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Autore: HikariRin    13/10/2023    0 recensioni
*Seguito diretto di ~ Freed0M, ma può essere letta anche autonomamente.*
“C’è un nuovo messaggio!” avvertì Rotom, al che Friede chiese al telefono di leggerlo ad alta voce.
“Da parte di: Murdock.”
Quando Rotom ebbe finito di leggere il breve messaggio, i due si guardarono senza riuscire a contenere la loro sorpresa. Sullo schermo acceso ancora figurava il testo del messaggio:
“Ti dispiacerebbe se chiedessi a Mollie di uscire con me?”

Ambientazione: Pokémon Horizons (Pocket Monsters 2023)
Personaggi: I Locomonauti
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
Capitoli:
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VeNTuRE ~ 5

 

Liko e Roy avevano fatto il giro del ponte superiore, consci di aver sentito abbastanza, e si erano furtivamente diretti verso il corridoio di prua, ove la bandiera dei Locomonauti svettava fiera, mossa solo dalla brezza che l'aeronave incontrava durante la navigazione.

Roy s'era seduto al limite del ponte, euforico e ciondolante per quanto aveva scoperto che per lui era del tutto nuovo, mentre Liko si era appoggiata alla ringhiera, ancora agitata e inquieta al pensiero che qualcuno potesse averli visti o sentiti. Il ragazzo s'era voltato verso di lei, le aveva sorriso e l’aveva invitata a sedersi accanto a lui. Dopo una prima, iniziale esitazione, Liko aveva deciso di sfidare la corrente e lo aveva raggiunto, riuscendo finalmente a calmarsi.

“Secondo te siamo di troppo?” aveva chiesto lei dopo un po’, lievemente piegata in avanti e con tono triste.

“Non mi è sembrato dicessero questo.”

“Friede si sta precludendo qualcosa per il fatto di aver preso noi a bordo?”

Roy aveva alzato lo sguardo al cielo, dondolando sulle gambe incrociate.

Non sopportava di vederla così, e secondo lui Liko dava sempre troppo peso alle parole degli altri, quindi si sarebbe sentita di troppo in ogni momento e in ogni contesto.

“Anche se fosse, Liko, cosa vorresti fare? Scappare? Scendere? Tornare a casa?”

La ragazza aveva scosso la testa in modo deciso, emettendo un lieve sospiro.

“No; però forse dobbiamo ancora trovare il modo di renderci utili.”

“Murdock ti ha appena lodata, e Mollie era d’accordo con lui. A me non interessa se Friede si stia precludendo qualcosa perché ci siamo noi, sono affari suoi.”

Liko si volse a guardarlo, e s’accorse che anche lui aveva lo sguardo fisso su di lei. Uno sguardo che non sembrava preoccuparsi minimamente delle influenze esterne, e non capiva se fosse un bene o un male, sapeva solo che avrebbe voluto essere come lui.

La presenza di persone come lui e Dot, che facevano quello che dovevano senza preoccuparsi del prossimo, le trasmetteva coraggio. Non appena lei abbassò gli occhi il ragazzo se ne accorse, e proseguì con tono inflessibile.

“Io credo che i cambiamenti non siano sempre per male, e la nostra presenza ne sta portando qualcuno. Va bene così. Qualcuno sarà soddisfatto, qualcun altro no, ma è importante come ti senti tu.”

“A me piace viaggiare con i Locomonauti. Voglio conoscere tanti Pokémon, vedere tanti posti nuovi. Con voi mi sento a casa. Mi trovo bene soprattutto con te, Roy. E con Dot. La vostra amicizia è preziosa.”

Liko aveva risposto con un sorriso in volto e quasi di getto, portando un pugno chiuso sul petto ad avvalorare il peso che quelle parole avevano per lei e arrivando a guardarlo dritto negli occhi, ma quando s’era accorta che lui non era più riuscito a staccarli da lei e del lieve rossore che aveva riempito le sue guance, aveva sentito anche le proprie farsi rapidamente sempre più calde.

