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Autore: Demy77    15/10/2023    2 recensioni
Per questa nuova long a tema Poldark ho deciso di farmi ispirare da un’altra delle mie grandi passioni televisive: la telenovela messicana Cuore Selvaggio, andata in onda in Italia nei primi anni ’90.
La trama in sintesi: Francis Poldark è tra i più ricchi giovani scapoli della Cornovaglia. L’ambizioso padre Charles pianifica il suo matrimonio con la contessina Elizabeth Chynoweth, la cui famiglia, pur di nobili origini, è caduta in disgrazia dopo la morte del capofamiglia Jonathan.
Con Elizabeth, bellissima ma capricciosa e volubile, vive Demelza, sua sorella adottiva, una trovatella che è stata cresciuta dai Chynoweth per volontà del defunto padre di Elizabeth; la ragazza è segretamente innamorata di Francis.
Il cugino di Francis, Ross, diseredato dalla famiglia molti anni prima, ritorna in Cornovaglia dopo aver combattuto nella guerra di indipendenza americana. Conduce una vita sregolata, dedicandosi ad affari poco leciti, trattando con disprezzo le classi sociali più abbienti.
Le strade dei quattro giovani si incroceranno, dando vita a passioni, intrighi, malintesi e ad una inaspettata e travolgente storia d’amore…
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Francis Poldark, Ross Poldark
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo il colloquio con lo zio, Ross tornò alla banca di Pascoe. Si era congedato in maniera brusca e maleducata dal suo caro benefattore ed era necessario dargli qualche spiegazione. Il buon uomo, dopo aver ascoltato il resoconto del colloquio con Charles e dello scontro avuto da Ross con la sorella di Elizabeth scosse la testa amareggiato. Come saltava in mente al suo pupillo di invischiarsi in una situazione talmente pericolosa? Il consiglio di miss Chynoweth era più che sensato, doveva lasciar perdere Elizabeth e la sua famiglia acquisita. Inoltre, non aveva fatto ricorso all’aiuto economico dei Poldark quando era in difficoltà e ne avrebbe avuto tutte le ragioni, e lo faceva ora che era ricco a sufficienza? Ciò non aveva alcun senso!
“Non mi aspetto che mi comprendiate, Harris – disse Ross – ma è una questione di principio. Sono stato ingannato, e non è giusto che resti a mani vuote. Mi ero illuso di poter avere una moglie, una contessa, una donna che amavo con cui costruire un futuro. L’ho perduta, e non per colpa mia: come pensate che possa placare la mia rabbia? Pensate sia facile, per un uomo come me, rassegnarsi alla sconfitta? Devo essere sempre io l’eterno perdente, mentre mio cugino ottiene tutto ciò che desidera con uno schiocco di dita? Devo lasciare che una donna falsa e bugiarda calpesti la mia dignità senza farle subire alcuna conseguenza, dandole così la dimostrazione che ha fatto bene ad agire come ha agito?”
Il povero banchiere si rese conto che qualunque argomentazione razionale non avrebbe avuto presa sulla mente di quel cocciuto giovane; gli raccomandò soltanto di essere prudente, perché determinate offese, se venute alla luce, potevano essere lavate solo con il sangue.
A dispetto dei buoni consigli dell’amico, il testardo Ross decise di tornare a Trenwith. Nel frattempo Elizabeth e Francis erano a bordo della carrozza che, da Londra, li stava riconducendo alla tenuta. Erano felici e spensierati come solo una coppia di novelli sposi può essere. Per la verità, quello al settimo cielo era Francis, innamorato come non mai e ciecamente convinto della devozione e sincerità della propria sposa. Elizabeth era come una bambina divertita dalla novità, contenta di tutti i benefici che aveva acquisito con il matrimonio e speranzosa di poter condurre una vita agiata e ricca di lussi.
Con il capo mollemente appoggiato sul petto del marito, fantasticava sulla festa che avrebbe dato a Trenwith per festeggiare il loro ritorno a casa, su cosa avrebbe indossato, sugli amici e le personalità che avrebbe invitato, sulle pietanze con cui i cuochi di Trenwith avrebbero deliziato i palati dei loro ospiti… e che gioia nel sentir pronunciare da Francis soltanto mormorii di approvazione ad ogni sua richiesta! Il marito non le negava nulla, limitandosi a rimproverarla bonariamente solo quando le sue idee rischiavano di tradursi in spese esorbitanti; in cambio, riceveva gridolini di giubilo e teneri baci a fior di labbra. 
