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Autore: Severa Crouch    15/10/2023    1 recensioni
Prima della guerra, erano solo studenti della prestigiosa scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, una seconda casa per tutti loro.
L’inizio dell’anno scolastico 1974-1975 si apre con una minaccia: strani e pericolosi incidenti capitano agli studenti che si avventurano per i corridoi da soli. La preoccupazione inizia a crescere fino ad alimentare le voci su una possibile chiusura della scuola.
I fratelli Black, Sirius e Regulus, Robert Turner e i loro amici inizieranno a indagare su questo mistero, dimostrando che le Case di Hogwarts, a dispetto delle diverse vedute, possono unirsi quando c’è in gioco la sopravvivenza della scuola. Nel mezzo, l’amicizia, gli amori, le lezioni e il Quidditch.
Questa storia partecipa alla challenge “Gruppo di scrittura!” indetta da me sul forum “Writing Games - Ferisce più la penna” - aggiornamenti ogni 15 del mese.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo 9 - Fuga tra i Babbani

 

Grimmauld Place n. 12, 17 ottobre 1974

 

Forse era stato un po’ eccessivo maledire Alexandra per impedirle di rivelare a chicchessia il possesso del Mantello dell’Invisibilità, ma Sirius aveva fatto una promessa a James e non intendeva venirvi meno. Se solo sua madre avesse scoperto l’esistenza del Mantello, avrebbe finito per incenerirlo, e questo non poteva permetterlo. James gli aveva affidato una delle sue eredità più preziose, il Mantello apparteneva da secoli alla famiglia Potter, e lo aveva fatto solo perché si fidava di lui. Sirius non poteva tradirlo o deluderlo.

Inoltre, andare a spasso per Londra con Robert era uno spasso. Il primo giorno avevano esplorato i dintorni di Grimmauld Place e avevano compreso di essere a circa mezz'ora di cammino dalla stazione di King’s Cross. 

“Ho un’idea,” disse Robert. “Prendiamo un taxi e facciamoci portare in Shaftesbury Avenue.”

Sirius sollevò le sopracciglia sorpreso: “Perché proprio lì?”

“Perché lì vicino si trova il San Mungo e da lì so orientarmi!” Il sorriso sul volto di Robert era quello che la signora Potter avrebbe definito un sorriso malandrino. I suoi occhi azzurri brillavano dalla prospettiva di vivere una nuova avventura. Londra era molto più entusiasmante del castello o della Foresta Proibita.

“D’accordo, ma tu sai chiamare un taxi?”

Le sopracciglia di Robert si alzarono ancora più entusiaste. “Non ce n’è bisogno, ieri mentre tornavamo ho visto quella che i Babbani chiamano una fermata dei taxi.”

“Adesso ci manca solo il denaro Babbano per pagare il taxi,” mormorò Sirius, “ma a questo c’è rimedio.” Andò ad armeggiare verso una scatoletta di latta ed estrasse un po’ di banconote babbane. “Me le ha date Andromeda prima di fuggire,” gli confidò, “mi ha detto che un giorno mi sarebbero potute servire…”

“Non pensi che dovresti usarle per cose più importanti?”

Sirius scrollò la testa, i suoi ricci neri oscillarono. “Penso che questa è una cosa importante, e che posso cambiare i Galeoni in altri soldi Babbani la prossima volta che vado a Diagon Alley. Insomma, sai quanto è facile sfuggire al controllo di mia madre…” Sembrava tutto pronto, occorreva solo accertarsi che quei guastafeste di Alex e Regulus fossero impegnati a fare altro. 

Scivolarono silenziosamente fuori dalla stanza e lanciarono uno sguardo nel corridoio: era deserto. Dalla stanza sul fondo, la voce di Regulus ripeteva meccanicamente alcune nozioni di Aritmanzia. Una Piuma grattava la pergamena, segno che Alex era lì con lui. Il cigolio della sedia a dondolo confermò le loro tesi: Walburga stava controllando i due piccoli. Era così prevedibile.

Dalla cucina arrivava un rumore di pentole; Kreacher doveva essere affaccendato nei preparativi per il pranzo. Era il momento perfetto. Appellarono i mantelli e scivolarono silenziosamente fuori dalla porta di casa. 

