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Autore: SheHadTroubleWithHerself    04/10/2023    0 recensioni
Elisabetta è in perenne lotta con se stessa.
Mentre si lamenta della sua vita monotona, trema al solo pensiero di un cambiamento che possa stravolgerla.
Nella sua testa non può fidarsi di nessuno, e questo l'ha portata a chiudere diverse amicizie, ma ciò che brama di più è poter cadere sapendo che qualcuno l'afferri in tempo.
“Che cosa pensi potrebbe aiutarti a farti sentire meglio?”
“Una persona che riesca a farmi pensare che valga la pena svegliarsi ogni mattina e vivere un'altra giornata.”
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO QUINDICI

 

Elisabetta conosce la sensazione dell'essere legati a dipendenze irrazionali. Quando in seconda media aveva provato la prima sigaretta non solo aveva sottovalutato il gusto del fumo in bocca, ma si rendeva anche conto di quando fosse stupido e inutile riporre speranze che una sigaretta la facesse sentire meglio. Così aveva smesso, e poi ricominciato. Ripetutamente.

Motivo per cui ora si trova appollaiata sul muretto dell'hotel con solo una felpa e undici gradi a farle compagnia. Non riesce a distinguere se il fumo che esce dalle sue labbra sia della sigaretta o legato al freddo ma pensa che quella sia l'accoppiata vincente. Il freddo che anestetizza e la sigaretta che la distrae dalle parole di Federico che ancora vorticano nella sua testa. L'aveva poi salutata augurandole buona fortuna e consigliandole di tornare in terapia.

Si sente in imbarazzo all'idea di ricontattarla, parlare di tutto ciò che è successo e sentirsi dire che va tutto bene quando forse nemmeno lei ci crede. L'unico bisogno che sente in questo momento è sentire la voce di Claudio o almeno sapere come sta.
Mentre torna in camera ha un'illuminazione nel ricordare il numero di Riccardo nella sua rubrica. Non sa perché sia così facile chiamare lui, forse perché è l'unica persona rimasta a tifare per il loro rapporto così assurdo.

“Pronto?” la voce è bassa, confusa dal non riconoscere l'interlocutore.
“Ciao Riccardo, Sono Eli.” risponde timidamente, all'improvviso non sa nemmeno da che parte cominciare, Riccardo sembra venirle in aiuto. “Ehi! Come va? Ho saputo che a Capodanno non è andata molto bene...” sembra comprensivo, per nulla arrabbiato nei confronti di chi ha disintegrato il suo migliore amico.
“Sì, beh. Forse non c'era da stupirsi.” Elisabetta sbuffa una risata imbarazzata cercando di portare avanti la conversazione.
“Forse è stato un errore portarlo da te in quelle condizioni. Claudio è una persona molto equilibrata ma è un essere umano e non può contrastare a lungo gli effetti dell'alcol.” ammette Riccardo sospirando.
“O forse è stato un bene discuterne una volta per tutte. Anche se non ti nego che avrei preferito un finale diverso. In realtà ti ho chiamato per sapere come stesse.”
Ci vuole qualche secondo prima di ricevere una risposta, ma alla fine sente “Ci ho parlato ieri. Per ogni domanda che gli ponevo lui mi rispondeva cambiando discorso. L'unico argomento trattato è stato lo studio.” Elisabetta non sa esattamente cosa provare o pensare.”Il fatto è questo: sta di merda. E non lo dico per farti sentire in colpa, ma forse nemmeno lui è davvero così bravo a gestire le sue emozioni. Non riesce ad accettare... come posso chiamarla? Sconfitta? Si è messo in testa fin da subito che sarebbe riuscito a risolvere ogni tuo problema. Ti sembra sano?”

