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Autore: Ofeliet    06/10/2023    1 recensioni
Correva l'anno 2016, un anno nel quale non doveva succedere davvero niente.
O almeno questa era la convinzione di Francia in quel lungo e afoso mese di giugno che sembrava identico a quello dell'anno precedente e prometteva di esserlo anche in quello successivo.
Finché Inghilterra non decide che ha delle idee geniali.
{ fruk ! Brexit }
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: Ofeliet
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Francia, Inghilterra; [secondari] l'UE in generale
Generi: Introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: OOC
Cultober: Chiesa dei reati particolarmente esecrabili
Prompt: indizio
Chiesa a cui mi rivolgo: non è un mistero come io sia folle, ma mettersi a fare una challenge con un giorno di preparazione mi mancava.
Non mi sentivo così entusiasta di scrivere da un po'.
Che dire, arrivo solo con sette anni di ritardo sul tema, ma devo dire che dal 2016 la mia vita è stata sballottata parecchio (e soprattutto ero in altri fandom). Quindi meglio tardi che mai.
Premetto che è tutto dal POV di Francia (perché mi diverte scrivere di lui) e l'avvertimento OOC è lì perché non amo calcare troppo sulla sua versione pervertita, più su quella del bohemien/mean girl e non a tutti può piacere. Che altro dire se non che ho avuto 24h per documentarmi su tutta la timeline della Brexit e che continuare a scrivere questa storia con un lavoro a tempo pieno sarà tutt'altro che semplice, ma voglio ugualmente provare.
Al prossimo capitolo~





A mughetto,
un anticipato e tardivo regalo di compleanno.


C’era qualcosa nell’aria.
Francia aveva sempre pensato che lasciare la presidenza dell’unione anche solo per un anno ai Paesi Bassi avrebbe portato solo disgrazie. Infatti questo non era iniziato nei modi migliori. Italia aveva alzato la voce riguardo a un morto in Egitto, mentre Belgio si era assentata per qualche riunione per “ragioni mediche”. Germania aveva insistito che gli attacchi terroristici per loro valessero come un’assenza di malattia. Non aveva conteggiato i suoi scioperi come una giustificazione valida, però.
Il meglio di sé, però, lo aveva dato Inghilterra che a gennaio aveva annunciato un referendum sul rimanere o meno nell’Unione Europea.
Non lo avevano preso troppo sul serio. Non era nemmeno la prima volta che ne faceva menzione, anche se era la prima che presentava davvero un referendum da effettuarsi nel mese di giugno. Sembrava non poterlo posticipare ad estate inoltrata, quello di luglio era già troppo pieno di pessimi ricordi per la nazione, non voleva certo aggiungerci un’ulteriore umiliazione.
Francia per primo ne aveva riso.
Trovava divertente la questione e si era detto il primo e maggiore sostenitore se la cosa fosse realmente andata in porto. Aveva tempo da perdere, ma alla fine come ogni cosa anche questa finita dimenticata in qualche angolo della sua mente finché il mese di giugno non era arrivato e le voci sulla questione si erano fatte insistenti.
Germania lo aveva approcciato una sera, dopo l’ennesimo incontro.
« Tu lo conosci da tanto tempo, cosa ne pensi? »
A Francia era venuto da ridere. Aveva preso un sorso del suo calice, e si era sistemato meglio sulla poltroncina dove si era seduto in attesa che la serata diventasse più interessante.
« Ma cosa devo pensare? Quello è un’isola. Le isole sono sempre state strane. » commenta, non guardando l’altra nazione. « Avrà questo improvviso desiderio di indipendenza perché inizia a sentirsi anziano e vuole rivivere qualche vecchia, gloriosa fantasia. »
Lui stesso aveva definito in una occasione l’Unione Europea come una casa di riposo per nazioni millenarie, e simile affermazione non era lontana dalla realtà. Escludendo Germania, che per i suoi parametri era ancora un bambino e non aveva alcun diritto di prendere parola – e che invece quasi settant’anni prima lo aveva steso dandogli un semplice schiaffo –, diverse nazioni lì dentro potevano contare un millennio sulle spalle.
In effetti era divertente litigare ma non correre rischi reali come un tempo. Francia da quando era entrato nella “lega dei perdenti”, come l’aveva definita Inghilterra un tempo, si divertiva a protestare ed esporre la sua importantissima opinione, ma alla fine era Germania a fare tutto il lavoro al posto suo.
