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Autore: Ofeliet    15/10/2023    1 recensioni
Correva l'anno 2016, un anno nel quale non doveva succedere davvero niente.
O almeno questa era la convinzione di Francia in quel lungo e afoso mese di giugno che sembrava identico a quello dell'anno precedente e prometteva di esserlo anche in quello successivo.
Finché Inghilterra non decide che ha delle idee geniali.
{ fruk ! Brexit }
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Ofeliet
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Francia, Inghilterra; [secondari] l'UE in generale
Generi: Introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: OOC
Cultober: Chiesa dei reati particolarmente esecrabili
Prompt: seduti in un'automobile
Chiesa di chi è già in ritardo sulla tabella di marcia: forse, finalmente, sono in pari. Devo dire che nonostante in questo capitolo non succeda niente, allo stesso tempo succede di tutto.






La fine del meeting è accolta con una generale freddezza.
Francia osserva le prime nazioni alzarsi, ma aspetta il momento giusto per fare lo stesso. Inghilterra è ancora seduto, e sembra non preoccuparsi di nient’altro. Ha ancora un’aria tesa, ed emana un atteggiamento di scontrosità. Non sembra voler rimanere a lungo, quindi Francia sa bene come il suo tempo per parlargli è limitato.
Non sa proprio come avvicinarsi, dopo averlo spinto così malamente via, e non ha molto tempo per pensarci. Ha trascorso l’ora precedente a dipingersi più come un eroe tragico che a pensare a un qualcosa di realmente concreto.
Decide comunque di alzarsi in piedi, e sistemarsi. Messo in quella situazione l’unica cosa che poteva fare era improvvisare.
Si sente guardato, e si rende conto che chi più o meno evidentemente lo stava osservando. Non lo faceva sentire tranquillo, sembrava quasi che tutti si aspettassero che facesse qualcosa. Francia non aveva idea di cosa.
La sua mente gli proponeva idee, ma erano tutte ridicole e venivano molto spesso da romanzi. Era abbastanza certo che non avrebbe funzionato. Non doveva agitarsi, tutto era sotto controllo. Tranne Inghilterra, che si stava alzando in quel momento. Francia sente un nodo in gola nel guardarlo, e prova a muoversi. Si sente paralizzato. Tutto il coraggio e la spavalderia che aveva dimostrato ora sembravano svanite come neve al sole.
Inghilterra non sembra volerlo aspettare, e in pochi battiti di ciglia è sparito dalla sua vista. Francia vorrebbe indignarsi, ma prende a guardarsi intorno almeno per avere un indizio di dove fosse andato.
Doveva intercettarlo prima che sparisse per andarsene all’aeroporto. Sarebbe stato un ambiente ideale per scene di alto spessore, ma Francia avrebbe poi dovuto perdere il treno che lo avrebbe riportato a casa e non gli andava di sentire ulteriori prediche su prenotazioni da modificare all’ultimo minuto.
« Francia. » lo richiama quindi Germania. Ha un’espressione stanca, forse appare quello più provato dalla situazione. Se Inghilterra se ne andava non aveva idea di quante scartoffie sarebbero cadute sulla testa della nazione teutonica .
Germania intanto gli porge un plico di fogli.
« Si tratta del resoconto del convegno. » gli dice, quando Francia lo scruta con confusione. Lavorava insieme con un santo, poco ma sicuro. « Spero che la prossima volta prenderai i tuoi appunti. »
Sembrava davvero un capoclasse indispettito, e la cosa fa ridere Francia.
« Non prometto niente. »
Germania sospira, ma non gli dice niente. Si congedano in fretta, e Francia scambia solo qualche rapido saluto prima di spostarsi verso l’uscita secondaria dell’hotel dove attendevano diversi taxi. Inghilterra stava parlando con uno di loro, che gli rispondeva con troppo entusiasmo.
Inghilterra, a differenza sua, aveva raramente trattato con sdegno la gente che offriva servizi. Ma in fondo Francia era tale anche perché si comportava in quel modo, e Inghilterra per quanto avesse esportato il classismo di rango se lo era fatto passare in fretta come un banale raffreddore.
