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Autore: phoenix_esmeralda    04/10/2023    3 recensioni
Dopo l'attacco della nave di Kaibara, Kaori perde la memoria e Ryo ne approfitta per fare retromarcia e riprendere la sua solita vita. Ma quando Kaori scopre che il partner sta vedendo clienti di nascosto, si sente tradita al punto da andarsene di casa. La fic inizia dal punto in cui, nel manga, Kaori massacra Ryo ne locale di Miki e gli dice addio. Insoddisfatta di come evolve il manga a quel punto, ho pensato a un nuovo finale per City Hunter, dove per Ryo le cose saranno un po' meno semplici...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: City Hunter
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“Ti ringrazio, Mick, senza il tuo aiuto non avrei saputo come portarlo fino a casa”.
Kaori aprì la porta della camera di Ryo e guardò Mick oltrepassare la soglia e far scivolare l’amico dalle sue spalle fino al letto.
“Vado a prendere qualcosa per pulirlo e medicarlo”, gli disse, facendo cenno di uscire, ma Mick la fermò.
“Kaori… Ryo sta dormendo profondamente, una mezz’ora in più non gli farà differenza. Vai a farti una doccia calda e a cambiarti, resto io con lui”.
“Ah…”, Kaori osservò lo spolverino di Ryo che indossava sopra la biancheria intima, stretto in vita dalla cintura che Mick le aveva prestato.
“Prenditi un momento per te”, ribadì Mick.
Kaori annuì e fece come le era stato consigliato. Rimase a lungo sotto il getto dell’acqua bollente, cercando di lasciar scorrere dal corpo tutte le emozioni negative che le si erano appiccicate addosso: l’angoscia, la paura, la disperazione, l’orrore.  Ci sarebbe voluto molto tempo, prima di tornare a rilassarsi.
Indossò abiti comodi, poi prese una bacinella con acqua calda, una spugna, delle pezze e una pomata per le ustioni.
Ryo, come Mick aveva previsto, stava ancora dormendo profondamente.
“Ti aiuto a spogliarlo”, disse lo sweeper.
Gli levarono i pantaloni e la maglietta e gli infilarono un paio di calzoni puliti. Kaori inzuppò una pezza nell’acqua per iniziare a ripulirgli il petto.
“Forse è meglio che io vi lasci soli”, disse Mick a quel punto. “Domani ti riporterò tutte le tue cose. Adesso tornerai a stare da lui, vero?”
Kaori sollevò gli occhi dalla bacinella, confusa. “Io… non ci avevo pensato…”
“In ogni caso, restare con me è pericoloso. Sei stata catturata solo per colpa mia”
“Mick, non dirlo! Sei stato coinvolto in qualcosa che riguardava me e Ryo! Sono io che mi dovrei scusare con te!”
“No…”, lo sweeper si alzò in piedi infilando le mani in tasca. “Mi vergognavo delle mie condizioni e così ho mantenuto il segreto, compromettendo tutto. Hai agito dando per scontato che io potessi sparare, se ti avessi avvertita le cose sarebbero andate diversamente. Ti chiedo scusa. So che d’ora in poi dovrò fare i conti con la realtà”
Kaori sorrise e gli prese una mano. “Mi sei stato di conforto in questi giorni e mi hai dato un tetto sotto cui dormire, devo solo ringraziarti”.
Mick annuì e si accostò alla porta. “Non lasciarti influenzare da quello zotico, Kaori. Anche se oggi ha fatto l’eroe, ti deve ancora delle scuse”. Così dicendo, oltrepassò la soglia.
Delle scuse…
Adesso, la sua rabbia, la sua delusione le sembravano così distanti…
Accostò una sedia al letto e si posizionò accanto a Ryo.
Il suo corpo giaceva totalmente inerme di fronte a lei e Kaori lo scorse completamente con lo sguardo.
Si soffermò un istante sui polsi scorticati dalle manette, per poi arrivare al torace e al petto, coperti di lividi che stavano scurendo e attraversati da tre profonde bruciature. Kaori rabbrividì.
