianco a quello di Samantha brontolando. Si mise di fronte a lei con le zampe allargate per avere più equilibrio «Odio la metro»

«Lo dici ogni volta»

«Perché è vero, ma in taxi ci metteremmo tropp-ehi, siamo arrivate!»

La pony beige raccolse uno zoccolo di Sammy e la trascinò con sé fuori dal treno prima che le porte si richiudessero. Si misero a ridacchiare fitte fitte mentre risalivano le scale mobili della grande stazione stracolma di pimpaini. Per quei grandi esseri rosa la cosa più facile era far finta che i pony non ci fossero proprio. Quando andava in giro per la città, non era raro che Samantha si sentisse più un’ombra che una persona. Soprattutto se le toccava interagire con qualcuno.

Presto raggiunsero la superficie e la gigantesca metropoli si aprì attorno a loro. Passeggiare per Pimpeda, il quartiere della moda e del lusso a due passi da Downtown, non era certo una cosa che Samantha faceva tutti i giorni. Più che altro perché non aveva alcun senso, visto che non poteva permettersi neanche un bottone dei vestiti di quelle marche così importanti. Ma quando era con Anna, tutto cambiava.

«Allora, abbiamo un sacco di giri da fare. Ho almeno dieci cose da provare» disse Anna tirando fuori il suo telefono e aprendo le schede di Uninet su cui aveva salvato i capi che più le piacevano.

Iniziarono a passeggiare lungo le fantastiche vie del centro. Lì l’asfalto era perfetto, i marciapiedi candidi, le aiuole potate perfettamente. Sammy continuava a riempirsi gli occhi di meraviglia ad ogni occasione, mentre Anna marciava a testa bassa sul telefono come un soldato dritto al suo obiettivo.

Qualche ora dopo, le due erano di nuovo vicine alla stazione della metropolitana. Adesso però sembravano una carovana di mercanti a giudicare dalla quantità di buste che entrambe portavano in ogni modo possibile: l’unica differenza era che dei mercanti non si sarebbero mai sognati di avere quei loghi sontuosi sulla propria merce.

«Cosa c’è di meglio di un pomeriggio di shopping per rilassarsi?» chiese Anna finalmente felice. Samantha le rispose con un sorriso forzato mentre faceva attenzione a non far strofinare a terra le buste della sua amica. Per quanto le piacesse Pimpeda, fare il facchino non era esattamente entusiasmante.

«Grazie amo, non so come avrei fatto a portare tutta questa roba senza di te» disse poi la bionda accarezzando la criniera ed il volto di Sammy. Improvvisamente, una scarica elettrica percorse la ragazza dal naso fino alla coda, e magicamente fare la porta pacchi non le sembrò più una brutta prospettiva.

Un messaggio fece vibrare lo smarphone di Anna: la ragazza lo raccolse dalla borsa con un complicato gioco di equilibrismo per non far cadere le altre buste. Quando lo lesse, il suo volto si illuminò «Mio papà è su in cima, chiede se voglio passare a salutarlo»

Sammy strabuzzò gli occhi. Qualunque abitante della grande P sapeva bene che ‘su in cima’ poteva voler dire solo una cosa. La ragazza dalla criniera rossa alzò la testa fino a guardare dritta in cielo: poteva chiaramente vedere una delle due grandi corna di vetro e acciaio pendere nel vuoto sopra di loro. Erano le parti sommitali del grattacielo più alto della città: il Pimpeda Center. Alla base un gigantesco centro commerciale, tanti uffici e ‘su in cima’, proprio in quelle corna di vetro, il più lussuoso ed esclusivo hotel della città.

A Lucas Harper piaceva stupire i clienti importanti affittando una delle sale conferenze lassù, malgrado la Harper Electronics possedesse già una bellissima sede a nord della città. Quando la posta in gioco era alta, era necessario un passo in più.

Per accedere all’hotel si utilizzava un ingresso laterale, diverso da quello che portava al centro commerciale. Era in cima ad una scalinata protetta da vari uscieri in abito, e i vetri oscurati non permettevano ai comuni mortali nemmeno di vedere che forma avesse il corridoio all’interno. Da lì, un ascensore portava dritti al centosettantesimo piano, dove si trovava la reception, fotografata pochissime volte solo dagli influencer più in voga.

Per le ragazze della città era un sogno anche solo pensare di visitare un luogo del genere. Ma ovviamente non per Anna.