Elisabetta non l'aveva mai pensata da quel punto di vista. Quello di cui ha sentito parlare come ottimismo tossico. L'ossessione che tutto debba andare sempre bene. Che non debba esistere la sofferenza.
“Ma almeno lui ci prova, no? E io ho apprezzato ogni suo singolo sforzo. Ma arriva sempre quel momento in cui nel mio cervello diventa tutto nero. E lui non merita questo.” la voce trema solo alla fine della frase.
“Perdonami, ma non si merita che cosa? Soffrire? Nessuno lo merita, in primo luogo. Quello che secondo me è stato il vostro sbaglio è stato di non godere dei momenti buoni, anche se sono stati pochi.” Riccardo sembra alterato, Elisabetta si chiede da quanto tempo abbia voluto esprimere una sua opinione data la velocità con cui la sputata fuori.
“Lo so Richi, però...” Elisabetta sbuffa un paio di volte prima di arrendersi a terminare la frase.
“Senti, facciamo così: forse io non ho capito un cazzo e sto superando ogni limite. Tu lo rivuoi, e non provare a negarlo. Lui ti ha sempre voluta ma ovviamente ora crede di non avere più nessuna occasione.” spiega ogni concetto come se dall'altro lato del ricevitore ci fosse un bambino di quattro anni. “Claudio tra una decina di giorni ha un esame, ti sconsiglio di vederlo prima. Ma l'esame finirà, almeno credo, per le due del pomeriggio. Forse se ti trovasse sotto casa quel giorno potreste provare a parlarne di nuovo.”

Elisabetta ne rimane colpita da tutta quella intraprendenza. Non riesce a trovare un motivo per smentire ogni parte del suo piano, forse si è semplicemente sentita dire ciò che voleva.
“Ok, ok. Ma se invece non volesse parlarmi?” quella paura c'è, la sente appollaiata sulla bocca dello stomaco.
“Facciamo finta che tu non mi abbia chiesto questa cosa.” liquida con facilità Riccardo. “La promessa che però devi farmi è che parlerete sul serio. Niente “e se poi”, niente “potrebbe succedere”. Parlate delle cose concrete: quelle che sono successe e cosa provate per l'altro. Adesso è questo quello che conta. Se poi va male almeno non avrete rimpianti.” Riccardo lascia tutto il tempo necessario ad Elisabetta per comprendere a pieno tutti ciò che ha detto. Lo sa che vorrebbe ribattere, annullare ogni singolo sforzo, ma sa anche che è tutto ciò che voleva sentirsi dire.

Forse Riccardo non ha fatto altro che sbatterle in faccia la consapevolezza di starsi auto-sabotando e di aver generato centinaia di motivi per allontanarsi da Claudio pur avendone altrettanti per stargli accanto. Per la prima volta, forse nella sua vita, sente la pelle pizzicare convinta di dover fare qualcosa all'istante ma ripete nella sua testa che deve lasciargli spazio. Almeno fino al giorno dell'esame.
Nulla però le vieta il giorno dopo di contattare la sua psicologa che senza indugi la inserisce nuovamente nei suoi appuntamenti. La prima seduta è il giorno stesso, e dal momento che Elisabetta è un fiume in piena di parole e concetti la psicologa non si permette di interromperla e chiederle cosa l'ha spinta a tornare indietro. La terapista riesce a vedere negli occhi della sua paziente la voglia di analizzarsi che da tempo aveva perso. E' tutto relativamente incentrato su Claudio, ma senza che lei se ne renda conto sta parlando anche di rimettersi in piedi, cercarsi nuovamente un lavoro e provare a non piangersi addosso quando qualcosa non va nel verso giusto.

