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Autore: Jason_Trth Hrtz    02/10/2023    0 recensioni
1 — Occhi (Ballet!AU)
2 — Montagna (Modern!AU)
3 — Vecchio (Modern!AU)
4 — Puntuale (Canon Divergence)
5 — Bianco (Modern!AU)
6 — Corsa (Modern!AU)
7 — Vergogna (Canon Divergence)
8 — Medaglia (Figure Skating!AU)
9 — Caccia (omegaverse)
10 — Libreria (Bookshop!AU)
11 — Secondo (School!AU)
12 — Clown (Trick or Treat!AU)
13 — Quadro (Artist!AU)
14 — Grembiule (Cooking Classes!AU)
15 — Lento (Modern!AU)
16 — Vetro (Stalker!AU)
17 — Tradimento (Canon Divergence)
18 — Grappolo (Greek Mythology!AU)
19 — Incontro (MMA!AU)
20 — Sigaretta (Modern!AU)
21 — Pettegolezzo (Canon Divergence)
22 — Antidoto (Canon Divergence)
23 — Sabbia (Modern!AU)
24 — Tremore (Canon Divergence)
25 — Manette (BDSM!AU)
26 — Mandorla (Coffe Shop!AU)
27 — Compleanno (Modern!AU)
28 — Nascondere (Mafia!AU)
29 — Argilla (Modern!AU)
30 — Domino (Canon Divergence)
31 — Tomba (Canon Divergence)
Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
Genere: Drammatico, Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bloom Peters, Nuovo personaggio, Sebastian
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Lo so che il corretto ordine delle parole nel titolo dovrebbe essere: Tints, Tones & Shades (mancano anche altre diciture legate a questo mondo), ma ho arbitrariamente deciso di assegnare alle parole questo ordine per una pura questione di piacevolezza di pronuncia consequenziale delle parole. Spero capirete, grazie.


𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵

Prompt giorno 2: montagna

 

 

 

[Modern!AU]

 

 

 

MONTAGNA

2015 parole

 

 

 

 

Bloom si era persa.

E no, non in senso spirituale, ma si era letteralmente persa.

La tempesta di neve l’aveva separata dal suo gruppo, dalle sue amiche, e l’aveva immersa nella vastità della coperta di neve che ricopriva il paesaggio montano intorno a lei.

Erano passate ore, il tramonto si avvicinava, e quella che era iniziata come una marcia per ritrovare il percorso che stava attraversando con il resto delle ragazze ormai era diventato un disperato tentativo di sopravvivenza. Si muoveva per con congelare a morte, senza sapere dove stesse andando.

Aveva gridato a pieni polmoni per interi minuti, ma l’unico risultato era stato quello di essersi ritrovata con le corde vocali strappate dal dolore e l’intangibile eco della sua voce a sottolineare la gravità della sua situazione.

Si massaggiava la gola con la mano guantata, per procurarsi una fantasia di sollievo, ma sapeva che non sarebbe riuscita a dare un altro segnale circa la sua posizione usando la voce. L’unica speranza era accendere un fuoco da qualche parte e sperare di essere raggiunta dai soccorsi. Aveva perso lo zaino e con esso la sua unica possibilità di mettersi in contatto con chiunque tramite l’uso della tecnologia.

“Sono fottuta. Morirò in mezzo alla neve e verrò riscoperta tra mille anni dagli archeologi”, pensò Bloom.

Un’ombra in mezzo alla distesa innevata attirò la sua attenzione. Poteva essere qualunque cosa: un orso, una persona o addirittura un albero sradicato dal maltempo e trascinato in quel punto dal vento impetuoso che ancora minacciava di sollevarla dal suolo. Doveva essere in qualche modo grata alla neve per aver inghiottito i suoi stivali da neve fino al ginocchio, solo così era potuta rimanere ancorata al suolo—seppur ciò contribuisse a rallentarla irrimediabilmente.

Più si avvicinava alla figura, più era sicura che non si trattasse né di un animale né di una parte della vegetazione.

Era una persona, un altro essere umano.

Voleva essere sollevata dalla scoperta, ma parte di lei era sicura che si trovasse di fronte a morte certa.

 

Solo poche settimane prima, Stella, una delle sue migliori amiche, insieme a Beatrix, fidanzata storica di Stella, l’avevano convinta una sera a guardare un documentario che ricostruiva quello che era accaduto a una donna che si era persa durante un’escursione. Il suo “soccorritore”, un uomo che a quanto pareva viveva da solo in cima alla montagna, le aveva offerto il suo aiuto per ripararsi dall’intemperia e contattare i soccorsi una volta giunti alla sua baita. La donna, affamata, stanca e infreddolita, si era fidata dell’estraneo.

Appena era calata la notte, l’aveva uccisa e si era cibato di lei.

I vestiti della donna e la collana che portava sempre al collo erano stati ritrovati nel ripostiglio, accanto ad altri oggetti di ogni forma e dimensione—appartenenti alle sue cinque altre vittime precedenti. Cappelli, sciarpe, figurine, portafogli con ancora i documenti di riconoscimento conservati all’interno… L’uomo aveva giurato a se stesso che dopo la settima vittima si sarebbe fermato. La donna era stata la sesta e, a voler credere alla versione dei fatti raccontati dall’uomo, ce ne sarebbe stata almeno una settima.