«Potresti…venire anche tu?» chiese titubante la pony beige. Sammy ebbe un altro brivido: le sarebbe piaciuto così tanto vedere quel posto insieme a lei.

«Ma tuo padre cosa dirà?»

«Senti, tu sei la mia migliore amica! Deve accettarlo, questa storia non può andare avanti» rispose Anna prendendole uno zoccolo e trascinandola attraverso il grande viale alberato: di fronte a loro, la grande scritta Pimpeda Center si mescolava ai vetri cristallini della parete del grattacielo.

Samantha deglutì nervosa mentre l’ansia si impadroniva di lei. Allo stesso tempo però sentiva un calore crescerle nello stomaco nel vedere Anna così determinata a portarla con lei. E camminare zoccolo nello zoccolo era così bello.

Erano ormai alla base della scalinata laterale in pietra lavica. I buttafuori in cima avevano già riconosciuto la ‘signorina Harper’ e le fecero segno di salire pure, socchiudendo la porta a vetri scuri.

Improvvisamente il telefono di Samantha prese a squillare: quando se lo portò all’orecchio, l’espressione della ragazza mutò di colpo.

«Ciao Mamma»

‘Samantha! Dove cavolo sei? Hai finito la scuola tre ore fa, perché non sei a casa?’

«Sono in giro con un’amica» rispose lei balbettando.

‘Non me ne frega niente, devi tornare a studiare. Possibile che non fai mai nulla? E poi sarai di sicuro con quella biondona stupida, vero?’

Le si formò un nodo in gola. Anna la fissava qualche gradino più in su, ma la sua espressione faceva trapelare che aveva capito.

‘Ti ho detto mille volte che con quella non ci devi uscire. È una poco di buono e va male a scuola. Non è gente per te! Torna subito a casa o giuro che non ti faccio più vedere la luce del sole’ urlò Melanie Betz iraconda.

Samantha chiuse la telefonata mentre qualche lacrima cominciava a scenderle lungo il viso. Non ebbe la forza di guardare l’amica in faccia.

«Puoi lasciare le buste qui, non preoccuparti, le prendono loro» disse Anna asettica indicando i buttafuori.

Sammy annuì in silenzio con un’espressione mesta. Abbracciò la bionda che sospirava rumorosamente.

«Ci vediamo lunedì a scuola?» chiese Samantha con voce rotta.

«Certo» rispose Anna poco convinta.

La ragazza dalla criniera rossa non aggiunse altro. Lasciò l’amica imbambolata, si voltò e corse verso la stazione della metro pensando già alla terribile sfuriata che l’attendeva.

***

«Piacere»

La voce gelida che ben conosceva rimbombò nell’animo di Samantha fino a toglierle il respiro. Watts la fissava con il suo solito sguardo inespressivo, mentre Pinkie Pie la teneva per una spalla sorridendo a più non posso. Una folta criniera e coda viola erano comparse dal nulla, insieme ad un pesante trucco sulle palpebre, viola anch’esso. La tuta mimetica militare era stata rimpiazzata da un triste vestito color petrolio che le copriva i fianchi.

La pony rosa non sembrò accorgersi dello sgomento di Sammy. «Maud è stata via per un sacco di tempo a studiare le rocce! Finalmente è tornata» disse abbracciandola forte mentre l’altra rimaneva impassibile. Gli occhi spenti erano fissi su Samantha in un modo che sembrava quasi innaturale.

«Adesso le mie amiche!» urlò Pinkie Pie. Trascinò Samantha via da Watts perdendosi nella folla. Dopo qualche secondo, entrambe furono davanti alle pony che Sammy aveva conosciuto quel pomeriggio.

«Eccovi!» esclamò Rarity mentre sorseggiava un bicchiere di punch che levitava davanti al suo viso «Ci voleva proprio un po’ di relax dopo questi giorni così stressanti»

Le ragazze chiacchieravano allegramente in mezzo al frastuono della serata mentre Pinkie Pie continuava a scattare per il salone come una trottola impazzita, controllando che il buffet fosse sempre pieno. Sarebbe stato difficile in un tale momento di spensieratezza e trambusto accorgersi che una strana pony dal manto bianco stava tremando come una foglia.

La mente di Samantha vorticava come un potente tornado. Ogni centimetro del suo corpo le intimava di scappare, fuggire via. Nulla aveva senso in quel momento. Le risate e la musica si mischiavano in un mormorio ovattato che a malapena le giungeva alle orecchie, mentre la luce si contorceva e stingeva in tante chiazze confuse nei suoi occhi.

