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Autore: KaronMigarashi    03/10/2023    0 recensioni
[Hogwarts Legacy]
Dopo i suoi ultimi anni a Hogwarts, Amalia Crown decise di mettere un freno alla propria magia. Troppo forte per averne il pieno controllo e troppo pericolosa per essere domata. L'antica magia. Aveva portato soltanto dolore a chi le stava attorno, Sebastian per primo era ossessionato da ciò che poteva fare... e aveva quasi ucciso Victor Rookwood. Dalla battaglia contro Ranrok erano passati sei anni. Sei interminabili anni in cui aveva rinunciato alla magia. Completamente. Era tornata a casa, sconfitta, sotto gli occhi sospettosi della madre e lo sdegno del padre. Una vita da babbana che le stava fin troppo stretta, dove l'unica persona che riusciva a capirla stava scontando una pena di prigionia ad Azkaban. O almeno così credeva.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'O forse è a Tassorosso la tua vita, Purvincolo. '
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Pallida in volto, Amalia Crown passava lo sguardo sconvolto sulla fotografia in bianco e nero alla prima pagina della Gazzetta del Profeta: Victor Rookwood occupava l'intero foglio e ghignava soddisfatto al pubblico da dietro le sbarre di una cella ad Azkaban. Sembrava prendersi gioco di chi lo guardava anche dopo una condanna di vent'anni, un anno per ogni animale magico con cui aveva tratto un profitto. Ne aveva scontati solo sei. Sei anni erano bastati per corrompere qualche pezzo grosso al Ministero e farlo rilasciare con una sdegnosissima buona condotta. Le dita affusolate strinsero la carta fino a sentirla scricchiolare sotto le unghie mentre finiva di leggere il breve articolo. Era stato rilasciato quella stessa mattina, con il resto dei bracconieri ancora in vita ad aspettarlo oltre i cancelli della prigione pronti a riaccogliere il loro capo a braccia aperte. Ecco spiegato il motivo per cui Poppy le aveva inviato il gufo con il giornale in gran fretta. Sospirò, ficcando la carta spiegazzata dentro il cassetto principale della toeletta da trucco su cui era seduta. Rookwood era tornato. E significava soltanto una cosa, che presto o tardi avrebbe scoperto dov'era e si sarebbe precipitato a vendicarsi. Perché in prigione lo aveva mandato lei stessa sei anni fa, dopo un durissimo scontro avvenuto tra le mura di un castello in rovina. Alzò gli occhi tremanti al riflesso sullo specchio, un limpido innesto ovale nel legno bianco. Ciò che vide fu sufficiente per distoglierlo una volta per tutte. Perfino da una foto quel mago aveva il potere di confonderle lo spirito! Nel suo quinto anno da studentessa si era spesso scontrata con lui fuori dal castello, nella Valle. Lei smantellava gli accampamenti dei bracconieri assieme al suo defunto tutore di magia, mentre lui aveva provato di tutto per toglierla di mezzo: le aveva scagliato addosso un troll, l'aveva rapita, minacciata, tentato di corromperla e di ucciderla. Ma le aveva anche salvato la vita più di una volta... la pelle diafana si tinse di rosa sulle guance paffute nel soffermarsi sui ricordi piacevoli che avevano avuto. Avevano combattuto contro Ranrok, schiena contro schiena e bacchette puntate sul nemico comune. L'aveva perfino aiutata a risolvere alcuni degli enigmi di Merlino quand'erano troppo stanchi per combattersi. Ci fu perfino un momento in cui Amalia aveva sperato davvero di poter cambiare il modo distorto con cui Victor viveva il mondo magico. Lo aveva visto ammorbidirsi pian piano e davvero, aveva davvero sperato in un cambiamento... ma poi dovette fare i conti con la crudele realtà: era solo di un'ombra e un pensiero che si era innamorata. E nel momento in cui lui l'aveva capito aveva provato a ucciderla. Fallendo miseramente per la seconda volta e finendo dritto ad Azkaban. Eppure lui era l'unico mago di tutta Londra che era riuscito a capirla davvero, e si domandava e torturava Amalia nel chiedersi continuamente se ci poteva essere un finale diverso per loro oltre l'essere nemici l'uno dell'altra.
Al pensiero della sua voce e dei suoi magnetici occhi blu il cuore sembrò scoppiarle nel petto dal tanto battere così furioso, ma nel pugno stava già stringendo la bacchetta. E ad Amalia non restava che aspettare, con i sentimenti ingarbugliati e i pensieri accavallati.
 


Nella villa dei Crown quella sera si stava festeggiando l'ennesima vittoria del padre di famiglia: Alan Crown aveva di nuovo prosperato e fatto entrare una cospicua fonte di denaro negli scrigni già colmi di oro e gemme. E ora si stava pavoneggiando tra parenti e sconosciuti, circondato da dell'ottima musica da camera, cibo lussuoso e champagne ghiacciato proveniente dalle sue vigne francesi. Circondata da risate, sussurri e sguardi curiosi, Amalia dovette precipitarsi, con discrezione, su uno dei terrazzi che affacciavano sul giardino in fiore che la madre curava assieme alla servitù in modo maniacale. Nelle luci soffuse dei lampioni a gas si potevano ammirare i lugubri contorni di un labirinto di siepi e rose bianche che padroneggiava il centro di quel luogo, protagonista indiscusso tra tante altre sculture, usato raramente per la facilità con cui ci si perdeva una volta dentro. Chiudendo gli occhi color pioggia al resto del mondo, Amalia strinse le mani sulla balaustra di pietra e si lasciò andare ad un lungo sospiro esausto. 

