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Autore: Princess of the Rose    22/09/2023    1 recensioni
Raccolta su 2pTalia.
Miscellanea 2: "Republic of Canada," disse America aprendo la scatolina e rivelando un anello dorato con sopra una decorazione a forma di maglietta di hockey, "Se vuoi farti perdonare per avermi tradito con Russia, accetta di sposarmi!"
Il turbine: Backmasking, Jouska, Rubatosis, Énouement, Chrysalism [Tabella "Il dizionario delle emozioni" di Lande di fandom]
Incontri del 2p tipo: XX.XX.20XX: per qualche motivo, si è aperto un varco interdimensionale. Visto che non si è richiuso, le due dimensioni comunicanti decidono di intraprendere relazioni diplomatiche.
Le vacanze unite: La quasi-Federazione europea va in vacanza
Romano e i gatti che non voleva: titolo esplicativo... [Maritombola 14]
Natale 1991:Il Natale del 1991 è considerato un momento di svolta per la politica mondiale...
L'UPE va alla guerra: Poco prima dell'avvento della Costituzione e il passaggio da Unione a Federazione, l'UPE avanzò delle richieste per poter aumentare il proprio livello di autonomia.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: 2p!Hetalia
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Through the Looking-Glass and what Hetalians found there'
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Titolo: Buon vino, tavola lunga

Personaggi: Stati Uniti d'Amercia (Timothy F. Jones), Lussemburgo (Sébastien Junker); Germania (George Joseph Beilschmidt); Italia Romano (Matteo Vargas); Italia Veneziano (Marco Vargas); Giappone (gli devo cambiare nome in vista di un'altra fic smh); Oc Vari

Genere: Commedia

Avvertimenti: Humor un po' più cattivo qui

Note aggiuntive: Quando mi sono divertita a scrivere sta storia non ne avete idea. Tutto all'insegna della legge di Murphy. Spero che riesca a strappare anche a voi una risata. Direi che la prossima one-shot la butto sull'angst.
Anche qua butto un po' della lore dell'ucronia, punti che saranno approfontidi altre storie successive. Ci saranno molti sbalzi temporali qua, perché le idee mi vengono mano a mano: se nella scorsa fic eracamo all'alba degli anni Sessanta qua siamo negli anni Ottanta. 

Se vi va, sono su tumblr per ogni evenienza.

Enjoy!

 

23 giugno 1982

In vista del nuovo millennio le relazioni tra i diversi Stati si stanno normalizzando: il desiderio di pace e la minaccia radioattiva permettono di ingoiare i vecchi rancori e cercare nuovi punti d'incontro.

Ad inizio anno la prima ambasciata americana ha aperto a Bruxelles a dieci anni dall'ultimo conflitto, simboleggiando l'appianarsi dei rapporti tra gli Stati Uniti d'America e quella che presto sarà la Federazione Europea1.








Mentre salivano gli scalini dell'enorme villa nel centro di Bruxelles dove risiedevano le nazioni della quasi-Federazione Europea, America sentica tutto il nervosismo che trapelava dal suo capo e non ne capiva il motivo. L'ambasciatore statunitense si stava trovando bene e presto avrebbero aperto consolati nel resto della quasi-Federazione, con i quali erano anche tornati a mercanteggiare abbastanza regolarmente. Ogni volta che si trovava a dover passare per il loro territorio - tappa praticamente obbligata visto che si estendeva dal Mare del Nord fino al Mediterraneo - non era più costretto a farlo il più velocemente e silenziosamente possibile pregando di non essere notato e diventare il bersaglio per il fucile di Romano o di Paesi bassi. Alle riunioni erano cordiali con lui - dei mezzi sorrisi di condiscendenza erano meglio di occhiate raggelanti e sottili minacce di defenestrazione qualora si fosse avvicinato troppo. E perfino la cacciata a calci nel deretano degli anni Settanta aveva iniziato a scottare di meno, divenendo piano piano più una macchietta nel suo curriculum che motivo di vergogna e derisione.

A suo dire, quindi, non c'era ragione per tutto quel nervosismo. Rimase perciò interdetto quando giunti all'enorme porta di ingresso il suo capo gli afferrò il polso prima che potesse suonare per avvisare del loro arrivo e lo costrinse a voltarsi.