«Ciao, Snowy Night»

Il terribile torpore di Sammy fu risvegliato da una voce vicina. La principessa Twilight era accanto a lei, un po’ in disparte rispetto alle sue amiche: la sua espressione mesta e pensierosa non lasciava presagire nulla di buono.

«Ti stai divertendo?» continuò l’alicorno portandosi un muffin alla bocca e masticandolo svogliatamente. Il rumore di fondo aiutò a mascherare i singhiozzi di Samantha mentre cercava di rispondere.

«Io…io…sì, molto. Credo di dover andare al bagno» disse tremando.

L’altra sorrise appena e con la punta dell’ala destra le indicò il fondo del grande salone sul quale si trovava una porta. La pony perlacea balbettò qualcosa di simile ad un grazie che si perse nel trambusto della festa per poi voltarsi di scatto e cominciare a farsi largo attraverso la folla.

«Sta tranquilla per la tua memoria! Troveremo il modo di aiutarti!» le urlò Twilight vedendola scomparire tra gli invitati.

Samantha spintonò insistentemente decine di fianchi ornati da altrettanti cutie mark che le si stampavano negli occhi. In qualche decina di secondi raggiunse a fatica la porta di legno e la richiuse alle sue spalle: si ritrovò in una dispensa non molto grande, illuminata solo da qualche candela. Le pareti erano ricoperte di mensole ricolme di barattoli, mentre un’altra porticina conduceva verso delle turche che i pony d’Equestria usavano per i loro bisogni.

Di colpo, il rumore delle voci e della musica si ridusse ad un mormorio di sottofondo e la pony tirò un gigantesco sospiro. cominciando ad annaspare e liberando l’ansia accumulata. Delle lacrime cominciarono a scorrerle lungo il viso senza che se ne rendesse conto: era un pianto isterico. Che il Grande Imperatore potesse proteggerla: dove diavolo era finita? Il suo corpo si scuoteva in preda al panico, cedendo sotto il peso di quei giorni terribili di stress.

Mentre singhiozzava nel mezzo di quella dispensa in penombra fissando il pavimento, vide i contorni di un’ombra allungarsi verso di lei. Quando tirò su lo sguardo si trovò Watts di fronte, come se si fosse teletrasportata all’interno della stanza. Samantha cacciò un urlo di terrore e indietreggiò verso le mensole, mentre la pony grigia la fissava con la sua solita espressione di ghiaccio. La criniera e la coda viola sembravano così reali che quasi si poteva dubitare che fossero la stessa persona, ma Samantha non aveva dubbi: avrebbe riconosciuto quello sguardo terribile tra mille.

«Tu! Maledet-» cercò di urlare Sammy, ma in un battito di ciglia Watts la colpì al volto con una zoccolata poderosa. La pony bianca sbatté violentemente contro le mensole facendo cadere svariati contenitori: il pavimento cominciò a riempirsi di olio dei sottaceti misto al suo sangue.

Watts tornò in posizione aspettando qualche istante mentre la pony perlacea annaspava in preda a degli spasmi: il modo in cui si era mossa era incredibile, con una velocità ed una tecnica impressionante. Samantha cercò di rialzarsi terrorizzata, ma Watts la colpì su un fianco facendola rotolare per terra: un nuovo fiume di dolore attraverso il suo corpo mentre urlava.

«Lurida troia!» imprecò Samantha con le poche forze che le rimanevano mentre si rannicchiava contro il muro.

«Adesso capisco» disse la pony cinerea con un tono glaciale.

Sammy la fissava con gli occhi arrossati, in un angolo, con la criniera imbevuta di lacrime, sangue ed olio, mentre si proteggeva le ferite.

«Che…cazzo?» bisbigliò con il poco fiato che le rimaneva.

«So bene dove ho mirato. Ti ho preso in testa, ti ho vista cadere a terra» continuò Watts con estrema calma «Ma non sei morta»

Detto questo, la pony cinerea si voltò e raccolse in un lampo un grosso coltello da cucina appeso al muro: continuava a muoversi come mai aveva fatto prima, con una velocità ed una maestria che non erano proprie di nessun pony che Samantha avesse mai visto.

«Non è ammissibile mancare un bersaglio tre volte» disse ancora voltandosi verso la pony con l’arma affilata che rifletteva minacciosa la debole luce della stanza.