Germania, seduto accanto a lui, non sembrava tranquillo. Poverino, prendeva troppo seriamente ogni questione, ignaro di come fosse un comportamento normale per nazioni che avessero vissuto il medioevo, dove le alleanze cambiavano a seconda di che colore indossassi. Gli mancava l’esperienza, e il litigare per una semplice pecora che potesse scatenare un conflitto lungo quindici anni.
« Poi cosa pensi che succederà? Che la popolazione voti in massa per andarsene? Va bene che sono inglesi, ma non sono così stupidi. »
Non era da lui fare un complimento, ma nei secoli Francia aveva imparato che Inghilterra sapeva dosare bene l’impulsività con la pazienza. Quando era venuto il momento giusto si era isolato dal resto di loro, e aveva rivolto la parola solo a Giappone. Forse era stato un bene, perché da simile cosa era nata l’idea dell’Entente. Edouard gli mancava tantissimo, ma era stato ironicamente il fautore della sua felicità, per quanto breve.
« Ho guardato i sondaggi e- »
« Tu guardi un po’ troppi dati, e non la realtà. Certo qualche capo politico urla che vuole andarsene, ma tutti noi ne abbiamo uno. Persino tu. »
Germania sembra finalmente comprendere cosa intende. A volte gli sembra davvero un bambino, se non fosse un armadio. Ovviamente non riesce a rispondergli, e Francia prende un altro sorso di vino.
« Stai tranquillo Germania, l’anno prossimo ce ne saremo già dimenticati tutti di questa storia. »
La nazione teutonica annuisce, e si alza.
Dice qualcosa sul doversi alzare presto, ma Francia non gli dà più alcuna attenzione.
Sentirsi minacciato da un referendum, una sciocchezza. Anche Italia ne aveva appena sostenuto uno, e non era successo niente. Certo era su delle trivelle e non sull’andarsene, ma simili questioni raramente riuscivano ad andare da qualche parte. Poteva solo immaginare come poi Inghilterra avrebbe spiegato la questione a Betty.
« Ma guardati, tutto solo come il vecchio che sei. »
La voce di Belgio non fallisce mai di provocare la sua irritazione. Non si gira nemmeno a guardarla.
« Mi avevano detto che eri malata. »
« Infatti sono qui per accompagnare i miei fratelli. »
« E bere gratis. »
La sua insinuazione sembra colpire nel giusto.
Belgio, a differenza sua, poteva ancora permettersi di buttare giù metà delle bottiglie dell’open bar. Sarebbe stato pronto per il momento in cui sarebbe svanito l’effetto magico della sua gioventù. Belgio non aspetta nemmeno il suo invito, e si siede dove poco prima era stato Germania. Ha un cocktail in mano, come si aspettava.
« Hai sentito quello che ha intenzione di fare Inghilterra? » esordisce. Francia alza gli occhi al cielo.
« Dovrei vivere sotto un sasso per non saperlo. »
« Sai com’è, hai una certa età, non so se tu sia capace di usare uno smartphone. » le sue parole vengono seguite da una risata, sta ovviamente cercando di irritarlo.
« Certo che tu ti fai le stesse pare di Germania. »
« Che non sai usare il telefono? »
« Che succederà qualcosa con il referendum di Inghilterra. » la interrompe. « Come l’ha chiamato? Angle- »
« Brexit. » lo interrompe Belgio a sua volta. « Ha uno strano senso dell’umorismo anche in situazioni simili. »
Francia non vuole commentare. Non vuole darle la soddisfazione di ridere in un contesto simile. Certo era una situazione ridicola. Inghilterra voleva andarsene. Dopo aver finto di voler entrare insieme a Danimarca e Irlanda, ora cercava di uscirne come un ladro.
Perché volesse andarsene, poi, non se lo spiegava.
Aveva il vanto di conoscerlo meglio dei fratelli, in certi momenti della storia, ma in quel frangente ciò che stava pensando era un mistero anche per lui. Era inutile chiederselo. Inghilterra avrebbe fatto passare anche quel referendum, come tutti loro, e niente sarebbe cambiato.
« Sono sorpresa che tu non abbia ancora battute argute a tema. »
« Per averle l’argomento dovrebbe essere interessante. »
Non vuole darle soddisfazioni.