« Inghilterra. » lo chiama, e l’altra nazione quasi salta sul posto. Non sembra nemmeno volerlo vedere, il che peggiora la sua irritazione.
« Che vuoi? » le sue parole sono subito sulla difensiva. Francia sa che ha causato il suo stesso male, ma non vuole accettarlo comunque. « Devo sbrigarmi ad andare in stazione, il mio treno parte tra un’ora. »
« Treno? » la nuova informazione lo coglie di sorpresa.
Inghilterra non era solito viaggiare in quel modo, ma l’occasione era troppo conveniente e ghiotta per lasciarsela andare.
« Sì, Francia. Treno. Quello che viaggia sulle rotaie. » sta facendo sarcasmo. Un po’ lo fa sentire rincuorato che nonostante tutto Inghilterra lo tratta ancora male, significa che non è ancora così arrabbiato da non rivolgergli la parola.
« Anche io devo prendere il treno. » la sua lingua è più veloce della sua mente. Sa che ha un’occasione d’oro che non deve farsi sfuggire.
« E quindi? » gli chiede Inghilterra, alzando un sopracciglio.
« Pensavo che potevamo prendere insieme lo stesso taxi. »
« Prenditene uno per te! » esclama allora l’altro, apparendo scocciato. « Io non intendo condividerlo. »
Ovviamente si comportava così. Inghilterra su certi argomenti non si smentiva in alcun modo, e stava a Francia trovare la perfetta breccia con cui farlo cedere.
« Suvvia, Angleterre, tutti questi taxi vanno verso l’aeroporto. Il tuo è l’unico che va in stazione. »
Stava mentendo tra i denti, ovviamente. Sapeva benissimo come c’erano altre nazioni che avevano scelto la sua stessa opzione, ma era ancora troppo presto perché fossero lì a palesare la loro direzione. Inghilterra non sembra molto convinto, anzi, sembra aver persino compreso che gli sta mentendo.
Francia sapeva che doveva mettere in atto tutto il proprio carisma. « E poi- »
« Va bene. Puoi prendere questo taxi. Io aspetto il prossimo. » Francia si scopre a impallidire. Non stava andando come voleva, e non gli stava piacendo la situazione in cui si era cacciato.
« No! » esclama, forse con troppa emozione. « No, va bene se lo prendiamo entrambi. »
Inghilterra non gli appare convinto, e Francia ha la sensazione che è l’unica occasione che ha per rimanere insieme da soli e parlare senza interruzioni. « Dico che se ne prendi un altro arrivi in ritardo. »
Inghilterra lo fissa confuso, ma lo guarda ragionare. Sa che ha ragione, il traffico dopo una certa ora era ingestibile in ogni capitale. Francia comprende che bastava una piccola spinta per farlo cedere del tutto.
« E poi possiamo dividere il costo. » sapeva che era un’esca sciocca, ma stranamente su Inghilterra poteva funzionare. Era in effetti tutto quello che serviva. Passano momenti interminabili per Francia, che rimane in attesa di un riscontro da parte dell’altra nazione.
Inghilterra sospira, apparendo sconfitto.
« Va bene. » Francia si sente finalmente in grado di respirare. « Ma io mi siedo davanti. »
Francia non riesce a obiettare, ma per la prima volta è il giovane tassista che interviene, a suo favore questa volta.
« Perdonatemi, ma c’è posto solo nel sedile posteriore. »
Chiunque fosse quella persona era un angelo venuto dal cielo.
Inghilterra sembra senza parole.
« Bene! » esclama invece lui, andando subito a sedersi. Non intende lasciarsi sfuggire una simile occasione. Vede Inghilterra dal finestrino temporeggiare, ma cedere e aprire la portiera. Si siede accanto a lui, ma non lo guarda nemmeno di sfuggita. La cosa non preoccupa Francia più di tanto, era già un traguardo sufficiente averlo convinto a fare la stessa strada nello stesso veicolo.
Si sente a suo modo molto emozionato.
« Che non diventi un’abitudine. » ringhia Inghilterra nella sua direzione.