Gli occhi di Sammy si chiusero in due fessure. «Sei…sei stata tu!» disse con un filo di voce mentre il corpo carbonizzato di Springer le compariva davanti agli occhi. Ora tutto aveva senso, persino la valvola del carburante dello shuttle era stata una montatura per toglierla di mezzo.

Adesso quella figura spettrale troneggiava sul corpo della povera Samantha.

«Sarebbe stato molto più facile, indolore e soprattutto pulito» rispose Watts facendo spallucce e dando un altro calcio alla pony. Samantha rispose digrignando i denti e urlando di dolore mentre sentiva il suo stomaco spappolarsi: non aveva mai sofferto così tanto in vita sua. Era cosciente per miracolo mentre il suo cuore pulsava e martellava forsennatamente.

Watts sbuffò fissandola contorcersi con la tranquillità di chi sta gettando una cartaccia in un cestino. Si guardò attorno per un istante valutando la scena, poi schioccò le labbra e sollevò il coltello. Samantha riprese ad urlare con tutto il suo fiato, terrorizzata. La sua mente non pensava, nulla esisteva più. Ormai era finita.

 «Mauuuud!» urlò la dolce voce di Pinkie Pie da dietro la porta: Watts si voltò di scatto. La testa di Samantha si schiarì improvvisamente, e la pony sentì una forza che non sapeva di avere scorrere dentro di lei. Mossa da qualcosa di soprannaturale, Sammy si voltò e raccolse in un istante un grosso coccio di vetro lì accanto: svelta, lo piantò in una zampa di Watts gettandovisi con tutto il suo peso.

La pony grigia urlò di dolore rovinando a terra e lasciando cadere il coltello. Cominciò immediatamente a massacrare Sammy di colpi in ogni modo possibile, mentre l’altra cercava di difendersi come poteva.

Un groviglio di pony sporche di olio e sangue si contorceva in quella piccola stanza di legno, picchiandosi alla bell’e meglio come forsennate. Malgrado Watts fosse palesemente molto più forte e capace, Samantha le si era avvinghiata addosso come una piovra sfruttando il suo peso e sembrava quasi non percepire più i terribili colpi che l’altra continuava ad assestarle.

Nella disperazione, Samantha addentò il collo di Watts e morse con ogni briciolo di volontà che le era rimasta. La pony grigia rantolò mentre altro sangue cominciava a sgorgare dalla ferita imbrattando la faccia di Sammy. Quella mossa terribile fece breccia nella resistenza ferrea di Watts, che smise di colpirla e cercò in tutti i modi di liberarsi: dopo qualche istante riuscì a staccarla, e Samantha portò via con sé un grosso pezzo di pelle e peli grigi nella sua bocca. Prese subito a sputare mentre il sapore metallico del sangue le avvolgeva il palato.

«Ma perché non si apre? Mauuud! Sei lì dentro? Dai vieni, c’è la torta!»

Degli zoccoli cominciarono a battere sulla porta. Pochi centimetri di legno separavano Pinkie Pie da un inferno che non poteva nemmeno immaginare. Quelle zoccolate riportarono la mente delle due pony al mondo reale mentre erano stese sul pavimento ad un metro di distanza l’una dall’altra.

Samantha e Watts si fissavano, ansimando rumorosamente, entrambe sporche oltre ogni modo di olio e sangue proveniente da decine di ferite. Watts si premeva il collo con una zampa: sotto di essa si poteva vedere l’impronta rossa ed insanguinata della dentatura di Sammy.

«Mauuud! Per tutti i cupcake!»

«A…arrivo» rispose Watts dopo qualche secondo, dando fondo a tutte le sue energie e senza mai staccare gli occhi sbarrati da Samantha. Anche in una situazione come quella, la sua voce non tradiva alcuna emozione.

«Pinkie, cosa succede là dentro?» chiese la voce di Twilight Sparkle da dietro la porta «Snowy Night, stai bene?»

«Oh, c’è anche Snowy in bagno? Dai ragazze muovetevi, cosa state combinando?» chiese Pinkie tornando a bussare insistentemente.

«S-sto bene!» rispose Samantha con la voce più normale che riuscì a fare «Sono caduta…si sono rotti dei barattoli» farfugliò. Fece una pausa fissando la sua terribile nemica «Wa…Maud mi sta dando uno zoccolo»

«D’accordo. Ma fate presto! E aprite questa porta!» rispose Pinkie continuando a bussare come una deficiente.