Inghilterra non aveva lasciato alcun indizio di voler davvero cambiare la sua situazione. Come tutti loro, sembrava soltanto desiderare dare uno scossone alla barca e poi ritornare alla normalità. L’invecchiamento l’aveva sicuramente spaventato, ed era solo un modo per sentirsi giovane.
Non vuole discuterne con Belgio. Ha sempre la sensazione che questa voglia superarlo in qualsiasi cosa, e i rapporti con l’isola sembravano nella sua lista. Non intendeva cederle terreno, e tantomeno darle alcun tipo di indizio.
« A proposito, hai visto Inghilterra? » chiede Belgio, guardandosi intorno. Francia nega non la testa. Mentirebbe se dicesse che non l’ha cercato, ma subito dopo il suo arrivo Inghilterra sembrava non essere uscito dalla sua stanza. Francia aveva abbastanza dignità in corpo per andare a bussargli, e quindi la domanda di Belgio rimaneva senza una vera risposta.
« Starà praticando qualche suo rituale per domani. » le risponde, con una punta di malignità.
Belgio non sembra molto convinta delle sue parole.
« Se lo vedi digli che lo stavo cercando. »
Francia non lo farà. Non intende dare Albione in pasto alle Fiandre, perché se Belgio aveva bisogno di parlarti spesso non era niente di buono, o peggio, si trattava di soldi. Ogni motivo era buono per evocare quello straccio di terra che era Lussemburgo con l’estratto conto stampato a chiedere spiegazioni su certe spese che molto spesso non si voleva giustificare. Con Francia simili colloqui erano frequenti, e per sua sfortuna molto estenuanti.
Francia osserva l’altra nazione andare via, e rimane da solo con il suo calice.
Al bancone ci sono Spagna e Portogallo che parlano fitto tra loro, molto probabilmente a causa di elezioni che andavano male, non una novità per la penisola iberica. Di Prussia non aveva notizie da un po’, ma non era una novità che sparisse per poi sbucare fuori quando meno te lo aspettavi.
Inghilterra, ovviamente, non era presente togliendogli la soddisfazione di scaldarsi bisticciando per qualcosa di molto inutile ma divertente.
Aveva tanti amici un tempo, ma ora che era seduto lì ben pochi sembravano realmente interessarlo. Nella sua mente si palesa l’immagine dei vecchietti che davano da mangiare ai piccioni nei parchi di Parigi, e si chiede se sarà la fine anche per lui. Era ancora una nazione potente, e l’Europa non aveva ancora prodotto abbastanza nazioni giovani per rimpiazzarlo. Non aveva senso rimanere lì a deprimersi.
Scozia stava raccontando qualcosa di molto divertente al tavolo, era un vero peccato che Francia ancora faticasse a capire che cosa stesse dicendo. Era un trauma che affondava nei tempi della loro prima alleanza, sempre contro Inghilterra, per spezzare ogni sogno romantico che aveva quando aveva inteso che il suo nuovo consorte, o meglio alleato, era incomprensibile. Per quello la loro unione non avrebbe mai funzionato.
Ne aveva avuto di matrimoni falliti. Nella sua mente tornano quelli con Inghilterra, li scaccia dalla mente. Non serviva ricordargli quei tempi di imbarazzo, quando si era piegato così tanto. Lo aveva fatto anche Inghilterra, durante la guerra, ma a Francia bruciava più la sua défaillance la decade successiva.
Non c’era alcun bisogno di avere pensieri foschi. Ci sarebbe stato il meeting, era un’occasione per divertirsi.
Era sicuramente il vino a renderlo malinconico, non trovava alcuna spiegazione alternativa. Francia appoggia il calice, lontano da sé, dando segno al cameriere di portarlo via. Non aveva alcuna ragione di sentirsi in quel modo. Se Inghilterra fosse stato vicino lo avrebbe accusato pubblicamente di qualche fattura ai suoi danni, ma dell’isola non c’era traccia e Francia non voleva attribuirgli una simile importanza. Era troppo impegnato a fingere che il suo referendum fosse importante per considerare seriamente qualche strana magia.
Lo conosceva bene, sapeva come prendesse a cuore delle semplici sciocchezze. Forse era l’ennesimo tentativo di attirare l’attenzione.