Alzò lo sguardo fino al viso, ora profondamente rilassato e si concesse di infilare le dita fra i capelli di Ryo, come aveva voglia di fare quasi sempre, ma come aveva potuto fare così poche volte… Gli accarezzò la fronte con il pollice e poi scese fino alle tempie. Con delicatezza, intinse la pezza nell’acqua e gli pulì un labbro insanguinato, che doveva essersi morso durante le percosse.
Poi passò il panno lentamente su tutto il volto, rinfrescandolo e levando la polvere che gli si era appiccicata addosso.
Quello era l’uomo che le aveva chiesto di diventare parte della sua famiglia ed era l’uomo che, attraverso un vetro, le aveva fatto promettere di salvarsi per non farlo soffrire.
Eppure era anche l’uomo che, subito dopo, aveva ripreso a vedere clienti di nascosto chiedendo un pagamento in natura, tenendo lei a debita distanza come se non valesse nulla. L’uomo che l’aveva lasciata andare via di casa, senza dire una parola.
Ryo, per me sei un enigma.
Pulì delicatamente quel corpo martoriato, rimuovendo sangue e sporcizia e cospargendo le ustioni di pomata.
L’aveva tradita, fingendo che tra loro non fosse mai accaduto nulla, lasciandole credere di non averla mai portata con sé sulla nave di Kaibara. Aveva cancellato con un colpo di spugna quei momenti che per Kaori erano stati così importanti, così intimi… quegli abbracci, quella complicità, quelle parole, quel bacio… Aveva rinnegato ogni cosa, come se di lei non gli importasse nulla.
E poi si era inginocchiato davanti a quell’uomo, supplicando. Gli aveva baciato i piedi. Si era lasciato immobilizzare, torturare, umiliare. E sarebbe stato disposto a…  Kaori non riusciva neppure a concepirlo.
Davvero ti stavi lasciando castrare per me?
Era così confusa.
Medicò i polsi scorticati e li fasciò, appoggiandoli delicatamente sul materasso. Fu allora che Ryo sospirò e apri gli occhi, lo sguardo ancora velato di sonno. Riuscì a metterla a fuoco un istante e alzò una mano, afferrandola per un braccio.
“Dobbiamo parlare”, mormorò “Devo parlarti, Kaori  ”. Poi scivolò nuovamente nell’incoscienza.
“Sì, dobbiamo parlare”, sussurrò Kaori. Era arrivato il momento di smetterla di comportarsi come adolescenti e di dirsi chiaramente ogni cosa, come persone adulte.
Coprì le ustioni con una garza, poi si alzò in piedi, gettando un’occhiata all’orologio. Il cielo fuori si era scurito ed era quasi ora di cena: Ryo avrebbe avuto bisogno di mettere qualcosa di caldo nello stomaco, quando si fosse svegliato.
 
 
Kaori infilò il mestolo nel tegame e assaggiò la zuppa. Nonostante il suo scombussolamento interiore, era riuscita a preparare qualcosa di commestibile e se ne compiacque.
Portò alcuni piatti fino al tavolo e in quel momento vide un’ombra scura sulla soglia della sala.
“Ryo? Ti sei svegliato?
Vide che si era infilato una maglietta pulita e la fissava in silenzio dalla porta.
“Stavo preparando la cena. Hai fame?”
“Devo parlarti”
“Sì, certo. Ma mangiamo prima, finché è caldo”
“Kaori”
Lei alzò gli occhi e vide il suo sguardo mortalmente serio.
“Parliamo adesso”.
Quella fretta e quel tono la allarmarono, lasciò sul tavolo tutto quello che aveva in mano e gli si avvicinò.
“Cosa succede?”
Ryo non rispose. La fissava senza mollarla con gli occhi, con un’espressione così seria e al contempo triste, che Kaori sentì il cuore accelerarle. Di colpo, ebbe paura di quello che avrebbe potuto dirle.