Fu così che le due continuarono a fissarsi in silenzio mentre recuperavano le forze. Samantha era distrutta, ogni centimetro del suo corpo urlava di dolore ed era ricoperto di lividi. Malgrado avesse assestato qualche colpo a Watts, la pony pilota era stata decisamente più efficace nel massacrarla di botte.

«Springer…» disse Watts con un filo di voce senza staccare gli occhi da Samantha. L’altra rimase immobile, incapace di elaborare un pensiero. Dopo qualche istante vide che Watts stava fissando la sua zampa, quella sul quale era legato l’MSU.

«Non permetterti di nominarlo, maledetta traditrice» rispose Sammy tossendo con voce roca.

«Quello stupido bastardo…» disse ancora la pony cinerea bisbigliando tra sé e sé mentre la ferita sul collo aveva smesso di irrorarle la zampa di sangue fresco «Ti ha protetta. Si è sacrificato per te»

Samantha era pronta ad urlarle ancora qualche imprecazione contro, ma si ammutolì con lo sguardo perso nel vuoto. Watts continuava a fissare l’MSU di Sammy e per la prima volta la ragazza sembrò vedere un accenno di emozione nel suo sguardo: era rabbia, la rabbia di chi non era riuscito a calcolare ogni variabile nel suo piano.

«Allora? Vi muovete?!» disse ancora Pinkie Pie da dietro la porta. Fu allora che Watts si risollevò da terra zoppicando. Samantha indietreggiò strisciando preoccupata, ma la pony cinerea sembrava aver smesso di puntarla. Si guardò attorno per qualche istante, per poi fissare Sammy per l’ennesima volta. Fece un grosso sospiro e chiuse gli occhi.

Di colpo la stanza fu illuminata da una nuova luce, molto più forte delle candele appese al soffitto: il corpo di Watts si stava ricoprendo di centinaia di linee luminose che correvano sulla sua pelle in ogni dove. I suoi occhi diventarono dapprima gialli come due fari per poi tornare normali, ma al loro interno si poteva notare la presenza di strani simboli che si muovevano sulla cornea.

Samantha prese ad ansimare impaurita e si rannicchiò nuovamente contro il muro: non aveva nemmeno mai immaginato una cosa simile. Si accorse allora che sulla zampa di Watts era comparso dal nulla il suo MSU e che lo schermo era acceso: la pony si guardò la ferita sulla zampa e dei nuovi simboli vorticarono veloci nei suoi occhi. Dopo qualche istante, il suo collo e la sua zampa si illuminarono anch’essi intensamente: il coccio di vetro si estrasse da solo levitando lontano avvolto da un’aura come quella di Twilight Sparkle.  In pochi secondi la luce svanì e Samantha guardò a bocca spalancata la pelle di Watts tornare liscia e candida come prima: le ferite erano sparite, il sangue solo un ricordo.

A quel punto la pony cinerea si voltò verso di lei, avvicinandosi. Sembrava un inquietante androide luminoso di un qualche film di fantascienza, mentre le pareti della stanza riflettevano la luce dei filamenti che seguivano i movimenti del suo corpo.

«Sta lontana da me!» urlò Sammy, ma Watts la ignorò portandosi sopra di lei proprio come aveva fatto qualche minuto prima con il coltello negli zoccoli. Bloccò Samantha con le zampe anteriori e la pony fece per urlare di nuovo, quando iniziò a percepire una sensazione di calore in tutto il corpo. Ma si accorse presto che non era spiacevole: sentiva pian piano la forza tornarle nelle vene, il dolore scomparire. Alla fine si mise eretta pure lei, osservandosi sbigottita: tutte le contusioni, i lividi ed i tagli erano spariti. Di tutto quel macello restava solo il pavimento sporco d’olio e sangue.

Poi, come era iniziato, tutto finì. In un istante i filamenti luminosi si spensero e scomparvero mimetizzandosi sotto il pelo grigio di Watts; il suo MSU sparì dalla zampa diventando invisibile.

Watts spalancò la porta in un colpo solo e il frastuono della festa riempì la piccola cantina. Samantha socchiuse gli occhi per la forte luce del salone che entrava nella stanza: davanti a loro Pinkie Pie e Twilight Sparkle guardavano sbigottite il pavimento.

«Snowy è caduta e si è tagliata con dei vetri, la stavo aiutando» disse Watts con la sua solita flemma.

«Oh, povera!» esclamò Pinkie Pie raccogliendo un mocio dal muro e cominciando a pulire.

