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Autore: Doctor Nowhere    13/10/2023    1 recensioni
Uro è un minotauro che si è votato a Nemesi, dea della vendetta, per portare giustizia dovunque lo porti la sua strada.
Un giorno, in una taverna, incontra Amalia, una vecchia barda, che gli propone di accompagnarla in un'importante missione, per salvare una povera donna incapace di trovare conforto e riposo persino nella morte...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La spada di Uro si aprì una via nella fitta vegetazione. Il minotauro grugnì. Si passò una mano sulla fronte pelosa. Faceva un caldo degno della fucina di Hefesto. E tutti quei piccoli arbusti li rallentavano parecchio. Si morse il labbro e si sistemò la cinta di cuoio.

Quella foresta era un fruscio continuo. Le piante si muovevano anche senza che soffiasse un solo alito di vento. Potevano essere animali, certo. Ma non ci credeva molto.

E poi c’era quell’odore, pungente e unico.

Uro allargò le narici. Quel fetore li accompagnava da quando avevano lasciato la taverna. Non era la barda e non era il suo asino carico di strani bagagli. Eppure, ogni volta che erano controvento, quella traccia lo colpiva dritto nel naso.

Un raglio alle sue spalle lo fece sobbalzare.

“Dannazione!” urlò. Il cuore gli batteva fortissimo nel petto. “Cantastorie, non puoi far star zitto quel tuo stupido animale?”

“Bada a come parli!” Amalia accarezzò il grigio muso del somaro: “Apuleio ha un animo sensibile, potresti ferirlo!”

Il minotauro alzò gli occhi al cielo: “Vedi di farlo stare zitto, o perderò la pazienza!”

“Che modi!” sogghignò lei “Voi Cavalieri di Nemesi non dovreste proteggere e accudire tutti gli innocenti? Porta un po’ di rispetto per il mio Apuleio, che non ha mai fatto del male a una mosca!”

L’asino batté lo zoccolo per terra, come ad approvare le parole della barda.

Il collo di Uro si gonfiò. Quella donna! Si costrinse a fare un lungo respiro. Doveva sopportarla solo finché non fossero arrivati a quella maledetta reggia di Achis.

Diede un calcio a un sasso. C’era qualcosa, sotto quel verde. Si chinò. Tra gli irregolari ciuffi d’erba c’era ancora qualche rimasuglio di terreno scavato e ordinato. Era un sentiero. Almeno, lo era stato.

“Forza, in piedi!” disse Amalia, dietro di lui “La fatica tempra, e tu sei giovane e vigoroso”

Uro scosse la testa e poggiò la mano per alzarsi. Le sue dita sfiorarono un’irregolarità nel terreno. Una piccola rientranza?

Strinse gli occhi. Non era una semplice rientranza, era un’impronta. Difficile identificarla, ma non sembrava proprio quella di un animale selvatico.

Il Cavaliere di Nemesi portò il naso sul terreno e fiutò. L’odore era… quello. Il tanfo che lo tormentava.

“Ehi, che succede?” chiese la cantastorie “Hai trovato qualcosa?”

Uro scattò in piedi.

Intorno a loro c’erano rami e foglie spezzati. Un ramo di un cipresso era spaccato. Sul taglio era ancora esposto il verde sotto la corteccia. Era recente.

Più avanti il terreno si faceva fangoso e le orme risaltavano di più.

Uro si coprì la fronte col braccio per proteggersi dalla luce del Sole e strinse gli occhi.

Erano trascinate, e molto confuse. Chi le aveva lasciate si muoveva in fretta, forse aveva fatto avanti e indietro più volte. Si volse verso quelle più isolate. Erano impronte molto piccole, lasciate da una creatura che camminava senza scarpe e aveva una zampa con tre dita.

“Il goblin della locanda!” mormorò Uro: “È qui. E se c’è lui, potrebbero esserci anche i suoi compari, nei paraggi.”

“Cosa?” disse Amalia “Ma…”

Uno sbrilluccichio nel fogliame, più avanti. Il minotauro muggì. Questa volta non l’aveva immaginato, ne era certo.

Una sagoma guizzò nella macchia di foresta. Eccolo!

Uro rinsaldò la presa sulla spada.

“Aspetta!” disse la seguace di Veritas.

