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Autore: Princess of the Rose    13/10/2023    1 recensioni
Raccolta su 2pTalia.
Miscellanea 2: "Republic of Canada," disse America aprendo la scatolina e rivelando un anello dorato con sopra una decorazione a forma di maglietta di hockey, "Se vuoi farti perdonare per avermi tradito con Russia, accetta di sposarmi!"
Il turbine: Backmasking, Jouska, Rubatosis, Énouement, Chrysalism [Tabella "Il dizionario delle emozioni" di Lande di fandom]
Incontri del 2p tipo: XX.XX.20XX: per qualche motivo, si è aperto un varco interdimensionale. Visto che non si è richiuso, le due dimensioni comunicanti decidono di intraprendere relazioni diplomatiche.
Le vacanze unite: La quasi-Federazione europea va in vacanza
Romano e i gatti che non voleva: titolo esplicativo... [Maritombola 14]
Natale 1991:Il Natale del 1991 è considerato un momento di svolta per la politica mondiale...
L'UPE va alla guerra: Poco prima dell'avvento della Costituzione e il passaggio da Unione a Federazione, l'UPE avanzò delle richieste per poter aumentare il proprio livello di autonomia.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: 2p!Hetalia
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Through the Looking-Glass and what Hetalians found there'
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Titolo: Das Gefühl von allem (Il sentimento del tutto) pt 2

Personaggi: Germania (Georg Joseph Beilschmidt); Italia Veneziano (Marco Vargas); Prussia (Wilhelm Freiderich Beilschmist); Paesi Bassi: (Christian von Dyk)

Genere: Angst., Guerra, Malinconico

Coppie: GerIta

Avvertimenti: Guerra

Note aggiuntive: Damoje de angst pesante daje pt 2.
È stato un po' difficile scrivere questa seconda parte da un punto di vista emozionale. Non saranno nominati espliciti episodi storici che sono accaduti anche in questa ucronia, ma è abbastanza intuibile a cosa mi riferisca. Non credo ci sarà bisogno did edicare precise storie a questo genrre di eventi, basta accennarli.
Sono tutto sommato soddisfatta? No, ma non mi viene in mente cosa altro poter aggiugnere. C'è molto di non detto nel rapporto tra Germania e Veneziano che approfondirò in seguito. Vi lascioc on una piccola scena extra alla fine.
Comunque ho notto che in sta raccola la gente sviene che manco Dante nella Divina Commedia lol. Dovrò rimediare.
Il prossimo capitolo non so quando riuscrò a metterlo, visto che ho parecchio da fare - già è tanto che sono riuscita a finire questa seconda parte così presto lol, ma ho ancora parecchie idee per questa raccolta e voglio tirarle fuori in qualche modo.

Se vi va, sono su tumblr per ogni evenienza.

Enjoy!


 


Con la febbre i sogni avevano il rumore di treni in partenza e di urla di madri disperate. Germania non aveva alcuna pretesa che la notte gli offrisse ristoro ma gli incubi resero più lenta la sua guarigione: ogni tanto la febbre si alzava ed era costretto a fare un bagno ghiacciato essendo questo l'unico metodo in grado abbassargli la temperatura corporea. Avrebbe preferito che quel ghiaccio fosse usato per i soldati, alla fine era una nazione si sarebbe ripreso prima o poi ma i dottori erano stati irremovibili. Purtroppo non era più in uno stato delirante come la prima settimana: affrontare quel processo da lucido era un'esperienza a dir poco infernale.

