𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵
Prompt giorno 2: montagna
[Modern!AU]
MONTAGNA
2015 parole
Bloom si era persa.
E no, non in senso
spirituale, ma si era letteralmente persa.
La tempesta di neve
l’aveva separata dal suo gruppo, dalle sue amiche, e l’aveva immersa nella
vastità della coperta di neve che ricopriva il paesaggio montano intorno a lei.
Erano passate ore, il
tramonto si avvicinava, e quella che era iniziata come una marcia per ritrovare
il percorso che stava attraversando con il resto delle ragazze ormai era diventato
un disperato tentativo di sopravvivenza. Si muoveva per con congelare a morte,
senza sapere dove stesse andando.
Aveva gridato a pieni
polmoni per interi minuti, ma l’unico risultato era stato quello di essersi
ritrovata con le corde vocali strappate dal dolore e l’intangibile eco della
sua voce a sottolineare la gravità della sua situazione.
Si massaggiava la gola
con la mano guantata, per procurarsi una fantasia di sollievo, ma sapeva che
non sarebbe riuscita a dare un altro segnale circa la sua posizione usando la
voce. L’unica speranza era accendere un fuoco da qualche parte e sperare di
essere raggiunta dai soccorsi. Aveva perso lo zaino e con esso la sua unica
possibilità di mettersi in contatto con chiunque tramite l’uso della
tecnologia.
“Sono fottuta. Morirò in
mezzo alla neve e verrò riscoperta tra mille anni dagli archeologi”, pensò
Bloom.
Un’ombra in mezzo alla
distesa innevata attirò la sua attenzione. Poteva essere qualunque cosa: un
orso, una persona o addirittura un albero sradicato dal maltempo e trascinato
in quel punto dal vento impetuoso che ancora minacciava di sollevarla dal
suolo. Doveva essere in qualche modo grata alla neve per aver inghiottito i
suoi stivali da neve fino al ginocchio, solo così era potuta rimanere ancorata
al suolo—seppur ciò contribuisse a rallentarla irrimediabilmente.
Più si avvicinava alla
figura, più era sicura che non si trattasse né di un animale né di una parte
della vegetazione.
Era una persona, un altro
essere umano.
Voleva essere sollevata
dalla scoperta, ma parte di lei era sicura che si trovasse di fronte a morte
certa.
Solo poche settimane
prima, Stella, una delle sue migliori amiche, insieme a Beatrix, fidanzata
storica di Stella, l’avevano convinta una sera a guardare un documentario che ricostruiva
quello che era accaduto a una donna che si era persa durante un’escursione. Il
suo “soccorritore”, un uomo che a quanto pareva viveva da solo in cima alla
montagna, le aveva offerto il suo aiuto per ripararsi dall’intemperia e
contattare i soccorsi una volta giunti alla sua baita. La donna, affamata,
stanca e infreddolita, si era fidata dell’estraneo.
Appena era calata la
notte, l’aveva uccisa e si era cibato di lei.
I vestiti della donna e
la collana che portava sempre al collo erano stati ritrovati nel ripostiglio,
accanto ad altri oggetti di ogni forma e dimensione—appartenenti alle sue
cinque altre vittime precedenti. Cappelli, sciarpe, figurine, portafogli con
ancora i documenti di riconoscimento conservati all’interno… L’uomo aveva
giurato a se stesso che dopo la settima vittima si
sarebbe fermato. La donna era stata la sesta e, a voler credere alla versione
dei fatti raccontati dall’uomo, ce ne sarebbe stata almeno una settima.
Bloom si immaginò al
posto della donna e vittima della sua stessa fine. Qualcosa in lei scalpitò e
un fuoco nuovo e vorace le attraversò le vene, pompando i muscoli intorpiditi
dal freddo acuto. Si abbassò sul manto di neve e cercò a tentoni, con le mani
coperte solo dai guanti ormai umidi, un pezzo di legno abbastanza spesso o una
pietra delle dimensioni adatte per infliggere dei danni considerevoli. Le sue
dita toccarono quello che sembrava essere un ramo spezzato e lo afferrò con
entrambe le mani.
La figura ora era davanti
a lei, una voce grave dall’accento irlandese le chiese se si fosse persa, se
avesse bisogno di aiuto. Prima che potesse avanzare verso di lei ulteriormente,
Bloom agitò dall'alto verso il basso il simil bastone, puntando a una delle
ginocchia dell’estraneo. Nonostante si fosse impegnata per essere silenziosa e
scaltra, l’uomo afferrò la sua arma di fortuna e la sollevò con le mani di
Bloom ancora attaccata ad essa. La stoffa dei suoi guanti si era impigliata
nella corteccia del pezzo di legno e per riuscire a non farsi afferrare, dovette
abbandonare i guanti con un forte strattone all’indietro. Immediatamente il
vento pungente e il freddo invernale le punsero le mani.