Erano rimasti così a guardarsi per qualche secondo, finché lei per prima non aveva nascosto il viso dietro una mano spezzando il clima di tensione e facendo scoppiare lui in una risata.

“Anch’io mi trovo bene con te.” aveva risposto lui, allontanando gli occhi da lei per permetterle di riprendersi. Lei lo aveva guardato mentre era di spalle, e gli aveva rivolto un sorriso dolce al pensiero che era proprio da lui rivolgere agli altri questo genere di premure.

“Alla fine avevi ragione. Quei due si piacciono, nonostante la diversità.”

Il ragazzo s’era voltato di nuovo, aveva passato l’indice sotto il naso in modo fiero e solo dopo le aveva sorriso.

“Anche tu avevi ragione sulla diversità.”

Aveva poi alzato lo sguardo verso il cielo, ed era rimasto ad osservare le stelle che scorrevano sulla volta celeste per un po’, mentre lei aveva abbassato lo sguardo e s’era stretta nella giacca, in quanto cominciava a sentire una certa frescura.

“Chissà se è un concetto che potrebbe applicarsi anche a noi due.”

“Cosa?”

“Quello della diversità. Non pensi che siamo un po’ come il ghiaccio e il fuoco?”

“Io sono il ghiaccio? Non è carino.”

“Il giorno e la notte?”

“Piantala.”

Il ragazzo aveva riso, incontrando nuovamente lo sguardo ora torvo di lei.

“Sei mai stata innamorata, Liko?”

La ragazza aveva avvampato alla domanda repentina di lui. Non sapeva esattamente cosa rispondere, credeva di essere semplicemente troppo giovane per poter anche solo pensare di aver mai provato un sentimento del genere, ma allo stesso tempo si chiedeva se esistesse davvero un’età in cui si sarebbe potuto considerare opportuno e una in cui no. Nondimeno, le faceva specie il fatto che lui stesse ponendo proprio quella domanda, quando poco prima aveva parlato di un’estrema presunta diversità tra loro. Ma aveva scelto di accompagnare la sua risposta con un cenno energico del capo.

“No, non ancora. Ho sempre vissuto con i miei genitori e non sono mai stata a contatto con così tante persone. E tu?”

“Figurati, la mia isola era piena di Pokémon e di persone anziane.”

Liko gli aveva rivolto un sorriso amaro, mentre veniva scossa da un brivido dovuto all’aria sempre più fresca all’intorno. Lui se nera accorto, e aveva tolto la giacca per porgerla a lei. Dopo qualche attimo di esitazione, vedendo che lui non accennava ad arrendersi, la ragazza l’aveva afferrata e se l’era messa sulle spalle, ringraziando debolmente.

“Prima o poi, mi piacerebbe provare un sentimento del genere per qualcuno.”

Aveva aggiunto, colmando il silenzio che si era creato tra loro. Il ragazzo aveva voltato lo sguardo abbassando il viso.

“Anche a me piacerebbe fare come loro. Solo per sapere cosa si prova.”

Liko lo aveva guardato incuriosita.

“In che senso?”

Lui aveva incrociato i suoi occhi senza modificare la sua espressione, il che l’aveva per un momento intimorita e fatta sentire esposta, fragile.

Il ragazzo aveva scosso la testa, sorridendole di nuovo come se non avesse detto niente poco prima; si era alzato e aveva fatto per tornare indietro percorrendo il ponte, fermandosi a metà e voltandosi nuovamente verso di lei, con le mani dietro la testa e la spensieratezza che lo contraddistingueva in viso.

“Non importa.”

 

La visibilità si faceva sempre più ridotta all’avanzare della notte, e le nubi sempre più dense impedivano di vedere lontano. In timoneria, Friede aveva appena deciso di sedersi a riposare, accanto a Cap. che già dormiva e a Charizard che russava rumorosamente piegato su una parete.