“Non puoi fermare la giustizia di Nemesi!” gridò il Cavaliere, e si lanciò in avanti. Li aveva sconfitti una volta, lo avrebbe fatto di nuovo.

“Alla fine mi hai visto, bestione” sghignazzò l’esserino verde: “Ma non ti servirà a nulla, se non mi prendi!”

Il piccoletto corse nel fogliame. Il minotauro lo inseguì con grandi falcate.

Trenta piedi di distanza. Venticinque. Venti!

Il goblin scartò a destra: “Sei lento! Lento!”

Gli zoccoli di Uro si trascinarono nel terreno. Il Cavaliere si arrestò, poi riprese a correre nella nuova direzione.

Tutt’attorno era verde. Alberi e cespugli fino a perdita d’occhio. Dov’era il goblin? Uro grugnì. Lo aveva perso!
Si abbassò a fiutare per terra, e ritrovò il suo odore pungente.

“Che succede, mostro?” il piccoletto si sbracciò dalla distanza: “Sei già stanco? Troppo lardo su quelle zampe?”

Uro soffiò, trascinò uno zoccolo sul terreno e riprese a correre.

Trentacinque piedi. Trenta. Venti. Quindici. Era quasi a portata…

Il goblin si gettò in uno spiazzo più aperto, una radura, dove si ergevano le sagome dei suoi due compari. Bene, c’erano tutti. Nessuna pietà per i malfattori!

“Per Nemesi!” gridò, e balzò in avanti. All’atterraggio risuonarono piccoli schiocchi e il terreno sotto i suoi piedi franò. Il minotauro cadde nel vuoto, la spada gli sfuggì di mano, la luce del Sole venne inghiottita dalle pareti del buco.

Uro atterrò di schiena e muggì di dolore.

Rialzò la testa. Era precipitato in un buco profondo almeno dieci piedi. La sua spada sporgeva dal bordo della fossa, ben oltre la portata delle sue mani.

Spina il goblin fece capolino dall’alto: “Guarda, guarda. Sei proprio caduto in basso, eh?” rise sguaiato. Comparve anche Magog. E infine, David l’Onesto, appoggiato a una stampella improvvisata.

“Lo sapevo che ci sarebbe cascato!” il guercio mostrò i denti giallastri in un crudele sorriso: “Che idea geniale che ho avuto!”

Il piccoletto verde sbuffò: “Complimenti, Spina” borbottò tra sé: “Sei stato bravissimo a fare da esca” tamburellò con le dita su un piccolo cannocchiale: “E grazie anche per averlo seguito e spiato nell’ultima settimana. Non so come avrei fatto senza di te!”

David si chinò su di lui: “Come dici?”

Spina si fece ancora più piccolo: “Niente, capo”

“La vecchia non può essere troppo lontano” David si spazzò la spalla: “Prendetela e portatela qui!”

I suoi due complici annuirono e si allontanarono.

L’umano si sedette, la gamba ferita distesa oltre il bordo della buca “Sai, bestia” disse: “Ci saremmo presi i risparmi della vecchia, questo sì, ma tu… se non ti fossi messo di mezzo, non ti avremmo fatto niente.”

Uro incrociò le braccia: “A quanto ricordo, non mi avete fatto neanche un graffio comunque. Ed eravate tre contro uno.”

“Ci hai solo colti alla sprovvista!” esclamò David: “Altrimenti non te la saresti cavata così a buon mercato!”

Menzogna. Come se ci fosse bisogno dell’Occhio Indagatore per capirlo. Il minotauro ridacchiò: “Lo vedo. Infatti avete avuto bisogno di una trappola. Fatemi uscire e affrontatemi, se avete il coraggio.”

David strinse i pugni “Tu, maledetto…!” il suo volto si distese, e il suo unico occhio si volse avido verso la spada “Però sai che questa è proprio una bell’arma? Sai, adesso sono indeciso se venderla al mercato o se tenerla per me”
Uro batté lo zoccolo sul terreno “Non osare toccarla! Non sei degno di sfiorare una lama benedetta da Nemesi!”

“Che esagerazione!” l’umano afferrò l’elsa, e la sollevò. Gli comparve un ghigno soddisfatto, ma subito si spense. Mosse la lama a destra e a sinistra: “Ma che…”

L’aria sfrigolò, e un filo di fumo si sollevò dalle dita del brigante, che gettò via la spada e si afferrò la mano: “Ahia! Scotta!”

