Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Bakacchi    15/09/2009    1 recensioni
Era il peggiore degli incubi. Già l’essermi risvegliata in una cella fredda e decisamente scomoda non era certo divertente, ma il fatto che lì, a pochi centimetri da me ci fosse la persona che più odiavo al mondo rendeva la situazione insostenibile.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ah, salve! Dunque dunque ho riscritto interamente la storia fino a questo capitolo, quindi per chi l'avesse già letta nella forma precedente consiglio di ridarci un'occhiata perchè ho cambiato un po' di cosette.
Mi scuso poi per aver lasciato la storia al secondo capitolo. Torno solo ora con il "terzo", che non si potrebbe proprio definire tale, ma va bè XD.
Ora ho intenzione di continuarla, quindi se vi va seguitela (:
Lo dico fin da subito: i miei capitoli saranno piuttosto corti. Non è perchè non ho voglia di scrivere, giuro, è che mi trovo meglio così e credo che renda anche la storia più chiara.
Ecco, ora sparisco e spero di tornare presto con la fine del terzo capitolo e il quarto.

Hacch.

- - -


 

Mi risvegliai con le ossa doloranti e la puzza di umidità sotto il naso.

Avevo totalmente perso la concezione del tempo: quante ore erano passate dalla lotta sul tetto?

A svegliarmi fu un pulsante dolore al fianco destro: sotto la camicetta squarciata e tinta di rosso si estendeva un lungo, ma fortunatamente superficiale, taglio scarlatto. La ferita si era già semi rimarginata ma il dolore era ancora intenso e mi impediva di muovermi liberamente.

Sbattei più volte le palpebre, cercando di mettere a fuoco l’ambiente che mi circondava.

Era una minuscola cella di circa tre metri per tre, circondata da mura  color piombo alte almeno sette metri, scrostate ed ammuffite a causa della forte umidità percebile in quel luogo: numerose goccioline percorrevano le pareti e formavano una piccola pozzanghera sul pavimento. L’unica fonte di luce era costituita da una piccolissima finestrella coperta da una grata, posta a circa quattro metri d’altezza. Sembrava essere una torre.

La luce che entrava nella celletta era davvero pochissima e arrivava ad illuminare solo metà della stanzetta, lasciando il resto nella penombra.

Ed era proprio lì che giaceva una figura scura, la schiena appoggiata contro il muro umido e freddo e la testa bassa, ciondolante su un collo troppo esausto per sostenerla.

Studiai la figura silenziosa, cercando di riconoscerne i tratti, ma quando tentai di avvicinarmi notai con orrore che la mia caviglia sinistra era imprigionata da una pesante catena legata ad un gancio nel muro. Arrivai a pochi centimetri da quel corpo, quando sentii un grande strattone al piede e persi l’equilibrio, cadendo in avanti.

Mi rialzai sbuffando, infastidita da quella situazione assurda.

-         Tsk, Sagami…ti sei appena svegliata e già fai danni? – esalò con un sussurro il ragazzo, che riconobbi immediatamente come Takamura.

Mi scostai di colpo da lui come se mi fossi scottata o fosse stato un animale pericoloso.

Era il peggiore degli incubi. Già l’essermi risvegliata in una cella fredda e decisamente scomoda non era certo divertente, ma il fatto che lì, a pochi centimetri da me ci fosse la persona che più odiavo al mondo rendeva la situazione insostenibile.

Mi ritirai in un angolo, appoggiai la schiena al muro opposto a quello di Chiaki e mi rannicchiai su me stessa il più possibile, prendendo le massime distanze da quel ragazzo disgustoso.