Era una giornata soleggiata per essere un ottobre londinese e Sirius lo interpretò come l’ennesimo segno che fuggire di casa per esplorare il mondo babbano fosse la scelta giusta. Il riverbero della luce era quasi abbagliante e il fresco dell’aria ricordava quasi la primavera, tanto suscitava in lui e Robert uno stato di eccitazione alla prospettiva di un’avventura.

Attraversarono la piazzetta e camminarono lungo la stessa strada che avevano fatto il giorno prima per arrivare alla fermata dei taxi. Robert aveva il viso concentrato nello sforzo di ricordare i dettagli del giorno precedente, quasi saltellò nel momento in cui vide un taxi parcheggiato proprio sotto un cartello con l’eloquente scritta “taxi”.

“Shaftesbury Avenue, per favore,” disse Robert, impeccabile come sempre. Il tassista, un uomo corpulento e con un forte accento gallese, disse loro: “Ehi, io non li porto i ragazzini, poi non sanno mai come pagarmi…”

“Ma noi dobbiamo andare dai miei genitori,” protestò Robert, “sa, sono medici molto importanti…” Aveva sfoderato il suo aspetto angelico. Nessuno poteva dire che Robert stesse mentendo. Il tassista, però, non sembrava del tutto convinto, o forse voleva essere rassicurato sul saldo della sua corsa… Orion Black diceva sempre che i soldi sono un aspetto fondamentale dei rapporti umani. Così, Sirius aggiunse: “E possiamo pagare la corsa!”

Cinquanta sterline dovevano essere una somma importante se il tassista strabuzzò gli occhi e aggiunse: “Bene, bene, e allora si parte! Shaftesbury Avenue, giusto?”

L’automobile si mosse e in quel momento, Sirius abbandonò la schiena contro il sedile di pelle mentre le mani si concentravano sulle vibrazioni che arrivano dalla strada. Fuori, la strada, i pedoni, le altre auto, gli autobus, sfrecciavano, ciascuno nella propria direzione. Non era come andare in carrozza e nemmeno sulla scopa, era figo, molto figo. Il sorriso sul volto di Sirius si allargò nel veder sfrecciare una motocicletta.

Robert doveva pensare le medesime cose mentre guardava fuori dal finestrino e poi rivolgeva dei sorrisi entusiasti al suo amico. “Guarda, Sir, King’s Cross!”

Presto persero ogni punto di riferimento. Nessuno dei due aveva mai girato molto per Londra. I loro genitori preferivano utilizzare le Passaporte o Materializzarsi o perfino la Metropolvere, così le occasioni per vedere il mondo fuori erano pochissime. Eppure, Londra vibrava di energia molto più di Diagon Alley. 

“Vi dispiace se accendo la radio?” domandò il tassista.

“No, certo,” disse Sirius mentre cercava di nascondere l’entusiasmo al pensiero di un mezzo di trasporto con la musica. La radio suonò quello che era il singolo in cima alle classifiche, Sad Sweet Dreamers degli Sweet Sensation. Robert chiuse gli occhi mentre la musica suonava, la sua testa oscillava a ritmo e mormorò: “Ci pensi? Siamo a Londra!”

Il tassista sorrise divertito mentre guidava e domandò loro. “Da dove venite? I vostri genitori sono a Londra per un convegno?” Non potevano dire di essere londinesi né che Robert viveva a Diagon Alley, a pochi passi dalla City di Londra. Così Sirius disse quello che dicevano tutti i Black: “Veniamo dal Wiltshire e siamo a Londra con i nostri genitori. Loro sono impegnati con questo… convegno medico… e noi li stiamo raggiungendo.”

“Avrei detto che dei ragazzini di campagna si muovessero con una tata…”

Sirius soffocò una risata. “Beh, è impegnata con i nostri fratelli minori…” Il tassista sembrò capire e disse: “Mi raccomando, non mettetevi nei guai… Siamo arrivati!” 