Non aveva particolari preoccupazioni per quella notte su dove dovesse dormire, e dubitava che qualcuno sarebbe andato a cercarlo, quando udì un timido bussare.

S’alzò dalla sedia sulla quale aveva appena preso posto e s'avvicinò alla porta con un gran sospiro, immaginando chi potesse essere. Sicuramente lei, a chiedere il conto di quella mattina.

Ma prima che potesse aprire, la porta si spalancò rivelando la sua amica d’infanzia, che gli sorrise e si fece strada senza dire niente, ma con un solo sguardo fugace, all’interno della stanza.

Oria s’avvicinò a Cap., e Friede venne subito colto da un brivido all’idea che lei potesse svegliarlo, perché il topo elettrico non era molto d’accordo sul fatto che lei glielo rubasse tutte le notti, ed invero era anche piuttosto arrabbiato; ma lei, esuberante e temeraria come sempre, s’assicurò che lui dormisse e tosto prese il cappello che il piccolo Pokémon aveva posato di fronte a sé, mettendoselo sul capo e voltandosi poi verso il comandante, sorridendogli con meno freddezza e sciogliendo la sua tensione e il suo cuore pesante. S’avvicinò poi al timone e lo prese tra le mani tenendolo saldamente, mentre rivolgeva lo sguardo alla vastità del cielo di fronte a loro; e lui, meravigliato e incantato dall’immagine di lei che avrebbe potuto guidare quel mezzo per sempre senza alcuna obiezione da parte sua e che si mostrava ancora una volta più tenace di lui, le andò dietro cingendole i fianchi con le braccia e posando la testa su una delle sue spalle.

La ragazza parve non fare troppo caso all’audacia di lui, e questo non poteva che ferirlo un poco; era la prima volta che si trovavano nella stessa stanza eppure si sentiva così lontano da lei, così tanto che lei guardava altrove e lui sentiva il bisogno impellente di tornare ad essere l’oggetto della sua attenzione.

Si rendeva sempre più conto di quanto  era stupido allentare la presa che aveva su di lei, perché non era come lui, e se fosse andata troppo lontano non sarebbe tornata indietro neppure nel caso in cui gli fosse rimasta accanto.

La ragazza si strinse nelle spalle, costringendolo a sollevare il viso.

“Se fossi io il comandante? Se potessi decidere delle sorti di questa nave?”

Non c’era nessuna allegrezza, nessuna spensieratezza, nessuna traccia della sua estroversione nel suo tono di voce, e lui non poté che allarmarsi, ma decise comunque di buttarla sul ridere.

“Decidi già abbastanza di questa nave, lascia qualcosa anche a me.”

“Non pensavo davvero quello che ho detto stamattina, ti chiedo scusa. La Brave Asagi ha reso realtà il sogno di tutti noi, non potrei esserne più orgogliosa.”

Finalmente la ragazza tornò a sorridere volgendosi verso di lui, e vedendola lì con il cappello da capitano lui pensò che forse aveva sbagliato tutto fin dall’inizio, e che avrebbe dovuto averlo lei.

Oria lasciò andare il timone, che si mantenne saldamente in direzione da solo, prese il cappello che aveva sul capo e cominciò a strapazzarlo nelle sue mani.

“Friede, non voglio forzarti ad essere quello che non sei. Mi va bene così.”

Guardava in basso, al cappello che ruotava nervosamente intorno a un dito con la mano che aveva libera, e a lui tutto pareva fuorché sincera.

“Non è quello che hai detto stamattina.”

Lei sorrideva con una punta di mestizia.

“Non lo è, ma in realtà non posso lamentarmi di come sono andate le cose finora. Ho avuto quello che volevo.”

La mente di lui venne attraversata da un fremito d’incertezza. Si chiese per quale motivo lei parlasse al passato, e all’idea di perdere anche quel poco che avevano costruito tutto gli pareva già più noioso.

Anche se ora aveva ben chiaro cosa prima Mollie e poi Murdock gli avevano rimproverato sul fatto d’illuderla.

