#4
~ Ora blu
(lista pumpSky)
(lista pumpSky)
È seduto sul bordo delle vaste ali di
pietra, le sue gambe pendono e oscillano nell’aria gelata
come rami in una
brezza. Prova una strana pace: è al di sopra della terra, al
di sopra della
guerra. Tutto è sereno, quassù.
«Mi sceglierei un posto un po’ più pericoloso per mettermi seduto, se fossi in te» dice Revali alle sue spalle. «Ho delle corde, tra qualche parte. Posso appenderti a testa in giù per una gamba, se ti fa piacere.»
Link sorride tra sé. «È solo che non avevo mai visto il cielo di questo colore.»
Revali si ferma a scrutare un po’ il cielo al suo fianco, in silenzio, pensierosamente. Link non si aspetta che parli ancora: non ha posto domande che attendano risposta. Non ci sono aspettative nell’aria. C’è solo la grande aria blu che li circonda, opaca e intensa come una tela dipinta.
«La mia gente la chiama l’ora blu» dice Revali d’improvviso.
Link non si era aspettato che parlasse di nuovo.
«Che cosa?» chiede alzando lo sguardo. Revali sta osservando il cielo come se lui non fosse neppure lì; eppure è per lui che sta parlando.
«Questo particolare colore del cielo, in questo momento della giornata» spiega. «Ora blu. È così che lo chiama la mia gente.»
«Oh» mormora Link. Non sa bene cosa pensare. Questa banale informazione lo colpisce molto più di quanto aveva pensato in un primo momento, e impiega qualche istante a capire perché: Revali non gli mostra mai nulla della sua vita al di fuori della Calamità e dei Colossi Sacri. Non parla mai della sua vita al Villaggio dei Rito, né della sua gente. Per qualche strano motivo, quel dettaglio è stranamente intimo. «Non sapevo che avesse un nome.»
«Ti sorprenderebbe sapere quanti nomi abbiamo per le condizioni del cielo» risponde Revali.
Se Link non lo conoscesse bene, direbbe che nella sua voce c’è una vibrazione molto simile alla nostalgia.
«Grazie di avermelo detto» dice, e lo pensa davvero.
«Di niente» mormora Revali. Fa per voltarsi e tornare dentro, ma d’un tratto, per qualche ragione, si ferma. «Grazie a te. Era da tanto che non mi fermavo a guardare il cielo.»
«Mi sceglierei un posto un po’ più pericoloso per mettermi seduto, se fossi in te» dice Revali alle sue spalle. «Ho delle corde, tra qualche parte. Posso appenderti a testa in giù per una gamba, se ti fa piacere.»
Link sorride tra sé. «È solo che non avevo mai visto il cielo di questo colore.»
Revali si ferma a scrutare un po’ il cielo al suo fianco, in silenzio, pensierosamente. Link non si aspetta che parli ancora: non ha posto domande che attendano risposta. Non ci sono aspettative nell’aria. C’è solo la grande aria blu che li circonda, opaca e intensa come una tela dipinta.
«La mia gente la chiama l’ora blu» dice Revali d’improvviso.
Link non si era aspettato che parlasse di nuovo.
«Che cosa?» chiede alzando lo sguardo. Revali sta osservando il cielo come se lui non fosse neppure lì; eppure è per lui che sta parlando.
«Questo particolare colore del cielo, in questo momento della giornata» spiega. «Ora blu. È così che lo chiama la mia gente.»
«Oh» mormora Link. Non sa bene cosa pensare. Questa banale informazione lo colpisce molto più di quanto aveva pensato in un primo momento, e impiega qualche istante a capire perché: Revali non gli mostra mai nulla della sua vita al di fuori della Calamità e dei Colossi Sacri. Non parla mai della sua vita al Villaggio dei Rito, né della sua gente. Per qualche strano motivo, quel dettaglio è stranamente intimo. «Non sapevo che avesse un nome.»
«Ti sorprenderebbe sapere quanti nomi abbiamo per le condizioni del cielo» risponde Revali.
Se Link non lo conoscesse bene, direbbe che nella sua voce c’è una vibrazione molto simile alla nostalgia.
«Grazie di avermelo detto» dice, e lo pensa davvero.
«Di niente» mormora Revali. Fa per voltarsi e tornare dentro, ma d’un tratto, per qualche ragione, si ferma. «Grazie a te. Era da tanto che non mi fermavo a guardare il cielo.»