La tentazione di andare a disturbarlo è forte, ma sa già che si troverebbe solo un occhio nero e forse qualche ciocca strappata. Inghilterra era poco più giovane di lui, ma il vizio di aggredire chiunque non gli andasse a genio non sembrava passargli. Gli era persino strano pensare che fossero stati dallo stesso lato. Era una sensazione fresca, che gli dava una soddisfazione maligna nel poterlo tormentare senza preoccuparsi di veder recapitata una dichiarazione di guerra due settimane dopo. Per una volta poteva averlo accanto, invece che subire le sue frecce e cannonate.
Stava ovviamente diventando un nostalgico.Di guerre non ne aveva più combattute, semmai subite. Non gli andava di rivivere quei tempi, e non ne sentiva alcuna mancanza. In Europa sembrava essere il primo a essersene stancato, mentre intorno aveva gente che aveva continuato a darsi da fare prima di essere preso a schiaffi da un ragazzino venuto da oltre l’oceano e che sembrava voler continuare a ficcare il naso nei loro affari.
Gli Stati Uniti non potevano davvero comprendere cosa fosse realmente quel calderone quale era l’Europa. Troppo inesperto, ben propenso a cercarsi guai fuori da casa sua, non poteva capire cosa significasse fare guerra coi suoi parenti – escludendo quando ha litigato con sua madre e lui lo aveva persino aiutato – per mere sciocchezze come fazzoletti di terra.
Era strano vederli parlare alle conferenze internazionali, come se non si fossero lanciati fango a vicenda pochi secoli prima, ma in fondo lui e Inghilterra avevano continuato a farlo per un millennio e riuscivano a parlarsi quasi senza insultarsi.
La sua mente sembra non volersi liberare dal pensiero dell’isola. Dà la colpa al sequestro del suo telefono. La sicurezza, ogni volta che partecipava a un evento, gli toglieva ogni genere di comunicazione elettronica. Francia aveva protestato, aveva cercato di contrabbandare un telefono personale, ma a ben poco erano serviti i suoi sforzi. Si era fatto una cattiva reputazione sui social personali, e l’unico account che gli era stato permesso di tenere era quello su Twitter dove seguiva le uscite anime. Per il resto per lui c’erano solo canali istituzionali, e la soppressione di qualsiasi suo tentativo di essere indipendente.
Aveva protestato, dicendo che non intendeva certo usare il suo telefono per spedire foto della sua Tour Eiffel. Non si riferiva al celebre monumento, ma cercava di darsi un minimo di dignità nei suoi pensieri.
Nel vedere altre nazioni costrette a socializzare immaginava non fosse l’unico a subire un simile trattamento. Con l’avvento dei social molti capi di stato sembravano essere corsi al riparo, e persino a Germania era stato vietato un simile privilegio.
Il gruppo Whatsapp dell’Unione, creato per comunicazioni serie, era diventato un burrone dove lanciare sfotto e guardare le altre nazioni scatenarsi lontano da un occhio pubblico. Più di una volta si finiva con gli insulti alla tribù tardo-antica dalla quale si millantava la discendenza. Anche l’annuncio a quel meeting era finito presto sommerso tra gli insulti per l’ennesimo turista maleducato o la classifica delle migliori birre al mondo.
Le aveva tentato tutte per poterne portare uno a quell’incontro, ma era stato persino perquisito. Non sembravano più fidarsi di lui, ma Francia aveva la buona sensazione che prima o poi sarebbe riuscito a fregarli.
« Non sembri molto contento di essere qui. »
Ora è il turno di Spagna di venire a disturbarlo. Sembra che abbia terminato la fitta discussione avuta col fratello, ma non gli importa davvero cosa si siano detti.
« Il vino non è delle migliori qualità di questo posto. »
Spagna ride piano. « Non dirlo troppo ad alta voce, o ferirai quello che rimane dei sentimenti di Paesi Bassi. Sembrava già abbastanza scontento di doverci ospitare. »
« Probabilmente pensa già alle fatture da mandare ai nostri governi a permanenza finita. »
L’avarizia di quella specifica nazione non era un mistero a nessuno, ma la vera domanda era come facesse ad avere due fratelli ben più ricchi di lui nonostante la sua parsimonia. Il Benelux a volte gli sembrava un conglomerato unico, non tre nazioni distinte. Una volta aveva sognato che diventassero una cosa sola, e si era svegliato urlando. Ci mancava solo una simile disgrazia.