“Cosa ne hai fatto della mia amica d’infanzia? Pensavo fossi venuta a convincermi di qualcosa.”

“Fino a stamattina ero convinta di conoscerti, e di non essere l’unica ad avere dei sentimenti che ti rendessero automaticamente la mia priorità. Credevo che ti saresti aperto con me, invece non capisco che motivo hai ancora per tirarti indietro.”

Il comandante sospirò.

Aveva ben chiaro di dover dire qualcosa, ma sapeva che ogni parola che non fosse stata quella che lei avrebbe voluto sentire avrebbe potenzialmente mandato in frantumi ogni cosa tra loro.

La ragazza attese per più di una manciata di secondi, per poi tornare ad abbassare lo sguardo e voltarsi nuovamente verso la volta celeste con un sospiro nervoso.

“Mi sembra quasi di costringerti. Non avrei dovuto parlare. Odio me stessa.”

Non avrebbe mai dovuto lasciare che Mollie la convincesse. Sapeva bene di non essere sbagliata, di non essere l’unica fonte del problema, di creargli imbarazzo alle volte con la sua vitalità, e sapeva anche che lui non avrebbe mai capito quel tipo di linguaggio, ma solo la sua imposta assenza o presenza.

Ma aveva lasciato comunque che la sua impazienza prendesse il sopravvento.

“Murdock ha detto bene: siamo una squadra. Qualunque cosa accada nessuno di noi ti abbandonerà, e nessuno di noi ha interesse nel rompere qualcosa. Questo include anche me.”

La ragazza fece una breve pausa, poi riprese, arrabbiata ma rassegnata.

“Qualunque discussione potremmo mai affrontare, avrò sempre e solo due opzioni di fronte a me: convincerti di qualcosa o farmela andare bene così; e non ho più voglia di combattere con te.”

“Temo di essermi messo in una situazione più grande di me, ‘stavolta.”

Oria abbandonò immediatamente la sua espressione infastidita, e si preparò attentamente ad affrontare un probabile flusso di coscienza con la verità di lui.

“Il ciondolo di Liko, i Pokémon dell’eroe, il fatto che siamo inseguiti… È tutto molto interessante, ma ci siamo messi in pericolo.” il ragazzo la superò, dandole le spalle e rivolgendo lo sguardo all’orizzonte invisibile. Lei s’irrigidì; quello che di solito le piaceva di lui stava diventando il modo in cui lui sceglieva di prendere le distanze da lei.

“Il mio pensiero in questo momento va a come posso evitare di coinvolgervi più del dovuto, e non m’interessa se voi vogliate essere coinvolti o no; so solo che mi pentirò un sacco di volte di aver preso questa decisione, ma che nonostante questa certezza vi vorrei tutti con me.”

Il viso di lei si distendeva progressivamente mentre capiva che lui le stava venendo incontro cercando di parlare la lingua del cuore in mano, ma pur non avendo intenzione di dargliela vinta decise di accogliere ancora una volta la sua richiesta d’indulgenza, raggiungendolo e fermandoglisi accanto.

“Il fatto che continui ad usarmi come valvola di sfogo ogni volta che ti fa comodo non ti fa comunque onore.”

“Tu non fai la stessa cosa con me?”

“Certo, ma almeno io ti ho detto quello che provo.” rispose lei senza scomporsi incrociando le braccia, al che lui emise un lieve sospiro abbassando gli occhi.

“Quello che facciamo io e te non lo vedo come il coronamento di qualcosa, è il mio modo di non pensarci per un po’. Forse è crudele nei tuoi confronti, ma non significa che io non provi nulla.”

“Per chi mi hai presa? Nemmeno io piango quando non veniamo insieme.”

Ad una profonda occhiata di lui, lei serrò le labbra e s'azzittì nuovamente.

“Semplicemente, vorrei rimandare il discorso a quando tutta questa storia sarà risolta. Dammi un po’ di tempo.”