Le parole di Mitsuro Sato le riecheggiarono in testa: “Per Saeba, sei un punto debole grosso come un palazzo”.
 Se ne è reso conto anche lui? Vuole che ci separiamo definitivamente?
“Ryo… dimmi cosa c’è”
La sua figura la sovrastava, Kaori si sentì soffocare da quel silenzio quasi assordante.
Poi Ryo si chinò, le appoggiò una mano dietro la schiena e l’altra dietro la nuca e attirò il suo viso a sé.
Il bacio la prese alla sprovvista, come l’ultima delle reazioni che si sarebbe aspettata. Rimase sbigottita, sentendo la bocca di Ryo muoversi contro la sua, un bacio di cui finalmente sentiva il sapore.
Chiuse gli occhi e portò una mano sul viso di lui, assecondando i movimenti delle sue labbra, mentre il cuore le rimbombava nelle orecchie.
Quando sentì la lingua di Ryo attraversarle le labbra, le sfuggì un gemito di sorpresa.
Sta facendo sul serio. Sta baciando sul serio me!
Alzò entrambe le braccia e lo attirò più stretto a sé, rispondendo al bacio con quel sentimento accumulato in lunghi anni di attesa.
Quando Ryo lentamente si staccò, era così disorientata che dovette sostenerla
“Non intendevo prosciugarti le forze”, disse, facendole finalmente un accenno di sorriso.
Le fece segno di raggiungere il divano e si sedettero uno accanto all’altra.
“Perdonami se lascio raffreddare la cena, ma devo affrontare questo discorso ora, prima che mi manchi il coraggio”
Kaori annuì e attese, ma Ryo risprofondò nel silenzio. Teneva i gomiti appoggiati alle gambe e il capo chino, come a riflettere e a cercare il bandolo della matassa. Sembrava non sapere da dove partire e Kaori non poteva aiutarlo, non era meno confusa di lui.
Fino a quel mattino erano stati due estranei che a malapena si salutavano, Kaori aveva il cuore in pezzi e lui sembrava indifferente a qualunque cosa avesse a che fare con lei.
Poi era successo quel gran casino che l’aveva gettata sossopra e adesso, all’improvviso, Ryo la baciava con la foga di chi non aveva atteso altro per anni. Kaori era confusa come poche volte le era successo.
Appoggiò una mano su quella di lui e alzò lo sguardo a scrutarlo.
“Ryo, aiutami a capire. Io…”
“Ti ho fatto soffrire, vero?”, la interruppe lui, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé “Senza un motivo, come un vero bastardo”
Kaori non trovò modo di contraddirlo.
“Ero convinta che volessi la stessa cosa che volevo io”, mormorò. “Mi sembrava che i nostri sentimenti fossero ormai così evidenti…  Ma quando ho recuperato la memoria e mi sono resa conto che ti eri approfittato della mia amnesia per tornare al nostro vecchio rapporto, io…”
Kaori si ammutolì. Era difficile spiegare la sensazione di tradimento che aveva provato.
Ryo, però, sembrava aver compreso. Incrociò le dita delle mani, mentre il suo sguardo si perdeva nel vuoto e poi disse: “Non so davvero con che parole scusarmi. Qualunque cosa io dica adesso, non sarei più credibile, dopo il modo in cui mi sono comportato. Voglio darti delle spiegazioni, per il mio atteggiamento di questi mesi… ma per me è difficile anche questo. Sono abituato ad analizzare le situazioni esterne, a valutare il pericolo, a farmi un’idea di come reagiranno gli altri, mentre mi è spesso difficile capire me stesso e condividere i miei stati d’animo con qualcun altro.”
“Questo posso capirlo, Ryo”, reagì Kaori. Umibozu le aveva detto una volta che Ryo non parlava di se stesso con nessuno, probabilmente non aveva mai fatto l’esperienza di confidare a qualcuno le sue emozioni più profonde.
