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Autore: CervodiFuoco    08/10/2023    1 recensioni
Questa è una raccolta di racconti brevi la cui trama è la parola chiave suggerita dall'InkTober di quest'anno 2023!
Non mi attengo ad alcuno stile, atmosfera o genere fisso: entrate a vostro "rischio e pericolo", coscienti che potrebbe capitarvi di tutto sotto gli occhi! Ogni giorno una nuova storia, inventata e scritta sul momento lasciando libera l'immaginazione e la creatività. Spero di avervi numerose/i a leggere! Purtroppo l'introduzione può fare poco per stuzzicare la vostra attenzione, ahinoi; dovrò affidarmi alla mia, e vostra, buona stella.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parole chiave dei giorni 7 e 8 Ottobre:

Goccia

Rospo

 

 

 

 

 

 

 

 

IL RE DEI ROSPI

 

 

Squiiick ! Sfilo lo stifale dal denso fango cremoso. Splofch. Lo infilo pesantemente un poco più avanti.

Squiiick! Splofch. Squiiick! Splofch. E così via, insomma.

Cammino in questa palude da giorni ormai, alla ricerca della fantomatica rana, o rospo che sia, che mi rivelerà la soluzione al mio malanno. Insomma, tutti quanti mi hanno decantato la sua infinita saggezza: mi han detto, «vai da lui che saprà sicuramente di cosa hai bisogno». Al che io ho ribadito, «si, ma è una rana», e loro tutti a scaldarsi e offendersi, no? E a dirmi «Prima incontralo e poi mi dirai!». Al che ho smesso di discutere e, dopo un'ora o due di indecisione, alla fine mi sono deciso.

Non immaginavo, però, che avrei dovuto trovarlo. Pensavo che si facesse trovare da solo. E invece.

 

Cammino in questa folta e fitta giungla da... ore? Credo siano ore ormai, si. Anche se il paesaggio a volte è talmente monotono che si ha quasi l'impressione che siano passati giorni. E' un po' tutto uguale, qui. Il tetto di fogliame e felci giganti ti gocciola perennemente in testa, dandoti l'impressione che piova anche se all'effettivo non sta piovendo. E quando piove veramente, beh, è un macello, anche con l'adeguato equipaggiamento, come ho fatto io. Puoi avere anche tre cappelli addosso e gli stivali buoni, ma alla fine ti ritroverai impantanato e inzuppato fino alle mutande, non c'è niente da fare. E poi, la repentinità con cui la pioggia arriva! E se ne va. A dir poco incredibile.

 

E non è che non ce ne siano, di rane e rospi, nei dintorni. Eccome! E' pieno, dappertutto. Gracidano, borbottano, si punzecchiano, cantano, sillabano, mugugnano, fischiano, ringhiano (?). Ormai ho trovato molti modi per definire il loro verso.

Il punto è che la mia rana, quella che sto cercando io (non ho ancora capito se è una rana o è un rospo, e so che c'è una qualche differenza) è un po' diversa dalle altre. So soltanto che è il Re delle Rane (o rospi) e quindi quando lo avrò trovato lo capirò.

 

Mi siedo sotto l'ennesima felce gigante, adagio la schiena contro il massiccio fusto spigoloso e coriaceo e tiro fuori una sigaretta dal taschino. Me la infilo in bocca - ma qui è troppo umido. E' la seconda volta che provo a fumare qui nella giungla: voglio cogliere l'occasione adesso che non sta piovendo.

 

«Vuoi da accendere?»

 

Mi si rizzano i peli sulla nuca. Mi volto a destra, da dove è provenuta la voce, gracchiosa e dal chiaro timbro maschile. E mi ritrovo faccia a faccia con un rospaccio grosso come un rottweiler.

Era già qui e non l'ho visto? Probabile... è dello stesso colore di... beh, tutto quanto il resto.

Il rospone mi fissa con uno dei due globi oculari giallastri; l'altro guarda diametralmente da un'altra parte. Ha la pelle di un verde molto scuro ed è liscia e umida, increspata in diversi punti randomici da bozzi e protuberanze piuttosto selvagge e dall'aria antica. Ha un aspetto imponente e massiccio. Se spalancasse per intero la bocca, molto probabilmente potrebbe ingoiarmi senza difficoltà, o almeno provarci.

 

Ho scollato le labbra l'una dall'altra, ma non ho ancora proferito parola; sono troppo inebetito dal suo aspetto e dalla sorpresa di trovarmelo davanti.

 

«Ero ironico» prosegue quello, inespressivissimo. Si sistema sulle zampotte. Ha delle spalle più grosse delle mie, manco si pompasse in palestra. «Che fai, fumi?»

«Uh...» Riallaccio i pensieri alla lingua. «... si.»

«Qui non si fuma» dichiara perentorio il Rospo.