Demelza, intanto, era tormentata. Quel Ross le era parso arrogante e determinato, una mina vagante, e lei era preoccupata di non riuscire a frenarlo. Su sua sorella non era il caso di fare alcun affidamento: incostante com’era, sarebbe stata capace di commettere qualsiasi pazzia. La giovane era in pensiero per il povero Francis: sentiva che non avrebbe retto al disonore di un eventuale tradimento da parte di Elizabeth, o, peggio ancora, di un suo abbandono. Demelza non poteva confidarsi con sua madre, né con Charles Poldark, né con nessun altro: era una questione talmente riservata che si vergognava di parlarne persino con il reverendo Odgers.
Fino al rientro degli sposi, Demelza sfruttò ogni occasione per cercare di convincere Ross a desistere dai suoi propositi, con l’unico effetto di irritarlo ancora di più e di indurlo a disertare il pranzo e la cena, pur di non incontrarla: o adduceva impegni esterni, oppure si faceva servire piatti leggeri in camera.
Alla madre di Elizabeth Ross era stato presentato come nipote di Charles. Nella zona tutti sapevano della vicenda di Joshua ed era quindi naturale che la signora Chynoweth fosse rimasta sorpresa nel fare la sua conoscenza. Charles però, da buon affarista quale era, abituato a manipolare la realtà per trarne profitto, finse di essere molto contento del ritorno all’ovile di quella pecorella smarrita. Aggiunse, ovviamente non in presenza di Ross, che sperava di poter porre rimedio alle sue sfortunate origini, dotandolo non solo dei mezzi necessari per condurre una vita dignitosa, ma anche dei consigli volti a non incappare in problemi giudiziari, come la sua indole fumantina lasciava purtroppo presagire.
Nei rari colloqui che ebbero, la madre di Elizabeth ebbe modo di comprendere quanto quel giovane fosse sprezzante e sarcastico, ai limiti della maleducazione. Le sue idee erano moderne, dissacranti, contrarie alla tradizione e ad ogni buon senso. Aveva proprio ragione il suo consuocero, a voler intervenire per evitare che una persona del suo stesso casato divenisse un pendaglio da forca. Ross Poldark era capace di giustificare il furto, la sedizione, il bracconaggio, con il pretesto che la gente del popolo aveva fame ed i governanti nulla facevano per rimediare: ma di quel passo, senza regole e senza rispetto per il potere costituito, dove si sarebbe andati a finire? La signora commentò con Demelza che era preoccupata che questo Ross potesse avere una cattiva influenza sul genero, così debole di carattere ed ingenuo. Demelza, fra sé e sé, pensò che ben altre erano le conseguenze negative che la vicinanza del cugino avrebbe potuto procurare a Francis. Dal punto di vista delle sue idee, invece, Demelza non era del tutto convinta che Ross fosse in errore. Le famiglie ricche non avevano idea di cosa voleva dire patire la fame, ricordo che invece la ragazza aveva ben vivido dalla sua infanzia. Persone disperate potevano essere capace di tutto pur di sopravvivere o dare da mangiare ai propri figli: rubare, mentire, imbrogliare, persino vendere il proprio corpo… Non si poteva giudicare finché non ci si trovava nelle stesse condizioni, e Ross dimostrava di essere una persona sensibile. Era uno scavezzacollo borioso, ma forse, in fondo in fondo, aveva un cuore nobile e generoso, più di tanti damerini imbellettati che erano cresciuti nella bambagia e ripetevano acriticamente le idee con cui li avevano cresciuti i padri, senza formarsene una propria.
Con perfetto tempismo, tre giorni dopo che Ross aveva messo per la prima volta piede a Trenwith la carrozza con a bordo Elizabeth e Francis varcò il cancello di accesso, carica di bauli e cappelliere. Lo sferragliare delle ruote sul selciato mise in subbuglio la gente di casa, che si affrettò a rendere il dovuto omaggio al figlio del padrone e alla nuova signora. Oltre al maggiordomo e alla governante, signora Tabb, Charles Poldark si precipitò in giardino per accogliere figlio e nuora, seguito a ruota dalla consuocera e da Demelza, che mirava a prevenire la sorella sulla presenza di Ross. Quest’ultimo, mostrando un minimo di buon senso, si era mantenuto defilato, sulla soglia di casa, con le braccia conserte e gli occhi stretti come due fessure, scrutando rabbioso la donna che gli aveva rubato il cuore, sotto braccio al consorte, con un sorriso raggiante mentre indicava alla madre i numerosi pacchi che i solerti camerieri già stavano provvedendo a scaricare.