Ryo fissò un punto impreciso davanti a sé “Devi sapere una cosa su di me. La cosa che più in assoluto mi terrorizza… è la perdita di controllo”
Kaori lo fissò stupita.
“Quando sei un soldato in guerra, perdere il controllo della situazione e di se stessi significa essere morti. Fin da bambino imparai l’autocontrollo, mi fu ripetuto alla nausea che era vitale non mancare mai di freddezza, indipendentemente da qualunque sentimento ci si portasse dentro. Non potevo permettermi nessuna emotività, perché mi sarebbe costata la vita. Ma poi…”, Ryo alzò lo sguardo e le gettò un’occhiata. “Poi mio padre mi fece prendere la polvere degli angeli e sperimentai la più assoluta e spaventosa perdita di controllo che si possa vivere. Mi vidi trucidare decine di persone in modo crudo, barbaro, come se fossi spettatore di me stesso. Non avevo il controllo della mia volontà e del mio corpo, agivo come se fossi stato una marionetta pilotata da qualcuno sopra di me. E, soprattutto, non avevo freni e non avevo limiti… feci il peggio che potei fare senza la minima esitazione. Fu la sensazione più spaventosa mai vissuta, che tornò nei miei incubi per mesi, per anni… Ancora adesso mi capita, ogni tanto”
Kaori era pietrificata; sebbene Ryo le avesse già raccontato del tradimento di Kaibara, non si era mai espresso sul modo in cui aveva vissuto quell’esperienza. Solo ora realizzava pienamente l’orrore di quello che Ryo aveva subito.
“Dopo quell’esperienza, ricercai ancora più ossessivamente il controllo, divenni terrorizzato all’idea che le mie emozioni e le mie reazioni potessero sfuggirmi di mano. E credo che tu ne sappia qualcosa, Kaori, perché per anni ho lasciato trapelare poco o nulla dei miei sentimenti per te, lasciandoti nella confusione totale. Io mi sentivo tranquillo nelle nostre abitudini quotidiane, il nostro rapporto era vincolato da regole chiare: io ero il maniaco, pigro e superficiale, che ci provava con tutte, e tu la mia assistente aggressiva, che mi dava martellate ogni volta che deviavo dalla retta via e si prendeva cura della casa e dei miei eccessi. Anche se a volte mi sbilanciavo nel farti capire i miei sentimenti, tornavo sempre a quella routine rassicurante, in cui ci riconoscevo”.
“Ryo...”, mormorò Kaori sorpresa.
“E poi è arrivato Mick”, aggiunse lui.
Mick, che aveva portato scompiglio nella loro routine, insegnandole a sparare, cercando di farla innamorare di lui, spronando Ryo a rendere evidenti i suoi sentimenti.
“Mick mi ha costretto a venire a patti con me stesso”, disse infatti Ryo. “A prendere una decisione sulla tua pistola e su di te, a parlarti dei miei sentimenti. E, quando è successo, è stato come prendere la rincorsa in discesa e non riuscire più a fermarmi. Perché subito dopo è arrivato mio padre e le cose sono precipitate.”
Ryo si voltò a guardarla “Tutto quello che ho detto e che ho fatto… la vicinanza tra noi, gli abbracci, le promesse, quel bacio… tutto è stato sincero, per me. Ed è stato intenso, come non mi era mai successo. Così, quando ho avuto modo di fermarmi e prendere respiro, ho avuto paura.”
“Paura? Ryo, di cosa?”
“Non lo so. Di perdermi, credo. All’improvviso era come se non fossi più io. Avevo sempre saputo chi ero:  il maniaco che saltava addosso a tutte, ma non si impegnava mai con nessuna. Il superficiale che viveva nell’eterno presente, senza regole, senza legami. Lo sweeper, il soldato, l’assassino. Freddo come il ghiaccio, impermeabile a qualunque provocazione, a qualunque ricatto”, Ryo incrociò le mani per liberare la tensione. “Nel giro di quarantotto ore ero diventato l’uomo di un’unica donna. Un uomo che agiva assecondando i suoi sentimenti, che si stava impegnando per il futuro. Era come se non fossi più io, come se avessi perso  ogni certezza e ogni controllo su me stesso.”