« Tu invece mi sembri bello, come sempre. »
Spagna non ha mai preso sul serio i complimenti sul suo aspetto, dando a Francia un piccolo maligno vantaggio di potergli soffiare il primo posto e dichiararsi la nazione più bella in Europa. Per il mondo aveva dei feroci avversari, e non aveva abbastanza coraggio per reclamare anche quello a voce alta.
Ora che era costretto a parlare iniziava a sentirsi stanco. Si alza lentamente, fingendo che quasi si dispiace di starsi defilando e mette in atto una delle sue interpretazioni migliori da quando è entrato nell’hotel. Non aveva funzionato con la concierge ma su Spagna avrebbe certamente fatto effetto.
« Me ne vado a dormire. Ho molto sonno. »

Non aveva dormito un granché.
Francia si guarda allo specchio, ma trova ben poco dell’uomo che ha lasciato quando si è messo a dormire. Riesce a scorgere persino una traccia di occhiaie, inaccettabile per uno come lui. Con un vago sconforto si sposta sul balcone e si accende una sigaretta, l’unica cosa che può dargli conforto in un momento come quello.
Non ricorda cosa ha sognato, ma qualsiasi cosa fosse lo aveva tenuto abbastanza sveglio da non riposare. Non si sentiva così inquieto dalle ultime elezioni. Non doveva preoccuparsi, il suo governo non era ancora così instabile da provocargli alcun tipo di malessere fisico.
Si passa una mano tra i capelli, trovando un nodo, e la ritira scocciato.
La giornata non stava iniziando nel migliore dei modi, e sembrava destinato persino passarla ad ascoltare cose di cui non gli importava niente. Poteva già sentire la voce di Germania tuonare per qualcosa che non aveva disturbo di stare a sentire, o le varie nazioni che protestavano per l’ennesimo trattamento ingiusto nei loro confronti.
Francia non riusciva davvero ad empatizzare con nessuno di loro. Gli sembravano così carichi di piagnistei, quando gli unici realmente importanti erano i suoi.
Non doveva rovinarsi la giornata fin da subito. Il completo che aveva portato da indossare veniva da una deliziosa boutique di Avenue Montaigne e le sue occhiaie non erano niente che il suo correttore di marca non potesse coprire.
Lui era ancora una nazione vincente, e non si sarebbe lasciato abbattere. Aveva persino portato l’arricciacapelli per poter sistemare i suoi boccoli totalmente naturali.
Quando arriva l’ora della colazione lo specchio gli restituisce l’immagine di una nazione bellissima, ed era ciò che Francia sapeva benissimo di essere.
C’erano poche nazioni alla sala delle colazioni. Germania, ovviamente, sembrava essere di ritorno dalla sua corsa mattutina. Chi lo costringesse a quella tortura, Francia non voleva saperlo per timore di essere costretto a seguire una simile routine. C’erano Romania e Bulgaria, che in occasioni di incontri come quello si muovevano insieme quasi fossero una sola entità, e poi su un tavolino non facilmente visibile c’era Inghilterra. Vederlo era una sorpresa, più per la sua presenza che per l’orario. Inghilterra sembrava negarsi persino di dormire un po’ di più.
Gli ricordava i tempi della guerra, dove dormiva poco e mangiava anche meno. Non aveva preso peso in tutti quegli anni, e infatti aveva solo una deliziosa teiera di porcellana sul tavolo dalla quale si era versato una singola tazza che stava consumando.
Per Francia era inconcepibile, tanto che si avvicina al buffet caricando il piattino di croissant e ordinando al cameriere un caffè nero da portargli al tavolo.
« Il tavolo è già occupato. » gli dice Inghilterra, quando gli è davanti.
« L’hotel non ti appartiene quindi posso sedermi dove voglio. »
Doveva guardarlo mentre mangiava tutto quello che aveva nel piatto, poco ma sicuro.
« Ci sono qualcosa come venti tavoli, qui, Francia. »
Ha una nota irritata nella voce, e ciò gli provoca soddisfazione. Stava già recuperando il buonumore.