Ad un tratto Demelza si avvicinò alla sorella per abbracciarla, e Ross notò che le sussurrava qualcosa all’orecchio. Elizabeth si guardò intorno impaurita; Ross la vide quasi vacillare ed impallidire, al punto che Francis, al suo fianco, le si avvicinò premuroso e la sorresse. Tutti le furono intorno, e Ross, alla distanza, non comprese se Elizabeth stesse solo fingendo di perdere i sensi o fosse svenuta davvero. Ne seguirono momenti concitati, a seguito dei quali Ross fu costretto a ritirarsi nell’abitazione, attendendo un momento più propizio nel quale fare il suo ingresso in scena.
Poco più tardi, dopo che Elizabeth venne condotta a distendersi nella camera matrimoniale che era stata riservata a lei e Francis, quest’ultimo discese in salotto e Charles gli presentò il cugino. Francis apparve subito a Ross come un ragazzo cordiale e generoso, anche se timido ed insicuro. Si chiese cosa potesse trovare una donna passionale come Elizabeth in una persona così scialba e l’unica risposta che riuscì a darsi fu che l’attrattiva del cugino era rappresentata dal suo denaro e dal potere legato al cognome glorioso che portava. Cercò di trattenere la rabbia che provava, sforzandosi di recitare la sua parte nel miglior modo possibile per la riuscita del piano che aveva architettato. Raccontò al cugino dei suoi trascorsi in guerra ed in mare, di come aveva fatto fortuna durante l’ultimo viaggio, di come intendeva mutare vita. Lo interrogò ripetutamente sulle miniere, dicendogli che era molto incuriosito dall’attività tradizionale di famiglia e che gli sarebbe piaciuto imparare qualcosa di più. Francis, con sincerità, gli disse che era suo padre colui che avrebbe potuto istruirlo in materia, poiché lui si limitava ad andare a ruota del genitore. Si chiusero comunque in biblioteca ad esaminare le mappe della Wheal Grace, e Francis gli propose di recarsi alla miniera il giorno successivo, in modo da rendersi conto di persona di quali fossero le nozioni principali da apprendere. Lo zio Charles aveva deciso di lasciare i due ragazzi da soli, ma vedendo che si trattenevano tanto tempo nel luogo della casa che custodiva i documenti più importanti ebbe il sospetto che il nipote, misteriosamente riapparso all’improvviso, avesse delle mire nascoste e decise di intervenire. Dinanzi ai due ragazzi che facevano progetti senza consultarlo, Charles espose al figlio l’idea che aveva già rappresentato a Ross qualche giorno prima: avrebbe risarcito il nipote con una quota dei guadagni già realizzati, ma non era praticabile la soluzione di consentire a Ross di rilevare una quota della Wheal Grace. Diventando soci si sarebbero impoveriti entrambi; inoltre i finanziatori non avrebbero gradito questa modifica della compagine proprietaria, che generava incertezza e rendeva meno solida la gestione, che da sempre era stata in mano ad un unico soggetto. Ross, che non era privo di astuzia, concordò con lo zio e disse che gli interessava conoscere il mondo delle miniere non tanto per sovvertire l’ordine precostituito, ma per potersi confrontare sulle questioni che lo riguardavano con maggiore cognizione di causa.
Francis se ne mostrò entusiasta: disse al cugino che al circolo presso cui era solito giocare a carte aveva inteso che in Galles erano state create delle compagnie di minatori dedite anche alla fase della trasformazione del minerale, oltre che dell’estrazione. Era chiaro che, potendo contare sui guadagni anche per tale fase, era possibile offrire cifre più alte alle aste e quindi garantirsi profitti più elevati per la prima fase, il che avrebbe compensato i maggiori costi per l’avvio della seconda. Sia lo zio Charles che gli altri tenutari della zona non avevano abbastanza spirito di iniziativa per cimentarsi in una simile impresa, ma un giovane audace quale appariva Ross poteva portare una ventata d’aria fresca ed introdurre un cambiamento anche in abitudini commerciali consolidate.