«Sei sicura di stare bene, Snowy? A terra c’è molto…sangue» chiese Twilight con voce titubante: continuava a fissare la scena con uno sguardo stralunato, senza capire cosa fosse successo.

«Sta benissimo» tagliò corto Watts spingendo la pony perlacea fuori dalla cantina. Samantha guardava dritto davanti a sé senza rispondere agli stimoli esterni: fisicamente si sentiva bene, come se non fosse successo nulla, ma la sua mente era a pezzi.

Twilight le avvolse un’ala attorno al fianco e la indirizzò attraverso la folla verso il resto delle sue amiche. La sua espressione era ancora pensierosa e mesta, ma non fece altre domande.

Quando furono di nuovo dalle altre, Applejack e Fluttershy si precipitarono verso di lei chiedendo dove fosse finita. Pian piano la testa di Sammy riprese a girare mentre cercava di balbettare qualcosa. Ben presto un solo pensiero le si materializzò in mente.

«Scusate, devo andare» biascicò, e senza aggiungere altro si diresse di gran carriera verso la porta dello Sugarcube Corner. I richiami e le domande delle pony si persero nel baccano della festa.

Samantha correva a più non posso lungo le stradine deserte del paesino di Ponyville, illuminate soltanto dalla pallida luce della luna. Correva e basta, senza un perché, senza una direzione. Il terrore avvolgeva ogni parte di lei mentre singhiozzava imboccando vicoli e viuzze a caso. Non sapeva cosa pensare, a cosa credere. Non era nemmeno sicura che quello che aveva visto fosse successo davvero, forse si era immaginata tutto. Forse l’intero viaggio era solo un sogno. Sì! Un sogno: si sarebbe risvegliata nella sua cabina e Ashley le avrebbe preparato il solito caffè. Una giornata di lavoro come un’altra.

Improvvisamente qualcosa la colpì sul fianco, facendola cadere per terra ed interrompendo la sua corsa. Si accorse dal terreno morbido e dai fili d’erba che la circondavano di aver lasciato il paese e di trovarsi ormai nei prati circostanti.

«C’è la torta» disse una voce terribile che lei ben conosceva. Watts era accanto a lei, con la sua tetra silhouette grigia illuminata dalla luna, allo stesso modo della sera dell’atterraggio.

«Cosa?» boccheggiò Samantha indietreggiando nell’erba in preda al panico.

«Tra poco c’è la torta, non puoi andartene» rispose Watts atona ed immobile.

«Ma di che cazzo stai parlando?!» urlò Samantha. Improvvisamente un fiume di rabbia si impadronì di lei, stufa di tutto «Sta lontana da me o questa volta ti strappo un orecchio a morsi, puttana!»

«Se avessi voluto ucciderti saresti già morta, Betz» rispose lei con tutta la calma del mondo.

«Fanculo, cosa cazzo stavi per fare poco fa?» ringhiò Sammy ancora a terra.

«Appunto, poco fa. Le carte in tavola sono cambiate»

Samantha scosse la testa boccheggiando mentre fissava l’erba sotto di sé «Cosa sta succedendo?» si chiese in un bisbiglio.

«Mia sorella e le sue amiche ti conoscono, sarebbe impossibile eliminarti adesso» precisò gelidamente Watts.

«Chi…chi diavolo sei tu?» chiese Samantha tremando.

«Non è né il momento né il luogo per questo» tagliò corto la pony pilota controllando che attorno a loro non ci fosse nessuno «Ti sei ambientata bene. Sei ospite alla fattoria Apple, giusto?»

«Cosa cazzo vuoi da me?!» urlò Samantha iraconda «Io non dovevo neanche venire col vostro gruppo di paz-»

Non fece in tempo a finire la frase che Watts le assestò una zoccolata veloce sul viso, questa volta molto meno forte, abbastanza per farla azzittire e cadere di nuovo a terra.

«Se urli un’altra volta potrei cambiare di nuovo idea sulla tua vita» disse l’altra «Un modo per nascondere un corpo si trova sempre, arrovellandosi un po’»

«Per il Grande Imperatore…» imprecò Sammy a denti stretti mentre si risollevava.

«È inutile che invochi il tuo dio, Betz. Non può sentirti su questo mondo» disse Watts sedendosi accanto a lei nell’erba alta. Quella sera non c’era un alito di vento e la pianura era avvolta in un candido silenzio, interrotto solo dal gracchiare dei grilli e dalla musica lontana dello Sugarcube Corner.