"United States of America, spero che lei sia consapevole della portata di questa sera," disse guardandolo fisso negli occhi. America non riuscì a trattenere una smorfia di disgusto quando sentì il sudore delle mani dell'altro sulla propria pelle.

"Of course boss," disse sorridendo, indicando con un cenno della testa il pacco regalo nelle sue mani, "Non comprendo il motivo di questa-"

"United States of America," ripeté il suo capo, aumentando la stretta, "Non era scontato che ci invitassero questa sera, spero se ne renda conto."

America annuì. L'invito al compleanno di Lussemburgo era stata una sorpresa gradita per il suo capo ma che aveva lasciato la nazione del tutto indifferente, almeno fino a quando non era venuto fuori che Russia non ne aveva ricevuto uno. Il messaggio era chiaro: la quasi-Federazione, dopo un decennio di sostanziale chiusura, stava testando le acque per vedere quale dei suoi due avversari potesse diventare un partner ideale per il commercio e, forse, l'ambito militare. Russia e la sua sfera di influenza avevano sicuramente un appeal economico maggiore vista l'estenzione territoriale e il numero di potenziali consumatori, ma America aveva armi migliori e una popolazione che poteva permettersi di spendere di più. Era una questione di chi fra Russia e America fosse in grado di corteggiarli meglio e al momento il pendolo pendeva dalla parte di America. La cosa un pochino lo infastidiva: dopo essere stato gettato nell'Atlantico e aver perso il grosso della sua influenza nel resto del continente, America non si sentiva molto incline a fare la corte, si considerava derubato di un suo diritto dopo quello che aveva fatto durante il Secondo conflitto mondiale per aiutarli - dettagli che avesse tenuto nascosto piani militari importantissimi che avevano messo a rischio Paesi bassi e Germania, o il voltafaccia dell'ultimo minuto - ma i suoi boss lo avevano costretto ad ingoiare l'orgoglio e a capitolare. E, a onor del vero, i frutti avevano iniziato a vedersi.

"Non. Faccia. Figuracce," scandì il suo boss, puntellando il dito suo petto.

America trasalì, indignato.

"C-Che significa?!"

"Non faccia il finto tonto," disse, "Non faccia alcun accenno alla guerra. Niente discorsi sulla conquista del mondo. Niente battute sul matrimonio. Non ceda ad alcuna provocazione. Stia al suo posto anzi: non si allontani e faccia parlare solo me, chiaro?"

"W-What?!" per una volta America era senza parole, "B-Boss, come si permette!? Io faccio quel-"

"Not today!" esclamò scuotendo le sue spalle, "Questa serata è troppo importante per essere rovinata dalle sue pagliacciate! Non permetterò che questi scemi cadano nelle braccia di Russia, chiaro?"

America digrignò i denti: "Non vuole far figuracce però li chiama scemi."

Il suo capo lo guardò male per poi lasciarlo andare e sistemarsi la giacca: "Segua le mie indicazioni, America, e vedrà che ne benifeceremo tutti. Ora suoni quel campanello."

America sbuffò ma fece come richiesto. Pochi istanti dopo Spagna aprì la porta, squadrandoli con i suoi occhi rossi prima di accoglierli.

"Bienvenidos," disse senza entusiasmo, prendendo il pacco che America aveva in mano, "Da questa parte, la festa è già cominciata."

"Chiedo scusa per il ritardo, c'era traffico," disse il presidente americano con un sorriso di cortesia. Spagna fece spallucce, chiaramente disinteressato, e li guidò verso il salone principale.

"Deve essere bella la vita da cameriere qui eh?" disse America notando l'abito di eccellente fattura che indossava la nazione iberica. Questi gli lanciò un'occhiata raggelante.

"Q-Quello che United States intendeva dire è vi trova in ottima forma mr Spain," si affrettò a dire il suo capo dando ad America una dolorosa gomitata sul fianco che quasi lo fece piegare.