Mentre gli uomini discettavano di affari, Elizabeth aveva finto di desiderare la compagnia e l’assistenza della sorella in modo da poter interrogare approfonditamente Demelza sulle intenzioni di Ross. La sorella le riferì che il bel capitano era furioso per essere stato preso in giro e redarguì la sposina con parole pesanti come macigni: come aveva potuto promettere a quell’uomo di sposarlo, sapendo di non poter mantenere quell’impegno? Elizabeth non cercò di negare di aver ingannato Ross, e, disperata, si dolse di non aver conosciuto prima il suo cognome: se anche lui era un Poldark, benché decaduto, non sarebbe stato uno scandalo sposarlo. “Perché non me lo ha detto? Perché?” – ripeteva, torcendo il copriletto di raso sotto le mani nervose. Ammise con Demelza che lo amava ancora, osservò che forse non tutto era perduto; anche lui, ne era certa, l’amava ancora e sarebbe riuscita ad ammansirlo. In fondo, quando si erano innamorati lei non sapeva ancora che Francis l’avrebbe chiesta in moglie, e poi aveva ricevuto la falsa notizia che Ross era stato condannato a svariati anni di prigione in Francia. Disse che per poter risolvere la situazione aveva bisogno dell’aiuto di Demelza, doveva incontrare Ross senza che nessuno li disturbasse. Demelza si sottrasse alla richiesta e le due sorelle litigarono a lungo, la rossa che insisteva sui doveri morali che Elizabeth aveva assunto con il matrimonio che le imponevano di sacrificare i suoi istinti, mentre la castana perorava le ragioni del suo cuore ed assicurava che nessuno avrebbe sofferto, perché ella, a modo suo, amava anche Francis e non desiderava abbandonarlo o far scoppiare uno scandalo.
Alla fine, dopo mille insistenze, Demelza pensò che prima o poi il confronto fra i due ex amanti doveva avvenire, era inevitabile. Pregò che Ross, disgustato dall’opportunismo di Elizabeth, desistesse dal proposito di fuggire con lei e che tacesse con il cugino dei loro trascorsi. Per quanto di indole pacifica, a fronte di un’offesa nell’onore Francis avrebbe potuto sfidarlo a duello, ed era probabile che sarebbe stato proprio lui il soccombente. Ross era stato in guerra: si supponeva che con fucili e pistole avesse una certa dimestichezza, a differenza del cugino.
Demelza ed Elizabeth si accordarono nel senso che la moglie di Francis, dicendo di sentirsi meglio, sarebbe scesa in sala da pranzo per la cena. Sicuramente Charles o Francis l’avrebbero presentata formalmente a Ross; lei doveva mostrarsi educatamente distaccata ed ignorarlo – o quasi – per il resto della cena. Dopo mangiato si sarebbero trasferiti in sala da musica, dove Elizabeth era solita intrattenere gli ospiti suonando l’arpa; gli uomini avrebbero bevuto liquori, fumato e magari giocato a carte. Nel frattempo Demelza doveva trovare il modo di trasmettere un messaggio di Elizabeth a Ross; i due dovevano incontrarsi: sarebbe stata cura di Elizabeth trovare un sotterfugio per allontanarsi dal marito, magari con l’aiuto della sorella, che si sarebbe trattenuta nei pressi per vigilare che i due potessero parlare indisturbati, senza essere scoperti.
Elizabeth dunque si cambiò d’abito, scese in sala e con una grande faccia di bronzo porse la mano a Ross per il dovuto baciamano, quando Francis la presentò al cugino. Nel corso della cena Elizabeth cercò di non guardare mai dal lato dove era seduto Ross, per evitare di tradire le sue emozioni. Era in ansia per quello che Ross avrebbe potuto fare o dire quando si sarebbero rivisti a tu per tu. Il giovane, invece, pareva del tutto tranquillo e a suo agio. Osservava sornione tutti i commensali, ridendo della loro ipocrisia e dei loro discorsi perbenisti. Lo incuriosiva molto l’atteggiamento delle due sorelle, le uniche a quel tavolo a sapere il vero motivo per cui egli si trovasse lì.