Oria attese qualche secondo per capire da lui se fosse o meno il suo turno di parola, e quando lui non disse più niente socchiuse le labbra in un sospiro allontanando gli occhi da lui, per poi tornarci subito dopo, accompagnando quanto detto con un gesto del capo.

“Va bene. Ma credo anche che ciascuno di noi debba affrontare questa pausa di riflessione nella propria cabina. Ho bisogno di un po’ di tempo da sola per invidiare a Mollie il fatto che Murdock non sembra porsi questo problema.”

Con un gesto repentino la ragazza si tolse il cappello e lo porse a lui, rimanendo ferma in quella posizione con lo sguardo basso finché lui non lo raccolse dalle sue mani. S’accorse che lui stava per dire qualcosa, ma prima che potesse farlo si diresse fuori dalla stanza mormorando ‘scusa’, lasciando che la porta si chiudesse dietro di sé, mentre lui ancora con il cappello in mano s’avvedeva che la sincerità non sempre ripaga, e si chiedeva perché nonostante fosse stato franco con lei aveva dovuto punirlo.

Oria aveva compreso appieno il discorso di lui e in parte non poteva non condividerlo, anche se chiaramente la delusione del fatto che alla fine non era cambiato niente era più forte di tutto il resto. Tornò nella sua cabina, si lasciò cadere sul letto e sfogò la sua frustrazione in un pianto liberatorio, certa che l’indomani avrebbe ripreso a comportarsi come se niente fosse accaduto, perché la scelta d’imbarcarsi in quella situazione era stata anche sua, e sebbene non l’approvasse glielo doveva.

Friede rese il cappello a Cap. posandolo dove lui lo aveva riposto, e tornò a sedersi lasciandosi cadere rassegnato. Mentre le palpebre gli erano sempre più pesanti a causa della stanchezza, solo un dubbio continuava a lacerargli la mente.

Il fatto che lei aveva citato le parole di Murdock significava forse che aveva origliato la loro conversazione?

Prima ancora che potesse trovare una risposta il sonno lo colse, mentre deliberava che in ogni caso non avrebbe lasciato che lei lo ricattasse, ma sarebbe rimasto saldo nella sua posizione.

 

La mattina dopo, Oria si svegliò da sola. Rimase per lungo tempo ad osservare il soffitto, quasi le fosse mancato qualcosa, ma si ricompose immediatamente quando rimembrò la richiesta assurda che lui le aveva rivolto, e si fece nervosa.

Non aveva intenzione di punirlo e punirsi per sempre, sapeva che prima o dopo avrebbe ceduto. Ma si sarebbe assicurata di non farlo sapere a lui per quanto più tempo possibile, convincendosi che questo lo avrebbe aiutato a fare ordine tra le sue priorità. Dopotutto, lui aveva voluto castigare lei per un qualcosa che nemmeno dipendeva totalmente dalla sua volontà.

Quando giunse nella sala riunioni trovò Murdock intento a sistemare in tavola l’occorrente per la colazione, e Mollie a sorseggiare del caffè. La sua amica la salutò ma lei decise di evitare i suoi occhi, perché solo con uno sguardo avrebbe capito e sapeva che Friede non avrebbe approvato che loro sapessero.

Ciò nonostante, non appena si sedette si sentì dai due osservata e in qualche modo apostrofata; sapeva di non essere capace di dissimulare le proprie emozioni, quindi probabilmente avevano già capito tutto. Nella sua mente maledisse infine il suo amico d’infanzia.

“Dove hai lasciato Friede?” chiese Mollie coprendo le labbra con la tazza e osservandola solo di sbieco, e lei immediatamente sollevò la schiena gonfiando l’addome, lasciando che i due percepissero in modo plateale il suo disappunto; sapeva che quella della sua migliore amica era una provocazione.

Lei e Friede prudentemente non si presentavano mai al tavolo insieme.