«Oh.» Obbedendo istintivamente a quell'ordine, ripongo subito la sigaretta nel pacchetto all'interno del taschino. Poi, inquieto, resto indeciso se rialzare gli occhi su di lui oppure no. Alla fine gli domando, con lo sguardo fisso sul fango bagnato che mi copre gli stivali: «S-sei il re dei rospi?»

Il Rospo inala una gran quantità d'aria, rumorosamente. «Si» dichiara di nuovo. ''Dichiara'' è certamente il verbo più adatto. E se ne sta zitto.

Devo, devo fargli un'altra domanda adesso: sento che, se non gliela faccio, potrei finire nei guai.

«Mh... mi è permesso stare qui?»

Il Rospo batte lento le palpebre, lo vedo con la coda dell'occhio. «Si.»

Deglutisco. Ora azzardo: lo guardo direttamente.

E' veramente grosso. E' per forza il re dei rospi. Ha persino una sorta di cresta dentellata, ora che lo osservo con più attenzione, proprio sopra la testa: una coroncina carnosa semicircolare, sopra agli occhi. Piccolina, ma fa la sua parte. Wow.

Un po' in ammirazione e un po' in soggezione, mi schiarisco la voce un paio di volte e poi gli faccio: «Vi stavo cercando.»

Lui non dice nulla. Se ne rimane immobile e strabico.

«Mi hanno detto che voi siete un grande guaritore e medico, e che potete curare pressoché ogni male, ecco» proseguo, in tono rispettoso e più calmo possibile. Nel frattempo mi sono sollevato dalla posizione seduta e sono quasi accucciato a quattro zampe. Restare seduto mi sembrava scortese, insomma. «E' così?»

«Si» sillaba il Rospo. Ora piega di qualche grado la punta umida del muso verso di me, così da avermi perfettamente davanti. Ora però nessuno dei due occhi sta guardando me. «Cerchi tu di guarire da un male?»

«S-si, Re dei Rospi» commento, ora prostrandomi in un piccolo inchino, d'istinto. Non so perché l'ho fatto. Ho piantato le mani nel fango per reggere il mio peso in avanti e non me ne pento. Mi risollevo, con grande rispetto. Più sto in sua compagnia, più avverto emanare da lui una sorta di magnetismo, di elettricità molto sottile nell'aria. La avverto nello stomaco. Mi fischia debolmente nei timpani e alleggerisce i miei pensieri. E' piacevole, dopo tutto, ma mette una sorda inquietudine.

«Sto cercando la gioia perduta.»

Il Re dei Rospi solleva il muso per inspirare rumorosamente, un'altra volta. Si sistema ancora le spalle, di nuovo come un palestrato. «Capisco.» Mi ricorda vagamente il capo di una tribù indiana nei modi. «Quale è di preciso il male che ti affligge?» E poi, subito dopo: «La gioia può essere persa per varie ragioni.»

«Ahm... » Bella domanda. Ci rifletto su. In effetti, la mia non è mai stata effettivamente depressione, né mancanza di propositi, quanto più... un senso di vuotezza e di esasperazione, più o meno. Mi umetto le labbra, per assurdo secche nonostante mi trovi nel bel mezzo di una giungla fradicia.

«Non saprei, a dire la verità.» Mi è uscita così.

Il Rospo mugugna. Pare indispettito. «Hai perso la gioia, eh?» Inspira, espira. «Fammi vedere» esclama, ed è palese che sia impossibile rifiutarsi a tale esclamazione. Quindi alza una delle due zampe davanti, apre ben bene le dita e mi piazza il palmo della mano sulla testa. Squick.

Rimango perfettamente immobile, sotto shock. E' come se dalla sua mano diparta un fascio di energia che mi raggela la spina dorsale, dal collo all'osso sacro. E ho la testa come piena di cubetti di ghiaccio.

Dopo quell'istante surreale, il Re dei Rospi stacca la mano e torna in una posizione comoda. Sbuffa dalle narici.

«Voi umani siete tutti uguali» gracchia con placida flemma, e una punta di ammonimento. «Cercate le cose dove non stanno. Poi vi ammalate.»

Spalanco gli occhi. Rimango in attesa, insomma!

«Hai cercato la gioia nella testa» inizia a spiegarmi. «Non è nella testa. La testa non serve a quello, sciocco. Ma devo dirtelo io, che sono un Rospo? Tu puoi benissimo arrivarci da solo.»

Beh, in realtà no. Prova tu, ad avere una testa che pensa da sola tutto il tempo, e poi mi dirai, penso fra me e me. Buffa anche la cosa di per sé, vero?

«Smetti di cercare la gioia dove non è. E la ritroverai» afferma il Rospo. Poi annuisce con soddisfazione. Augh! Ho parlato.

Deglutisco ancora. «I-io...» Non oso dirgli che mi pare un po' scarna e anche inutile come indicazione. Stringo le labbra. «D'accord-»

«UMANO!» tuona senza preavviso lui, spaventandomi a morte. Ha una voce poderosa e vibrante, quando vuole! Mamma mia...che salto m'ha fatto fare... «Osi tu non credere a ciò che ti dico?»