Quanto erano diverse quelle due donne, come il giorno e la notte! Non si trattava solo dell’aspetto fisico. Elizabeth era ciarliera, vanitosa, voleva essere al centro dell’attenzione, la interessava solo l’apparenza e gli argomenti che toccava nella conversazione erano frivoli e banali. Demelza era silenziosa, schiva, premurosa, eppure non era priva di forza di carattere, per come lo aveva affrontato il giorno del suo arrivo a Trenwith. Porgeva il piatto vuoto ai camerieri, ringraziava quando veniva servita, chiacchierava con gli altri commensali a tono di voce basso, era sorridente e garbata. Ross notò che aveva anche dei bellissimi occhi verdi…chissà se dietro quell’apparente amabilità nascondeva la stessa doppiezza della sorella, che non aveva ancora occasione di mostrare.
La cena si svolse secondo i piani di Elizabeth. Demelza riuscì a trasmettere il messaggio della sorella a Ross, che salutò tutti i presenti dicendo che era molto stanco e si ritirava in camera sua. Elizabeth si trattenne ancora un po’ a suonare, impaziente come non mai; quella sera pareva che sua madre non ne volesse sapere di andare a dormire, mentre suo suocero e Francis non incominciavano la solita partita a carte. Demelza ebbe allora un colpo di genio: disse ad Elizabeth che in sua assenza aveva iniziato a ricamare una camicia da notte per lei e voleva assicurarsi che le piacesse prima di proseguire il lavoro. Le due sorelle salirono quindi al piano superiore. La camera da letto di Ross si trovava in fondo al corridoio, poco distante da quella di Demelza, all’ala opposta rispetto a quella padronale di Charles e a quella degli sposi. Elizabeth, con il via libera di Demelza, sgattaiolò verso la camera di Ross e bussò timidamente alla porta. Senza neppure attendere risposta, si introdusse all’interno.
Ross era in piedi, la stanza in penombra, illuminata dalle candele. Elizabeth fece il gesto di lanciarsi fra le sue braccia, ma Ross la freddò, intimandole di non avvicinarsi. Elizabeth, impudente, si sedette sul letto, mentre Ross si trattenne in piedi di fianco alla scrivania. Fu un confronto molto duro, con Ross che non risparmiò termini poco lusinghieri per definire la sua ex amante, mentre Elizabeth cercava di impietosirlo con le sue lacrime tardive, giurando e spergiurando di amare solo lui, che era stata costretta a quelle nozze per bisogno economico, perché la famiglia era in rovina. Inoltre, disse che era stata ingannata dalle parole di Tholly, che aveva asserito che Ross era stato condannato a parecchi anni di prigione da scontare in Francia e che forse non sarebbe più tornato in Cornovaglia. Ross la trattò con sprezzo, disse che queste affermazioni potevano anche contenere un fondo di verità, ma la realtà era che Elizabeth non aveva mai pensato seriamente di sposarlo perché non era mai stata disposta ad affrontare uno scandalo per stare con lui: Gli aveva mentito fin dall’inizio, prendendosi gioco dei suoi sentimenti in maniera crudele.
Dopo qualche timido tentativo di negare la realtà Elizabeth si lasciò sfuggire questa frase: “Se soltanto mi avessi detto da subito chi eri …”. Ross a quelle parole non ci vide più. Rispose che avrebbe voluto essere accettato per quello che era, non per il suo cognome.
Elizabeth continuò ad implorare Ross di perdonarla, lo pregò di essere ragionevole, perché il danno ormai era fatto e non si poteva rimediare, ma ciò che contava erano i sentimenti reciproci. Aggiunse che per lei quella storia non era finita, che si era rassegnata a perderlo solo sulla base delle parole di Tholly ma lo amava disperatamente…Potevano trovare il modo di vedersi come prima, usando le dovute cautele, a maggior ragione adesso che Ross, dato il legame di parentela, poteva frequentare liberamente quella casa ed i suoi occupanti.
Ross replicò, sdegnato, che avrebbe potuto perdonare Elizabeth solo se era disposta a fuggire via con lui: mai avrebbe accettato una relazione con una donna che, stanca del letto del marito, saltava allegramente in quello del suo amante, per poi ritornare dal primo.
Elizabeth, non riuscendo ad ottenere ciò che sperava con le sue consuete moine, uscì da quella stanza furiosa, non prima di aver minacciato Ross: se pensava di incuterle timore con la sua presenza in quella casa si sbagliava di grosso. Sarebbe andata lei stessa a spiattellare tutto a Francis, a raccontare di come Ross l’aveva sedotta ed ingannata, umiliandola, a dire che aveva taciuto tutto per vergogna, per timore di essere ripudiata dal marito se avesse saputo la verità; in ginocchio avrebbe chiesto al marito di vendicare il suo onore, uccidendo Ross, o facendolo sbattere in galera per il resto dei suoi giorni…
Demelza, nel vedere uscire sua sorella con tanta furia dalla stanza di quell’uomo, ebbe l’istinto di interrogare lui piuttosto che lei, per sapere la verità su quel burrascoso colloquio.  