Bloom si immaginò al posto della donna e vittima della sua stessa fine. Qualcosa in lei scalpitò e un fuoco nuovo e vorace le attraversò le vene, pompando i muscoli intorpiditi dal freddo acuto. Si abbassò sul manto di neve e cercò a tentoni, con le mani coperte solo dai guanti ormai umidi, un pezzo di legno abbastanza spesso o una pietra delle dimensioni adatte per infliggere dei danni considerevoli. Le sue dita toccarono quello che sembrava essere un ramo spezzato e lo afferrò con entrambe le mani.

La figura ora era davanti a lei, una voce grave dall’accento irlandese le chiese se si fosse persa, se avesse bisogno di aiuto. Prima che potesse avanzare verso di lei ulteriormente, Bloom agitò dall'alto verso il basso il simil bastone, puntando a una delle ginocchia dell’estraneo. Nonostante si fosse impegnata per essere silenziosa e scaltra, l’uomo afferrò la sua arma di fortuna e la sollevò con le mani di Bloom ancora attaccata ad essa. La stoffa dei suoi guanti si era impigliata nella corteccia del pezzo di legno e per riuscire a non farsi afferrare, dovette abbandonare i guanti con un forte strattone all’indietro. Immediatamente il vento pungente e il freddo invernale le punsero le mani.

Cominciò a correre, ostacolata dalla neve e la stanchezza pregressa, ma l’adrenalina che le scorreva dentro bastò a metterla in movimento verso il bosco alle sue spalle.

L’uomo la inseguiva, sentiva i suoi passi rompere rametti e calpestare le foglie cadute per terra. La neve rallentava anche lui, ma grazie alla sua notevole altezza e massa sembrava riuscire a destreggiarsi meglio nella tempesta. Bloom doveva presupporre che l’uomo abitasse nei paraggi, quindi era quasi certa che lui conoscesse meglio di lei la zona in cui si trovavano.

Quando sembrò aver trovato il nascondiglio perfetto, al di sotto di due alberi di pini caduti, una mano l’agguantò da dietro, afferrandola dal cappuccio della sua giacca imbottita, e la trascinò indietro. Con la schiena toccò un petto ampio e ugualmente morbido, grazie all’unione delle imbottiture delle loro giacche invernali. Bloom scalciò e si agitò come colpita da una frusta, ma le braccia dell’uomo l’avvolsero tutt’intorno e spinse contro il tronco di un faggio—probabilmente secolare, data la maestosità del suo tronco.

«Calmati, non intendo farti del male. Voglio aiutarti» le disse direttamente vicino al suo orecchio, per sovrastare il fruscio intenso del vento che danzava tra le foglie degli alberi boschivi.

«Disse l’uomo che mi teneva schiacciata contro un albero» ebbe l’ardire di ribattere. Seppur fosse spaventata, era intenzionata a portare avanti la farsa di baldanza il più a lungo possibile, pur di non dargli la soddisfazione di una vittoria facile.

Il peso che l’aveva tenuta schiacciata all’albero improvvisamente la lasciò libera di riprendere a respirare e con le braccia ora libere, appoggiò le mani intorpidite sulla corteccia ruvida per darsi la spinta necessaria a caricare un calcio dritto nei genitali dell’uomo.

Riprese a correre, ma, prima di cadere in ginocchio per terra, l’uomo riuscì ad afferrarle un lembo della giacca. Lottarono per brevi istanti, fino a quando Bloom non perse l’equilibrio e l’uomo riuscì ad afferrarle una caviglia, facendosela cadere addosso. Emise un respiro esasperato, intriso di dolore e sussurrato attraverso parole in una lingua a lei sconosciuta.

 

 

Quello era stato il loro primo incontro.

L’uomo si era successivamente presentato con il nome di “Sebastian”, offrendole ancora una volta il suo aiuto. Si era sfilato da una tasca interna della giacca un walkie talkie dall’aspetto robusto e le aveva detto che le sue amiche la stavano cercando. Lui aveva una baita a poco più di 200 metri dalla loro posizione attuale, ed era abituato a dare una mano alle guide alpine che si perdevano qualcuno durante i percorsi. Aveva inoltre assicurato che a breve sarebbero arrivati i soccorsi e dovevano solo posizionarsi in un punto in cui sarebbero stati visibili dall’alto.

Sul momento, Bloom non aveva saputo se credergli, seppur la sua spiegazione sembrasse plausibile, ma non aveva molta altra scelta se non quella di fidarsi. Le aveva chiaramente dimostrato che non importava quante volte avesse provato a sfuggirgli, lui l’avrebbe raggiunta e presa ogni volta.

Quando il walkie talkie cominciò a scricchiolare anche dall’altra parte, Bloom sentì le voci delle sue amiche riempirla di domande. Volevano sapere se fosse ferita, se le fosse accaduto qualcosa di spiacevole. Bloom lanciò uno sguardo fugace a Sebastian e poi ritornò a osservare attentamente il walkie talkie, come se si potesse trasformare da un momento all’altro in un telefono moderno e permetterle di iniziare una videochiamata con le sue amiche. Le mancavano. Erano passate poche ore ma già le mancavano enormemente.