Quando scesero dal taxi, Robert afferrò la manica della giacca di Sirius e iniziò a camminare velocemente in direzione di Leicester square. Era un posto incredibile, pieno di cartelloni che pubblicizzavano concerti e spettacoli teatrali. 

“Che ne dici se prendiamo i biglietti per un concerto?”

“E perderci Londra?” 

Robert annuì. Non avevano molto tempo a disposizione e sarebbe stato uno spreco chiudersi dentro un teatro, senza avere l’occasione di girare quella città che pullulava di vita. Sorrise quando vide una serie di schermi. A quanto pare, i Babbani erano riusciti a creare le loro fotografie in movimento, solo che i personaggi ritratti si muovevano più a lungo e parlavano persino! Raggiunsero Piccadilly Circus e iniziarono ad addentrarsi per delle stradine interne, seguendo alcuni ragazzi Babbani che avevano tutta l’aria di essere appassionati di musica. 

“Guarda, Rob, le moto!” esclamò ammirato nel vedere dei giovani Babbani dai capelli lunghi e folti scendere da una motocicletta. Erano circondati da ragazze bellissime. Sirius non riusciva a credere ai suoi occhi. “Wow…” si lasciò sfuggire.

“Dai, non diamo nell’occhio,” gli disse Robert, più a disagio. 

“Cosa c’è, Rob, non stiamo facendo niente di male…”

“Lo so, ma se ci chiedono qualcosa? Insomma, nemmeno il tassista ha creduto alla nostra scusa. Io non so molto dei Babbani, tutte queste cose non ce le insegnano a Babbanologia!” Sembrava spaventato; al contrario, Sirius era esaltato da quella situazione. Allungò un braccio intorno alle spalle di Robert e gli disse: “Prendilo come un corso avanzato di Babbanologia. Non succederà nulla, ti prometto che facciamo un giretto, magari troviamo un negozio di dischi e poi torniamo a Grimmauld Place.”

“Guarda, c’è un’insegna di un negozio di musica…” Il dito di Robert puntava verso un cartello. Seguirono le indicazioni e, finalmente, giunsero a Carnaby Street. 

“Wow! Questo deve essere l’inferno per mia mamma…” esclamò Sirius non appena vide la strada piena di giovani Babbani vestiti nei modi più strani possibili. In tanti fumavano le sigarette, mentre nessuno fumava pipe. Fuori dai locali veniva musica di ogni tipo, ma principalmente il rock, quello che gli aveva fatto sentire Peter. 

Lungo il percorso trovarono un negozio che vendeva i fumetti, Sirius trascinò dentro Robert per curiosare e magari trovare un qualche numero da portare a Peter e Remus, chissà che espressione avrebbero avuto nel momento in cui Sirius nell’Espresso di Hogwarts avesse tirato fuori i suoi ultimi acquisti. 

C’erano moltissimi Supereroi, oltre Spiderman. Robert si avvicinò incuriosito dai Fantastici Quattro, gli mostrò un volume dicendo: “Beh, i Fantastici Quattro, siete tu e i tuoi amici, no?” Scoppiarono a ridere entrambi, ma a Sirius l’idea piacque molto, anche se non aveva idea come fosse quel fumetto. “Sai che c’è? Lo prendo! E prendo anche questo qua!”

“Iron man?” 

“Ci pensi? Un uomo che vola senza scopa e senza magia, solo con la tecnologia! Voglio saperne di più!”

Robert scrollò le spalle, un po’ indifferente. Si avvicinò a un altro scaffale dove prese un albo. “Che ne dici, posso essere Capitan America?”

“Ma tu sei inglese!”

“Ma guardalo, sembra fortissimo!”

Sirius prese il volume e disse a Robert: “Dammelo, sarà il mio regalo di compleanno!” Non aveva idea che il volto del suo amico si sarebbe illuminato tanto per la felicità. Pagarono i tre volumi e uscirono dal negozio, pronti a riprendere la strada verso il negozio di musica. “Sai già cosa vuoi acquistare?”

Scosse la testa. “No, ci sono troppe cose che vorrei acquistare ma non credo che mi possano bastare i soldi e poi… ho paura che se mia madre li scoprisse, me li sequestrerebbe…”

“Non comprerai nulla, quindi?”