 

Veronica invece è preoccupata. E nonostante il marito cerchi di consolarla, il non riconoscere più Claudio la fa sentire disorientata. Si ritrova in questa situazione in cui vorrebbe rimproverarlo, e dargli uno scossone, ma al tempo stesso non ha nessun motivo per farlo.
Suo figlio passa ogni sua giornata chiuso nella sua stanza in completo silenzio, prevalentemente a studiare. Ogni tanto percepisce dei movimenti, poi lo vede uscire dalla stanza con lo sguardo disorientato. Come se dovesse ricordarsi cosa c'è oltre le quattro mura della sua stanza.
“Ciao tesoro...” sospira Veronica costringendo il figlio in un abbraccio stretto. “Come va lo studio?”
“Mamma, sto bene.” risponde Claudio con voce attutita dal maglioncino della madre.
“Ho fatto un'altra domanda.” rimprovera bonariamente scompigliando i capelli castani.
“Va tutto bene, sarò pronto per il giorno dell'esame. Per il resto, non mi va di parlarne.” Veronica lo stringe ancora più forte prima di lasciarlo definitivamente “Però lo sai che puoi farlo. Vero?”
Claudio annuisce per poi superarla.

 

Sono passati solo quattro giorni, anche se sembrano secoli. Non pensava di potersi mai ritrovare a fermare il prurito delle sue mani che vogliono scrivergli un messaggio, o ancora peggio scattare fuori da quella camera d'albergo per presentarsi sotto casa sua. Ma sa di dover aspettare. Tante volte Claudio ha dovuto aspettare i suoi tempi ed è giusto che anche Elisabetta ricambi il favore, ma soprattutto solo ora ne capisce l'importanza e le sensazioni che si provano stando da questa parte.

Un'altra cosa che ha imparato è sfruttare al cento per cento il suo rapporto con la sua terapeuta, sentendola quotidianamente anche se non ci sono sedute fissate. L'aveva sempre definita una debolezza non riuscire nemmeno ad aspettare la seduta successiva prima di riversare ogni sua emozione, invece ha riscoperto il piacere di chiedere aiuto, di sentirsi accolta da qualcuno che vuole semplicemente il suo bene.
Non lo definisce un vero e proprio cambiamento, sia perché c'è ancora molto su cui lavorare, sia perché non è la sua persona a essere cambiata, solo la prospettiva. Il suo umorismo è rimasto pungente e sarcastico, la sua spavalderia è ancora perfettamente amalgamata alla sua timidezza ma può vantare un pizzico di sicurezza in più.

E se da una parte non vede l'ora di parlare a Claudio, dall'altra non può che innervosirsi nel sentirsi dire che anche i suoi familiari meritano un chiarimento.
Non riesce neanche a ricordare l'ultima volta che si sono sentiti visto che sono venuti a mancare sia gli auguri di Natale che di Capodanno, segnale che anche loro si sono arresi. Ma quello che ha capito è che non devono necessariamente ricucire il rapporto o fare finta di niente, come dice la sua terapista “Hai semplicemente bisogno di definire ogni rapporto della tua vita.”, ed è stancante, e a volte Elisabetta ritorna in quei cupi pensieri per ricordarsi la facilità con cui una persona può andarsene, ma il problema è sempre stato un solo: Elisabetta non ha mai voluto andarsene.
“Va bene sentirsi sopraffatti, la differenza sta nel reagire.” sono le parole della sua terapeuta, e ammette di averle voluto ridere in faccia o darle uno schiaffo per la semplicità con cui ha detto quella frase.
Ma per l'ennesima volta Elisabetta si stupisce di se stessa e all'ottavo giorno, due giorni prima che le sia permesso di parlare con Claudio, si sveste di tutto punto per dirigersi verso quella che una volta era casa sua. Ha persino chiamato la sorella che stranamente non le ha fatto troppe domande.
L'arrivo è surreale. Non è sicura di avere ancora il diritto di usare il suo mazzo di chiavi o se sia meglio suonare il citofono, motivo per cui si siede sul gradino del portone e decide di aspettare che arrivi anche sua sorella.

“Ciao Giorgia.”
Se non avessero anche loro un rapporto complesso e difficile da definire, si sarebbero abbracciate. Ma non è così che loro si dimostrano affetto, Giorgia si limita a tenderle la mano e a fare un sorriso triste. “Ciao Eli.”

