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Autore: CervodiFuoco    12/10/2023    1 recensioni
Questa è una raccolta di racconti brevi la cui trama è la parola chiave suggerita dall'InkTober di quest'anno 2023!
Non mi attengo ad alcuno stile, atmosfera o genere fisso: entrate a vostro "rischio e pericolo", coscienti che potrebbe capitarvi di tutto sotto gli occhi! Ogni giorno una nuova storia, inventata e scritta sul momento lasciando libera l'immaginazione e la creatività. Spero di avervi numerose/i a leggere! Purtroppo l'introduzione può fare poco per stuzzicare la vostra attenzione, ahinoi; dovrò affidarmi alla mia, e vostra, buona stella.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parole chiave dei giorni 9 - 10 - 11 - 12 Ottobre:

rimbalzo

fortuna

vagare

speziato

 

 

 

 

 

 

PAPA’ CASTORO

 

 

 

Nella valle echeggiava forte quel rumore, ormai da giorni. Secco, ripetitivo, brusco, acuto. E martellante. A volte faceva delle pause, belle lunghe anche; poi, ricominciava. Fortuna che non ci abitavano degli umani, da quelle parti, sennò sarebbe stata la fine.

Gli animali però stavano iniziando a dare di matto.

Un mattino ho incrociato un pettirosso che, bisbigliando col suo amichetto picchio, si lamentava: Non ne posso più. Almeno tu non lo senti. E il picchio: Eh, magari, magari, magari! Io invece sento tutto, tutto, tutto. Solo che si ripete, ripete, ripete. E il pettirosso: No, guarda che si ripete comunque, anche per noi. E il picchio che si gonfiava tutto e si voltava, offeso, scrollandosi dalle piume i fiocchi di neve.

L'inverno era nel suo picco ormai e sull'intera valle era calato un adorabile e soffice (e pesante) manto nevoso, che aveva ricoperto gli abeti, incappucciato i rilievi dalla cima alle pendici e congelato il corso del torrente e dei ruscelletti affluenti. Non fosse stato per quel Stack!, Spack!, Stack!, un meraviglioso ovattante silenzio avrebbe accompagnato l'ambiente lungo il decorso della stagione più fredda dell'anno.

 

Così mi decisi ad andare a vedere di che si trattava. Nessuno voleva prendersene la briga perché l'inverno metteva troppa pigrizia - a buon ragione, aggiungerei. Ma io ne avevo abbastanza, e volevo troppo scoprire quale fosse la fonte del rumore.

Al sorgere del sole mi misi a percorrere il torrente ghiacciato. Le mie zampone affondavano nella neve alta lasciando profonde e definite impronte, ma mi andava bene così. C'era poco da preoccuparsi in quella stagione.

Non ci misi molto: nel giro di meno di un'ora raggiunsi la fonte del rumore.

In piedi su un grosso masso c'era Papà Castoro, che faceva rimbalzare la sua grossa e piatta coda contro la pietra. Dei sonagli appesi a ghirlande tintinnavano accompagnando il suono che ogni botta produceva.

«Ehi, Castoro! Che stai facendo? E' inverno!» gli ruggii, cercando di sovrastare il baccano che faceva. Al primo tentativo non mi sentì e dovetti ripetere perché si fermasse.

«Mh? Ah? Che dici, amico?»

Con un sospiro gli ripetei la faccenda. «Guarda che non è la stagione giusta. Devi andare a dormire, stai disturbando tutto il vicinato!»

Quello mi squadrò coi suoi occhietti piccini e indagatori, il nasone che annusava alacremente l'aria, le zampine adagiate contro il corpo e quella sua posizione un po' goffa in piedi sulle due zampe dietro.

«Ah?» mi fece, non convinto. «Ma che stai bamblanando.»

Ora che lo osservavo meglio, notai che indossava un bel paio di cuffione pelose. Paraorecchi. Probabilmente per non assordarsi da solo. Così mi avvicinai - lui arretrò un po' spaventato, ma io gli sorrisi - e gli sfilai le cuffie. Tutto a un tratto si scrollò con meraviglia.

«Oh!» fece.

Rinnovando il sorriso, risi e scossi il testone peloso, per poi darmi una bella grattata al grasso sotto al collo. Poi gli ripetei da capo la storia. Alla fine lui annuì confuso.

«Stavo solo rassodando il cancello» mi spiegò. «Domani chiudiamo casa, spingiamo il sasso davanti alla porta di modo che il freddo non entri più.»

Soddisfatto e comprensivo, cercai di immaginarmi la loro avanzata strategia e tecnologia. Decisi di sedermi lì. Iniziavo ad avere fame; la passeggiata fino alla tana di Papà Castoro era stata più lunga del previsto ed io avevo interrotto il mio letargo appositamente per questo. Ok, avevo il grasso corporeo dalla mia parte e tutto... ma un pizzico di buon sano languorino invernale in mezzo alla neve candida... sfido io chi è capace di non farselo venire, dai.

Mentre mi massaggiavo a grattavo la pancia con gli artigli di tutte e due le zampe, udii Castoro che mi diceva: «Non è che vuoi entrare?»

«Mh?»

«Dentro, insomma. Ti offro un caffè, o un tè. Dei pasticcini.» Si voltò e strillò: «Cara, li abbiamo ancora quei pretzel colla crema?»

Io stavo già borbottando un «Mannò, non ce n'è bisogno...» che da un pertugio, che prima non avevo notato, nel mezzo dell'enorme tana di Castoro fatta di legname e altro materiale vario, venne fuori una vocetta bassa ma femminile che rispondeva: «Li abbiamo finiti ieri, caro! Te li sbafi tutti tu!»

«Non è vero! E' Timothy che se li prende di nascosto!» ribatté Castoro cercando di farsi valere. «Dannazione. La solita fortuna» imprecò dispiaciuto. «Beh, ci sono sempre i wafer.» Mi lanciò un'occhiata complice. «A chi non piacciono i wafer?»

Io risi di nuovo. Mi stavano simpatici i Castori. «D'accordo, d'accordo... in effetti credo di aver perso qualche grammo venendo fin quassù. Un bocconcino non lo rifiuto.»

«Eeesatto!» mi diede corda Castoro. «Hai vagato per la valle in mezzo alla neve per arrivare qui. Come minimo posso darti ospitalità.» Scese allegrotto dal masso e mi fece strada, indicando con la zampina il pertugio poco distante che si apriva, mimetizzato, in quella che era la sua formidabile e apparentemente invisibile tana-casa.

Mentre mi infilavo - lo ammetto, un po' a fatica - nel buco, chiesi a Papà Castoro, che mi stava davanti: «Non è che c'avete i biscotti di marzapane?» Avevo già l'acquolina in bocca.

«Aaaah, quelli speziati?» sottolineò deliziato lui, la voce che echeggiava nel cunicolo. «Ma certamente. Vieni, vieni!»

   
 
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