Sebbene avesse consentito l’ingresso nella sua stanza dicendo “avanti”, Ross si fece trovare a torso nudo dinanzi al bacile, intento alle sue abluzioni. Demelza arrossì e balbettò : “mi avevate detto che potevo entrare…” “E allora?” –  replicò lui con la solita ironia tagliente.
“Potreste almeno coprirvi!” – disse la fanciulla, imbarazzata.
Ross rise, e frizionò con gesti misurati il collo ed il busto con un’asciugamani di lino. Poi, indossò una camicia pulita, che lasciò però aperta sul petto.
“Dovreste sapere, cara signorina, che non sta bene entrare di notte nella camera di un uomo… cosa siete venuta a fare? Insistere affinchè me ne vada? Fiato sprecato! È una vostra iniziativa, o è la cara sorellina che vi manda, sentiamo? Avrà pensato che, dove non è riuscita lei con i suoi artigli da tigre, poteva arrivare a commuovermi l’agnello sacrificale! Elizabeth sa, immagino, della vostra  particolare devozione per suo marito…”
Demelza decise che ne aveva abbastanza di sopportare il sarcasmo di quell’uomo sfrontato e volgare, tutto per colpa di Elizabeth e della sua mancanza di decenza.
Sfortunatamente per Demelza la governante di casa, la signora Tabb, la vide uscire dalla camera di Ross. Lì per lì la donna non disse nulla; la mattina successiva però, con quel senso del dovere che imponeva ai servitori delle case illustri di informare i loro padroni di ogni minimo dettaglio che accadeva nelle loro abitazioni, riferì il pettegolezzo a mister Charles. Questi rimase sbalordito, perché conosceva Demelza come una fanciulla seria e coscienziosa; tuttavia dei piccoli particolari ricordati all’improvviso (la prima volta che Ross era arrivato a Trenwith stava conversando con Demelza; anche di seguito li aveva visti varie volte parlottare insieme, l’ultima era stata la sera precedente poco dopo cena, mentre Elizabeth suonava l’arpa) insinuarono nella sua mente il terribile dubbio che il nipote fosse arrivato nelle loro vite per insidiare la sorella di sua nuora. Decise che da quel momento in poi avrebbe vigilato con discrezione su quei due.
Nel frattempo Ross aveva trascorso una piacevole ed istruttiva mattinata in miniera. Aveva verificato che Francis non era in grado di rispondere alle sue domande, ragion per cui si era intrattenuto soprattutto con il capitano della miniera, un uomo di una cinquantina d’anni che si chiamava Henshawe che gli disse di aver collaborato addirittura con suo padre. Visitò i cunicoli, esaminò i campioni di materiale, cercò di comprendere quali fossero i costi ed i rischi dell’attività; apprese che lo zio Charles possedeva anche un’altra miniera, la Grambler, ma paradossalmente proprio quella che sarebbe spettata a suo padre Joshua era quella al momento più fiorente.
Elizabeth, intanto, aveva riflettuto a lungo e non aveva, ovviamente, messo in atto la sua minaccia. In fin dei conti ella teneva davvero a Ross e non voleva che gli capitasse nulla di male. Non voleva capitasse nulla di male neppure a Francis: era un marito gentile e premuroso, dopo tutto, e semmai fosse morto per mano di Ross, sfidandolo a duello, il suo destino sarebbe stato segnato, avrebbe perso sia l’uno che l’altro. La miglior cosa era tenere gli equilibri stabili: Francis non doveva sospettare nulla e Ross doveva cominciare a sbollire la rabbia e credere alla sua buona fede. Il tempo avrebbe risolto tutto. Certo, Ross era un amante straordinario e non si poteva negare che Elizabeth avrebbe desiderato molto riaverlo nel suo letto; tuttavia, se non era disposto ad accettare il ruolo di amante, Elizabeth doveva cercare di avere in lui almeno un amico, un alleato.