Spagna non rispose, limitandosi a guardarli male mentre continuava a camminare. Una volta giunti al salone America non riuscì a trattenere un fischio di apprezzamento: una piacevole luce soffusa illuminava l'enorme stanza finemente decorata, brulicante di parlamentari della Federazione e delle loro famiglie, mentre la musica dance che tanto andava di moda in quel momento faceva scatenare bambini e bambine sulla pista da ballo sotto l'occhio attento di Austria e quello più sonnolento di Polonia. Individuò qualche altra nazione in giro per la sala, non solo quelle che erano state occupate dalla Federazione dopo la sua cacciata: Germania, Italia del Nord e Giappone erano seduti ad un tavolo intenti a confabulare tra di loro, lanciando occhiate giudicanti ai presenti come delle vecchie comari; Paesi bassi stava cercando di flirtare con Portogallo senza successo; Danimarca era in un angolo circondato da un'aria lugubre, forse intento una delle sue rinomate crisi esistenziali in cui aveva intrappolato Cina (America si irrigidì alla sua vista: non si aspettava avessero invitato anche lui, tanto meno che questi avesse accettato l'invito) e Norvegia, contagiandoli col suo pessimo umore; in un altro angolo Inghilterra si guardava nervosamente attorno torturandosi le unghie.
Ai lati erano disposti dei ricchi buffet con davanti piccole code di persone in attesa di essere servite, e subito i suoi occhi caddero sul tavolo che serviva alcolici, che divenne il suo obiettivo immediato non appena fosse stato in grado di allontanarsi dal suo capo.

"Willkommen."

America, sovrappensiero, sobbalzò quando Lussemburgo venne ad accoglierli assieme alla propria capa. Un poco imbarazzato, si affrettò a ricomporsi e a stringere le mani che gli vennero offerte.

"Hey man, happy birthday," disse senza trasporto, guadagnandosi un'altra gomitata nel fianco.

"Danke," rispose il lussemburghese con sorriso diplomatico.

"Perdonate il ritardo, siamo rimasti intrappolati nel traffico."

"Non si preoccupi herr *** avevamo appena cominciato," disse la presidente del Consiglio d'Europa, facendo cenno ad un inserviente perché offrisse dei calici di champagne agli ospiti, "Spero che potremmo parlare di affari e altre... questioni domani, è giusto che Luxemburg si goda questa serata."

"Naturalmente miss *** ," concordò il presidente americano prendendo il calice offerto ad America e ridandolo all'inserviente, ignorando l'occhiata di fuoco dell'altro "Vi porto i saluti di mia moglie, è rimasta in albergo perché la piccola si è sentita male, non è abituata a viaggiare ancora."

"Se servisse un medico non esitate a chiedere herr *** ," disse Lussemburgo per poi alzare il calice, "Be', a me."

"A te Luxemburg," disse la presidente prima di bere il calice in un unico sorso, sotto lo sguardo sbigottito dei due americani, "Se lo champagne non fosse di vostro gradimento abbiamo anche dei vini italiani e francesi, gentile regalo dei miei colleghi."

"Il capo di Italien è un esperto viticoltore, li ha scelti lui di persona," disse Lussemburgo per poi aggiungere sottovoce, "Non diteglielo, ma abbiamo anche le birre, sono nascoste sotto i tavoli, qualora voleste quelle chiedete a Österreich."

America annuì, e il suo occhio cadde inevitabilmente sulla mano sinistra dell'altra nazione dove capeggiava un'elegante fede d'oro.

"Well, com'è la vita da promessi sposi?" chiese prima di ricordarsi delle indicazioni del proprio capo. L'atmosfera, da cordiale, subito divenne più tesa: la presidente guardò preoccupata Lussemburgo, il quale ora stringeva il calice che aveva in mano con fin troppa forza; il suo capo gli diede un'altra gomitata nel fianco.

"G-Gut," disse la nazione mentre un lieve tremore si impossessava del suo corpo, "D-Dall'ultimo incidente sono passate ben settantadue ore, facciamo progressi."

"S-Settantadue ore?"