« Non sono io quello che di solito prende un aereo per tornare a casa. »
Inghilterra sembra colpito nel vivo.
La sua bocca si torce in una smorfia, e non sembra avere altro da dire.
Il taxi si mette in moto, e per un po’ non si dicono niente.
« Perché hai preso il treno, stavolta? » gli chiede, cercando di attirare la sua attenzione. Inghilterra per un po’ rimane in silenzio.
« Non ti riguarda. »
Il suo modo di porsi è ovviamente sgarbato, incivile. Francia non se ne sorprende mentre Inghilterra continua ad evitare il suo sguardo. Sa che è normale, per Inghilterra, che poche persone gli avevano mai chiesto il perché delle sue decisioni. Era strano che usasse il treno. Francia lo aveva visto prendere la metro, al massimo, quando gli incontri si svolgevano a Londra. Vorrebbe tanto capire cosa gli passa per la testa.
« Pensi davvero di andartene? »
« Ne devi parlare proprio adesso, Francia? »
La sua aggressività sembrava destinata a non abbassarsi. Francia si sente messo all’angolo in quel piccolo abitacolo. Lui e Inghilterra sono vicino, ma in realtà sono lontani.
« Sì, perché poi tu tornerai su quella isola che chiami nazione e non ti farai sentire finché- »
« Finché? »
Francia si morde un labbro. « Finché non usciranno i risultati. »
Non comprende perché lui e Inghilterra non potessero capirsi meglio. Le risposte erano molteplici, ma Francia voleva ignorarle. In quel momento Inghilterra doveva capirlo. Lo vede aprire la bocca diverse volte.
« E anche se fosse, a te cosa cambia? »
Francia apre la bocca a sua volta. La sua domanda è giusta, ma dare una risposta ad alta voce avrebbe contribuito a rendere tutto reale e Francia ne aveva timore. Certe verità era convinto che se ne sarebbe portato dentro fino alla fine. Inghilterra non poteva sapere certe cose, e Francia non era così coraggioso da dire davvero tutto quello che pensava.
« Perché tutti sono convinti che io ne sappia qualcosa. » fa una pausa. « Ma in realtà, non so niente. »
Non stava mentendo. Quella decisione, tanto decantata, lo aveva colto di sorpresa anche più degli altri. Inghilterra fa un’espressione strana, ma sembra che la sua aggressività cali di colpo.
« Non è un qualcosa che puoi capire. » gli risponde, criptico. Francia torna a guardarlo, stavolta con più calma. Vede una nazione stanca. Non sembrava più così combattivo, anche se Francia non comprendeva cosa fosse cambiato.
« Certo, perché tu sei un incompreso e l’unico indizio che dai è in questo modo »
« A te cosa importa di tutta questa storia? »
Francia non sa rispondergli. Apre la bocca un paio di volte, ma non escono reali parole. Non sa se esista una risposta che potrebbe soddisfare Inghilterra. Forse gli importa più di quanto voglia dare a vedere. Francia era sempre stato bravo a mentire anche a se stesso, se la situazione lo richiedeva.
« Lascia stare. » riprende Inghilterra. « Non mi aspetto che tu abbia una risposta sensata. »
Un po’ lo offende, ma Francia non desidera riprendere davvero il discorso. Ha bisogno di pensarci, di trovare una risposta che salvi la propria dignità. Inghilterra non poteva capirlo, ma l’altra nazione a volte viveva seguendo delle regole che nessun’altro si imponeva.
« Sai già come andrà a finire? »
Questa volta è il turno di Inghilterra di fare silenzio. Francia lo osserva aprire la bocca diverse volte, ma nessun suono uscire da essa. La cosa lo spaventa più di quanto vorrebbe. Se Inghilterra ammetteva di essere in dubbio, era sicuro che non ci fosse nessuna certezza e avrebbero dovuto attendere solo i risultati. Significava che la nazione era divisa, che Inghilterra non poteva rassicurarlo in alcun modo. Francia si sente tradito, in qualche senso. Inghilterra, a suo modo, era sempre stato una certezza. Che si trattasse di entrare in guerra o smettere di parlare a chiunque, erano decisioni prese con una convinzione e fiducia nelle proprie capacità.