Veneziano era sempre rimasto al suo fianco: quando era sommerso nell'acqua ghiacciata era dietro di lui a tenergli la testa e tamponargli il viso con un panno bagnato, gli parlava in tedesco con un forte accento austriaco e gli diceva che andava tutto bene e di resistere per un po', lo consolava per quel tremore incontrollabile che gli faceva battere i denti e sentire debole, incurante di come si ritrovasse sempre zuppo anche lui; poi aiutava gli infermieri a farlo uscire e ad avvolgerlo in calde coperte prima di rimetterlo a letto, avendo l'accortezza di non riaprire le ferite sul ventre. Rimaneva con lui finché non si addormentava, poi tornava ai suoi doveri fino all'ora dei pasti, che consumava in sua compagnia per assicurarsi che mangiasse - ogni tanto veniva anche Paesi bassi, anche se era ancora arrabbiato per il fatto che li avesse raggiunti al fronte. Quando non c'era bisogno di quelle immersioni Veneziano passava meno tempo con lui, limitandosi ad aggiornarlo sull'andamento del conflitto - che, contro ogni previsione, era ormai in loro favore - e Germania aveva quindi molto tempo per immegersi nei propri pensieri e sensi di colpa.

Il suo capo era a dir poco furioso ma non lo forzò a tornare a Bonn, sia perché non era nelle condizioni per viaggiare sia perché era in un posto ormai sicuro, saldamente nelle mani dell'Unione. Si limitò a raccomandargli di non dare retta ad altri colpi di testa e a promettergli una 'lunga' chiacchierata una volta che la situazione si fosse normalizzata.

Tre settimane dopo il suo arrivo la febbre aveva, finalmente, smesso di alzarsi al punto da richiedere altri bagni ghiacciati; contemporaneamente, i loro capi avevano iniziato i preparativi per il cessate il fuoco.

"Vogliono chiedere l'armistizio," disse una sera Veneziano entrando nella sua stanza, buttandosi subito sul divano vicino al suo letto e gettando un braccio sopra i propri occhi, evidentemente esausto, "Io e *** andremo dopodomani, sperando che Russia accetti."

"Se non ha altra gente da mandare al macello non credo abbia molta scelta1," disse Germania, rimasto  poggiato contro la testiera del letto dopo che gli infermieri gli avevano cambiato le bende. La ferita sul ventre non accennava a volersi richiudere, ma non ne era sorpreso: Giappone, che aveva subito quegli stessi danni anni prima, gli aveva detto che ci sarebbe voluto almeno un decennio prima che si richiudessero del tutto, lasciando l'ennesima cicatrice sul suo corpo.

Veneziano non si mosse dalla sua posizione, facendo profondi respiri e rimanendo in rigido silenzio. Germania si morse una guancia. Avrebbe voluto chiedergli perdono per quanto accaduto nella Seconda guerra ma non voleva rischiare di mandare all'aria quel fragile equilibrio che si era creato tra loro: sapeva che non appena avesse anche solo accennato a quanto accaduto l'italiano si sarebbe arrabbiato e se ne sarebbe andato, rifiutandosi di nuovo di rivolgergli la parola.  Perciò non disse nulla, guardando dalla finestra il sole tramontare dietro montagne che era convinto non avrebbe più rivisto.

"6 maggio 1527," disse all'improvviso Italia, senza muoversi e senza guardarlo, "Fu il giorno che i lanzichenecchi iniziarono a saccheggiare Roma. Gli ci vollero sei mesi per raggiungerla, e in quei sei mesi distrussero qualunque cosa incontrarono sul loro cammino. Uccisero, stuprarono donne e bambini e anche i vecchi se non c'era di meglio. Ero a Roma quando la assaltarono."

Germania si voltò verso l'altra nazione, sbalordito e non sapendo cosa dire. Sapeva del Sacco di Roma, uno degli episodi più truci della storia della capitale d'Italia, ma sentire di quegli eventi dalla bocca di qualcuno che li aveva visti gli mise in prospettiva quanto grande fosse la differenza di età tra lui e Veneziano.

"Prima ancora ho visto Toscana, Lombardia e gli altri distruggersi e distruggermi per secoli. Prima ancora ho visto mio nonno morire," continuò, massaggiandosi gli occhi, "Poi Francia ti saprà dire che è successo quando quel suo comandante corso è venuto da me. Non c'è stato secolo che non mi abbia in qualche modo distrutto, non avevo chissà che speranze neanche per questo ad essere sinceri."