«Dobbiamo restare nascoste ancora per qualche giorno, troverò una soluzione» continuò Watts.

Samantha scosse la testa sbuffando «E adesso io dovrei collaborare con te?»

«Se non vuoi morire, affermativo»

«Tanto morirò comunque, in un modo o nell’altro. Ho firmato la mia condanna quando quel pimpaino figlio di puttana mi ha costretta a salire su quello shuttle»

Watts socchiuse gli occhi «Come ho detto prima, sarebbe stato molto meglio se Springer non ti avesse salvata entrambe le volte»

Al suono di quelle parole, gli occhi di Samantha si iniettarono di sangue. Si lanciò con un ruggito contro Watts, ma questa volta la pony cinerea non si fece trovare impreparata: con una mossa da arte marziale raccolse Sammy e la ruotò, respingendola e facendola cadere tra l’erba per l’ennesima volta.

«Ho detto che non devi neanche nominarlo!» urlò Samantha.

«Devi essergli piaciuta davvero tanto» continuò Watts ignorandola «Ha convogliato tutta l’energia del suo MSU in un incantesimo di protezione su di te. Ero certa saresti morta nella sala docce»

Sammy si bloccò improvvisamente, mettendo un freno alla sua furia. Ripensò al rogo che l’aveva avvolta in quella base militare, al proiettile che quella stronza le aveva sparato in testa. Tutte le volte era svenuta, aveva sentito dolore, ma era ancora lì. Infine, l’immagine di Watts ricoperta di strisce luminose le balenò in mente.

«Gli MSU…sono magici?»

«Pochissimi, praticamente solo i nostri» rispose Watts asettica «Tecnologia top secret del dipartimento della difesa»

Samantha alzò la zampa sinistra osservando ammutolita il vistoso computer di Springer che attendeva in stand-by. Watts fece lo stesso ed in un istante il suo MSU si materializzò dal nulla. Invisibilità, pensò la pony perlacea.

«Anche se non sai nemmeno come si usa, il sistema ti ha protetto autonomamente dai proiettili in arrivo» disse Watts con una punta di orgoglio ferito «Avrei dovuto prevedere anche questa possibilità»

Sammy rimase in silenzio, inebetita, mentre la sua mente si contorceva in un miscuglio di emozioni senza senso. Non sapeva cosa pensare, come pensare. Non sapeva nemmeno più cosa immaginare, cosa fosse reale e cosa no. Rimase chiusa in sé stessa a fissare la moltitudine di fili d’erba che componevano quel prato.

«Dove sono gli altri?» chiese. Ci fu una pausa «Dovevano morire anche loro, vero?»

Watts rimase in silenzio per qualche istante, poi annuì. Samantha lanciò un’ennesima imprecazione e scoppiò a piangere istericamente. La pony cinerea rimase a fissarla senza alcuna espressività.

«Loro avevano stabilito così. La missione si sarebbe conclusa in questo modo»

«Chi sono loro? Perché quella è tua sorella? Come puoi essere…equestriana anche tu?» chiese Sammy singhiozzando tra le lacrime. Continuò a piangere per qualche minuto in silenzio, con la pony grigia che la osservava senza rispondere alle sue domande.

Alla fine, Watts si avvicinò dandole un buffetto sulla schiena, come ad invitarla ad alzarsi. Quando vide che non funzionava, cominciò a scuoterla più insistentemente «Dobbiamo tornare dentro. Si insospettiranno»

Sammy smise di piangere con lo sguardo fisso a terra. Adesso le due parti si erano invertite e Watts cercava di smuovere una Samantha completamente priva di espressioni.

«Cosa hai intenzione di fare con me?» chiese infine con un filo di voce. Watts rimase interdetta per qualche istante prima di rispondere.

«Andremo a Canterlot, lì capiremo cosa fare»

«Loro sono a Canterlot? E poi cosa? Mi ucciderai come un cane per strada?»

«Adesso basta con queste domande, sei ancora più fastidiosa di quello che credevo» rispose tagliente Watts. Poi riprese «Continuerai a stare dagli Apple finché non troveremo un modo per andarcene da qui»

«Già, grazie al tuo fantastico atterraggio, mezzo mondo ci ha sentiti arrivare» berciò Samantha a denti stretti.