« No. » è l’unica risposta che ottiene.
Una semplice parola spezza i castelli di vetro che Francia stava cercando di costruire.
Non gli piaceva la piega che stava prendendo la situazione. A quel punto preferiva non avergli mai chiesto niente di simile. Forse il dubbio sarebbe stato meglio, a confronto con la cruda realtà che gli si era presentata davanti.
Inghilterra non dice nient’altro, e anche Francia non ha molta iniziativa per altre conversazioni. Sono entrambi prigionieri dei loro pensieri, i quali non sarebbero mai stati condivisi con l’altro. Solo ora Francia si rende conto di come il tassista ha sentito tutta la loro conversazione. Chissà quale opinione si era fatto. Era sciocco chiederselo, gli esseri umani non potevano realmente capire i problemi di nazioni come loro.
Fuori dal finestrino la città scorre, ignorando le sue lunghe stringhe di pensieri. Era stato un errore prendere lo stesso taxi di Inghilterra. Se non lo avesse fatto, avrebbe dovuto attendere i risultati come tutti gli altri, nel dubbio di cosa sentisse veramente. Invece ora doveva fare i conti con quella realtà incerta e piuttosto crudele che non poteva più dimenticare.
Il taxi si ferma nel parcheggio davanti alla stazione.
« Pago io. » esordisce Inghilterra. Sembra voler riaccendere le ostilità, in un modo sciocco ma che ha un qualcosa di rassicurante.
« No, pago io. » risponde prontamente, sentendosi in modo sciocco pieno di entusiasmo. Entrambi hanno contanti in mano. Il tassista li osserva entrambi discutere, ma alla fine Francia riesce a spuntarla. Lui in fondo aveva solo gli euro, mentre Inghilterra un mix di monete locali, non abbastanza per pagare la metà della tratta del suo viaggio.
Con soddisfazione Francia allunga la banconota, ottenendo il resto e desideroso di sbatterlo in faccia a Inghilterra. Questi appare deluso, ma non dice niente. Apre invece la portiera ed esce, lasciandolo da solo.
Francia lo osserva allontanarsi dentro la stazione.
Non si erano capiti di nuovo.
Lui, cortesemente, saluta a sua volta il tassista e si sistema i capelli prima di uscire. Fuori fa caldo, anche a pomeriggio inoltrato il sole era ancora alto. Non riesce più a vedere Inghilterra. Aveva parlato di come dovesse prendere il treno con urgenza, in fondo, mentre lui aveva ancora una generosa ora per rilassarsi a qualche cafè sovrapprezzato della stazione.
Aveva sicuramente bisogno di qualcosa di dolce per riprendersi da tutta quella giornata.
In fondo a Parigi lo aspettava un appartamento disordinato, e i messaggi della sua segretaria. Tanto valeva passare del tempo e fingere che non avesse un lavoro.
Un po’ sperava di poter rivedere Inghilterra, ma questo probabilmente era già su un treno, lanciato a una velocità spropositata, allontanandosi il prima possibile da tutto quello.
Francia, alla fine, aveva ricevuto le risposte che voleva da lui. Non doveva angosciarsi troppo a lungo, si sentiva troppo stanco per portare una cosa simile. Aveva vissuto crisi peggiori, nella sua vita, e quella sarebbe stata una come un’altra. Non lo avrebbe nemmeno riguardato personalmente, oppure non sarebbe davvero successo niente.
Qualsiasi prognostico sarebbe stato inutile, a quel punto. Doveva solo aspettare, e la risposta sarebbe caduta dritta ai suoi piedi se attendeva.
Rimaneva da chiedersi cosa significasse tutto quello per Inghilterra, ma non aveva abbastanza coraggio da chiederglielo. Erano rivali, nemici, alleati. Francia non sapeva quanto davvero Inghilterra gli concedesse di conoscere, pur sapendo di lui molto più di quanto Francia gli aveva lasciato intendere.