“Ha!” il Cavaliere si portò le mani ai fianchi: “Nemesi sa difendere ciò che è suo.”

“Ah sì?” il brigante strinse il suo unico occhio: “Beh, allora non sarà un problema se ti lasciamo qui in balia degli animali selvatici, giusto, mostro? Hai la tua dea a difenderti, no?”

Un fruscio, dal fogliame. David si ricompose, puntò la stampella per terra e si tirò in piedi: “Oh, mia cara signora Amalia, che piacere rivederla! Si è goduta il suo viaggio nella foresta?”

“Non c’è male” la donna e il suo asino comparvero in cima alla fossa. Amalia si sistemò una ciocca di capelli: “Certo, l’umidità non è il massimo per la mia schiena, e ho avuto compagni di viaggio più loquaci, ma a parte questo non posso proprio lamentarmi!”

Uro strinse i pugni. L’avevano catturata! Ed era stata colpa sua, che non era riuscito a proteggerla. L’insolenza della vecchia non toglieva il fatto che fosse innocente. Qualunque cosa le avessero fatto quei bastardi, la colpa sarebbe ricaduta su di lui che non l’aveva impedito!

“Ma davvero” David l’Onesto si accarezzò la barbetta incolta “Sapete, sarò onesto davvero, per una volta: mi aspettavo che ci sorpassaste senza troppi problemi. Contavo di farvi cadere nella trappola al ritorno dalla vostra piccola spedizione.”

“La donna e l’asino mi hanno rallentato” bofonchiò Uro.

“Non è affatto vero” disse Amalia: “È lui che marcia con la velocità di un megalonice. Non è vero, Apuleio?”

Il somaro sbuffò e annuì.

“L’importante è che ci abbiate dato il tempo di scavare la nostra trappola” tagliò corto David.

Magog sbuffò: “Parli come se l’avessimo scavata tutti e tre”

Il suo capo gli tirò una gomitata: “Si chiama ‘divisione del lavoro’, imbecille!”

La donna congiunse la punta delle dita: “Bene, signori, visto che siamo in vena di chiacchiere, e visto anche che io e…” indicò il minotauro sotto di lei “Beh, lui, siamo ormai alla vostra mercé, potreste dirmi esattamente quali sarebbero le vostre intenzioni?”

Il bestione scrocchiò le dita: “Adesso ti svuotiamo le tasche e poi ci prendiamo l’asino!” il goblin strisciò il pollice sul filo della sua accetta: “Prima ci prendiamo l’asino e poi ti svuotiamo le tasche!”

I due si scambiarono uno sguardo, poi volsero la testa verso l’umano. Magog sollevò un dito “Capo… mi è venuto un dubbio. Venivano prima le tasche o la cosa dell’asino?”

David l’Onesto affondò la testa nella mano “Non cambia letteralmente nulla, idioti!”

Amalia tossicchiò “Avrei una controproposta per voi.”

L’umano sollevò il suo sopracciglio.

Amalia chinò la fronte “Sapete, sono molto affezionata al mio caro Apuleio” gli accarezzò il muso, e l’animale borbottò soddisfatto “Prendetevi pure tutti i bagagli, ma lasciatemi il mio asino, e in cambio…”
“In cambio?” ripeté Spina.

Amalia sorrise: “In cambio… beh, vi interesserebbe trovare l’immenso tesoro perduto del re Achis?”

“Tesoro?” dissero all’unisono i tre briganti.

“Certo” disse Amalia “Il leggendario tesoro, quello che stavo cercando” Menzogna “Un’intera stanza straboccante di oro, gioielli e pietre preziose!” Menzogna.

I tre briganti si scambiarono sguardi avidi. Avevano praticamente l’acquolina in bocca. David si fece avanti: “E tu… tu potresti portarci a questo tesoro?”

“Posso fare di più” Amalia estrasse una pergamena arrotolata “Posso darvi una mappa che vi condurrà lì senza errore” Menzogna, com’era prevedibile. Uro aggrottò un sopracciglio. Che aveva in mente?