“Ci ho dato un taglio; non ho alcun motivo di rimanere in una relazione in cui lui mi usa come punching bag.”

Mollie chiuse gli occhi, e lei inizialmente non capì se in un sorriso di approvazione o in una smorfia di disapprovazione.

“Era ora.” sentenziò infine, poggiando la tazza sul tavolo di fronte a sé.

Nel frattempo Murdock aveva emesso un lieve sospiro quasi ne fosse deluso, e la ragazza aveva ben pensato di dover stemperare in qualche modo la tensione.

“Attento Murdock, perché ti sei trovato una ragazza piuttosto esigente.” tentò di scherzare, mentre Mollie le rivolgeva un’occhiata piuttosto interdetta.

“Ah, a me va benissimo, perché lo sono anch’io.” rispose lui mentre il nervosismo di Mollie scemava progressivamente e Oria si scioglieva in un sorriso luminoso.

“Sono davvero contenta che vi siate trovati, ragazzi.”

“Anch’io.”

I due si voltarono all’unisono verso la porta, mentre Oria s’irrigidiva sulla sedia. Friede entrò in stanza, e appoggiandosi allo schienale sul quale lei era adagiata si chinò sul tavolo, afferrò una ciambella dal piatto e salutò Mollie e Murdock sollevandola insieme alla mano, per poi aggiungere di essere in ritardo e sparire celermente così com’era comparso.

Oria aveva tenuto lo sguardo basso, quasi non volesse essere notata, ma la sua espressione tradiva la sua totale delusione nell’essere stata ignorata, nonché l’imbarazzo del fatto che questo accadesse proprio dopo che lei aveva deciso di dichiararsi, finendo inevitabilmente per rappresentare l’anello debole del caduco rapporto tra loro.

“Sembra che qualcuno qui non voglia accettare la solitudine.” concluse Mollie, e lo sguardo di Oria divenne contrito e deluso, non capendo neppure se il commento si riferisse a lei o a lui.

“Come siete finiti a combattere una prova di forza?” chiese Murdock, ma notando l’espressione della ragazza decise di far annegare il suo commento nel nulla. “Prendi una ciambella.” le disse porgendole il piatto, e Oria accettò di buon grado la sua benevolenza, sebbene la tempesta emotiva che aveva dentro non accennava a diminuire.

“Abbiamo sempre risolto così i nostri problemi. Prima o poi uno dei due cederà e le cose si risolveranno.”

“È un modo tossico di discutere.” sentenziò Mollie, ma Oria non si fece scomporre dalle sue parole.

“Non se non stiamo insieme. E oh, guarda un po’. Non stiamo insieme.”

La ragazza allungò una mano verso le tazze, avvicinandosene una e versandoci del tè, mentre gli altri due si guardavano preoccupati e incerti del futuro a venire.

Proprio in quel momento la porta si aprì nuovamente e Liko e Roy entrarono nella stanza insieme ai loro Pokémon, che tenevano in braccio. I due salutarono calorosamente i presenti, e finalmente anche la meccanica venne contagiata dal loro spirito allegro, rispondendo con altrettanto trasporto. I due giovani allenatori rimasero in piedi intorno al tavolo attendendo il permesso di sedersi, ma proprio mentre Murdock spostava loro le sedie il rumore di una tazza poggiata con una certa verve sul tavolo interruppe quel momento spensierato.

“Ieri notte pensavo che i nostri nemici ci avessero seguiti, invece eravate ‘solo’ voi due; la prossima volta che deciderete di origliare una conversazione siate più discreti e meno chiassosi.”

Immediatamente Murdock si volse verso Mollie con l’espressione di chi non aveva davvero capito o di chi non voleva credere alle sue orecchie, perché lui non aveva notato alcunché la notte prima.

Oria rimase interdetta da quanto appena udito, mentre dietro di lei Liko iniziò visibilmente a tremare, scossa e preoccupata, mentre nella sua mente passava attraverso immagini tutto ciò che aveva sentito la notte precedente e tutto ciò che lei e Roy si erano detti.