« Chissà che altro intende combinare…» dice ad alta voce, sentendosi subito ridicolo per averlo fatto. Già vedeva le testate giornalistiche associare questo piccolo sfogo con un eventuale desiderio di limitare qualsiasi tipo di censura. Gli veniva da ridere, pensandoci.
Erano nazioni, loro. Qualsiasi cosa facessero veniva metto sotto osservazione e interpretato modellandolo sui tempi in cui vivevano. Una volta aveva starnutito e la corte era andata in panico temendo il ritorno della peste. Alla fine si era trattato di una banale influenza che aveva messo in ginocchio Parigi, ma per Francia la loro reazione era stata certamente esagerata. Ne aveva riso, quando finalmente era guarito da quel brutto malanno.
Chissà come avrebbero interpretato ai posteri quello che stava facendo Inghilterra. Francia era quasi curioso di conoscere l’interpretazione pittoresca che ne avrebbero ricavato. Immaginava già interi romanzi sull’argomento.
Si trattava solo di aspettare, come stava attendendo il suo treno. In fondo, tutto arrivava a suo tempo, e anche le conseguenze per Inghilterra non sarebbero tardate ad arrivare.

Sembrava che il fato adorasse essere crudele, o volesse aiutarlo.
Francia non sapeva dirlo. La banchina del treno, una volta effettuato i controlli, era piena di persone. Lui, però, si era fatto prenotare la carrozza del business e avrebbe dovuto condividere un tavolino solo con un altro, facoltoso, sconosciuto.
La situazione con Inghilterra era ben lontana dall’essere risolta. Francia sapeva come non aveva fatto abbastanza, ma poteva almeno pensarci lungo il tragitto che lo avrebbe ricondotto a casa.
Non doveva lasciarsi scoraggiare dalla situazione, era davvero convinto di riuscire a passare anche quella avversità. Inghilterra, però, sembrava essere diventato un muro, non sono nei suoi confronti ma in quelli di chiunque. Qualsiasi cosa gli passasse per la testa Francia non sapeva se fosse in grado di sbrogliare.
Il solo pensarci lo faceva prendere dallo sconforto.
Una volta che sarebbe partito avrebbe sicuramente ordinato un cocktail, almeno l’alcol lo avrebbe distratto dalla situazione in cui era.
Il posto a lui assegnato è dignitosamente elegante. Francia guarda la postazione di fronte a lui, vuota, e spera che nessuno venga ad occuparla. Ha bisogno di rimanere da solo, a struggersi per tutto quello che aveva vissuto in quelle ore. Non sa se avrà fortuna, ma si siede, sistemandosi il più comodo possibile e guardando fuori dal finestrino. Ci sono diverse persone che ancora sono fuori, a fumare o abbracciare le persone che li avevano accompagnati fino a lì. Prova una punta di invidia. Nessuno lo salutava mai in quel modo quando doveva partire.
« Oh, ma mi state prendendo in giro! »
Francia scatta nel sentire una voce famigliare. Inghilterra è in piedi davanti a lui, la bocca aperta e le sopracciglia strette in un’espressione che giudicare arrabbiata è riduttivo.
« Che ci fai qui? » gli chiede, e Francia batte le ciglia.
« Torno a casa, ovviamente. Questo treno va a Parigi. »
Inghilterra sospira.
« Cosa ci fai tu, qui? »
Inghilterra sembra meno pronto a rispondere. In fondo, sapeva anche lui che il capolinea di quel treno era Parigi e non Londra. Certo, non esistevano collegamenti diretti tra Amsterdam e la sua capitale, ma doveva andarsene a Bruxelles se voleva tornare a casa più velocemente.
Per Francia un comportamento simile è inspiegabile.
« Quello è il mio posto. » gli dice, indicando la poltrona di fronte a lui. A Francia viene da ridere, l’ironia della situazione in cui si trovava diventava sempre più inspiegabile, e sembrava tanto desiderosa di giocare con lui.
« E questo è il mio. » gli risponde, mascherando una mezza risata.
« Mi stai prendendo in giro. » Inghilterra sembra più parlare a se stesso che a lui. Finisce però col sospirare e appoggiare la sua borsa. Ha cambiato i vestiti, ora indossa le maniche corte. C’era una strana praticità di Inghilterra nel viaggiare, mentre lui continuava a indossare l’elegante completo che ha portato per tutta la giornata.