Quando sente il rumore familiare della chiave che apre la serratura, gli occhi di Elisabetta volano verso il basso per vedere all'istante una testolina grigia e pelosa strusciare contro l'intercapedine. Rimane sull'uscio ad accarezzare il suo gatto che, per mancanza di una vera madre, la mordicchia facendole fare versi di dolore. Finché non sente la sua voce.
Si guardano intensamente, quasi a volersi sfidare, ma Elisabetta si arrende quasi subito pronunciando tre semplici parole. “Voglio solo parlare.”
Si siedono tutti, quasi come se volessero ignorare la sua presenza mentre lei rimane in piedi appoggiata con il fondo della schiena al mobile della cucina. Sua sorella le offre un bicchiere d'acqua prima di sedersi sul divano accanto al loro padre.
“Io volevo chiedervi scusa.” è bastato questo breve preambolo per far sussultare sua madre e far sbarrare gli occhi al resto della famiglia. “Ho capito di non aver reso la situazione più facile e mi dispiace.”
Incredibilmente Elisabetta ha lo sguardo alto, alterna la sua visuale tra tutti le persone che sono davanti a lei chiaramente in attesa delle prossime parole.
“Questo non significa che rimangio tutto ciò che ho detto. Ultimamente non ho trovato altro che porte chiuse da parte vostra, mamma e papà. Mi sono sempre sentita sbagliata, fuori luogo e impossibilitata a esprimere ciò che davvero pensavo, perché poi vedevo le tue reazioni.” l'attenzione è rivolta tutta verso sua madre che ha un'espressione gelida e illeggibile, sicuramente vogliosa di urlare in tutte le lingue del mondo il suo disappunto e la lista di cose che ha sempre fatto in quella casa.
“E tu, papà, avrei voluto delle parole di conforto, o che quanto meno ti esponessi. Ma va bene, adesso ho capito come funziona e siccome la mia parte di ingranaggio non combacia con la vostra è giusto che rimaniamo a distanza. Però voglio essere sicura che dopo essere uscita da quella porta, finalmente, ci saremmo chiariti. Perché questo è ciò che la mia terapeuta mi ha insegnato.”
Cala il silenzio più totale, Elisabetta comprende solo quello della sorella che da quando convive non è più stata troppo presente nelle vicende familiari. Forse bastava questo, comincia a pensare, e subito si dipinge nella sua testa un'immagine idilliaca e utopica di lei e Claudio che condividono una casa tutta per loro.
“Hai sempre avuto modo di criticare questa famiglia, qualsiasi cosa facessimo.” esordisce finalmente sua madre che si alza per recuperare una sigaretta dal suo pacchetto per accenderla subito dopo.