"Facciamo progressi," ripeté la nazione, prendendo un altro calice di champagne da un inserviente che passa di lì e bevendolo tutto d'un fiato. Un'ulteriore degenerazione della situazione venne bloccata dall'arrivo di una ragazzina che prima abbracciò Lussemburgo, salutandolo con un timido "Alles Gute zum Geburtstag Luxemburg," per poi rivolgersi alla presidente del Consiglio chiedendole qualcosa in tedesco. L'altra annuì e le sorrise teneramente, carezzando i capelli della piccola prima che questa corresse via, tornando sulla pista da ballo.

"È sua figlia?"

"Si, mi ha chiesto se poteva andare a dormire dalle sue amiche dopo la festa."

"Deve somigliare molto al padre," osservò America, che subito intuì di aver detto qualcosa di sbagliato quando tutti si irrigidirono. La presidente si morse una guancia e prese un profondo respiro prima di rivolgergli un sorriso teso.

"Si lo so."

"Em, n-non era un'offesa eh," si affrettò a dire, sentendosi addosso lo sguardo adirato del suo presidente, "L-Lei è una bellissima donna e ha u-una bella bambina, sono certo che suo marito sia il padre più f-felice del mondo."

"Si, mio marito era molto felice," sibilò lei. Quell'enfasi sull' 'era' e lo sguardo triste di Lussemburgo lo insospettirono.

"America," disse il suo capo calpestandogli un piede, "Come ti ho già detto, miss *** è una vedova di guerra."

... Ah.

"Si, mio marito combatté sul fronte occidentale dopo i fatti di Sicilia," precisò la presidente mantenendo un dignitoso contegno e un sorriso diplomatico.

... Ah.

"Um, s-so-"

"Frau *** sono arrivati altri ospiti," si affrettò a dire Lussemburgo prendendo la sua capa  per mano e tirandola verso l'ingresso della sala, "Scusateci."

"No no no prego prego," disse il presidente americano con una risata nervosa, spingendo il proprio piede su quello della propria nazione.

"A domani herr *** ," disse la presidente del Consiglio prima di seguire Lussemburgo, il quale lanciò ad America un'occhiataccia prima di voltarsi e tornare a sorridere per i nuovi arrivati.

"United States of America," digrignò il suo capo prendendolo per un orecchio, "Cosa ti avevo detto?!"

"N-Non è colpa mia, che ne potevo sapere che l'ho resa io vedova?! Non me lo ha detto!" si lamentò la nazione cercando di liberarsi.

"Te l'ho detto sull'aereo ma tu sicuramenti pensavi al campionato di basket vero?" disse il presidente dando all'orecchio un ultimo strattone prima di lasciarlo andare, "Non allontanarti da me e tieni la bocca chiusa d'ora in poi, chiaro?"

America si massaggiò il lobo dolorante, mormorando qualche imprecazione contro il suo capo che venne prontamente ignorata.

I due si avvicinarono al buffet per prendere qualcosa da mangiare. Mentre facevano la fila America si sentì improvvisamente osservato: si guardò attorno e trovò Italia del Nord e Giappone intenti a fissarlo con sguardi indecifrabili. Dopo qualche attimo Giappone mormorò qualcosa senza staccare gli occhi da lui che provocò una grassa risata in Veneziano. Gli venne il sospetto che lo stessero prendendo in giro e la cosa lo innervosì non poco. Senza che il presidente lo notasse marciò verso le due nazioni, le quali non si sentirono per nulla intimorite quando se lo trovarono davanti.

"Hello," li salutò con un sorriso teso, poggiando le mani sul tavolo, "Ho visto che vi divertivate e ho pensato di venire a farmi quattro risate anche io."

Italia e Giappone si scambiarono uno sguardo di intesa.

"Konnichiwa Amerika-kun, ti trovo bene," disse Giappone, sorseggiando il proprio vino.

"Vi trovo bene anche io. Che facevate, rievocavate i bei vecchi tempi?" chiese, ghignando quando i due persero un poco del loro sorriso.

"A dire il vero discutevamo delle... 'scelte peculiari' in fatto di stile di alcuni dei presenti," disse Veneziano, squadrandolo dalla testa ai piedi, le labbra piegate in un lieve sorriso. Il sopracciglio di America ebbe un leggero spasmo.