“Mi sono detto che comprerò un solo disco e che terrò in fondo al baule di scuola e che sentirò a scuola con il giradischi di Peter. Gli manderò un gufo per ricordare di portarlo!”

“Ma credi che possa funzionare il giradischi a Hogwarts?”

Sirius sospirò. “Lo faremo funzionare, vedrai che troveremo il modo!” Entrarono in una stanza polverosa, in cui c’erano corridoi pieni di vinili di tutti i tipi. Erano ordinati per generi musicali e, ogni genere, portava gli artisti in ordine alfabetico. La voce di David Bowie riempiva l’aria e Sirius si sentì ancora più connesso nel riconoscerlo, a differenza di Robert che sembrava sopraffatto da tutte quelle scoperte.

 

***

 

Girare tra i Babbani era qualcosa di avvincente. Robert non avrebbe mai pensato che Londra potesse essere così interessante, ricca di posti da esplorare. Era abituato a un mondo magico che conosceva a menadito. Si era sempre sentito fortunato perché, a differenza dei suoi amici che abitavano in campagna, lui abitava a Diagon Alley, nel cuore pulsante del mondo magico. Eppure, Diagon Alley non aveva tutte le cose che, al contrario, aveva visto tra Shaftesbury Avenue e Carnaby Street. 

Londra era tutta nuova: le persone erano vestite in modo moderno, non con quei noiosi abiti tradizionali, si muovevano con le auto o le motociclette e da qualche parte esisteva la metropolitana (l’aveva studiato in Babbanologia!) e quella musica! David Bowie e i Pink Floyd erano su un altro livello rispetto a Celestina Warbeck o alle Sorelle Stravagarie!  Sirius prese un disco dalla copertina nera con un triangolo da cui partiva un arcobaleno di colori. 

“The dark side of the moon,” disse Sirius. “Non è nuovissimo, è uscito due anni fa, ma non riesco a togliermelo dalla testa da quando Remus me l’ha fatto sentire. Voglio lui, ho deciso.”

“Dopo tutto, il lato oscuro è in tema con la tua famiglia…” scherzò Robert beccandosi un’occhiata eloquente da parte di Sirius mentre si avviava verso la cassa. “Da che pulpito, Turner…” 

Sopra il bancone della cassa era presente un orologio, erano le dodici, presto sarebbe arrivata l’ora del pranzo e Walburga li avrebbe mandati a chiamare. “Non abbiamo molto tempo, Sir.”

“Andiamo.”

Non servì tornare a Leicester square perché prima ancora di arrivare a Piccadilly Circus trovarono dei taxi parcheggiati e riuscirono a chiedere di essere portati a Grimmauld Place, numero 11. Era necessario dare l’indirizzo dei vicini di casa e non quello del numero 12 che gli antenati di Sirius avevano reso invisibile ai Babbani.

In quel momento, mentre Robert pregava di arrivare in tempo, il traffico di Londra sembrava volersi trasformare in un incubo. “La prossima volta prendiamo il Nottetempo.”

“Sei impazzito? Potrebbero dirlo ai nostri genitori,” obiettò Sirius. “Nessun trasporto magico, i taxi vanno benissimo. Anzi, la prossima volta prendiamo la metropolitana.”

“Cosa? E se ci perdiamo?”

“Non ci perdiamo! Io e te disegniamo mappe!”

Robert sospirò. “Veramente è Giles che si occupa di disegnare la mappa, io appunto solo le cose…”

“Non sminuirti, nella cartografia ogni ruolo è importante! Anche quello di Peter che tiene i rapporti con la cucina e ci porta i biscotti!” 

Robert annuì, ma non era del tutto convinto. Il suo amico era molto gentile, ma lui sentiva di non essere all’altezza di tante cose. Ad esempio, non avrebbe mai avuto il coraggio di avventurarsi in quel modo nel mondo Babbano. Erano anni che avrebbe potuto farlo: bastava attraversare il Paiolo Magico e addentrarsi nella Londra babbana. Eppure, era sempre rimasto dentro i confini del suo mondo. Perché? Era perché non voleva tradire la fiducia dei suoi genitori? Era per paura? E di cosa? Di perdersi? Di finire nei guai? Dei Babbani? Le domande si addensavano nella mente di Robert mentre il paesaggio tornava a sfrecciare e - finalmente - la sagoma di King’s Cross si stagliò all’orizzonte, segno che erano quasi arrivati.