« Non l’ho fatto apposta. » si sente dire, e Inghilterra si siede, guardando fuori.
Francia un po’ vuole credergli.
Inghilterra gli ha mentito, in passato, ma mai sulle cose sciocche.
Lo osserva sedersi, ma non coglie il suo contatto visivo. Sembra volerlo evitare a tutti i costi, cosa che irrita Francia più del dovuto.
« Certo, tra tutti i treni e le carrozze disponibili sei sistemato proprio qui. » commenta con una punta di sarcasmo.
« Scusa, la prossima volta sarò informato su quale treno sarai così da evitarti. »
Simili schermaglie verbali lo rassicurano. Gli sembra che niente stia realmente cambiando tra di loro.
« La colpa è tua che non hai preso l’aereo come tuo solito. »
Inghilterra lo fissa con una certa irritazione. Sa che ha ragione, ma non lo ammetterà mai.
« Possiamo almeno far partire questo treno prima di metterci a litigare? Non mi va di andarlo a cambiare all’ultimo. »
Era dritto al punto.
« Saranno le quattro ore più lunghe della mia vita. »
Francia vorrebbe complimentarsi per aver controllato il tempo del tragitto. Sarebbe stato a Parigi a sera inoltrata, giusto in tempo per sedersi a un bel bistrot che conosceva lui e pochi altri per cenare. A Inghilterra toccavano invece minimo altre due ore di viaggio.
Francia non capiva come non avesse preso l’aereo in quelle condizioni. Sarebbe rimasto un mistero, ne era certo.
« Hai vissuto più di mille anni, quattro ore saranno un battito di ciglia per te. »
« Parli come se tu fossi più giovane. »
Non avevano mai approfondito la loro differenza di età. Era probabilmente sotto a un secolo, ma Francia si era sempre fregiato di essere un fratellone e il primo a marcare la scena politica dell’Europa. C’erano altri prima di lui, ma la loro esistenza sembrava essere stata dimenticata. Francia stesso non sapeva dire chi fosse venuto prima di lui, con grande disappunto degli storici che venivano puntualmente a intervistarlo.
« Lo sono. » replica Inghilterra, lapidario. « Non mi sembrava una novità. »
« Eppure discutiamo come avessimo un secolo a testa. »
Inghilterra emette una breve risata, probabilmente pentendosene subito dopo. Francia lo segue. Qualsiasi cosa fosse successo tra loro, in quel momento stavano condividendo la stessa carrozza del treno. Qualsiasi cosa fosse passata, tra loro, era alle spalle e gli permetteva di comunicare in quel modo.
L’annuncio del treno li coglie di sorpresa. Stava parlando delle solite istruzioni, ed erano quasi pronti a partire. Francia ascolta con distrazione gli annunci in lingue che non si era mai sforzato di imparare, fingendo di prestarci particolare attenzione per sfuggire alla tensione che provava in tutto il suo corpo.
Inghilterra, rimasto in piedi per tutto quel tempo, finalmente si siede. Ha deciso di non fuggire, o di non prendere un altro treno. Francia, dentro di sé, si sente come se avesse vinto anche se non sa su quale argomento.
Le porte si chiudono, e dopo qualche minuto il treno inizia a muoversi. Francia si risparmia qualsiasi genere di commento sulla partenza, sente come sarebbe superfluo.
Non si dicono molto. Inghilterra guarda fuori dalla finestra, e ben presto Amsterdam lascia spazio al paesaggio rurale del paese. Francia guarda fuori a sua volta, anche se poco interessato a quello che vedeva. Il silenzio ora inizia a pesargli, e teme quasi che si ripeta esattamente ciò che aveva vissuto nel taxi poche ore prima.
Per sua fortuna arriva un controllore, che procede a verificare i loro biglietti e chiedergli se preferissero qualche accorgimento per migliorare il loro viaggio. Entrambi non chiedono niente, e rimangono in silenzio.