“E Roy.” Notando che il ragazzino era stato l’unico a non reagire alle sue parole, Mollie lo guardò fisso negli occhi finché lui non se ne avvide, e quando fu certa di avere la sua attenzione concluse con tono indolente. “Non ti azzardare.”

Il ragazzo venne attraversato da un fugace tremito, ma non lo diede a vedere. L’unico modo in cui lei poté notarlo fu che spalancò gli occhi per un attimo, giusto il tempo di non farsi notare dalla ragazza accanto a lui, che lo guardò come per cercare risposte.

“Mi scuso per aver origliato.” rispose, mentre si voltava verso di lei di rimando e con le sue parole cercava di lenire la sua preoccupazione, cosa in cui riuscì. Liko si scusò a sua volta con un inchino, fino a quando non fu Mollie a dirle di sollevare il viso e di sedersi al tavolo, ma mentre lei obbediva sentì la porta chiudersi con un certo impeto, e non vedendo più Roy accanto a sé capì che era stato lui a lasciare la stanza. S’inchinò nuovamente per salutare e gli corse immediatamente dietro, mentre Sprigatito la osservava contrariato per il fatto che aveva rinunciato alla colazione per seguirlo; nessuno dei commensali aveva avuto tempo e modo di dirle che era il momento di lasciarlo da solo. Si guardarono, fecero spallucce e sospirarono insieme, mentre il vecchio Landon arrivava in cucina e chinava il capo confuso, non capendo cosa stesse accadendo; come Friede prese una ciambella, salutò e tornò all’aperto.

 

Quando Liko raggiunse il ponte, Roy non era più lì. Avrebbe voluto chiedergli cosa lo avesse tanto turbato, ma immaginò che fosse tornato nella sua stanza e che volesse stare da solo, quindi decise di tornare indietro; sarebbe andata a fare colazione, poi sarebbe passata a salutare Dot e solo in seguito sarebbe tornata a bussare alla sua porta per chiedergli ragione del suo comportamento.

Avvampò allorché le tornò in mente il proprio turbamento della notte precedente. In seguito al suo incontro con Roy aveva deciso di rimanere ancora un po’ sul ponte della nave, e poco prima che rientrasse Dot l’aveva raggiunta, ringraziata per essere accorsa in suo soccorso sulla nave cargo guidata dal nemico e aveva rivelato dal nulla di essere la PokéTuber che aveva sempre seguito con assiduità e ammirato.

La sua reazione era stata piuttosto nervosa, ed era ancora piuttosto nervosa. Nel momento in cui le sovveniva alla mente il pensiero, tremava come una foglia. Non aveva idea di come avrebbe dovuto approcciarla o di cosa dovesse parlare. Probabilmente si sarebbe sentita oppressa se avesse cominciato a farle mille domande sul suo lavoro e sulla sua ispirazione. Sospirò.

Non sapeva che, proprio in quel momento, Dot la stava osservando. Sentiva di aver finalmente trovato un’amica, una persona per cui valeva la pena diventare un’allenatrice. Una persona che avrebbe potuto insegnarle molto. Sapeva che prima o dopo sarebbe dovuta intervenire per risolvere la situazione. Quel ragazzino stava già cercando di portarle via la sua persona speciale, la stessa nei confronti della quale sentiva quasi un senso di soddisfazione e tronfiezza nell’essere riuscita a sorprenderla, e ne era gelosa.

Sapeva che se avesse voluto mantenere a lungo quella sensazione avrebbe dovuto fare in modo che le cose non cambiassero troppo e non troppo in fretta. Mentre tornava verso la sua stanza, incrociò il ragazzo rossiccio che la salutò di sfuggita, ma prima che potesse allontanarsi lei gl’intimò di fermarsi.

“Qualunque cosa tu possa dirle in questo momento, lei non capirà. Non ti permetterò di ferire la sua sensibilità.”