“ Mente affollata? “

Mugolando infastidita per quell'interruzione sgradita, la maga ci mise qualche secondo affinché il cervello registrasse la voce dell'uomo alle sue spalle e lo catalogasse come già sentito. E quando successe si tese come una corda di violino, spalancando gli occhi di un colpo. Victor Rookwood. Sentì i suoi passi farsi avanti, raggiungendola fino ad avvertirne il fiato caldo solleticarle la nuca nuda. 

“ Ciao purvincolo. “

Alla sua destra apparve una flûte colma di champagne rosato e, afferrando il bicchiere con gesti meccanici, Amalia poté sentire il ghigno di Victor su di lei. Così come poi le sue dita sfiorarle la bacchetta che aveva discretamente nascosto tra i capelli come un ornamento. La gola le si seccò del tutto il quel singolo gesto. E in tutto quello lei ancora non aveva detto una parola, neppure il minimo cenno per girarsi ad affrontarlo. 

“ Sapevi che sarei passato da te. “

Non una domanda, non un'accusa. Le dita di Victor si allontanarono dalla bacchetta e lei tornò finalmente a respirare. 

“ Non mi saluti? Eppure mi ci sono voluti solo sei anni per essere qui. “

“ Come lo hai saputo? “

“ Oh, purvincolo, sei cresciuta, ma resti comunque una Tassorosso ingenua. “

Le parlava con scherno, si prendeva gioco di lei e lo adorava. Calcava su alcune parole, quelle che non sarebbero passate inosservate, e continuava ad usare quello stupido soprannome che le aveva dato fin dal primo giorno in cui si erano parlati. Purvincolo. Una piccola creaturina marina, dall'aspetto di una talpa, con una folta appendice di anemoni di mare che gli ricopriva la testa e gran parte della schiena. Ed era quasi carino se non fosse per il dettaglio che tendeva a mangiare i piedi degli umani che inconsapevolmente lo scambiavano per un mucchio di alghe colorate. Amalia non gli aveva mai chiesto il perché di quel soprannome e forse non voleva neanche saperlo davvero, ma per Merlino, la mandava in escandescenza ogni volta! Perché suonava come una presa in giro non affatto carina dalle labbra del mago. 

“ Non chiamarmi... “

“ Pensavi davvero che non ti avrei tenuta d'occhio? Te? Una maga che se ne va a zonzo tra i babbani con una magia più antica di Merlino stesso? “

L'aveva interrotta mentre stava per riversargli addosso anni di rabbia e frustrazione, e con modi impertinenti Victor la fece voltare per un tête-à-tête che non aveva nulla di romantico. Gemette di dolore quando le dita callose dell'uomo le strinsero una spalla. In un battito di ciglia aveva invaso il suo spazio personale e tolta ogni via di fuga. Tipico di lui. Perfino una conversazione si trasformava in una battaglia. Una fitta alla bocca dello stomaco e il respiro spezzato quando raccolse il coraggio di guardarlo negli occhi. Un cielo in tempesta. Un mare scuro. E avrebbe voluto affondarci dentro nell'esatto momento in cui le sorrise sornione.

“ Una uguale a me. “

“ Io non sono come te. “

“ Mia cara, abbiamo affrontato questo discorso così tante volte in passato e ancora mi stupisco di quanto tu possa essere così cieca al riguardo. “

Lo vide prendere tempo, quello che bastava a far sì che le poche parole centrassero il suo unico nervo scoperto. Lo vide osservarla con un sopracciglio alzato in un'espressione impertinente e bere il proprio calice di vino in un sorso.

“ Ancora ti ostini a non vedere quanto siamo simili io e te. Amalia. Ti vedo ora, nel fiore dei vent'anni, nel corpo rivestito di nastri e pizzi e l'unica cosa che noto è il bagliore dei tuoi occhi. “

La mano del mago si mosse dalla spalla per raggiungere il collo delicato, una languida carezza sulla pelle che le mozzò il respiro all'istante. Tesa. IN attesa. Gemette, ingoiando un po' della frustrazione accumulata. Era ad un passo dal cedere. A qualunque cosa. E Victor lo aveva notato. Oh, se lo aveva notato!

“ Quella scintilla di potere e desiderio che non aspetta altro che una spintarella. Un incentivo per farla esplodere, potente e magnifica. Lascia che ti guidi, lasciami entrare. “

Amalia giurò di sentire la sua mano brillare di magia, pizzicarle la pelle e brillare di aloni argentati. Si morse il labbro inferiore e represse un altro gemito. Stava accadendo quello di cui aveva più paura, la sua unica debolezza messa a nudo da un mago oscuro. Amalia era in bilico su un burrone: alle sue spalle c'era la sicurezza della magia buona, quella trattenuta fino a farla stare male. Fatta di buone intenzioni, ma limitata. Troppo limitata. Discorso diverso per ciò che aveva davanti a sé invece, oltre il precipizio. Un lago nero in cui affogare e nutrire la propria sete di potere, quella con cui lottava ogni giorno per non cedergli. Con l'Antica Magia poteva fare qualunque cosa, e sarebbe stato facile. Spaventosamente facile.

“ Amalia. “

Ma troppe persone si erano sacrificate affinché lei stesse dalla parte del giusto. Ed era con quella consapevolezza che, con tutta la forza che possedeva, allontanò Victor da lei, scaraventandogli addosso il contenuto del bicchiere che non aveva minimamente toccato. 

“ MAI! “
 

 
  
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