Cominciò a correre,
ostacolata dalla neve e la stanchezza pregressa, ma l’adrenalina che le
scorreva dentro bastò a metterla in movimento verso il bosco alle sue spalle.
L’uomo la inseguiva,
sentiva i suoi passi rompere rametti e calpestare le foglie cadute per terra.
La neve rallentava anche lui, ma grazie alla sua notevole altezza e massa sembrava
riuscire a destreggiarsi meglio nella tempesta. Bloom doveva presupporre che l’uomo
abitasse nei paraggi, quindi era quasi certa che lui conoscesse meglio di lei
la zona in cui si trovavano.
Quando sembrò aver
trovato il nascondiglio perfetto, al di sotto di due alberi di pini caduti, una
mano l’agguantò da dietro, afferrandola dal cappuccio della sua giacca
imbottita, e la trascinò indietro. Con la schiena toccò un petto ampio e
ugualmente morbido, grazie all’unione delle imbottiture delle loro giacche invernali.
Bloom scalciò e si agitò come colpita da una frusta, ma le braccia dell’uomo l’avvolsero
tutt’intorno e spinse contro il tronco di un faggio—probabilmente
secolare, data la maestosità del suo tronco.
«Calmati, non intendo
farti del male. Voglio aiutarti» le disse direttamente vicino al suo orecchio,
per sovrastare il fruscio intenso del vento che danzava tra le foglie degli
alberi boschivi.
«Disse l’uomo che mi teneva schiacciata contro un albero» ebbe l’ardire di ribattere. Seppur fosse
spaventata, era intenzionata a portare avanti la farsa di baldanza il più a
lungo possibile, pur di non dargli la soddisfazione di una vittoria facile.
Il peso che l’aveva
tenuta schiacciata all’albero improvvisamente la lasciò libera di riprendere a
respirare e con le braccia ora libere, appoggiò le mani intorpidite sulla
corteccia ruvida per darsi la spinta necessaria a caricare un calcio dritto nei
genitali dell’uomo.
Riprese a correre, ma, prima
di cadere in ginocchio per terra, l’uomo riuscì ad afferrarle un lembo della giacca.
Lottarono per brevi istanti, fino a quando Bloom non perse l’equilibrio e l’uomo
riuscì ad afferrarle una caviglia, facendosela cadere addosso. Emise un respiro
esasperato, intriso di dolore e sussurrato attraverso parole in una lingua a
lei sconosciuta.
Quello era stato il loro
primo incontro.
L’uomo si era
successivamente presentato con il nome di “Sebastian”, offrendole ancora una
volta il suo aiuto. Si era sfilato da una tasca interna della giacca un walkie
talkie dall’aspetto robusto e le aveva detto che le sue amiche la stavano
cercando. Lui aveva una baita a poco più di 200 metri dalla loro posizione
attuale, ed era abituato a dare una mano alle guide alpine che si perdevano
qualcuno durante i percorsi. Aveva inoltre assicurato che a breve sarebbero
arrivati i soccorsi e dovevano solo posizionarsi in un punto in cui sarebbero
stati visibili dall’alto.
Sul momento, Bloom non aveva
saputo se credergli, seppur la sua spiegazione sembrasse plausibile, ma non
aveva molta altra scelta se non quella di fidarsi. Le aveva chiaramente
dimostrato che non importava quante volte avesse provato a sfuggirgli, lui l’avrebbe
raggiunta e presa ogni volta.
Quando il walkie talkie
cominciò a scricchiolare anche dall’altra parte, Bloom sentì le voci delle sue
amiche riempirla di domande. Volevano sapere se fosse ferita, se le fosse
accaduto qualcosa di spiacevole. Bloom lanciò uno sguardo fugace a Sebastian e poi
ritornò a osservare attentamente il walkie talkie, come se si potesse
trasformare da un momento all’altro in un telefono moderno e permetterle di
iniziare una videochiamata con le sue amiche. Le mancavano. Erano passate poche
ore ma già le mancavano enormemente.
Sebastian la aiutò a
rialzarsi e la scortò fino alla sua baita. Con quel tempo era difficile
riuscire a scambiarsi delle comunicazioni stabili, quindi la invitò a tornare
insieme a lui nella sua baita. Una volta che il tempo si fosse calmato, i
soccorsi sarebbero giunti da lei.