Demelza invece era molto preoccupata. Aveva appreso che Ross e Francis erano andati alla miniera insieme, immaginava che avrebbero trascorso molte giornate fianco a fianco, e non si poteva escludere che uno screzio improvviso, una parola fuori posto, un riferimento più esplicito potessero rivelare ciò che Ross aveva promesso, per il momento, di tacere… La rossa non riusciva a convivere con quell’angoscia costante, ed era irritata dal fatto che la sorella, proprio la responsabile di quell’incresciosa situazione, vivesse invece con maggiore tranquillità e rassegnazione.
Ad un certo punto Demelza non ne poté più di custodire quel terribile segreto da solo e rivelò tutto alla signora Chynoweth. La donna fece una scenata ad Elizabeth per la sua sconsideratezza, ma fu concorde con lei con la necessità di insabbiare tutto per proteggere il loro buon nome. Demelza aveva una prospettiva leggermente diversa, perché si crucciava per l’onore di Francis, prima di tutto. La madre di Elizabeth, dopo aver riflettuto, disse però che l’idea della figlia di dipingersi come vittima di un abuso da parte di Ross non era sbagliata: era evidente che quell’uomo arrogante e senza regole sarebbe stato capace di quello ed altro, dunque Elizabeth sarebbe stata senz’altro creduta dai Poldark, e Ross messo alla berlina, se non anche denunciato o ucciso: in tal modo la sua presenza non avrebbe più costituito fonte di ricatto né di turbamento per Elizabeth. Demelza non era affatto d’accordo, sia perché Ross avrebbe pagato un crimine non suo, sia perché Francis avrebbe potuto sfidarlo a duello e pagare a sua volta, da non colpevole, per la leggerezza di Elizabeth. La signora Chynoweth allora annunciò che avrebbe parlato con quel Ross e gli avrebbe dato ad intendere che se non accettava di sparire per sempre dalle loro vite avrebbe lei stessa messo in atto ciò che Elizabeth si era limitata a minacciare.
Il legame tra Francis e suo cugino diveniva sempre più solido. Il figlio di Charles era entusiasta di Ross, lo reputava l’amico ed il fedele confidente che non aveva mai avuto, un fratello maggiore da ammirare ed imitare. Ross, dal canto suo, accantonate le ragioni che aveva per odiarlo, pensava di lui che fosse un bravo ragazzo, un uomo onesto che poteva ancora correggersi dalle abitudini sbagliate della sua classe sociale. Ross, per esempio, gli aveva fatto notare come fosse opportuno che i lavoranti fossero controllati da un medico, in quanto aveva udito alcuni emettere dei brutti colpi di tosse; se avevano i polmoni rovinati, poteva essere pericoloso mandarli nel sottosuolo, perché rischiavano di morire. Tenerli in buona salute non era un vantaggio solo per quegli uomini e le loro famiglie, ma per gli stessi datori di lavoro, che avrebbero dovuto altrimenti assumere altri lavoratori privi di esperienza, sprecando tempo per istruirli. Francis lo aveva guardato con profonda ammirazione, e aveva subito dato disposizioni di chiamare il dottor Enys per effettuare delle visite di controllo.
Vedendo il figlio talmente soggetto all’influenza del cugino, Charles non aveva potuto esimersi dal raccontargli il pettegolezzo della signora Tabb. Francis replicò che sia Ross che Demelza erano incapaci di commettere bassezze simili e che se il cugino avesse avuto un interesse per sua cognata glielo avrebbe confidato. Ross non era affatto privo di mezzi, a quello che aveva detto, e per Demelza poteva essere addirittura un matrimonio onorevole. Asserì che era un’eventualità propizia e che lui stesso ne avrebbe parlato a Ross il giorno seguente.
In quegli stessi minuti la signora Chynoweth e Demelza stavano affrontando Ross. La disputa non si era rivelata facile per la compassata dama, ché quel giovane era un soggetto che non si faceva intimidire, anzi, se aggredito, reagiva con maggiore lucidità e spietatezza sferrando a sua volta attacchi micidiali. Disse che vi erano testimoni che avevano visto Elizabeth salire liberamente a bordo del Lucifero e domandare di lui dopo il suo arresto, cosa che non sarebbe accaduta se fosse stata veritiera la faccenda dell’abuso. La Chynoweth rise di lui: la marmaglia di plebei alle sue dipendenze non sarebbe mai stata valutata attendibile in un processo a suo carico, soprattutto rispetto alle dichiarazioni di gente rispettabile come lei, sua figlia, Francis…
“E voi, Demelza? – sbottò Ross – anche voi sareste disposta a dichiarare il falso in tribunale? A far condannare un innocente, pur di coprire le brutture di vostra sorella? Non siete poi così diversa da lei allora…”
“Non è vero!” – replicò fieramente Demelza.
