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Autore: phoenix_esmeralda    03/10/2023    4 recensioni
Dopo l'attacco della nave di Kaibara, Kaori perde la memoria e Ryo ne approfitta per fare retromarcia e riprendere la sua solita vita. Ma quando Kaori scopre che il partner sta vedendo clienti di nascosto, si sente tradita al punto da andarsene di casa. La fic inizia dal punto in cui, nel manga, Kaori massacra Ryo ne locale di Miki e gli dice addio. Insoddisfatta di come evolve il manga a quel punto, ho pensato a un nuovo finale per City Hunter, dove per Ryo le cose saranno un po' meno semplici...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Kaori non riusciva a riprendersi dallo stato di stordimento in cui si trovava. Dovevano già essere trascorsi almeno dieci minuti da quando gli uomini erano spariti nella stanza accanto, portando Ryo con loro; dalla campana di vetro sotto cui si trovava non riusciva a sentire alcun suono e questo la rendeva ancora più ansiosa. Non sapeva neppure se Ryo fosse ancora vivo e in quali condizioni si trovasse.
Nonostante fosse accaduto tutto davanti ai suoi occhi, non riusciva davvero a credere che si fosse inginocchiato davanti a quei delinquenti e li avesse pregati… Non aveva mai visto Ryo Saeba supplicare un avversario, era certa che avrebbe preferito morire piuttosto che abbassarsi a tanto.
Ryo… perché?
 
 
  Ryo giaceva riverso a terra, i polsi e le caviglie ancora bloccati e una gragnuola di colpi che gli si rovesciava addosso. Gli uomini di Mitsuro Sato lo tempestavano di calci e di pugni, senza sosta, colpendo nelle zone più delicate. L’ennesimo cazzotto nel centro dello stomaco gli fece mancare il respiro.
Era una sensazione antica, che non provava da moltissimi anni, quella di essere totalmente in balia di qualcuno senza potersi difendere in alcun modo. L’ultima volta che l’aveva sperimentata era stato quando era caduto in mano all’esercito governativo, prigioniero, prima che Kaibara accorresse in suo aiuto. Si era sentito vulnerabile, impotente e perduto.
E poi, anni dopo, era venuta l’esperienza di trovarsi preda della polvere degli angeli… la sensazione spaventosa della totale perdita di controllo, dell’incapacità di frenarsi, di scegliere, di essere consenziente alle sue stesse azioni…
Aveva giurato che non l’avrebbe mai più provata, che tutto di lui – ogni emozione, ogni azione – sarebbe stato sempre sotto il suo più ferreo controllo.
Finché non si era reso conto che Sato avrebbe violentato Kaori sotto i suoi occhi.
Un piede gli schiacciò una spalla, tenendolo fermo, e una cascata di pugni gli si scaricò nello stomaco. Ryo boccheggiò in cerca d’aria.
Sì, gli era mancata l’aria, quando aveva realizzato che quell’uomo avrebbe potuto fare qualunque cosa a Kaori, anche ucciderla, senza che lui potesse intervenire in alcun modo. Si era reso conto che Kaori poteva smettere di esistere da un momento all’altro.
Ryo cercò di piegarsi in due per smorzare il dolore, ma le manette e il piede dell’uomo glielo impedivano.
Quando Sato aveva messo le mani addosso a Kaori, Ryo aveva perso la lucidità. Anni e anni di autocontrollo esasperato si erano disintegrati come una bolla di sapone contro un muro e lì gli era stata chiara, dolorosamente lampante, tutta la sua stupidità.
Cosa ho fatto fino ad ora, invece di tenermi stretta Kaori?
Mentre i colpi continuavano a cadere, chiuse gli occhi e la vide. Vide Kaori al suo capezzale tutta la notte, chinata su di lui, preoccupata, perdere ore di sonno solo per assicurarsi che stesse bene.