« E io voglio sedermi qui, non mi pare sia un crimine. »
Il cameriere appoggia la tazza di caffè, interrompendo brevemente la loro schermaglia verbale. Inghilterra non sembra voler continuare la discussione. Prende di nuovo la sua tazza di tè, e non lo degna di uno sguardo.
Francia non comprende cosa gli abbia fatto, di recente, per meritarsi un simile trattamento. Prende comunque un croissant dal proprio piattino, deciso a mangiarlo direttamente in faccia all’altra nazione. Lo sentiva come una questione di rivalsa personale, e intendeva con tutte le sue forse farlo parlare per primo. Una sensazione di déjà-vu passa dal suo cervello, prontamente scacciata dalle critiche che sicuramente rivolgerà alla cucina per il pessimo croissant che gli era stato servito.
Sente una lieve risatina, seguita da un colpo di tosse. Aveva vinto.
« Che hai da ridere? »
Inghilterra gli appare come se fosse stato colto in fallo.
« Ridevo della tua faccia. »
Non aveva mai imparato l’arte raffinata di parlare per giri di parole. Aveva imbellettato la sua lingua di formali onorifici, ma quando gli parlava dava continuamente dimostrazione di come questo non avrebbe mai camuffato la sua vera natura. Inghilterra rimaneva il peggiore filibustiere che c’era in circolazione, e questo era stranamente confortante da pensare. La sua linguaccia lo avrebbe sempre tradito.
« La mia faccia è perfetta, a differenza della tua, grazie mille. »
Inghilterra non sembra sorpreso dalla sua risposta, tanto che si appoggia meglio allo schienale della sedia e gli restituisce un sorrisetto sardonico.
« Certo, ogni rana pensa di essere la più bella del suo stagno. »
Era inconcepibile. Sembrava essersi preparato simili battute in anticipo tanto gli uscivano bene. Francia si sentiva indignato anche se era stato lui ad accendere le fiamme di quel confronto. Forse qualcosa, nei secoli, Inghilterra aveva preparato.
« Sempre meglio dei bruchi che porti sulla tua faccia. »
Prendere in giro le sopracciglia di Inghilterra era quasi uno sport, un obiettivo facile da colpire, anche se poco efficace. L’isola sapeva di non essere bella, almeno dai tempi del medioevo, e non poteva nemmeno aspirare ad esserlo.
Inghilterra, infatti, non appare troppo sconvolto dalle sue parole.
« Che vuoi Francia? » gli chiede, invece, quasi indicandogli di andare al sodo. Francia non ha una risposta. Certo voleva infastidirlo, ma oltre a quello non aveva una reale motivazione per essersi seduto al suo tavolo.
La verità era forse più maligna, ma più nociva per lui che per Inghilterra.
« Volevo sapere se ti nutrissi di anime per colazione, visto che la tavola è vuota. » una mezza verità, ma rimane abbastanza composto da non cedere troppe informazioni che potrebbero suonare compromettenti. Inghilterra sembra processare le sue parole, e poi guarda il tavolo. Sembrava star realizzando adesso che fosse tragicamente vuoto, a parte il suo piattino di croissant. Non si rendeva conto come non stesse mangiando niente. Era così anche nelle trincee, era così anche quando Londra viveva di porzioni razionate e Inghilterra non finiva neanche ciò che gli spettava. Era un periodo terribile che Francia si era lasciato alle spalle, mentre Inghilterra sembrava quasi imporsi ancora un terribile regime alimentare.
« E dato che sono generoso, io, ti darò questo croissant. » lo prende senza troppe cerimonie e lo porge. Inghilterra lo guarda ancora più confuso, come se gli stesse porgendo una boccetta di veleno e lo stesse incoraggiando a berla. Lo osserva passare lo sguardo dalla sua mano a lui. « Non ho tutto il giorno. »
Inghilterra sembra abbassare la sua guardia, e prende finalmente il croissant tra le mani. Lo studia, forse pensando davvero che ci sia del veleno.
« Non sono abituato a fare colazione- »
« Va bene che non è un piatto di fagioli e lard ma- »
« Sto dicendo che non sono abituato a fare alcun tipo di colazione. » lo interrompe Inghilterra. « E poi fagioli e uova le mangiavo solo quando andavo in miniera! » sembra abbastanza piccato sull’argomento.