Kaori trattenne il respiro, perché finalmente iniziava a capire.
“Quando ho realizzato che avevi perso la memoria, ho fatto un passo indietro. Mi sono tuffato nell’immagine di me che riconoscevo, nelle nostre vecchie routine così rassicuranti. Mi sono detto che sarebbe stato solo per qualche giorno, solo per darmi il tempo di riprendere fiato, ma poi ci sono rimasto invischiato dentro. Ogni volta che pensavo di parlarti, mi sentivo sull’orlo del precipizio e quella sensazione di mancanza di controllo prendeva il sopravvento, così lasciavo perdere, sceglievo la via più comoda. E intanto il tempo passava e ti lasciavo soffrire”. Ryo sprofondò nel silenzio, assorto nelle immagini che aveva evocato. Poi risollevò il capo lentamente e la fissò negli occhi. “Sono stato uno stupido.  E me ne pento. Mi pento di non essere stato capace di amarti”.
“Ryo…”, Kaori sentì le lacrime iniziare a scorrerle sul visto. “Io non immaginavo che dietro ai tuoi comportamenti ci fosse tutto questo”
Allungò una mano e la sovrappose a quella di Ryo, cercando di raggiungerlo. Sentiva che quel navigare tra le sue emozioni lo stava disorientando.
Lui rispose al suo gesto, stringendole le dita.
“Quando oggi ti ho vista dietro quella teca indistruttibile, in balia di quell’uomo, ho capito che perdere te era molto peggio che perdere il controllo. Allora non mi è più importato di nulla, volevo solo che tu ti salvassi. All’improvviso è stato perfettamente chiaro quello che desideravo davvero”.
Di nuovo, Kaori ricordò le parole di Mitsuro Sato: “Saeba, per te, è disposto a fare veramente qualunque cosa!”
Kaori sentì il cuore mancarle un battito, non credeva fosse possibile provare nella stessa giornata la gamma e l’intensità di emozioni che stava provando lei.
“Kaori…”
“Sì…”
“Io sono questo. Sono un vigliacco quando si tratta di sentimenti, sono spesso insensibile e riesco a ferire gli altri con facilità, se in quel momento mi è utile per svicolare da una situazione complicata. Lo sai,  me l’hai visto fare tante volte”
“Sì”, ammise lei.
“Non sono uno dalle emozioni forti, anzi… la mia abitudine all’autocontrollo fa sì che io senta spesso le cose in modo attutito. Questo mi rende distaccato, a volte posso sembrare senza sentimenti. Sai che ho combattuto con Umibozu, nonostante fossimo amici, nonostante tu e Miki steste soffrendo. C’eri, quando ho puntato l’arma contro Mick, mentre era sotto l’effetto della polvere degli angeli. Sei stata tu a salvarlo, con la tua emotività. Io l’avrei semplicemente ucciso, perché questo sono io, Kaori. Sono quello incapace di manifestare la sua sofferenza, anche di fronte alla morte di un amico. L’hai visto con i tuoi occhi. Sono quello che ti lascia sempre piangere da sola, perché non sono capace di consolarti. Sono un po’ cambiato, nel tempo, Mick se ne è reso conto… e forse, grazie alla tua presenza, cambierò ancora, ma non posso saperlo. Questo è tutto ciò che posso offrirti, Kaori. Se mi puoi perdonare. Se mi vuoi ancora”
Le lacrime ricominciarono a scorrere, calde.
“A me è sempre andato bene, quello che tu sei. Se questo è il modo in cui puoi amarmi, a me va bene”
Ryo le strinse la mano che ancora teneva tra le sue.
“Allora aiutami, Kaori”
“Eh?”
“Impediscimi di scappare”, le disse. “Facciamo in modo che io non possa più tornare indietro.”
Kaori annuì tra le lacrime.
“Va bene”
  
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