Se non fosse una situazione particolare, Giorgia l'avrebbe già rimproverata di non fumare in casa.
“Ma non vuoi vedere le cose come stanno. Ho sempre cercato di darti tutto e insegnarti tutto ciò che impedisse agli altri di parlare di te e questo è quello che mi torna indietro. Una ragazzina ingrata e che si sente incompresa.”
“Forse quello che non hai mai capito è che a me, degli altri, non può importare di meno. Eri così concentrata nei tuoi obiettivi da non vedere la mia sofferenza. Ci tenevi così tanto a disegnare un'immagine di questa casa e di questa famiglia completamente distorta solo perché forse immaginavi un futuro diverso.” risponde pacatamente Elisabetta, anche se seguendo l'istinto starebbe già urlando e distruggendo quella stanza.
“A te non dà fastidio che io viva fuori casa, non ti manca la mia presenza. Sei solo preoccupata di ciò che dovresti rispondere nel caso qualcuno ti chiedesse di me. E questo fa male, ma sarebbe più sopportabile se tu riuscissi ad ammetterlo, come io sto ammettendo di non riuscire a mantenere un rapporto con voi. Non pensare che questo mi faccia stare bene.”
Il padre si schiarisce la voce proprio nel momento in cui sua madre è intenta a rispondere. Il suono è paragonabile ad un tuono durante la tempesta data la sua voce profonda.
“Visto che mi chiedi di espormi: lo farò. Credo sia davvero il caso di prendere le distanze, ma non perché non abbiamo il minimo affetto nei tuoi confronti. Anzi. Ma se stare vicini comporta tirare fuori il peggio di noi e di non rispondere delle nostre azioni allora sono d'accordo con quello che dici.”
Elisabetta non sa se sentirsi sollevata o in pieno panico. Se fosse un videogioco, da qualche parte negli angoli della schermata, si riuscirebbe a leggere il passo successivo da fare. Ma considerato che questo non è un videogioco, chi le dice come muoversi ora? E' considerato fallimento se uscisse dalla stanza?
“Aspettate un attimo, non era questo lo scopo.” si intromette Giulia, reagendo in maniera nervosa.
“Il mio scopo era di chiudere questa cosa una volta per tutte, qualsiasi fosse la vostra risposta. E forse in fondo non mi aspettavo niente di diverso.”
Riprende la borsa in mano, riallaccia il giubbotto e dopo aver accarezzato, forse per l'ultima volta, il piccolo felino di casa si dirige davanti alla porta. Ma non la apre prima di potersi togliere un ultimo sassolino nella scarpa.
“Qualcuno è riuscito a vedere qualcosa di bello in me, ma a causa delle vostre critiche e le liste di difetti che mi avete sempre affibbiato rischio di perderlo.” gli occhi formano una leggera patina acquosa prima di farla continuare. “Dico di rischiare, perché ci metterò tutta me stessa per non darvi ragione e riuscire ad averlo accanto a me.”
La madre sembra sul punto di far esplodere una risposta, prima che Elisabetta la preceda concludendo “Se ti chiedono dove sono finita, ti do il permesso di creare il miglior scenario possibile.” la porta si chiude con il solito tonfo.

Ora riesce a dire di sentirsi meglio, di aver detto tutto senza dare libero sfogo ad una rabbia che le avrebbe solo confuso le idee. Le viene in mente di mandare un breve messaggio alla terapista, spiegandole brevemente ciò che ha fatto e che analizzeranno il tutto nella prossima seduta.
Il passo successivo sarebbe trovarsi un lavoro, perché non potrà continuare a vivere in hotel ancora a lungo. Decide quindi di camminare senza una vera e propria destinazione, osservando qualsiasi attività in cerca di personale che possa fare al caso suo. Non ci sono troppi annunci e i pochi a cui chiede informazioni la liquidano lasciandole una mail dove poter inviare il suo curriculum e sebbene si senta sconfitta decide di tornare in albergo così da cominciare a inviarli. Non c'è tempo da perdere.
Alla reception il ragazzo che l'accoglie è lo stesso che ha intravisto Claudio entrare la notte di Capodanno e uscire la mattina dopo con una felpa nera striminzita addosso. Elisabetta prova ancora un po' di imbarazzo al ricordo delle spiegazioni che ha dovuto dare, ma lui la saluta con il solito sorriso cordiale.
“Come va oggi?” le chiede mentre le porge le chiavi della stanza senza nemmeno chiederle di ricordale il numero.
“Bene, un po' alla volta. Non ricordavo che cercare lavoro fosse così sfiancante...”
“E' arrivato il momento, eh? Non esaltarti troppo, ma credo che il direttore stia cercando personale ma non ancora in che posizione.” abbassa il tono della voce nel darle quell'informazione.
“Farei quasi qualsiasi cosa per essere assunta, dove posso mandarti il curriculum?”
La sua memoria muscolare fatica a registrare l'enorme sorriso che compare sulla faccia.