Germania abbassò lo sguardo sulle proprie mani, strette a pugno sopra le lenzuola. Sentiva gli occhi di Veneziano addosso e non ebbe il coraggio di incrociarli.

"Quando il mio vecchio capo fece quello che fece io non ero d'accordo, provai pure a dirglielo ma quello che voglio non è mai importato. Quello che vogliamo noi non conta mai, conta sempre e solo quello che vogliono gli umani. Ed ecco perché adesso sono promesso sposo ad una persona che odio."

Sentì distintamente il suo cuore creparsi prima di andare in mille pezzi. Si maledisse quando vide le mani tremare, non volendo mostrarsi così emotivo davanti a Veneziano. Era inutile che stesse male per quelle parole, sapeva di meritarsele, eppure il dolore era soffocante, gli pizzicava gli occhi minacciando di farli lacrimare. Si morse la guancia a sangue per controllarsi, ingoiò la vergogna e alzò lo sguardo. L'espressione sul volto di Italia era indecifrabile.

"Es tut mir leid," disse, sincero, sentendo un peso invisibile sulle spalle che lo affaticava.

Dopo qualche istante di silenzio, Veneziano si alzò e si sedette sul bordo del letto, guardandolo ora con pietà.

"Lo so," disse, carezzandogli una mano tremante. Germania avrebbe voluto rifuggire quel contattato ma non ebbe la forza di ritrarsi.

"Ma non ci si fa nulla con le scuse vero?" chiese, maledicendo la sua voce malferma.

"No, Germania, no. Purtroppo, per noi le scuse sono inutili."

Annuì, chiedendosi quanto minuscolo fosse quel peso che sentiva sulle spalle se comparato a quello che portava una nazione millenaria come Italia. Quest'ultimo gli sollevò il mento con tocco gentile, costringendolo a guardarlo negli occhi.

"Gli esseri umani non cambieranno mai," disse, col tono di voce che si riservava ad un bambino quando gli si doveva dire una dura e dolorosa verità, "Quando lo capirai e accetterai, saprai come gestire queste cose. Perché capiteranno di nuovo Germania, non è stata la prima volta e non sarà l'ultima."

Trasalì: "M-Ma io-"

"Tu non potrai mai fare niente, non potrai mai decidere ma solo obbedire."

"I-Italien io avrei potuto... "

"Georg," Veneziano gli afferrò il volto, carezzandogli le guance, afflitto come mai lo aveva mai visto, "Non li potrai mai, mai, fermare."

"M-ma tutti quei morti, io avrei-"

Veneziano lo zittì scuotendo la testa e lo abbracciò. Germania si irrigidì per qualche istante, poi i peso sulle sue spalle andò in frantumi e scoppiò a piangere, nascondendo il volto nell'incavo del collo dell'altro e stringendoselo contro. Veneziano non si ritirò e lo cullò piano, carezzandogli la schiena e i capelli, lasciandolo che tirasse fuori tutta quella rabbia e tutta quella tristezza che da anni gravava su di lui.







Non ricordava quando si era addormentato: Germania si svegliò quando Paesi bassi entrò nella stanza assieme a un infermiere con in mano i vassoi della loro cena. Chiuse gli occhi prima che si rendessero conto che si era svegliato.

"Come sta?" chiese l'olandese a bassa voce, seguito dal suono dei vassoi poggiati sul tavolo.

"Meglio," rispose Veneziano. Sentì delle dita giocare con i suoi capelli e della stoffa ruvida contro la sua guancia che non poteva essere la federa del cuscino.

"Ma guardatevi, quanto siete carini." disse Paesi bassi. Una mano gli sfiorò la fronte, "Gli si è alzata la febbre di nuovo."

Sentì la mano che era sulla sua testa spostarsi sulla fronte. "Non credo ci sia da preoccuparsi, era  inevitabile, si è un po' sfogato."