Sebastian la aiutò a rialzarsi e la scortò fino alla sua baita. Con quel tempo era difficile riuscire a scambiarsi delle comunicazioni stabili, quindi la invitò a tornare insieme a lui nella sua baita. Una volta che il tempo si fosse calmato, i soccorsi sarebbero giunti da lei.

Finì per passare la notte da lui. Sebastian le preparò la cena e, conscia del peccato che avrebbe commesso a sprecare del cibo difficilmente reperibile a quelle altitudini, si costrinse a mangiare qualcosa. Quando arrivò l’ora di mettersi a letto, Bloom fu felice di sapere che avrebbe potuto fare una doccia calda. Sebastian le lasciò la privacy di cui aveva bisogno, andando a raccogliere la legna per accendere il camino dall’aria ottocentesca. La lasciò addirittura dormire nel letto a due piazze, mentre lui si accontentò di dormire in un sacco a pelo per terra, vicino al camino rimasto acceso tutta la notte, fino a estinguersi verso le prime luci dell’alba.

Tuttavia, Bloom non era riuscita a chiudere occhio per le prime tre ore, solo verso le quattro del mattino le sue palpebre avevano ceduto e si era concessa a riposare un’oretta scarsa.

Al suo risveglio, aveva passato le ore a girarsi e rigirarsi nel letto, fino alle sei e mezza del mattino, un odore di pancake e sciroppo d’acero la invogliò ad alzarsi dal letto di buon umore. Si lavò la faccia e raggiunse Sebastian al tavolo imbandito dalla ricca colazione. Un tagliere con salami e formaggi di diversa misura, odore e colore facevano da accompagnamento ai pancake e i waffle posizionati di fronte a due sedute. Non avrebbe saputo descrivere l’origine della parte salata di quella colazione, ma non era intenzionata a mangiare nulla proveniente da quel tagliere, quindi non si pose un problema circa la sua ignoranza della cultura culinaria di quella zona di montagna.

«Voi Europei siete sempre così disponibili?» gli chiese ridendo affettuosamente, prima di prendere posto di fronte a lui. Con una forchetta che pareva pesare quanto il lingotto d’oro che una volta Stella aveva provato a regalarle dopo averglielo fatto tenere in mano con una scusa; a Stella piaceva fare regali costosi.

«Sì, tranne quelli del Nord-Europa. Quelli venderebbero i loro figli per una renna in più» le rispose, ricambiando il sorriso.

Quella mattina avevano mangiato e chiacchierato complici, come se si conoscessero da una vita.

«Mi dispiace che tu abbia dovuto dormire sul pavimento» disse a un certo punto, spezzando l’aria di leggerezza che si era creata.

«Nessun problema. Mi sono offerto io di aiutare».

Bloom annuì, poco convinta ma comunque grata della galanteria mostrata da Sebastian durante la sua temporanea permanenza come ospite improvvisa.

«Verranno a prenderti in elicottero tra qualche ora, fortunatamente il tempo sembra essersi placato rispetto a ieri».

Si guardarono negli occhi per quello che parve un minuto intero, poi ripresero a spostare il cibo nei loro corrispettivi piatti.

Avrebbe dovuto essere felice della notizia, presto avrebbe riabbracciato le sue amiche, ma, in qualche modo, sapere che probabilmente non avrebbe rivisto Sebastian per il resto della sua vita, la sconfortò.

«Posso--», «Stavo pensando--» dissero rispettivamente Sebastian e Bloom, interrompendosi a vicenda.

«Prima tu» le disse Sebastian, invitandola con un gesto cordiale della mano a concludere la sua frase.

Bloom tentennò un attimo, spronandosi l’attimo dopo a tentare la sorte. Se l’avesse rifiutata, poteva essere tranquilla del fatto che non si sarebbero rivisti mai più.

«Se… se non è un problema, e sei d’accordo, insomma… stavo pensando che, , sai, potremmo… rimanere in… contatto?» la sua proposta audace le aveva colorato le guance di un rosso intenso, quasi quanto il colore dei suoi capelli, e sapeva di non poter dare la colpa al camino scoppiettante alla sua sinistra.

«Volevo chiederti la stessa cosa» le disse soltanto. Per tranquillizzarla ulteriormente, le sorrise così come sorridono i bambini e, con una delle sue grandi e calde mani, le accarezzò la mano che Bloom teneva stretta intorno alla forchetta.

Lasciò la posata dalla morsa a cui l’aveva assoggettata e intrecciò le dita con quelle di Sebastian.

Si guardarono ancora una volta negli occhi e, prima di venir disturbati dal rumore delle eliche dell’elicottero in avvicinamento, conclusero il resto delle loro presentazioni nello stesso letto occupato da Bloom la sera precedente.

 

Eccetto, quella volta non era da sola e non si rotolava da un lato all’altro del materasso perché era irrequieta…

   
 
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