« Ti faccio portare un piatto di fish and chips, allora? »
Inghilterra lo guarda con ancora più stizza, ma prende un morso nervoso del croissant, masticandolo insieme agli insulti. A suo modo lo stava facendo mangiare. La soddisfazione che prova è ben radicata in tempi antichi, e un po’ se ne vergogna.
Si sente come nel medioevo, quando Inghilterra era un piccoletto tutto pelle e ossa e lui era l’unico in grado di poterlo maneggiare in qualche modo. Al tempo gli offriva bacche e pezzi di pane di grano, una prelibatezza che veniva quasi contrabbandata al di fuori del castello dove risiedeva, ora invece gli offre pezzi di pasticceria pregiata, per quanto comunque dozzinale in quell’albergo. Doveva ricordarsi quella nota alle cucine.
Era passato tanto tempo tra di loro, ma nutrire Inghilterra era un traguardo del quale giusto Francia potesse fregiarsi. Non era comune che le nazioni fossero così premurose.
Il pensiero lo riscuote alla realtà. Lui non era certo premuroso con Inghilterra, voleva solo assicurarsi che avesse abbastanza energie per discutere quella sciocchezza che intendeva presentare durante l’incontro. Si trattava del suo divertimento.
Forse mentiva a se stesso, ma conosceva Inghilterra da abbastanza tempo da sapere che non avrebbe accettato aiuto se non sotto forma di tormento. Quella dannata isola era talmente orgogliosa che se si fosse trovata sul continente, e non al sicuro circondata dal mare, sarebbe stata soppressa velocemente.
Inghilterra davanti a lui finisce il croissant a grandi morsi, e Francia teme che un boccone potrebbe soffocarlo tanta è la foga che ci mette. Lo ha provocato e quelli sono i risultati.
Gli appare ora come se avesse finalmente preso un po’ di colore, e può prendere con calma un sorso del suo caffè senza il rischio che tutto il tavolo venga ribaltato su se stesso.
« Perché mi stai guardando? » gli chiede allora Inghilterra, più scontroso, e Francia si accorge che non gli ha realmente staccato gli occhi di dosso. Si sente come una scolaretta beccata a copiare, e non ha molti modi dignitosi per sfuggire alla sua figuraccia.
« Hai qualcosa in faccia. » gli risponde, quindi. Inghilterra si tocca frenetico il viso, nel tentativo di pulire qualcosa che non esiste. « Ah no scusa, è solo la tua faccia. »
La nazione smette di colpo di pulirsi. Ha un’espressione strana in viso, e le sue sopracciglia aggrottate fanno intuire che non ha preso bene lo scherzo che ha messo in atto. Lo vede indurire la sua espressione, e l’atmosfera che c’era prima si spezza, può persino sentire il rumore dei frantumi nelle orecchie.
Francia non riesce a trovare le parole adatte.
Continua a sostenere il suo sguardo, ma ha una vaga sensazione di colpevolezza per qualcosa che stava diventando di cattivo gusto. Inghilterra sembra non trovare nulla da dire a sua volta, e si crea un silenzio che sembrava imbarazzante.
Un cameriere si avvicina, spezzandolo, quasi intuendo che probabilmente c’era qualcosa che non andava.
« Tutto a posto, signori? » gli chiede, e Francia lo percepisce come un intruso, una scocciatura, anche se Inghilterra di certo non gli avrebbe rivolto la parola per primo.
« Sì, voglio un piatto di uova e bacon. » esordisce invece Inghilterra, e Francia si rende conto che lo stava guardando. Il cameriere si defila, e Francia osserva Inghilterra incrociare le braccia al petto, in attesa, come se non gli sedesse davanti.
Aveva chiesto da mangiare, in un certo senso Francia la sentiva come una vittoria anche se Inghilterra lo aveva fatto per mero scorno a lui.
Il cameriere torna abbastanza velocemente con il piatto richiesto da Inghilterra, e glielo sistema davanti. Questo procede a consumarlo appena vengono portate le posate, e non dice una parola. Francia sorseggia di nuovo il caffè, e continua a mangiare la propria colazione.
Non si dicono nient’altro, ma Francia non sente troppo bisogno di parlare. Qualsiasi cosa lo attende in quel momento è una schermaglia verbale, e non ha alcuna voglia di riprendere le ostilità. Inghilterra finisce il suo piatto velocemente, quasi non guardando ciò che stesse mangiando, e si versa un’altra tazza di tè. Una scelta curiosa, ma Francia si trattiene dal commentarla.