...

«Mh.» Sbuffa. «Tu sei un libro aperto per me. Tutti voi lo siete. Umani. Credete di essere superiori a tutti gli altri esseri del mondo, soltanto perché sapete costruire i palazzi, o scrivere sui libri, o guidare le macchine. Ma non è vero, sono sciocchezze. Perché voi sapete soffrire come nessun'altra creatura del mondo. E sapete perché? Perché siete voi stessi la causa del vostro stesso male.»

Si, però anche senza infierire, penso un po' amareggiato.

«Comunque» prosegue lui «sei qui in cerca di guarigione, ed io te la darò. Poiché questo è il mio compito, e nonostante tutto... voglio bene a voi umani. Mh.»

Rincuorato, cerco di ingaggiare uno dei suoi due occhi gialli, ma senza successo. Non so come lui faccia a guardarmi. Avrà una vista periferica molto buona o cose simili.

«Apri la bocca, umano» mi ordina, calmissimo ma in tono sempre molto perentorio, come se io fossi il suo giullare di corte.

Mi ritrovo terrorizzato di fronte a quel... no, non è un consiglio. O faccio come dice lui, o avrò fatto tutta questa strada e fatica per nulla. E sia... seppur titubante, inclino verso l'alto il mento e apro la bocca.

Intanto, il Re dei Rospi ha innalzato la zampa opposta a quella che ha adoperato prima per toccarmi la testa e farmi quella strana magia. Ora pone la mano umidiccia davanti alla propria bocca, che schiude: e mormora una sorta di «Skhiorrrr» o giù di lì. La cosa assurda è che dal profondo buio della sua ugola impressionante, emerge del fumo verde. Di una tonalità accesissima, sfiora quasi il giallo. Quella fumina gli investe la mano, e sulla mano va a condensarsi, piuttosto in fretta, in un piccolo globo del medesimo colore. Quindi il Rospone comincia a muovere la mano per mezzo di un piccolo movimento rotatorio, come i sommelier quando si danno un tono facendo ruotare il vino nel calice: fa qualcosa, insomma, con quella palletta verde fosforescente, ed essa pian piano va a perdere il colore fino a diventare trasparente, come una semplice goccia d'acqua, però bella grossa.

«Bevi» mi impone, ponendo la mano in prossimità della mia bocca e ruotando il palmo, di modo che il gocciolone ci cada dentro. Io sto ben attento affinché ciò accada - pervaso dalla sensazione di star facendo qualcosa di surreale e onirico, e di starmi cacciando da solo in un problemone che potevo evitare. Oppure... oppure no, ed è esattamente l'opposto?

Come se il Rospo avesse percepito questo mio pensiero, emette un mugugno di disapprovazione mentre ritrae la zampona e la ripianta nella fanga dove stava prima.

E io? Io ho serrato le labbra e ho deglutito la goccia, proprio come un bel sorso d'acqua preso da un bicchiere.

E mi sento cadere.

 

All'improvviso non c'è più nessuna foresta. Niente più felci giganti, né fango; rimane solo il Re dei Rospi dinnanzi a me, che coi suoi occhioni ad angolo ottuso mugghia «Ora cadi», e la sua voce echeggia come dentro una caverna gigantesca.

Ed io cado. Nel vuoto.

E urlo. Urlo come non ho mai urlato prima! Ma non odo la mia stessa voce. Non c'è il suono, qui. Non c'è proprio niente. Eppure cado. Cado, e tutto il sangue nel mio corpo trema di paura.

Finché non atterro in una pozza di liquido scuro, senza farmi male. Mi tiro su: e davanti a me c'è me stesso, però bambino. Mi si avvicina e viene a stringermi a coppa le guance fra le mani, sorridendomi.

«Sei stato proprio uno sciocco» mi dice intenerito.

Come ha detto il Re dei Rospi, rifletto un po' offeso.

Dopo di che il me bambino chiude a pugno una mano eccetto l'indice, e va a toccarmi il centro del cuore mediante quel dito.

 

BOOOOM! Un'esplosione di milioni di schegge di colori arcobaleno, ed io vado in mille pezzi; tutto quanto, qualunque cosa fosse, è andata in mille pezzi, senza però produrre alcun suono. Quel ''booom'' era più la sensazione di ciò che ho provato, come se finalmente mi svestissi di un abito troppo stretto e mi allargassi a macchia d'olio in ogni direzione.

 

«Sei tornato» gracchia tranquillo il Re dei Rospi sopra di me. Io sono crollato di faccia nel fango, a sedere in alto, inginocchiato. Riprendo solo ora a respirare.

«Ora guarirai. Non avere fretta. La fretta non fa guarire. Hai capito?»

Tra un gemito e l'altro, rispondo un «Si» incespicante.

E così com'era apparso, il Re dei Rospi scompare, camminando all'indietro a infittirsi tra il fogliame delle felci che ci circondano.

 

Alla faccia del Re dei Rospi.

   
 
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