Si rende conto che il tempo passa con più facilità quando la sua testa e impegnata a qualcosa di più utile che l'autocommiserazione. Si sveglia quella mattina quasi scordandosi che è il giorno in cui Claudio ha l'esame. L'idea malsana di mandargli un messaggio di auguri è come una piccola nuvola passeggera. Minaccia di piovere, ma alla fine porta solo una brezza leggera.
Fuori però piove sul serio, ed Elisabetta prega con tutta se stessa che quella non sia un'anticipazione del responso di quella giornata. Manca ancora qualche ora ed Elisabetta impiega il tempo per fare una lunga e rigenerante doccia per poi far asciugare i capelli con un asciugamano chiuso intorno mentre modifica il suo curriculum e lo manda nella mail che l'è stata indicata.
Rende tutto più facile non dover pensare ad un abbigliamento in particolare e non si preoccupa nemmeno di truccarsi, quello che però inevitabilmente continua a fare è pensare a cosa dire. Capisce che la cosa più brutta che possa a accadere è che lui non le creda, e quello potrebbe essere il colpo di grazia. Viene ridestata dalla suoneria del cellulare: è Lorenzo che le fa gli auguri e che si raccomanda che lei non abbia cambiato idea nel corso dei giorni. Lo rassicura ringraziandolo ancora per l'incoraggiamento.

Esce di casa in largo anticipo e camminando sente le gambe diventare gelatina nonostante non si sia mai sentita così risoluta e convinta. Compie l'intero percorso a piedi così da smaltire l'ansia e far sì che il freddo circostante la faccia rimanere lucida.
Ha perso il conto di quante cose le passano per la testa, sicura che nessuna di quelle opzioni verrà mai presa in considerazione. Arrivare lì davanti le fa ripercorrere lo scorso Natale, evento che sembra lontano secoli. Si chiede se Claudio abbia mai trovato il suo regalo lasciato in macchina.
E' a un passo dalle file di bottoni del citofono condominiale quando un movimento alla sua sinistra la distrae. L'indice è ancora sospeso nell'aria quando vede Claudio chiudersi il portone con un grosso tonfo. Lei ancora pietrificata.
Non nega di avere ripensamenti, all'improvviso non ricorda nemmeno perché lo stia facendo e l'unica cosa che sembra poterla aiutare è sedersi in cerca di aria sul piccolo gradino del negozietto affianco.
“Ho bisogno di aiuto.” ammette con la voce che trema e gli occhi sgocciolanti.
“Elisabetta che succede?” poche volte ha sentito la sua terapeuta così preoccupata.
“Che cosa sto facendo? Perché ho potuto credere che presentarmi a casa sua fosse una buona idea? Probabilmente lui sta solo cercando di andare avanti e invece arrivo io a creare ancora più confusione.” Sente Paola sospirare, forse di sollievo.
“Che cosa abbiamo detto nella scorsa seduta? Questo incontro serve per far sì che tu sia onesta con te stessa e con Claudio. Lui merita di sapere cosa provi per lui e cosa sei disposta a fare per averlo accanto.” Le tornano così in mente gli occhi commossi dalla realizzazione dei suoi sentimenti di quel giorno.
“Sono proprio senza speranza, eh?” borbotta ironicamente, sorride ancora di iù quando sente il tono di rimprovero dall'altro capo del telefono.
“A piccoli passi, sei un essere umano che può commettere errori ma adesso sei pronta a porre rimedio.”
Con quelle parole a rimbombare nella testa si decide a suonare il citofono. “Sì?” domanda la voce femminile lievemente robotica di Veronica.
“Sono Elisabetta. Posso salire?”
“Ciao Eli... non mi sembra il momento adatto.” la sua voce tentenna, non è sicura di ciò che sta dicendo.
“Veronica, so di aver fatto un gran casino. Ne ho fatti tanti. Ma mi serve un'altra opportunità, e se dopo oggi non vorrà più vedermi mi dissolverò.” le parole fluiscono senza che lei debba pensarle, sicura di sé abbastanza da credere di averla convinta.
“Le tue intenzioni sono genuine, lo so, ma Claudio ades-” il rumore della serratura del portone il legno la distrae, Veronica non dice più nulla.
Non ha tempo di riflettere, spinge con forza il portone e nel tempo in cui deve ancora chiudersi Elisabetta ha già compiuto di corsa una rampa e mezzo di scale con le scale e avvampando dal caldo. Alla porta l'aspetta Franco, aggrotta leggermente le sopracciglia prima di arrivare davanti a lui riprendendo fiato.