Gli lanciai uno sguardo schifato, mentre lui mi guardava ghignando, con quel suo sorrisetto idiota che si allargava sul suo viso.
Con mio enorme piacere notai che era ridotto piuttosto male: 
e labbra gli si incurvavano spesso in una smorfia di dolore che andava a sostituire il suo sorrisetto beota e sembrava davvero esausto. Per di più aveva graffi e tagli sparsi per tutto il viso e un rigolo di sangue scendeva, simile ad una lacrima, da una lunga ferita sullo zigomo sinistro. Il suo corpo era coperto da grossi ematomi violacei e aveva i vestiti strappati in più punti.
Ridacchiai, crudelmente divertita da quella splendida visione.

- Wow, Takamura, chi ti ha ridotto così? Sai vorrei fargli i miei complimenti  - sibilai sarcasticamente.

Chiaki sollevò lentamente lo sguardo e puntò i suoi occhi gelati nei miei, rivolgendomi un altro dei suoi detestabili sorrisetti.

- Faresti meglio a darti un'occhiata prima di giudicare me, Haine - disse, pronunciando più lentamente l'ultima parola.

Infastidita da quell'ultima affermazione, diedi un'occhiata fugace alle mie gambe. L'idiota aveva ragione, purtroppo.
Sulla mia pelle chiara apparivano grossi ematomi e numerosi tagli, e mi accorsi solo al momento del sangue che colava lento da una decina di ferite.
Solo allora cominciai a sentire dolori ovunque. Era come se il mio corpo si fosse improvvisamente risvegliato da un lungo sonno.
Spalle, braccia, gambe, tutto il corpo chiedeva di essere medicato.
Le ferite bruciavano, i tagli non smettevano più di sanguinare e le botte pulsavano di dolore.
Distolsi lo sguardo dal mio corpo, sperando che questo mi aiutasse a provare meno dolore, e tentai di trattenere le smorfie che mi si delineavano automaticamente sul volto. Non volevo che quel ragazzo mi vedesse così vulnerabile.
Puntai gli occhi nei suoi, cercando di ucciderlo con un semplice sguardo.

- Tu... - sussurrai, arrabbiata e incerta su come proseguire - perchè ti hanno messo in questa cella?Eh?Lo sanno tutti che ci detestiamo! -

Ero furiosa. In realtà avevo capito benissimo qual' era l'astuto e crudele piano degli agenti. Autodistruzione, di questo si trattava.
Speravano di trovarci morti, un giorno, per mano dell'altro. Disgustoso. Avrei preferito uccidermi, che essere ammazzata da Chiaki.
Dal canto suo, il ragazzo rimase in silenzio. Con le poche forze che gli rimanevano, si aggrappò al muro retrostante e si mise in piedi barcollando.
Mosse qualche passo incerto e tremolante verso di me.
Sembrava assolutamente instabile e io mi feci ancora più piccola nel mio angolo, per timore che mi crollasse addosso.
Si fermò davanti a me fissandomi seriamente e poi si lasciò cadere al mio fianco.
D'istinto, tentai di scostarmi ma lui fu più veloce di me e mi prese per il braccio, impedendomi di allontanarmi.
Ridotto com'era, mi sembrò impossibile che fosse riuscito a muoversi così agilmente, eppure il mio braccio era chiuso saldamente tra le sue dita e lui non dava il minimo segno di cedimento.
Lo guardai furiosa, dimenando il braccio nel tentativo di liberarmi, ma l'unica cosa che ottenni fu una serie di fitte dolorose ovunque.
Chiaki strinse di più la presa, fino a farmi male, mentre con la mano libera mi sollevava il mento e mi costringeva a fissarlo negli occhi.
Insensibile alla mia ribellione, il ragazzo continuò a guardarmi con quell'aria seria che non gli avevo mai visto, uno sguardo che non ammetteva repliche.
Colpita e sorpresa da tanta serietà, rilassai momentaneamente i muscoli e mi limitai a restituire uno sguardo infuriato, ma al tempo stesso incuriosito, a Chiaki.
Il ragazzo sospirò lentamente e finalmente si decise a parlare.