Di solito Francia avrebbe finto di lavorare, almeno, ma non aveva con sé nemmeno il telefono per scrollare lungo i social e controllare gli articoli che probabilmente stavano già uscendo su Internet. La sfortuna era essere seduto di fronte alla nazione più scorbutica che potesse conoscere, e che non avrebbe mai conversato per il mero piacere di farlo.
« Germania, comunque, mi ha chiesto spiegazioni. »
Tanto valeva iniziare a parlare. Aveva quattro ore da riempire, e forse Inghilterra in quell’ambiente non sarebbe riuscito a fuggire alle sue domande. Lo vede alzare le spalle.
« Germania è diventato troppo ansioso. »
Si trova a dargli ragione. Della nazione bellica che li aveva spaventati entrambi era rimasta poca cosa. Germania era diventato più morbido, molto più preoccupato, e decisamente più stressato.
« Mi ricordo quando Prussia lo ha presentato la prima volta- »
« Sei consapevole che se parli così sembri ancora più vecchio? »
« Stavo cercando di farti un complimento! » esclama piccato. In fondo la prima volta che Germania aveva visto Inghilterra ne era uscito molto intimidito. In quel periodo Inghilterra trasudava una strana virilità che Francia poteva tranquillamente dire di avergli visto addosso durante i tempi della pirateria. Mentiva se diceva che non lo aveva trovato attraente, anche se doveva mordersi la lingua. Qualsiasi tentativo di flirt era accolto da Inghilterra con una fuga poco tattica e una chiusura che rendeva impossibile qualsiasi approccio per mesi.
Inghilterra sbuffa. « Io mi ricordo solo quanto fosse irritante Prussia. »
Francia non commenta. Sanno entrambi che ha ragione.
Poteva citare parecchi aneddoti sul tema, ma più guardava indietro più riusciva a richiamare alla mente gli innumerevoli contatti e faide che avevano nei secoli. Francia poteva dire di conoscere Inghilterra da troppo tempo. Conoscevano i reciproci difetti, ammiravano segretamente i rispettivi pregi anche se Francia sapeva di averne più di lui, e nei secoli non si erano mai davvero annientati a vicenda anche se ne avevano avuto la possibilità. Qualcosa doveva pur valere, tra loro.
« Però tu sei sempre stato più irritante di lui. » aggiunge allora Inghilterra, indispettendolo. Francia avvampa per una simile offesa nei suoi confronti, e si sente pronto a sfidarlo quasi a duello. Non avevano mai duellato nonostante si fossero minacciati di farlo diverse volte. Alla fine le loro rimostranze rimanevano una cosa che non meritava una risoluzione tanto drastica.
« Adesso stai esagerando. » Inghilterra scoppia a ridere, ma si copre subito la bocca. Pare quasi un bambino colto a fare una cosa che non doveva. « E poi io sono molto più bello. » dice, guardandolo con sfida. Voleva sapere fino a dove si sarebbe spinto.
Inghilterra non risponde immediatamente. Lo guarda, forse ci impiega un po’ a realizzare quello che gli ha appena detto.
« Non sei così bello. » risponde dopo un po’. « Sei passabile. »
Quella piccola infida isola. Non avrebbe mai ammesso niente, e avrebbe sempre affermato il contrario di ciò che lui diceva. In quello non era mai cambiato.
« Non è una vera critica, vista la tua di faccia. »
Inghilterra, per quanto ne sapeva, non si era mai considerato bello. Coraggioso, avventuroso, forse addirittura virile. Erano aggettivi che persino Francia non era in grado di negargli, nella propria mente.
« Certo che tu sei il primo a criticarmi. » sospira Inghilterra, incrociando le braccia. « Qualsiasi cosa io ti dica, avrà sempre una tua critica attaccata. »
Francia nelle sue parole sente una improvvisa, e inaspettata, apertura. Inghilterra stava ammettendo, a modo suo, che quello che gli aveva detto lo aveva offeso. Un tempo Francia ne avrebbe approfittato per infliggere un colpo peggiore, più profondo, ma era stanco di lottare. Non voleva più imbracciare le armi, voleva che Inghilterra capisse cosa volesse dirgli senza chiudersi immediatamente a riccio.