"Capisco. Io vado a letto, se serve fammi chiamare, okay?" disse l'altro prima di andarsene via. Il suono della porta che si chiudeva significava che lui e Italia erano di nuovo soli.

"Germania," Veneziano lo chiamò, picchiettandolo sulla guancia, "So che sei sveglio, idiota."

L'interpellato sbuffò, mettendosi faticosamente seduto - e rendendosi conto con un po' di imabrazzo che fino a quel momento era stato il grembo della nazione italica a fargli da cuscino.

"Che ore sono?" chiese con voce roca. Aveva la gola secca e la bocca pastosa, e la colonna vertebrale gli scrocchiò dolorosamente quando provò a stiracchiarsi; ma non si sentiva così calmo da tempo. Fuori dalla finestra era buio pesto.

"Ora di cena," disse Veneziano prima di alzarsi e prendere un piatto dal vassoio assieme ad un cucchiaio. Germania fece un suono lamentoso alla vista della fumante minestra di verdure. Che avrebbe dato per avere del cibo con un minimo di consistenza.

"Non fare il bambino su," lo rimproverò Italia, rimettendosi seduto sul letto e dando una breve girata alla zuppa prima di portarne un cucchiaio pieno alle labbra della nazione germanica. Questi arrossì.

"I-Italien non ho bisogno che mi imbocchi!"

"Muoviti a mangiare e non fare i capricci."

"Io non faccio i capri- UMF!" Veneziano ne approfittò per imboccarlo senza troppe cerimonie, ridendo all'espressione indignata dell'altro, "C-Ce la faccio da solo!"

L'italiano fece spallucce e gli portò un'altra cucchiaiata di zuppa alle labbra. Germania sospirò ma decise di lasciarsi imboccare, le guance in fiamme un po' per la febbre un po' per l'imbarazzo.

"Non dovresti mangiare anche tu?"

"Mangio dopo, tranquillo," replicò. Gli occhi di Germania caddero in automatico sui polsi sottili dell'altra nazione.

"Ma tu mangi si?" chiese, squadrandolo.

Veneziano sbuffò: "Mi spieghi perché siete tutti convinti che io e Romano non mangiamo? Eppure non mi sembra che ci facciamo problemi a mangiare davanti a voi."

"Vorrei capire come fate a rimanere così magri," disse, non riuscendo a non sentirsi un po' invidioso. Da quando era caduto in coma aveva perso massa muscolare, chissà quando sarebbe potuto tornare fare esercizio come prima.

"Costituzione mediterranea," gli rispose con un sorrisetto divertito. Finirono il resto della zuppa in un silenzio che, per la prima volta dopo anni, non era teso o imbarazzato; anzi, un po' gli ricordava i tempi pre-guerra.

Veneziano sospirò quando Germania pretese che mangiasse l'altro piatto di minestra davanti a lui ma lo accontentò, consumando il pasto assieme ad un po' di pane dopo aver sbucciato e tagliato una mela per il tedesco.

"Mi dispiace per la... Be', tutta questa storia del matrimonio," disse all'improvviso, ripensando alla conversazione avvenuta quel pomeriggio.

Veneziano finì di masticare un tozzo di pane prima di rispondere: "Ho come l'impressione tu non sia stato così dispaiciuto."

"In che senso?"

Lo guardò eloquente: "Non venirmi a dire che non hai fatto i salti di gioia quando ti hanno detto che mi avresti sposato."

Germania arrossì: "Mica sposo solo te."

"Conoscendoti il tuo cervello avrà registrato solo la parte dove ti sposavi con me e ha cancellato tutto il resto"

Arrossì, non potendo negare quella verità.

"Frankreich mi ha detto che tu eri abbastanza arrabbiato invece."

Al nome di Francia Veneziano si rabbuiò: "Be', nessuno di noi era esattamente entusiasta, no?"

"Deve essere brutto però se... Se devi sposare qualcuno che odi," disse Germania, abbassando lo sguardo. Sussultò quando una mela lo colpì in testa: "Ahia! Perché lo hai fatto?!"