Il brigante umano allungò un braccio, ma Amalia sollevò la pergamena al di fuori della sua portata, e la afferrò con entrambe le mani: “Fermo lì. Una sola mossa e strappo la pergamena in pezzi talmente piccoli che ci metterete anni a ricomporla!”

Magog sollevò la clava “Tu, maledetta...” David parò la mano davanti a lui “Fermo, bestia!”

“Ma capo!” gemette Spina “Come facciamo a portare tutto quel bottino senza l’asino?”

David sorrise ad Amalia e sollevò un dito: “Solo un momento, mia cara”

Lei alzò le spalle “Non ho fretta”

I tre briganti si riunirono a capannello.

“Razza di imbecilli” sussurrò David: “È ovvio che ci prendiamo anche l’asino. Adesso le prometto quello che vuole sentire, e appena abbiamo la mappa mi rimangio tutto. Voi fate silenzio e lasciate fare a me!”

Si volse verso Amalia, e sfoderò il suo sorriso più smagliante “Va bene, mia cara, lo prometto” si portò una mano sul petto: “Croce sul cuore. In cambio della mappa, tu potrai andartene con il tuo animale” Menzogna.

Uro pestò gli zoccoli: “Non ascoltarlo, cantastorie! Sta mentendo, sta mentendo!”

Amalia lo liquidò con un gesto della mano “Uomo di poca fede” porse la pergamena “Io mi fido di voi, messer David. Prego, controllate pure la mappa, se c’è qualcosa che non comprendete chiedetemi e vi spiegherò tutto”

Il brigante prese il foglio e strappò il sigillo. I suoi due compari gli si fecero intorno.

David srotolò la pergamena e la aprì. Il foglio emise un lampo di luce, poi i briganti si accasciarono al suolo uno sopra l’altro con tre sordi tonfi.

Uro inarcò le sopracciglia e ritrasse la testa: “Che stregoneria è questa?”

Amalia ridacchiò: “Una semplice pergamena incantata con un Incantesimo del Sonno” si mise le mani sui fianchi e si sporse sulla buca “Ancora convinto di avermi salvato, alla locanda?”

Uro fece una smorfia: “Sbrigati a farmi uscire, così potrò finalmente giustiziare quei tre fuorilegge”

La donna fece segno di no con l’indice “Ecco, proprio di questo volevo parlarti. Non ho problemi a tirarti fuori dalla buca, ma voglio in cambio la tua parola di Cavaliere che non torcerai un capello a questi tre.”

Uro strinse i pugni: “Ma… ma sono criminali. Rapinatori, briganti! E io ho giurato a Nemesi…”

“Lo so” disse lei, gli occhi stretti in due fessure: “Ma ora giurerai a me di non toccarli”

Uro sostenne lo sguardo.

Amalia si accarezzò il mento: “Voi di Cidonia lo rispettate il Debito di Vita, vero?”

“Sì.”Il minotauro strinse i pugni. “Un Cavaliere e sacerdote di Nemesi non può esigere Debiti di Vita dalle persone che salva, ma se è lui a essere salvato deve onorarlo per un anno e un giorno.”

La cantastorie annuì: “Ottimo. Io mi offro di salvare la tua vita da questi briganti. Ma tu devi darmi la tua parola che non gli torcerai un capello”

Il Cavaliere sferrò un pugno al muro di terra che lo teneva imprigionato: “Ma lasciarli in vita significa…”
“Mettiamola giù così” lo interruppe lei “Se questi tre ti uccidono, non potrai più servire Nemesi in alcun modo.”

Uro si sedette, e si passò una mano sulla nuca. Aveva giurato di perseguire il male in ogni sua forma, anche a costo della sua vita. Però… però la prima parte del giuramento, quella più importante, era di proteggere gli innocenti. E se davvero c’era una donna che da cento anni era prigioniera, era suo dovere liberarla. Anche a costo di lasciare in vita della feccia.

Soffiò: “E va bene. Giuro che non ucciderò questi tre briganti. Lo giuro davanti a Nemesi, colei che mai ignora il sangue versato!”

“Ora ci siamo” Amalia annuì, armeggiò intorno a una delle bisacce di Apuleio ed estrasse una corda arrotolata “Dammi giusto un momento per legare questa a un albero. Ah, e non dimenticare qui la tua bella spada. Ho la sensazione che se dovessimo tornare, non saremmo esattamente i benvenuti.”

   
 
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