"Interesting," digrignò, "Sentiamo un po' quali sono queste 'scelte peculiari'."

Veneziano e Giappone si scambiarono un'altra occhiata.

"Be', certo c'è da ammirare il gusto vintage di alcune persone," disse l'italiano indicando con un cenno della testa la sua cravatta, "È dall'ante guerra che non vedevo quei disegni. Il primo ante guerra intendo."

Giappone soffocò una risata in uno sbuffo per poi bere un altro sorso di vino. America strinse le mani a pugno, le guance leggermente rosse.

"Suppongo che tu sia esperto di cose vintage Italy. Quanti sono quest'anno? Mille e quanti?"

"1970 e qualche cosa," disse Veneziano, per nulla infastidito dal dire la propria età.

"Happy birthday, anche se in ritardo." disse tra i denti.

"Thank you, America, ti auguro di arrivarci alla mia età. Ce ne sono di cose da vedere al mondo."

"Non ne dubito."

"Per esempio, non sai quante volte ho visto persone e nazioni dire 'Voglio diventare come tuo nonno'. Tu sei il primo che vedo che intendeva il vestiario però," disse Veneziano guardando la sua giaccia. Giappone si morse il labbro per nascondere un ghigno.

"Sempre pronto a battute di spirito eh Italy? Vedo che Japan apprezza," disse America, voltandosi verso la nazione asiatica, "Eh Japan? Da quanto tempo non ti facevi certe risate eh?"

"Ho sempre trovato l'umoriso di Itaria-kun gradevole, si," confermò, "Oltretutto, mi fido del suo gusto estetico."

"Ma che cosa carina," America scosse la testa, tamburellando le dita sul tavolo, "Dì un po', il 'gusto estetico' include anche nazioni di poco più di cento anni da portarsi a letto?"

Veneziano inclinò il capo, serio: "Prego?"

"Be' sai com'è, immagino che avere Vatican in casa porti a certe 'scelte peculiari' in campo amoroso" disse America, orgoglioso di essere riuscito a cancellare quel ghigno sghembo dalla faccia delle due nazioni.

Veneziano lo fissò per qualche istante, inespressivo: "No, non direi. Però include l'essere onesti con i tuoi alleati."

"Be', non c'è niente di più onesto nell'ammettere che sia un pochino strano che una nazione di più di mille anni si lasci corteggiare da uno che ha fatto cent'anni l'altro ieri."

"Se vogliamo metterla su questi termini è certo curioso che tu dica questo quando hai cercato di sedurre la nazione che ti ha cresciuto per il tuo tornaconto personale," disse Veneziano, sorridendo di nuovo. Giappone nascose la bocca dietro la mano.

"Sono certo che tu sia conscio che il calcolo politico porti a scelte difficili."

"Non saprei, neanche nei momenti più bui ho mai sognato di scoparmi mio fratello."

Giappone non riuscì a trattenere una risata questa volta: "Oltretutto, Amerika-kun, non userei l'argomentazione dell'età a tuo favore. Hai cercato di portarmi a letto ben sapendo che avevo mille anni più di te, e tu stesso hai cercato di sedurre nazioni ben più giovani di Doitsu-kun."

"Come ho detto, calcolo politico," sibilò America, pentitosi di non essersi portato dietro la sua fida mazza chiodata, "È una cosa a cui tu, Italy, e anche Belgium dovreste essere avvezzi, no?"

Veneziano poggiò i gomiti sul tavolo e il mento sulle mani intrecciate, guardandolo con divertimento: "Elabora."

"Oh, lo sai cosa intendo."

"No, elabora."

"Come se non lo sapesse tutto il mondo che tu e Belgium aprite le gambe per chiunque sia disposto a commerciare con la vostra patetica unione2," disse con veleno nella voce, sperando di ferire e umiliare la nazione latina.

Questi, tuttavia, non perse un millimetro del suo ghigno. Giappone soffocò una risata nell'ennesimo sorso di vino.

Un brivido gelido percorse la schiena di America.

"Germany è dietro di me vero?" chiese, ma nessuna delle due nazione confermò o negò il suo sospetto.