Veneziano non gli rispose: prese la mela caduta per terra e la sbucciò, per poi dividerla in spicchi.

"Non sei te che odio Germania," disse, portando un pezzo del frutto alle labbra dell'altra nazione, "Non cominciare a farti le fisime per quello che ho detto prima."

Germania si lasciò imboccare di nuovo, non sapendo se fosse il caso di sentirsi speranzoso: "Q-Quindi..."

"Spesso sei fastidioso come dito nel culo e Dio solo sa quante te ne darei quando fai lo scemo, ma non ti odio," disse, dandogli un buffetto sulla fronte.

Germania simorse il labbro: "Be', le dita-"

"Finisci quella frase e giuro ti taglio la lingua," sibilò e il tedesco tacque, sapendo che quella minaccia non era un iperbole.

Veneziano gli diede metà della mela prima di mangiare la propria parte, per poi alzarsi e impilare i piatti e i vassoi. Poi gli tornò vicino e gli sentì la fronte con una mano.

"Non dovrebbe salirti la febbre nella notte, ma riposati per bene." gli disse, aiutandolo a coricarsi e rimboccandogli le coperte. Germania ripensò a quando era Prussia a fare quel gesto, quelle rare volte in cui era stato male quando era piccolo, sbuffando e imprecando ma avendo sempre cura che stesse comodo e che prendesse tutte le medicine. Al pensiero di suo fratello sentì lo stomaco annodarsi. Parte dei territori ad est era stata ripresa, era possibile che...

"Germania non pensare," disse Veneziano, passandogli una mano tra i capelli, "Dormi e riposati."

"Va bene liebe," disse, irrigidendosi quando si rese conto di aver chiamato l'italiano 'amore' in automatico - quando tempo era che non lo diceva? Aveva forse rovinato i progressi fatti usando quel nomignolo?

Veneziano, tuttavia, non lo rimproverò: scosse la testa, esasperato e divertito assieme, e gli diede un bacio sulla fronte.

"Certe abitudini non cambiano eh?"

Germania avrebbe voluto rispondere, ma si sentì improvvisamente stanco e sonnolento. Veneziano rimase al suo fianco, carezzandogli i capelli finché non si addormentò.







Russia accettò l'armistizio tre mesi dopo, nel pieno dell'estate. Gli accordi di pace arrivarono l'anno dopo.

Germania alla fine era riuscito a fare poco o nulla, ma non era troppo dispiaciuto: i suoi concittadini si erano fatti valere e Italia e Paesi bassi si erano occupati di tutto. Il suo capo li aveva voluti a Berlino per celebrare la ripresa della città e del territorio ad est.

La notizia che si sarebbe presto riunito a suo fratello non l'aveva del tutto elaborata fino a quando non se lo era trovato davanti, molto malconcio e molto smagrito ma vivo. Vivo. Vivo e burbero come era sempre stato. Germania si ricordò di quando era piccolo e Prussia lo costringeva a lunghe passeggiate in campagna perché "Fa bene alla costituzione!"; quando alla fine lo pregava di portarlo a casa sulle spalle Prussia gli diceva che ormai era grande, pesava troppo e non intendeva viziarlo oltre però poi alla fine cedeva sempre, lo avvertiva che la prossima volta non sarebbe stato altrettanto generoso e se lo sistemava sulla schiena, iniziando a camminare solo quando era sicuro che la presa di suo fratello fosse salda; per il piccolo Germania non c'era luogo più sicuro al mondo che aggrapparsi alle spalle larghe di Prussia mentre lo portava a casa.

Forse era per la nostalgia, o la stanchezza di quei lunghi anni di quell'ennesima guerra, ma quando abbracciò Prussia scoppiò a piangere, cercando rifugio tra le sue braccia nonostante fosse più alto e largo di lui, cosa che suo fratello gli fece notate con voce stanca e infastidita, senza tuttavia allontanarlo o lasciarlo andare.

Veneziano e Paesi bassi gli sorrisero prima di uscire dall'ufficio del capo di stato tedesco per lasciare loro un po' di privacy.