Il taxi li lasciò nella piazzetta di Grimmauld Place pochi minuti prima dell’ora di pranzo. Attesero che la macchina si allontanasse e poi si nascosero sotto il Mantello dell’Invisibilità. All’interno, c’era un po’ di movimento in vista del pranzo.

“Alex, vai a chiamare Robert e Sirius,” disse la voce di Walburga mentre erano a metà delle scale. Arrivarono sul pianerottolo e si trovarono davanti Alex che non riuscì a vederli. Robert non sapeva che piani avesse Sirius, ma si limitò a seguirlo. Alexandra, com’era prevedibile non li aveva trovati nella stanza in cui stavano studiando. Uscì sul pianerottolo con l’aria perplessa. Sirius scivolò in bagno, tolse il mantello e disse: “Qui avremo la scusa perfetta perché non ci ha trovati. Dopotutto, prima di pranzo ci si lava le mani, no?” Robert annuì. Sciacquò le mani e tornò dalla sorella prima che Walburga iniziasse a strepitare. Sirius, nel frattempo, era andato in camera a nascondere gli acquisti.

“Mi cercavi?”

“Il pranzo è pronto, dov’è Sirius?”

“In camera sua, sta arrivando,” disse Robert. Alexandra lo osservava con scetticismo, indecisa se fidarsi di lui. Anzi, molto probabilmente non si fidava affatto, specie dopo la maledizione del giorno prima. Fu divertente vederla costretta a ricredersi mentre Sirius usciva dalla porta della sua stanza. Come se Alexandra nemmeno fosse stata notata, esclamò: “Eccomi!” Abbassò lo sguardo verso Alex e finse di accorgersi solo in quel momento della sua presenza. “Oh, Alex, suppongo che il pranzo sia pronto. Dimmi, vuoi candidarti a far compagnia a Kreacher?”

In risposta ricevette uno sguardo carico di stizza. Alexandra alzò il naso all’insù e accelerò il passo verso la sala da pranzo. “Non ho intenzione di cedere alle tue provocazioni!” Robert trattenne una risata, mentre Sirius gli dava una gomitata.

In sala da pranzo, Regulus era seduto composto alla destra di Walburga. Alexandra prese posto alla sinistra, proprio di fronte al suo migliore amico. Robert sedette accanto alla sorella e dovette sforzarsi per non scoppiare a ridere mentre osservava il modo apparentemente sereno con cui Sirius rispondeva a sua madre. 

“Che bello avervi tutti a casa,” sospirò Orion Black mentre si serviva una fettina di roastbeef dal vassoio d’argento elfico. I suoi occhi grigi si illuminavano di gioia nel vedere una simile concordia a tavola. “Cosa avete studiato di interessante oggi?” 

“Io mi sono concentrato sui problemi di Aritmanzia, ma sono piuttosto complicati,” sospirò Regulus. 

“In effetti non capisco proprio perché tu abbia scelto di seguire Aritmanzia,” domandò Sirius. “Dopo tutto, è utile tanto quanto Divinazione…”

“Non ha tutti i torti, Regulus…” aggiunse Walburga. Robert e Sirius si guardarono sorpresi. Quando era stata l’ultima volta che Walburga aveva concordato con Sirius? Avrebbe commentato allo stesso modo se avesse saputo del loro giro per Londra? Probabilmente no. Regulus strinse le spalle e disse: “Sembrava interessante e utile per migliorare la forza degli incantesimi. Dopo tutto, la magia dei numeri può essere utile in molti ambiti: in Pozioni, in Incantesimi e persino nell’utilizzo delle Rune Antiche…”

“Ma a scuola si studia solo per conoscere il futuro…”

“Riuscire a leggere il futuro non è una cosa inutile,” disse Alexandra. “Avrei dato qualsiasi cosa per sapere che sarei stata Smistata a Serpeverde. A me piacerebbe prendere Divinazione e approfondire l’influsso magico delle costellazioni che studiamo in Astronomia…”

“Per favore, Alex, non renderti ridicola.” Robert non riuscì a trattenersi. “Sono tutte sciocchezze, lo sai benissimo. A scuola è importante studiare materie utili, come Pozioni, Incantesimi, Erbologia, Trasfigurazione, materie che possono servirti a salvare una vita, a gestire una casa, a diventare una strega a modo… Leggere i tarocchi è solo da sfigati o, peggio ancora, da ciarlatani.”