“Non mortificate Demelza con le vostre stupide accuse – gli intimò la signora – non vi basta aver disonorato una fanciulla di buona famiglia? Non capite che ciò che pretendete da mia figlia è impossibile?”
In quel momento apparve Francis. Guardò Ross con disgusto, esitando qualche istante prima di trovare le parole adatte.
“Tu… come hai potuto? Ti credevo un uomo retto, ti ammiravo per la tua forza di carattere e le tue idee progressiste, mentre tu ti insinuavi nelle nostre vite per pugnalarci alle spalle…”
“Francis, calmati, per favore…” – emise Demelza in un sussurro.
“Non osare difenderlo, dopo ciò che ha fatto! Nessun uomo che pretende di definirsi tale può approfittarsi di una fanciulla innocente! Pensare che non volevo crederci, quando mio padre mi ha riferito ciò che la signora Tabb aveva visto, l’altra sera…. Non avrei mai creduto che potessi approfittare di lei sotto il nostro stesso tetto!”
Ross, sentendosi attaccato con tale veemenza, replicò: “Io non mi sono approfittato di nessuna ragazza innocente: è stata lei che…”
“Taci, cane! – lo interruppe Francis, sconvolto - Non solo non neghi le tue malefatte, ma osi addirittura ritenere lei unica responsabile?  Non riesco a crederci! Ma non pensare di cavartela a buon mercato! Dovrai rimediare al tuo errore, sposandola!”
“Sposandola?” – disse Ross sbalordito, e la signora Chynoweth gli fece eco.
Francis annuì. “Sposandola, certo! Pensare che era proprio quello che volevo proporti, dopo che la signora Tabb l’aveva vista uscire dalla tua stanza l’altra sera… La scoperta di oggi accelera solo gli eventi. Signora, Ross dovrà sposare Demelza, riparando così la mancanza che ha commesso nei suoi confronti. Voi stessa avete detto, poco fa, che ha disonorato vostra figlia... Gli sto offrendo la via d’uscita per rimediare, senza che debba scoppiare uno scandalo.”
“Demelza… ma…” – balbettò la madre. Ross, compreso il terribile equivoco in cui il cugino era caduto, restò in silenzio. Che cosa avrebbe potuto dire? Non poteva nuocere ad Elizabeth pur di venire in soccorso di Demelza: spettava a lei, rifiutando il matrimonio riparatore, sottrarsi all’imposizione del cognato.
Inaspettatamente, invece, Demelza ruppe il silenzio che si era venuto a creare, dichiarando, con voce ferma: “Hai ragione, Francis. Non c’è altra soluzione. Io e Ross ci sposeremo il prima possibile. E perdonaci se abbiamo in qualche modo offeso l’ospitalità che ci hai concesso. Non avremmo dovuto farlo”.
La signora Chynoweth provò a biascicare qualcosa, dicendo che non v’era motivo di agire con tanta sollecitudine, bisognava pensarci meglio, ma Francis la fronteggiò allibito: cosa si doveva aspettare, visto che l’irreparabile era già avvenuto? Aggiunse che era veramente stupito, e che non si sarebbe mai aspettato che Demelza potesse agire con tanta leggerezza.
La ragazza, colpita dall’espressione di delusione della persona che stimava di più al mondo, corse via disperata ed in lacrime. Ross se ne rammaricò e sperò che quelle parole servissero a far ricapacitare quella sconsiderata fanciulla: come poteva accettare di sposarlo, quando lo disprezzava ed amava un altro? Era disposta a sacrificare la propria vita e la propria felicità pur di difendere quella dell’uomo che le aveva preferito un’altra e l’onore di una sorella che non le era neppure particolarmente affezionata? Oltretutto, lasciando che Francis pensasse di lei che si era concessa ad un uomo prima di sposarsi? Che razza di modo di ragionare era quello? In che situazione si trovava, per colpa di quelle due? Sperava solo di non diventare lo zimbello della seconda Chynoweth, dopo essere stato preso in giro dalla prima.
  
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