Finì per passare la notte
da lui. Sebastian le preparò la cena e, conscia del peccato che avrebbe commesso
a sprecare del cibo difficilmente reperibile a quelle altitudini, si costrinse
a mangiare qualcosa. Quando arrivò l’ora di mettersi a letto, Bloom fu felice
di sapere che avrebbe potuto fare una doccia calda. Sebastian le lasciò la
privacy di cui aveva bisogno, andando a raccogliere la legna per accendere il
camino dall’aria ottocentesca. La lasciò addirittura dormire nel letto a due
piazze, mentre lui si accontentò di dormire in un sacco a pelo per terra, vicino
al camino rimasto acceso tutta la notte, fino a estinguersi verso le prime luci
dell’alba.
Tuttavia, Bloom non era
riuscita a chiudere occhio per le prime tre ore, solo verso le quattro del
mattino le sue palpebre avevano ceduto e si era concessa a riposare un’oretta
scarsa.
Al suo risveglio, aveva
passato le ore a girarsi e rigirarsi nel letto, fino alle sei e mezza del
mattino, un odore di pancake e sciroppo d’acero la invogliò ad alzarsi dal
letto di buon umore. Si lavò la faccia e raggiunse Sebastian al tavolo imbandito
dalla ricca colazione. Un tagliere con salami e formaggi di diversa misura, odore
e colore facevano da accompagnamento ai pancake e i waffle
posizionati di fronte a due sedute. Non avrebbe saputo descrivere l’origine della
parte salata di quella colazione, ma non era intenzionata a mangiare nulla
proveniente da quel tagliere, quindi non si pose un problema circa la sua
ignoranza della cultura culinaria di quella zona di montagna.
«Voi Europei siete sempre
così disponibili?» gli chiese ridendo affettuosamente, prima di prendere posto
di fronte a lui. Con una forchetta che pareva pesare quanto il lingotto d’oro
che una volta Stella aveva provato a regalarle dopo averglielo fatto tenere in
mano con una scusa; a Stella piaceva fare regali costosi.
«Sì, tranne quelli del
Nord-Europa. Quelli venderebbero i loro figli per una renna in più» le rispose,
ricambiando il sorriso.
Quella mattina avevano
mangiato e chiacchierato complici, come se si conoscessero da una vita.
«Mi dispiace che tu abbia
dovuto dormire sul pavimento» disse a un certo punto, spezzando l’aria di
leggerezza che si era creata.
«Nessun problema. Mi sono
offerto io di aiutare».
Bloom annuì, poco
convinta ma comunque grata della galanteria mostrata da Sebastian durante la
sua temporanea permanenza come ospite improvvisa.
«Verranno a prenderti in
elicottero tra qualche ora, fortunatamente il tempo sembra essersi placato
rispetto a ieri».
Si guardarono negli occhi
per quello che parve un minuto intero, poi ripresero a spostare il cibo nei
loro corrispettivi piatti.
Avrebbe dovuto essere
felice della notizia, presto avrebbe riabbracciato le sue amiche, ma, in
qualche modo, sapere che probabilmente non avrebbe rivisto Sebastian per il
resto della sua vita, la sconfortò.
«Posso--», «Stavo
pensando--» dissero rispettivamente Sebastian e Bloom, interrompendosi a
vicenda.
«Prima tu» le disse
Sebastian, invitandola con un gesto cordiale della mano a concludere la sua
frase.
Bloom tentennò un attimo,
spronandosi l’attimo dopo a tentare la sorte. Se l’avesse rifiutata, poteva essere
tranquilla del fatto che non si sarebbero rivisti mai più.
«Se… se non è un
problema, e sei d’accordo, insomma… stavo pensando che, sì, sai, potremmo…
rimanere in… contatto?» la sua proposta audace le aveva colorato le
guance di un rosso intenso, quasi quanto il colore dei suoi capelli, e sapeva
di non poter dare la colpa al camino scoppiettante alla sua sinistra.
«Volevo chiederti la
stessa cosa» le disse soltanto. Per tranquillizzarla ulteriormente, le sorrise
così come sorridono i bambini e, con una delle sue grandi e calde mani, le accarezzò
la mano che Bloom teneva stretta intorno alla forchetta.
Lasciò la posata dalla
morsa a cui l’aveva assoggettata e intrecciò le dita con quelle di Sebastian.
Si guardarono ancora una
volta negli occhi e, prima di venir disturbati dal rumore delle eliche dell’elicottero
in avvicinamento, conclusero il resto delle loro presentazioni nello stesso
letto occupato da Bloom la sera precedente.
Eccetto, quella volta non
era da sola e non si rotolava da un lato all’altro del materasso perché era irrequieta…