“N-non sarebbero le uniche materie…” mormorò, quasi a giustificarsi.

“Alexandra, cara, tuo fratello ha ragione, sei ancora troppo giovane per pensare a scelte così impegnative. Hai appena iniziato Hogwarts, sono sicura che al momento di scegliere le materie opzionali, userai un po’ di giudizio. Ricorda che una lady deve essere anche una strega abile.”

Robert notò il modo in cui Sirius si morse l’interno della guancia per impedirsi di rispondere a sua madre. Quasi riusciva a intuire i pensieri dell’amico, sul fatto che i destini delle lady erano quelli di sposare qualcuno e sfornare eredi, ma non aveva senso polemizzare. Non in quel momento. Avevano bisogno di libertà, di tornare a Londra, non aveva senso aprire un fronte con Alex e Walburga. 

 

***

 

Se c’era una cosa che Regulus non sopportava più, era l’aria serena di suo fratello. Sirius stava fingendo, tramava qualcosa, qualcosa che avrebbe fatto arrabbiare da matti i suoi genitori, qualcosa che aveva reso accettabile maledire Alex. Persino agli occhi di Robert! Però sembrava non importare a nessuno. Improvvisamente, la quiete in casa era diventata la priorità dei Black.

Il modo in cui lo aveva umiliato di fronte la mamma e i Turner, poi, meritava una vendetta. Altro che dar ragione a Sirius, nel momento in cui la mamma si sarebbe accorta che lui era la solita peste, persino il suo studio di Aritmanzia sarebbe passato in secondo piano. 

Walburga si era allontanata dalla sala da studio e Alexandra si era sporta sul tavolo verso di lui e gli aveva domandato sottovoce: “A cosa stai pensando?”

“A cosa stanno combinando Sirius e Robert…”

“Loro…” Le parole morirono sulle labbra di Alexandra.

“Non ti sforzare, ti hanno maledetta, non potrai rivelare nulla. Si tratta di una fattura molto potente.”

“Non riesco nemmeno a scriverlo o a disegnarlo…” La frustrazione le provocava un broncio che non faceva altro che aumentare il fastidio e il senso di ingiustizia che provava Regulus. “E poi si permettono di farci la morale, ti rendi conto?” Anni e anni di impegno per dimostrarsi all’altezza dei Black e poi bastavano due sorrisi di Sirius e i suoi genitori andavano in brodo di giuggiole! 

Alexandra si strinse nelle spalle. Giocava con la punta della sua lunga treccia castana mentre sospirava rassegnata: “Sono i soliti monelli…”

“Peggio! Sono…” Regulus si accorse di non sapere come definirli, così pensò alla parola più forte che conoscesse, “sono dei manigoldi!” Alexandra annuì con vigore. “Sì, sono cattivi! Non si maledicono le sorelle!”

Il suono del campanello ricordò loro che Darlene Turner era giunta il tè con la sua migliore amica. Dall’ingresso, la voce della mamma di Alex salutava: “Walburga, grazie ancora per quello che stai facendo, hanno fatto i bravi?”

“Darlene, cara, non dirlo nemmeno. Vieni, il tè è pronto. Sai che i ragazzi in compagnia sono meno impegnativi che presi singolarmente. Alex e Regulus stavano facendo i compiti nella mia sala di lettura, mentre Sirius e Robert sono al piano di sopra.” Regulus si era avvicinato alla madre con la speranza che lo mandasse a chiamare Sirius. Non fu deluso. Walburga e Darlene spedirono sia lui che Alex al piano di sopra per far venire Sirius e Robert in sala per il tè.