"Hochzeit," disse Prussia rigirandosi la fede tra le dita dopo che Germania si era calmato, "Ti hanno davvero incastrato in un matrimonio."

"Non sto così male," disse Germania con voce roca mentre si rinfilava l'anello. Erano seduti per terra, le schiene poggiate contro una consunta scrivania, perché dopo quel pianto nessuno dei due aveva la forza di alzarsi e andare a prendere le sedie.

Prussia lo guardò da capo a piedi prima di commentare: "Hai perso un sacco di peso dall'ultima volta che ti ho visto, un bravo consorte si assicurerebbe che mangi bene, figurarsi sei."

"Ho preso tre bombe atomiche bruder," gli ricordò con un mezzo sorriso. Prussia si rabbuiò.

"Ci ho provato a fermarlo," gli disse dopo una breve pausa, le mani strette a pungo, "Russland e il suo capo non hanno sentito ragioni."

"Be', almeno erano solo tre."

"Non sarebbe dovuta essere neanche una," sbottò. Conoscendolo, probabilmente si vergognava di non essere riuscito ad impedire quanto accaduto.

"Non li puoi fermare, gli umani," disse Germania, rammentando le parole di Veneziano mesi prima.

Prussia lo guardò a lungo per poi sospirare, malinconico: "No, non puoi. Parlando d'altro, questo matrimonio, devo entrare a farne parte anche io?"

Era una cosa di ancora non aveva discusso con gli altri. La situazione di Veneziano e Romano era molto particolare, ora che era di nuovo unito lui e Prussia sarebbero diventati come loro? Due incarnazioni per uno stesso paese?

"Vuoi?" chiese, poggiando il mento sui ginocchi.

"Cosa?"

"Sposarti anche tu."

Prussia fece una smorfia di disgusto: "Nah, non ci penso nemmeno."

"Però-"

"West, non è come con Veneziano e Romano," disse, poggiandosi contro la scrivania, "Io ho smesso di essere una nazione quando sei nato te, e non sono diventato una provincia come gli altri. Ho rappresentato la Germania Est per necessità ma non sono te."

Germania sentì un groppo alla gola: "Q-Quindi..."

Prussia fece spallucce: "Tieniti pure i tuoi mariti e tua moglie, non posso e non voglio immischiarmi. Per adesso mi godrò la vita."

Il 'finché potrò' rimase non detto, ma era chiaro e forte. Germania si morse una guancia, non sapendo cosa fare di queste nuove informazioni, come affrontare la prospettiva avrebbe potuto perdere di nuovo suo fratello.

"Cinque mariti e una moglie," ripeté Prussia, scuotendo la testa, "Non credo si mai vista una cosa del genere. Vatican che ha detto?"

"Non è molto entusiasta, ma credo la poligamia vada bene quando si è Stati."

Prussia annuì, poi gli diede una pacca sulla spalla: "Be', con sei consorti non ti dispiacerà condividerne uno no?"

A Germania non piaceva dove suo fratello stava andando a parare: "Bruder*."

Il suo avvetimento venne ignorato.

"Italien è single vero?"

"È il mio promesso sposo."

"I matrimoni sono cosa relativa tra nazioni," disse, rimettendosi in piedi con rinnovato vigore, "Chissà se è interessato ad un affare extra coniuga-"

Germania gli diede un pugno in testa prima che potesse finire la frase.







(Alla fine Prussia rimase a guardare casa a Germania mentre questi viveva a Bruxelles. I suoi tentativi di approccio a Veneziano vennero accolti con un gentile rifiuto da parte di questi e da qualunque cosa Germania avesse tra le mani da poter lanciare addosso al fratello. Non di rado si aggiungeva anche la lupara di Romano.)







Omake


Qualche anno dopo....


"Georg Joseph Beilschmidt."

Dire che fosse calato il gelo era un eufemismo: tutti si erano paralizzati al suono di quelle parole come se avessero puntato contro un fucile pronto a sparare al minimo sollevamento del torace durante il respiro.