E poi, vide ancora la notte trascorsa l’uno accanto all’altra quando il CESNNA aveva sfondato il loro muro di casa. Si era assopito accanto a lei e Kaori, che fino a poco prima si era mostrata innervosita dalla sua vicinanza, lo aveva fatto sdraiare con la testa sulle sue ginocchia.
Ryo non era completamente addormentato, ma aveva finto di esserlo per godere segretamente di quel momento. Riuscì a sentire nuovamente il calore della vicinanza di Kaori, il tocco delicato delle dita sul suo viso, mentre lui riposava finalmente in un posto sicuro.
Che stupido sei stato, Ryo, a scappare. Solo uno stupido.
Aveva provato uno sgomento inaspettato, quando Mary aveva raccontato a Kaori del suo passato. Pur fingendo indifferenza, dentro di sé aveva temuto che si sarebbe allontanata, che le cose tra loro non sarebbero più state come prima. E invece…
Invece, Kaori lo aveva accolto ancora una volta per ciò che era e, invece di allontanarsi, aveva fatto un passo in più verso di lui. Gli aveva dato una data da festeggiare e la promessa di prendersi cura di lui e della sua solitudine.
Stupido. Sei soltanto uno stupido.
Incassò un calcio in faccia con un ansito.
Poi, due braccia lo tirarono dritto, fino a metterlo in ginocchio. Ryo strinse i denti.
Pensò al tempo passato con Kaori in attesa di attaccare Kaibara, alle emozioni che aveva provato quella notte. Dopo le parole che le aveva rivolto restituendole la pistola di suo fratello, era certo che il loro rapporto sarebbe evoluto e lui si era comportato in tal senso. L’aveva stretta a sé quella volta, per tutta la notte, e aveva promesso a se stesso che sarebbero tornati vivi per poter trascorrere il resto delle loro notti insieme.
E invece sei stato così stupido da fuggire!
Sato si mise ritto davanti a lui, lo guardò dall’alto.
“Baciami i piedi, Ryo Saeba”, ordinò.
Ryo vide un altro scagnozzo, alla sua destra, estrarre una Polaroid per immortalare la scena.
Gettò un’occhiata alla parete, dove capeggiava un grosso orologio a muro che aveva adocchiato appena entrato nella stanza. Erano trascorsi quaranta minuti.
“Coraggio”, rise Sato. “Baciami i piedi e poi leccali!”
Ryo chiuse gli occhi e gli si affacciò alla mente la parete di vetro sulla nave di Kaibara, Kaori oltre quel muro che si rifiutava di fuggire per morire insieme a lui. Non l’avrebbe lasciato solo neppure nella morte.
Risentì sulle labbra il sapore di quel bacio, un bacio che non l’aveva neppure sfiorata, e che tuttavia era risuonato nel suo cuore più di ogni altro bacio appassionato mai dato a chiunque altro.
E allora, perché era scappato poi?
“Saeba”, ripeté Sato “Voglio immortalarti mentre mi baci i piedi e mi lecchi le scarpe. Rovinerò per sempre la tua reputazione”
Io voglio solo che tu resti viva, Kaori. Voglio che arriviamo entrambi alla fine di questa giornata, per poterti dire che sono solo uno stupido.
Ryo si chinò e fece tutto quello che gli era stato ordinato.
Non sentì neppure l’umiliazione, l’unica vergogna che avvertiva era quella della sua vigliaccheria. La vergogna di aver restituito dolore a chi gli aveva dato sempre soltanto calore.
Sato rise forte davanti alla sua resa, poi sollevò un piede e gli diede un calcio in faccia, sbattendolo riverso al suolo.
Fece un cenno a uno scagnozzo, che si avvicinò con un ferro arroventato.
“Adesso voglio sentire la tua voce”, lo provocò. “So che sei in grado di sopportare  un’ustione senza lamentarti, ma io voglio sentirti gridare. Intesi?”
Poi, l’uomo avvicinò il ferro al suo corpo.
 