Salendo le scale, Regulus fece cenno ad Alex di non fare rumore. Salirono stando attenti a non mettere il piede sugli scalini cigolanti, camminarono piano nel corridoio. Regulus andava avanti guidando quella missione, Alexandra lo seguiva silenziosa come un gatto. 

Fuori dalla stanza in cui avrebbero dovuto trovarsi Sirius e Robert, Regulus appoggiò un orecchio contro la porta. Silenzio assoluto. Poco distante, dalla camera di Sirius arrivavano delle risatine sommesse e un fruscio di pagine. Regulus sorrise trionfante. Aprì la porta di scatto, pronto a cogliere in flagrante Sirius e Robert. Vuota. La stanza era vuota. Regulus entrò e si guardò intorno. Guardò sotto il letto, dentro l’armadio, persino sotto il tavolo.

Eppure, aveva sentito le risate. Si voltò verso Alexandra e le domandò: “Tu li hai sentiti, vero?” Alexandra annuì. Indietreggiò, intimorita dall’idea di subire un’altra maledizione. Era in mezzo al corridoio e si guardava intorno con le dita che giocavano nervosamente con la sua treccia. “F-forse sono in bagno,” mormorò. Regulus la seguì fuori dalla stanza e andò a controllare in bagno. Sembravano essersi dileguati. Eppure, aveva sentito le loro risate e sapeva che stavano tramando qualcosa alle loro spalle. Sbuffò irritato.

“Chi ha aperto la porta della mia stanza?” La voce di Sirius lo attirò di nuovo nel corridoio dove Sirius e Robert sembravano uscire dalla stanza silenziosa in cui avrebbero dovuto studiare.

Regulus assottigliò lo sguardo. “Dove eravate?”

“Nel salottino di là, dove ha detto mamma.” Sirius incrociò le braccia e lo osservò infastidito. “Perché sei entrato in camera mia?”

“Ti stavo cercando.”

“Sapevi che non ero lì.”

“Vi ho sentito ridere, cosa stavate facendo?”

Robert, quell’altro imbroglione, manigoldo, impostore, bugiardo, domandò con la sua aria da santarellino: “Ridere? Ma noi stavamo studiando… Eravamo molto impegnati a finire il compito di Storia della Magia.” Assunse quella finta aria contrita prima di aggiungere. “Non c’è proprio nulla da ridere sulle rivolte dei Goblin…”

Regulus cercò con lo sguardo Alexandra che, tuttavia, continuava a stringere la punta della sua treccia, quasi come se fosse un amuleto. Scese le scale dicendo: “Ci aspettano per il tè.”

“Grazie, Kreacher… ehm… Alex,” rispose Sirius.

“Non sei divertente,” obiettò Regulus. “Alex vuole essere solo gentile, la mamma ci ha mandato qui per avvisarvi che sta per essere servito il tè.”

“Proprio come due elfi domestici… ma bravi…” Il sorriso obliquo sul volto di Sirius e gli occhi che brillavano annunciarono l’arrivo della sua ennesima cattiveria. “Eravate entrati in camera per metterla a posto? Volete un indumento così vi libero?”

“Andiamo, Reg, sono cattivi.”

Sirius scoppiò a ridere. “Mi dispiace, mia cara Alex, ma non siamo noi i cattivi. Questa cosa non può passare sottaciuta.”

“Cosa non può passare sottaciuta?”

Lo sguardo serio di Darlene Turner immobilizzò Alexandra sulle scale, Regulus vide le dita serrare la presa intorno alla treccia. “Smettila di giocare con i capelli, Alex, non sta bene, metti le mani a posto.” Le mani della sua amica lasciarono di scatto i capelli, come se bruciassero e scesero lungo i fianchi, a stringere le pieghe del vestito di tartan verde e blu. 

La signora Turner stava davanti a loro dritta, le braccia conserte, l’abito da strega viola contrastava con l’incarnato bianco e i capelli biondissimi, legati in uno chignon morbido. Al suo fianco, Walburga sembrava la sua copia in versione bruna.

“Allora, che cosa succede?”