« Sei contento adesso? » è invece Inghilterra a prendere la parola, di nuovo.
« Di cosa? »
Inghilterra aggrotta le sopracciglia, di nuovo, come se non capisse la sua risposta, ma poi le rilassa, quasi si stesse rilassando al pensiero.
« Niente. »
« Dimmi cosa intendevi. »
« Non intendevo niente. »
Era frustrante discutere con lui, e anche se Francia si era cacciato da solo in quella situazione ora stava iniziando a pentirsi.
Inghilterra però smette di dargli corda, o provocarlo, e si alza in piedi. Gli passa accanto, ma non si salutano. Francia teme se basti una parola per riaccendere il conflitto tra di loro, e sicuramente avrà da conservare le energie per quella sciocchezza della Brexit.
La realizzazione lo colpisce con forza.
Si era scordato di chiedergli di quello. Aveva visto la sua faccia e sembrava essersi rassegnato di doverla vedere fino alla fine dei suoi giorni. Lo aveva offeso? Probabilmente, Inghilterra era tipo da fare caso a simili sciocchezze.
Francia si appoggia allo schienale, spiluccando l’ultimo croissant che si era preso.
Ora si spiegava il suo cattivo umore.
Si era comportato come al solito, ma Inghilterra probabilmente dentro era piegato dal conflitto che rappresentava il referendum. Le voci che chiedevano insistentemente di uscire sembravano crescere sempre di più con l’avvicinarsi della giornata che avevano scelto.
Non sarebbe cambiato niente, di quello Francia era convinto. Un referendum era una sciocchezza, una formalità, ma Inghilterra non avrebbe mai deciso di andarsene. Un’isola non poteva rimanere a lungo sola, e di certo i fratelli non gli avrebbero davvero permesso di andarsene in quel modo.
C’era però qualcosa di strano, qualcosa che non gli tornava.
Tra un paio d’ore ci sarebbe stato il meeting, e prima di quello le foto di gruppo, e lui doveva risultare bellissimo.
Non c’era troppo spazio nella sua mente per preoccuparsi di faccende che non lo riguardavano, e adorava mentire a se stesso.
Di ritorno in camera Francia si sistema i vestiti e si infila la giacca. Ha ancora un bell’aspetto, alla faccia di Inghilterra che insisteva a chiamarlo “rana”. Il suo bel viso gli era valso molti complimenti, e ben più di un quadro immortalava la sua splendida presenza. Era proprio vero che oltre il canale della manica non ci fosse alcuna civiltà o comprensione della bellezza, visto che aveva dovuto accumularla dagli altri in passato.
Era una replica tagliente da usare quando ne avrebbe avuto necessità, e Francia si complimenta con se stesso per averla pensata anche se con un lieve ritardo. Non sarebbe certamente mancata un’altra discussione con Inghilterra, e non era certo l’ultima volta che lo paragonava a una rana. Sembrava quasi essere il suo insulto preferito da usare nelle discussioni.
Non serviva pensarci troppo, in fondo lo aspettava una lunga giornata dove poteva osservare gente discutere di cose noiose. Almeno aveva la permanenza pagata, e forse non gli avrebbero chiesto un resoconto quando sarebbe tornato a casa. Ancora sentiva nelle orecchie i rimproveri della sua segretaria perché era tornato a mani vuote.
Avrebbe copiato quelli di Germania a fine giornata, certo che ne avrebbe presi in maniera fin troppo meticolosa, avrebbe aggiunto qualche commento personale e sarebbe stato perfetto.
Ora si sentiva meglio, ed è con rinnovata fiducia in se stesso. Non doveva lasciarsi abbattere da ciò che era successo a colazione. Intendeva far pagare Inghilterra ogni singolo insulto, per una mera questione di orgoglio. Poteva causare un incidente diplomatico se i governi l’avessero scoperto, ma Inghilterra in fondo non aveva mai lasciato uscire niente sui pesanti insulti che si rivolgevano da praticamente la memoria dei tempi.
Francia si sente il corpo pieno di rinnovato entusiasmo. Doveva pensare a cose che lo riempivano di soddisfazione, e non aveva alcun senso rimanere lì in stanza. Apre la porta, dandosi un’ultima occhiata.
Era il momento di andare in scena.
   
 
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