“Tu l'hai distrutto e tu lo ricomponi. Non mi fare pentire di questa scelta.” sancisce duro.
Elisabetta annuisce lentamente con un residuo di affanno ed entrando in casa oltre al calore l'accoglie Veronica a braccia conserte e uno sguardo indecifrabile.
Claudio dev'essere in camera sua perché non nota alcuna altra presenza. Bussa un paio di volte alla sua porta, Veronica e Franco sono spariti dalla sua vista.
“Mi cambio e vengo a mangiare.” sono le uniche parole che pronuncia.
Non ha il coraggio di annunciarsi ma non ne ha il bisogno nel momento in cui Claudio spalanca la porta, e insieme a questa le palpebre. Il tonfo della porta che si richiude la fa sobbalzare.
“Claudio ho bisogno di parlarti.” Sembra passare un'eternità dalla risposta.
“Pensavo l'avessimo già fatto, non credo sentirei qualcosa di nuovo.”
Cosa pensi adesso Riccardo? Lo chiamerebbe in quell'istante solo per dimostrarle che aveva ragione.
“Quello che ho detto era vero, ogni parola. Ciò che non sai è che dopo essertene andato tutti quei pensieri che tu odi sono tornati a mangiarmi la testa.” comincia mentre si spoglia del giubbotto e sedendosi sulle sue stesse gambe di fronte alla porta ancora chiusa. “Non te lo sto dicendo per farti pena o altro, però se non sono riuscita ad andare oltre a un piccolo graffio è perché poi ho pensato a te. E il solo pensiero di ferirti ulteriormente mi ha fermato da ciò che stavo facendo, e per la prima volta ho creduto davvero che ci fosse un'alternativa. Sai che ho ricominciato ad andare dalla psicologa? E' stato tutto frenetico e improvviso, tutto a un tratto avevo voglia di rialzarmi in piedi, ricominciare ad essere una persona e non materia che vaga.”