Quando si voltò per poco non ebbe un colpo apoplettico quando vide Germania, gli occhi violacei emananti scintille, in mano bicchiere di vetro che sembrava avere tutta l'intenzione di usare come martello contro la sua testa.

"H-H-H-Hey v-vecchio mio," balbettò, poggiando una mano tremante sul braccio del tedesco in segno di saluto, "C-C-C-Come va la v-v-vita? Q-Q-Quanto h-hai a-a-ascoltato?"

Germania non gli rispose. Come facessero i suoi occhi a non riflettere la luce quando era arrabbiato era un mistero e, assieme, segno che doveva darsela a gambe levate il prima possibile.

"I-I-Io s-stavo g-giusto a-andando v-v-via," continuo mentre un formicolio fastidioso si diffuse lungo tutto il collo e la nuca, costringendolo a grattarsi. Era talmente nel panico che neanche riuscì a sentirsi infastidito quando sentì le risate di Italia del Nord e Giappone da dietro di lui.

"S-S-S-Sempre i-in f-formissima t-tu e i tuoi m-mariti e m-m-moglie eh? M-Mi raccomando," disse, dando all'altro una spinta giocosa sulla spalla dell'altro che provocò una  fuoriuscita della birra contenuta nel bicchiere che teneva in mano, "S-S-Sorry, v-vado a p-prendertene un'altra?"

Germania guardò la birra caduta a terra, poi tornò a guardare America con ancora più ira e ribrezzo di prima, mentre il vetro del bicchiere si incrinò leggermente.
Dietro di lui Veneziano e Giappone non si stavano più trattenendo dal ridere; alcune delle persone attorno a loro avevano cominciato a far caso alla scena, unendosi alle due nazioni o scuotendo la testa in disapprovazione.

"America!" mai fu più contento di vedere il suo capo come in quel momento, "Dannato idi- hello mr Germany, spero che America non vi abbia dato fastidio."

Ancora una volta Germania non rispose, limitandosi a lanciare occhiate intimidatorie. Avvertimenti che il presidente colse subito, scusandosi con le tre nazioni e trascinando via America per l'altro orecchio.

"Tu vuoi scatenare un incidente diplomatico stasera!" disse una volta che erano ben distanti da Germania, "Dimmelo che vuoi causare un incidente diplomatico, su!"

"Boss ha frainteso-" provò a dire ma un'altra tirata all'orecchio lo fece zittire.

"Silenzio! Non ti azzardare ad allontanarti mai più, chiaro!? Giuro che ti costringo ad una dieta carnivora se non la fai finita!" lo minacciò, incamminandosi verso il tavolo degli alcolici - aveva assoluto bisogno di bere qualcosa.

"N-No, poveri animali!"

"Povero me altro che poveri animali!" borbottò, poi prese un profondo respiro e rivolse un sorriso di cortesia alla giovane inserviente dietro il tavolo, "Hello young lady, cosa mi consiglia di buono?"

"Ci penso io signorina."

America trasalì quando sentì la voce di Italia del Sud. Se lo trovò accanto poco dopo con in mano un calice di vino rosso e sfoggiante il più bello dei suoi sorrisi di circostanza.

"Buonasera signor *** , ha mai assaggiato la Rosa del Golfo?"

"Rosa del Golfo?"

"Un vino rosato direttamente  da Otranto, una delle nostre nuove produzioni," spiegò il Meridione, versando un bicchiere al presidente statunitense prima di rivolgersi ad America, "Vuoi?"

Quest'ultimo guardò brevemente il suo capo, vide il suo sguardo di disapprovazione, e per pura ripicca annuì vigorosamente. Quando portò il calice vicino al viso, tuttavia, gli venne il mal di testa solo a sentirne l'odore fruttato.

"Un rosato ottimo per accompagnare piatti di pesce e carni leggere," disse Romano - America storse il naso in disapprovazione - "Qualora foste interessati sono sicuro farebbe un figurone sulle tavole delle vostre coste."

Il presidente americano annuì distrattamente, intendo a gustarsi il sapore del vino. America ponderò qualche minuto sul se chiedere la domanda che voleva fare o meno, prima di dirsi che non c'era nulla di male.