 
L’urlo raggelò Kaori.
Istintivamente si dimenò, cercando ancora una volta di liberare braccia e gambe che ormai stavano diventando insensibili. Il gesto, però, ebbe il solo effetto di toglierle il fiato.
L’aria si era fatta ormai pericolosamente rarefatta e Sato non faceva cenno di tornare. Forse, alla fine, non si sarebbe accontentato di umiliarli, ma li avrebbe uccisi entrambi.
Ryo, non dovevi venire qui. Me n’ero andata via, non ero più affar tuo.
Un altro urlo, straziante, riempì l’aria. Kaori sentì le lacrime rigarle il volto. Voleva restare calma e non consumare l’aria, proprio come le aveva detto Ryo. Voleva restare in vita per occuparsi di lui, per prendersi cura di tutte le ferite che avrebbe riportato.
La freddezza che aveva caratterizzato il loro rapporto fino a quel mattino le sembrava appartenere a un’altra vita. Non le importava più nulla, ora, del dolore che Ryo le aveva procurato. Voleva solo che restasse vivo… Voleva solo rivederlo.
 
 
 
Mitsuro Sato poteva quasi ritenersi soddisfatto.
Saeba era riverso a terra, i polsi e le caviglie legati, ormai sanguinanti, il corpo pieno di lividi. La maglia era stracciata in più punti e lasciava intravvedere tre grosse ustioni che scurivano la carne. Quando aveva ideato la sua vendetta, non immaginava avrebbe ottenuto tanto.
“E adesso il gran finale”, ridacchiò.
Ryo gettò un’occhiata all’orologio e si irrigidì.
“Mancano solo otto minuti. Devi liberare Kaori prima che l’aria si esaurisca”
“C’è tempo”, lo liquidò. Estrasse un coltello acuminato e osservò la lama per valutarla. “Fino a dove sei disposto ad arrivare, Saeba,  perché io salvi quella donna?”
Sorridendo, fece cenno ai suoi uomini di abbassare i pantaloni di Ryo. Fecero scivolare jeans e mutande verso le ginocchia.
Sato gli avvicinò il coltello all’inguine, mentre un suo scagnozzo scattava la foto.
“Allora, Saeba, sei disposto a rinunciare per sempre al tuo amico e alla tua reputazione di stallone, per salvare la tua donna?”  Accostò il coltello alla pelle. “Taglio?”, chiese con un sorriso  maligno.
Ryo non si prese neppure il tempo di esitare.
“Mancano solo cinque minuti”, ringhiò. “Fai quel che devi fare, ma libera immediatamente la mia partner”
Sato alzò la lama per colpire.
 
 
A Kaori vorticava furiosamente la testa, l’aria ormai era insufficiente e ogni respiro risultava difficoltoso.
Le sembrava di non sentire più il corpo e anche i suoi pensieri si dissipavano in un bianco accecante che le annebbiava la mente e le impediva di restare presente a se stessa.
Non si rese conto della porta che si spalancava all’improvviso, ma di punto in bianco sentì l’ossigeno tornare e i suoi polmoni si aprirono, quasi brucianti, ad accogliere l’aria fresca che la stava investendo.
Sato era accanto a lei e sorrideva sornione.
Kaori prese fiato per parlare, ma una fitta improvvisa alla gola la fece ammutolire.
“Ti stai chiedendo che fine ha fatto il tuo partner?”
In quel momento, dalla stanza accanto uscirono i due uomini di Sato, trasportando Ryo sanguinante e ancora ammanettato. Lo gettarono a terra di malagrazia, ma lui non aprì gli occhi.
Kaori sussultò. “È…?”
“È addormentato”, spiegò l’uomo. “L’abbiamo riempito di narcotico, dormirà almeno per qualche ora. Si tratta pur sempre di City Hunter, non potevo liberarlo senza prendere precauzioni”, sorrise.
Poi alzò delle istantanee e gliele mise davanti agli occhi.
“È interessante quello che è stato disposto a fare per salvarti”, disse, sventolandole le foto davanti agli occhi.
Kaori fissò incredula l’immagine di Ryo, chinato sui piedi di Mitsuro Sato.
L’uomo scoppiò a ridere. “Ryo Saeba ha un punto debole grosso come un palazzo! Ragazza, per te è disposto a fare veramente qualunque cosa!”
La seconda foto che le mise davanti agli occhi la atterrì.
Ryo senza pantaloni e quel coltello puntato all’inguine…
“Ma cosa… Perché…”
“Lo stallone di Shinjuku che accetta di farsi castrare per salvare la sua donna”, gongolò. “Che situazione paradossale!”
Kaori sbiancò.
Non poteva davvero… Non aveva osato…
Vedendo la sua espressione, Sato tornò a sghignazzare.
“Stai tranquilla, ragazza”, disse infine. “ Nemmeno io posso scendere così in basso da castrare un uomo. L’ho solo provocato e ho scattato quella foto che distruggerà totalmente la sua reputazione. Tuttavia, era disposto a lasciarsi evirare senza battere ciglio, purché ti liberassi prima che l’ossigeno venisse a mancare. Ammetto che mi ha spiazzato, ha coraggio da vendere”
“Ryo veramente era disposto…”. Kaori non poteva crederci. Per Ryo, il suo amico era tutto.
Sato si chinò a liberarle  le caviglie, poi fece lo stesso con i polsi. Kaori abbassò le braccia irrigidite con un gemito, si prese il tempo di recuperare la sensibilità nel corpo e poi, zoppicando, si diresse verso il corpo di Ryo.
Vedendo le ustioni, i lividi, il sangue, le lacrime iniziarono a scorrerle sul volto.
Sato fece cadere a terra, accanto a lei, le chiavi delle manette.
“Ho ottenuto ciò che voglio e ora me ne vado”, disse. “Ho chiamato Mick Angel e gli ho detto di venire a recuperarvi senza dare nell’occhio. Nessuno di noi vuole troppa attenzione su di sé, vero?”
Con un ultimo cenno di saluto, Mitsuro Sato se ne andò, seguito dai suoi uomini.
  
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