Veneziano dovette quasi sudare per reprimere un ghigno alla vista di quanto aver pronunciato il nome umano di Germania aveva causato: l'interpellato aveva quasi fatto cadere la padella che stava asciugando e che adesso stava usando a mo di scudo contro il suo petto, il volto ancora più pallido del solito mentre, probabilmente, ripensava a quanto fatto nella giornata per aver meritato un simile richiamo. Francia si era bloccato con la mano alzata e il bicchiere di vino a pochi centimetri alla labbra, e si era lentamente voltato verso di lui con un'espressione di puro disagio; altrettanto lentamente Paesi bassi aveva chiuso il rubinetto dell'acqua e si stava allontanando da Germania, prendendo un padellino  da usare eventualmente come arma di difesa. Belgio era rimasta immobile al suo posto sulla sedia, le mani strette sul grembo e si guardava attorno cercando vie di fuga. Lussemburgo poggiò la polpetta che stava mangiando sul piatto con mano tremante. Romano, al contrario di tutti, sembava deliziato da quanto udito, poggiando il mento sulle mani pronto a godersi la scena.

"J-Ja?" balbettò Germania, stringendo la padella.

"Georg Joseph Beilschmidt," ripeté Veneziano senza stavolta riuscire a reprimere un ghigno, specie quando vide il tedesco deglutire a fatica.

"C-Che ho fatto?" chiese quest'ultimo, andando indietro con la mentre di anni per cercare il motivo dell'uso del suo nome.

"Lo sai cosa hai fatto, Georg Joseph Beilschmidt," disse, mordendosi un labbro per trattenere una risata.

"Non," esclamò Francia, prendendo il bicchiere e la bottiglia di vino e alzandosi per defilarsi, imitato ben presto da tutti gli altri, "Non voglio sapere niente, non voglio entrarci, affari vostri, adieu."

"Auguri," disse Paesi bassi dando una pacca sulla spalla ad un sempre più  terrorizzato Germania prima di dirigersi nella sua stanza sempre armato di padellino, seguito da Lussemburgo che ci stava portando appresso il piatto con le polpette e la birra.

"Aspetta voglio vedere come finisce," si lamentò Romano mentre Belgio lo trascinava via dalla cucina con tutta la sedia.

Rimasti soli, Germania cercò di appiattirsi contro il mobile del lavandino quando Veneziano gli si avvicinò come un gatto alla sua preda, il cuore che gli batteva all'impazzata sia per la paura che per amore. Quando c'era meno di una manciata di centimetri e una padella a porsi tra di loro, Veneziano gli afferrò la testa e lo spinse in basso, coinvolgendolo in un bacio che gli fece venire il latte alle ginocchia: confuso e anche un po' eccitato, non porse alcuna resistenza alla lingua dell'italiano, e un brivido gli percorse il corpo quando la unghie dell'altro grattarono piano i lobi delle orecchie.

Prima che potesse poggiare la padella sul mobile e approfondire quell'atto passionale, Veneziano si staccò fissandolo negli occhi con un'intensità che gli aveva visto raramente addosso.

"Georg Joseph Beilschimidt," mormorò a poca distanza dalla sue labbra "Ti amo."

Germania rimase immobile a metabolizzare quanto appena ascoltato, la paura che veniva lentamente sostituita dalla meraviglia con la stessa velocità con cui il rossore dalle sue guance si stava ampliando al viso e al collo.

Veneziano rise, gli diede un altro bacio e uscì dalla cucina con un sorriso civettuolo.

Germania scivolò lentamente contro il mobile fino a sedersi sul pavimento, abbracciando la padella al petto, felice e un po' intontito.

 

1. Militarmente parlando il mandare al macello centinaia di persone è stata la strategia vincente per gran parte della storia russa. Questa stessa strategia si è rivelata meno efficace di fronte ad armi ingrado di falciare via vite con pochi colpi.
 
   
 
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