«Era l’unico modo per essere sicura di danneggiare lo shuttle e recuperare tempo nel caso Pimpez fosse voluto scappare» rispose semplicemente Watts come se stesse descrivendo il più ovvio dei fatti.

Samantha fece per alzarsi, ma di colpò sentì il peso delle zampe di Watts sopra di lei a bloccarla «Fa anche solo una cazzata e non esiterò a renderti concime per il meleto»

Per l’ennesima volta, Sammy sentì su di sé l’incombere di un destino che non poteva rifiutare: annuì deglutendo e l’altra la lasciò andare.

Fu così che si rimisero velocemente in viaggio, trottando verso il luogo della festa. Watts seguiva Sammy da dietro, controllando che non si allontanasse e non si facesse venire strane idee.

Quando furono di nuovo davanti all’ingresso dello Sugarcube Corner, la pony cinerea bloccò la porta con una zampa e precisò «Il mio nome è Maud Pie, ricordalo»

Samantha fece un ghigno, annuendo con la testa «Snowy Night. Non ci siamo già presentate prima?» disse poi porgendole lo zoccolo sarcasticamente. Watts la fissò per un istante senza replicare il gesto e poi aprì la porta.

Immediatamente un ammasso rosa si materializzò dal nulla davanti alla coppia.

«Ma dove eravate finite? Vi stiamo aspettando!» urlò la solita Pinkie Pie trascinandole verso il centro della sala «Però sono molto contenta che abbiate fatto amicizia»

Le lasciò davanti ad una gigantesca torta glassata. Sulla base era stata decorata con la scritta Ben tornata Maud. Tutti gli abitanti di Ponyville erano attorno a loro, comprese Applejack e le sue amiche: fissavano Samantha con un’espressione veramente strana, fino a far sentire la ragazza a disagio. Sembravano molto preoccupate.

«Sono così felice che tu sia tornata!» urlò Pinkie abbracciando Watts «Adesso potremo fare un sacco di cose insieme!»

«Anche per me è così, Pinkie» rispose la pony cinerea con la stessa identica voce atona di sempre. Poi si voltò per prendere qualcosa da una tasca del suo vestito: tirò fuori una piccola collana fatta di caramelle e si avvicinò alla sorella.

Le pupille di Pinkie Pie si dilatarono e la pony esplose in un urletto di felicità «Ti sei ricordata! Ti sei ricordata!» e così dicendo fece comparire dal nulla un’altra di quelle strane collane.

Le due se le scambiarono e le indossarono, Pinkie sempre più contenta insieme al resto della folla e Watts sempre identica nella sua follia.

«Adesso spegni le candeline!» disse Pinkie posizionando la sorella davanti alla grande torta.

Watts rimase immobile per qualche istante, ed il suo sguardo incrociò quello di Samantha che se ne stava ai margini della scena. Sammy sentì addosso il peso di quegli occhi inespressivi mentre cercava di scrutarci dentro qualcosa, senza successo. Chi era quella pony? Cosa voleva? Cosa nascondeva davvero quel pianeta apparentemente così carino, dolce e colorato?

Le due si guardavano ed il tempo sembrava essersi fermato. Alla fine, Watts si girò, riempì i polmoni e soffiò, spegnendo le candeline.

Gli invitati esplosero in un applauso e Pinkie abbracciò di nuovo la pony cinerea.

«Voglio fare un augurio a Snowy Night» disse poi inaspettatamente Watts. La sala si ammutolì e tutti si voltarono verso Sammy. Un lieve mormorio si alzò tra la folla, curiosa di conoscere quella misteriosa pony venuta fuori dal nulla.

Watts tagliò una fetta di torta e si avvicinò a Sammy porgendogliela «Benvenuta a Ponyville»

Samantha rimase inebetita mentre il cuore tornava a martellare per l’ennesima volta, con gli occhi dell’intero paese addosso. Senza sapere cosa fare, raccolse il piatto con la torta e continuò a fissare quella pony assurda che si trovava di fronte.

«Sì! È vero! Benvenuta Snowy Night!» disse Pinkie Pie precipitandosi ad abbracciare anche lei.

«Benvenuta» ripeterono le amiche, anche se Applejack e Twilight sembravano davvero poco convinte.

Il resto degli ospiti si adeguò a poco a poco, ripetendo il saluto, fino a che l’atmosfera non tornò alla normalità.

Samantha fece un lungo respiro mentre già vedeva il gruppo di Applejack avviarsi verso di lei.

Già, bentornata su Equestria, Snowy Night

 

  
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