Sirius, dietro di loro, li raggiunse con l’andatura morbida e le mani in tasca. L’aria rilassata di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico. “Li ho beccati a curiosare in camera mia.”

“Alex!” La voce indignata di Darlene anticipò un gemito strozzato di Alexandra che balbettò. “Ci siamo sbagliati… credevamo che fossero in camera di Sirius e volevamo avvisarli che il tè era pronto.”

“Beh, sorellina, di solito si bussa prima di entrare. Non abbiamo sentito nessun bussare alle porte, eppure, il corridoio era silenzioso.”

“Questo è molto disdicevole… Domani mattina rimarrai a studiare a casa, sarà Polly a sorvegliarti. Devi essere in grado di comportarti quando vai in casa di altri.”

“Per favore, no, sono stato io ad aprire la porta! Mi sembrava di aver sentito un fruscio di pagine provenire dalla stanza di Sirius, sono stato io! Alex non c’entra niente!”

“Regulus! Non so che cosa ti stia prendendo in questi giorni… Da quando sei tornato a casa… beh, non sembri più te!”

La bocca di Regulus si aprì per lo sconcerto.

“Non stare con la bocca aperta come uno sciocco!” Walburga assottigliò lo sguardo e gli disse: “Stasera, poi, ne parliamo meglio. Andiamo a prendere il tè.”

“Anche noi faremo i conti a casa, signorina,” aggiunse Darlene. Alle loro spalle, Robert e Sirius trattenevano le loro malefiche risatine. Non credeva che lo avrebbe mai pensato, ma Regulus iniziava a non vedere l’ora di tornare a scuola. Nel salotto, l’atmosfera si alleggerì non appena entrarono Orion ed Edward. 

“Cara, credo di averne combinata una delle mia,” esordì Orion. 

“Salazar santissimo, Orion, non ti ci mettere anche tu!”

“Cos’ha combinato Sirius?”

“No, si tratta di Regulus. A quanto pare, anche lui ha qualche problema di memoria con le lezioni di etichetta. Pare sia entrato con Alex in camera di Sirius di soppiatto.” 

Suo padre alzò le sopracciglia sorpreso: “Regulus, non è proprio da te.” Spostò lo sguardo verso Alexandra e aggiunse: “E nemmeno da te, signorina, cosa vi succede? Sono queste le cose che insegnano a Serpeverde? Devo scrivere al vecchio Horace?”

Regulus scosse la testa spaventato dal pensiero di far perdere punti alla sua Casa anche mentre la scuola era chiusa. Suo padre, per fortuna, decise di non infierire, troppo preso dalla notizia portare. 

“Ho incontrato Edward a Diagon Alley, fuori dall’Emporium, e siamo andati a incontrare un possibile cliente al club dei maghi gentiluomini.”

Walburga alzò gli occhi al cielo e Darlene sospirò “Che Salazar ci assista…”

“Abbiamo incontrato Mulciber e il povero Avery. Il figlio si sta riprendendo. Così, gli ho detto se trascorriamo insieme i festeggiamenti di Samhain. Insomma, è un po’ di tempo che non organizziamo niente in casa.”

“Hai invitato gli Avery e i Mulciber per Samhain?” domandò Walburga.

“Ehm… potrei aver esteso l’invito a un po’ di persone. Si è unito anche Travers e Abraxas. Insomma, tu forse volevi andare da Druella e Cygnus?”

Al nome della cognata e del fratello, Walburga saltò sulla sedia. Regulus sapeva quanto la mamma non sopportasse zia Druella, anche se non aveva mai compreso il motivo. Esclamò veemente: “Per Salazar, no!” Spostò lo sguardo su Darlene e disse: “Bene, adesso non ci resterà che mandare gli inviti ufficiali. Mi dai una mano?”

“Volentieri. Qualsiasi cosa pur di non finire nel Wiltshire da tuo fratello…”

Le mamme parlavano, Regulus si sporse verso Alexandra e le strinse la mano: “Hai visto? Desmond si è ripreso. Sono sicuro che per Samhain sarà tornato in perfetta forma. Forse potrà darci degli indizi su cosa lo ha aggredito.”

   
 
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