Nel momento in cui smette di parlare si rende conto del silenzio totale che regna in casa.
“Soprattutto sto cominciando a capire che chiedere aiuto non è una debolezza, che se ho bisogno di appoggiarmi a qualcuno è perché sto effettivamente vivendo. E vorrei che tu fossi accanto a me perché starti accanto quella notte, assicurarmi che tu stessi bene, è stata la sensazione migliore mai provata.”
“Cosa ti fa pensare che questo possa bastare? Che io voglia avere ancora a che fare con te?”
Claudio deve essere appena appoggiato alla porta, la voce è bassa ma è abbastanza vicino da farsi sentire.
“Perché questa volta tu non sarai una cura. Non ti dovrai fermare per far sì che io possa raggiungerti. Cammineremo insieme.”
Si sente così melensa, degna di qualsiasi film di Natale. Elisabetta appoggia la mano delicata sulla maniglia, la abbassa lentamente per dare il tempo a Claudio di capire le sue intenzioni e di fermala nel caso le sue parole non siano bastate.
Quando lo vede, seppur nella penombra della stanza, il suo cuore pompa ad una velocità quasi preoccupante.
“Mi dispiace essermi resa conto della tua importanza solo quando ti ho perso, non è questo quello che meriti. E sicuramente questo è solo l'inizio, sbaglierò ancora con l'unica differenza che questa volta sono forte abbastanza da riprovarci.
“Pensi che avrò tutta questa pazienza?” ribatte impassibile, l'unico movimento che Elisabetta riesce a rilevare è la sua mano destra che si muove in maniera nervosa. Solo in quel momento lei si priva di qualsiasi inibizione.
“Tu sei stato il solo ad affermare fortemente che io avessi un valore. Piuttosto che sottolineare le cose che andavano male o i miei cattivi atteggiamenti hai sempre e solo cercato di guidarmi verso una direzione che portasse a una soluzione. Io non sto dando per scontato la tua presenza, ho semplicemente imparato che con i giusti tempi tutti siamo in grado di riprendere il filo delle nostre vite.” Elisabetta si sente così sopraffatta e allo stesso tempo con la situazione in mano. La sua testa gira per tutto ciò che sta provando e anche se non sa a cosa stia pensando Claudio si sente improvvisamente più leggera e serena.
“Non sono venuta qui per convincerti, ma per permetterti di andare avanti perché è quello che d'ora in avanti farò anch'io. Non accetterò più che qualcuno oscuri se stesso o soffra solo perché io sono stata troppo cieca per vedere tutto intorno a me sfaldarsi.”
Tutto ciò che fa dopo è semplicemente osservarlo nella sua posa ed espressione imperscrutabile. Il suo inconscio vorrebbe scuotergli fuori dal corpo una risposta ma sa di non avere il diritto di forzarlo a parlare. Decide quindi di lasciargli spazio, raccogliere da terra il suo giubbotto insieme alla borsa e ringraziare Franco e Veronica per l'ennesimo atto di fede.

Si trova accanto alla porta di casa con entrambi i genitori ad osservarla con curiosità, incapaci di capire quale sia l'esito della loro conversazione. Elisabetta non ha il tempo di rispondere e se le braccia di Claudio non l'avessero completamente avvolta facendole cadere ogni cosa dalle mani, sarebbe riuscita a notare un sorriso timido sul volto di Franco. Rimane immobile a godere di quel calore che la circonda assieme al respiro leggermente affannato che sbatte ritmicamente tra i suoi capelli castani. Rimarrebbe così per sempre, anche se non sa questo abbraccio cosa possa significare.
Trova lo spazio per girarsi e abbracciarlo di conseguenza. Spinge forte le dita sui suoi vestiti incurante se possa provare dolore e sospira forte.

“Scusa se per un attimo ho creduto che non potessi farcela.” le sussurra dolcemente.

Tipico di Claudio chiedere scusa anche quando non ha nessuna colpa.

“Scusa se non ho avuto abbastanza fiducia in te da crederti.”



Ma io davvero sto aggiornando dopo più di un anno? Con che coraggio poi.
Comunque nel caso vi foste dimenticati di me: piacere sono una ritardataria cronaca e con così poca fiducia in se stessa da dovermi convincere ogni volta che questa storia merita una fine. 
A parte gli scherzi, non ho giustificazioni se non per gli ultimi mesi ma, ehi, ho caambiato lavoro lasciando un indeterminato "solo" perché rischiavo un esaurimento nervoso! ( vi faccio un po' di pena?)
Torno anche frescamente reduce ( si dice?) dalla conoscenza di un Claudio che non era minimamente simile al personaggio che ho creato io. Ovviamente. Eh va beh.
Ogni tanto vi ho osservato, quindi so che qualcuno mi ha letta e di questo sono molto grata. E forse il fatto di non avere molto seguito è un bene perché avrei deluso veramente tanto le vostre aspettative. Invece visto che non sono nelle priorità di nessuno posso portare a termine questa storia senza alcuna pressione.

Grazie per l'attezione e per chi è ancora curioso dell'epilogo di questa storia, beh forse riesco a terminarla prima che la Terra imploda o venga sommersa dalle acque. Saluti!

   
 
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