"Hey Italy, non è che hai una cannuccia?" disse proprio quando la musica si abbassò di volume per qualche attimo, proprio al momento giusto per far si che tutti e tutte sentissero quello che aveva detto.

Calò il gelo. America si sentì molto osservato e molto vulnerabile, e notò solo in quel momento, a pochi passi da lui, Francia, Belgio, e i capi di stato italiano e francese guardalo con puro sgomento e orrore.

"P-Presidént?" Belgio toccò piano la spalla del capo di Italia quando lo sentì respirare affannosamente, afferrandolo al volo assieme a Francia quando le sua gambe cedettero sotto il peso dell'indignazione mentre attorno a loro accorrevano i soccorsi.

"P-Prego?" Romano ignorò quanto stava accadendo al suo capo e cercò di tenere su un sorriso di cortesia ma era evidentemente oltraggiato anche lui. Il presidente statunitense pregò silenziosamente America di tacere, supplica che venne ignorata.

"Be', come lo bevo se no?" chiese, ingenuo, non comprendendo il motivo per cui tutti trasalirono a quelle parole.

"Presidént!" sentì dire da Francia, ormai nel panico, dopo che il capo di Italia diede un ultimo, sofferto rantolo prima di perdere i sensi, mentre il suo collega francese gli faceva il massaggio cardiaco e respiro bocca a bocca.






Le baiser de l'union, 'Il bacio dell'unione' intitolarono il giorno dopo i giornali sopra la foto del presidente francese chino su quello italiano mentre la loro collega olandese, accorsa dopo, usava un fazzoletto per fare aria allo svenuto. Nelle colonne accanto le opinioni su quanto accaduto erano le più disparate, da chi parlava di un complotto da parte degli americani per rendere più vulnerabile l'Italia e quindi la futura Federazione a chi commentava quella che era un'evidente figuraccia accompagnata da insulti all'intelligenza degli statunitensi, passando per chi chiedeva il boicottaggio dei prodotti d'Oltreoceano, commenti su come nulla di ciò sarebbe accaduto se fosse stata invitata la Russia, e lodi alla delegazione cinese che aveva prontamente chiamato un'ambulanza e salvato una vita.

America, sconsolato, alternava lo sguardo tra il petto di pollo e i broccoli che aveva nel piatto della colazione e il suo presidente, buttato su una sedia dopo che tutti gli appuntamenti della giornata erano stati cancellati, mentre sua moglie gli massaggiava le spalle ipertese. Davanti a lui la figlia del presidente disegnava spensierata su alcuni fogli.

"B-Boss per favore, non posso-" provò a protestare, ma bastò un'occhiata perentoria per far morire sulla bocca qualunque altra parola Mentalmente chiese scusa al pollo che era stato immolato per quella vendetta e tagliò la fetta di carne in piccoli pezzi, er poi inforchettarne uno assieme ad un broccolo, sentendo lo stomaco annodarsi.

"Uff, neanche io faccio così' tante storie per le verdure," lo canzonò la piccola, scuotendo la testa davanti la sua reticenza.

America prese un profondo respiro e mandò giù il boccone.


 

1. Uno potrebbe giustamente pensare che dieci anni siano pochi per una riappacificazione,specie dopo un conflitto nucleare. La scelta di non far passare neanche una generazione deriva da un problema cronico del continente europeo che è ha ne ha fortemente influenzato la storia nel mondo reale: la mancanza di risorse. L'Europa e i suoi stati non sono in grado di essere autosufficienti in molti campi, ciò ha portato ad eventi come la colonizzazione e, in tempi recenti, a fare affidamento da paesi extra-europei per settori come l'energia. Nell'ucronia la mancanza di risorse costringe ad un riavvicinamento ad una delle due superpotenze.

2. La macchina del fango è stata una delle armi più importanti della Guerra fredda, manipolare la verità o mentire spudoratamente era fondamentale per poter avere il sostegno della popolazione. Immagino che 2p!America non si faccia molti problemi a sparlare delle nazionic he non gli piacciono, elenco che al momento include anche l'allegro gruppetto.
   
 
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