- E' proprio per questo che io e te siamo qui...insieme, stupida ragazzina. Quei bastardi vogliono che ci massacriamo a vicenda e, devo ammeterlo, tu eri partita davvero bene. Ma io non voglio dargliela vinta. Quindi, per favore, collabora. -

Sembrava che si stesse rivolgendo ad una stupida bambina testarda. Il tono era strafottente e sicuro di sè come sempre, ma percepii anche una nota di assoluta e irreplicabile decisione nella sua voce.
Ero esterrefatta e sconcertata. Lo fissai a bocca aperta. Che razza di idiozie erano mai quelle?Collaborare?Io e lui?

- Che cosa?Io dovrei stare ai tuoi giochetti? - gli urlai contro, ricominciando a dimenarmi furiosamente.

Chiaki sbuffò spazientito e rinforzò la presa ferrea sui miei polsi.

- Ascoltami bene, Sagami. Le opzioni sono tre: la prima prevede che io e te veniamo uccisi dal governo, la seconda, estremamente allettante ma poco divertente, è che io ti uccida qui e subito, come desiderano i bastardi. La terza invece mi sembra più ragionevole. Scappiamo di qui, insieme, torniamo dai nostri compagni e riprendiamo la nostra vita di sempre. - spiegò sussurrando per paura di essere sentito dalla polizia.

Fece una pausa.

- In sostanza ti sto solo concedendo qualche giorno di vita in più, perchè alla fine ti ucciderò comunque - aggiunse ridacchiando e alzando le spalle.

Avevo il corpo in fiamme per la rabbia; avrei voluto ucciderlo con le mie mani in quello stesso istante eppure rimasi immobile, a fissarlo imbambolata.
Ero d'accordo con la terza opzione, e sapevo che avrei dovuto dare la mia opinione, anche solo per contrastare le parole di Chiaki.
Ma non ce la feci. Ero stanca, dolorante, avevo fame, sete e sonno, ero chiusa in una cella minuscola con Chiaki Takamura, non sapevo che ora fosse, ero lontana da casa e dalle persone che amavo e mi sentivo incredibilmente vulnerabile. Non avevo nemmeno più la mia preziosa Coraline, unico oggetto in grado di darmi sicurezza. Mi sentivo spogliata da tutto ciò che mi rendeva felice e mi proteggeva.
Svuotata completamente e priva di ogni minimo appiglio. Senza che me ne accorgessi, presa com'ero dalle mie sensazioni, cominciarono a scendermi le lacrime, salate e amare, e poco dopo mi ritrovai a singhiozzare sonoramente addossata al muro, il mio unico conforto.
Un'altra frustrante sensazione andò a mischiarsi con le altre: Chiaki mi stava fissando, ne ero sicura, e probabilmente il suo orgoglio stava ruggendo di gioia nel vedermi così. Non sopportavo dargliela vinta, odiavo l'immagine del suo odioso sorrisetto vittorioso e non avevo il coraggio di sollevare lo sguardo per osservare la sua reazione.
Rimasi ancora un po' nell'incertezza e nello sconforto, finchè non sollevai lentamente lo sguardo, mi asciugai gli occhi con il dorso della mano e lanciai uno sguardo furtivo in direzione di Chiaki.
Era fermo accanto a me, la testa appoggiata al muro, nessuna espressione cinica.
Il ragazzo girò appena il viso nella mia direzione e allungò il braccio, sfiorando il mio.
Abbassai lo sguardo sul suo pugno chiuso. Tra le dita teneva un brandello di stoffa bianca, strappata dalla sua camicia già sbrindellata.
Rimasi a fissare la sua mano, stupita e confusa.
Poi sentii altre lacrime pungermi gli occhi, afferrai quel piccolo pezzo di stoffa candida e mi ritrassi nuovamente su me stessa, chiudendomi come un riccio e stringendo forte quel tessuto che tanto odiavo.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Bakacchi