Il ragazzo la guardò fisso all’altezza degli occhi, seppur coperti, per qualche secondo, e lo vide stringere gli occhi.

“Senti, a me non interessa se siete amiche, né il tipo di rapporto che vuoi avere con lei, ma Liko è perfettamente in grado di badare a se stessa. Quello che faccio con lei non sono affari tuoi.”

Lo disse in modo deciso e senza alcuna apparente ostilità, cosa che al di sotto dei suoi folti ciuffi la fece sorridere.

Mentre il ragazzo abbandonava il corridoio, Dot sbuffò rumorosamente prima di voltarsi verso la propria stanza. Prima che Liko potesse arrivare da lei si rintanò ancora una volta all’interno, certa di aver trovato un degno rivale.

 

I membri dell’equipaggio si distribuivano nelle proprie rispettive posizioni. La Brave Asagi procedeva decisa verso la regione di Galar, meta successiva del viaggio dei Locomonauti. Dopo aver consumato la sua colazione, Liko tornò sul ponte, ad osservare la situazione.

Apparentemente Friede si stava allenando con Cap. sul ponte alare e Roy cercava rumorosamente i suoi Pokémon correndo per tutta la nave. Il vecchio Landon si dedicava alla pesca, Murdock faceva l’inventario del cibo che mancava, Mollie spazzolava i Pokémon che amavano trascorrere la giornata sul ponte superiore. Oria era in sala macchine, a vegliare sul volo di tutti loro.

Quanto a lei, era già andata a salutare Dot, aveva il suo compagno Pokémon fra le braccia e sentiva nell’aria il profumo che amava tanto; poggiandosi sulla ringhiera a un lato del ponte inferiore, aveva preso ad osservare il panorama.

Il sole colpiva i suoi occhi, stremati da una notte di rivelazioni e pensieri, ma dopo averci pensato a lungo aveva concluso che il suo amico aveva ragione.

Qualunque cosa avrebbe potuto turbare gli adulti, sarebbero stati affari degli adulti; era già impegnata abbastanza a diventare un’allenatrice degna di quel nome, e non sapeva ancora perché sua nonna avesse scelto proprio lei per portare avanti le proprie aspirazioni.

Stringendo il ciondolo che portava al collo, pensava che a breve lo avrebbe scoperto, e allora forse avrebbe capito.

Qual era la sua strada, che tipo di allenatrice voleva diventare, se davvero avrebbe potuto dare un contributo ai Locomonauti. Un lieve rossore le riempì le guance, allorché realizzò una verità ben più nascosta. Ancora una volta, delle sue nuove consapevolezze, avrebbe dovuto ringraziare nient’altri che Roy.

 

Note dell’autrice:

Bentornati nell’ultimo capitolo di questa difficoltosissima storia. Questo capitolo, ragazzi, è stato modificato un trilione di volte, all’inizio le cose non sarebbero dovute andare così e molte cose sarebbero dovute essere per una storia successiva, perché sì, molto probabilmente questa diventerà una trilogia. E penso abbiamo capito tutti chi saranno i protagonisti della prossima.

Vorrei attendere almeno un po’ per iniziare a scrivere il terzo episodio, in ogni caso; voglio vedere dove andrà a parare la serie. È stimolante questo gioco che faccio con gli autori, d’indovinare dove vorranno portarla. È un po’ quello che facciamo noialtri quando leggiamo una fan fiction: l’autore sa già come finisce, ma chi legge non lo sa. È un gioco di forze che sinceramente mi diverte!

Probabilmente avrei dovuto dividere quest’ultimo capitolo in due parti, ma non me la sono sentita, anche perché non avrei saputo dove separarle.

Vi ringrazio sentitamente se avete letto tutta la storia, stavolta è stata sudata. Lasciatemi un parere se vi va, è sempre gradito. Io vi saluto e torno a vedere gli aggiornamenti dell’ultimo episodio del primo arco narrativo.

Finalmente la nonna!!!

xHikariRinx

   
 
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