Non era certo delle parole che andavano utilizzate, però.
Sarebbe bastata una mossa sbagliata per ridurre quel momento in frantumi.
« Non ti critico sempre. » dice, parlando piano. « Ti critico quando non ti capisco. »
« E cosa c’era da capire, oggi? » la voce di Inghilterra è più tesa. Non sta fuggendo, come Francia temeva. Era un buon segno, significava che c’era speranza di continuare. « Ho solo parlato di un referedum- »
« Stai dicendo che vuoi andartene. » lo interrompe Francia. « Non capisco perché, e tu non stai di certo aiutando con la comprensione. » Inghilterra non riprende la parola. Si morde le labbra, ma non appare ancora sconfitto.
« Non mi riferisco a questo. »
Francia batte le dita sul tavolo, nervoso. Qualsiasi cosa Inghilterra intendesse, stava diventando criptico. Forse la sua stessa mente non era certa di cosa stesse pensando a riguardo, e come al solito si era gettato alla cieca in una discussione pensando di saperla spuntare indipendentemente da come si poneva.
« Non capisco perché tu ti sia impuntato su questo referendum. Lo sto facendo io. »
« Perché tu non ne parli chiaramente! » esclama quindi Francia, piccato. La frustrazione mista alla preoccupazione accumulata lo faceva sentire pieno di una strana euforia. Tutti i pensieri che aveva accumulato nel corso della giornata premevano nella sua mente.
« Non ho idea a cosa tu ti riferisca. »
Inghilterra forse fa finta di non capire. Francia non sa dirlo con certezza a sua volta. Sa che è quello il momento giusto per ottenere la rassicurazione che forse, in fondo alla sua mente, stava bramando. Non avrebbe avuto pace se non l’avesse ottenuta, e quella era la vera unica occasione di poterla avere tra le mani. Non poteva lasciarla fuggire in alcun modo.
« Dimmi tu cosa ne pensi! » ha un tono forse troppo accusatorio. Francia non sa dirlo, ma finalmente riesce a spingere Inghilterra nella direzione che doveva andare. Inghilterra batte le ciglia un paio di volte, forse non sta realmente capendo cosa gli stia chiedendo.
Ha le braccia incrociate, ma le sistema di nuovo quasi per rafforzare la sua posizione nei suoi confronti. In un’altra occasione Francia lo avrebbe preso in giro, ma ora non ha più tempo da perdere.
« Non vedo perché ti interessa. »
Quella isola testarda. Francia vorrebbe sospirare affranto, vorrebbe afferrarlo e scuoterlo per ottenere una risposta come se fosse una di quelle palle magiche che tutto facevano tranne accontentarti. Un paragone ridicolo, ma stranamente molto calzante nei confronti di Inghilterra.
« Mi importa! Per questo te lo sto chiedendo! »
Non ha senso mentire nemmeno a se stesso, in quel momento. Francia sa che sta dicendo la verità, e forse finalmente anche Inghilterra lo ha capito. Lo vede indurire la mascella, forse sta ponderando cosa dirgli. Francia prende dei lunghi respiri. La verità che aveva pesato sul suo petto era finalmente uscita, e aveva smesso di dargli tutto quel tormento. Si chiede perché non l’abbia detto prima, e aveva anche la risposta pronta alla sua domanda.
L’orgoglio che guidava lui e Inghilterra non avrebbe mai permesso loro di comprendersi completamente. Francia avrebbe protetto il proprio così come Inghilterra avrebbe protetto il suo, aveva funzionato così per secoli. Forse però Francia era stanco di salvaguardarlo. Non lo avrebbe più condotto dove desiderava.
« Non ti è mai importato un granché. » Inghilterra, da parte sua, non voleva evidentemente rinunciare a esso. Sembrava starsi costruendo un nuovo fortino, forse spaventato dalla discussione che stavano avendo. Francia non voleva andasse così. Inghilterra doveva smettere di correre ai ripari, almeno con lui. Non poteva lasciare che si nascondesse in un frangente così fondamentale.
« Forse in passato. Ma ora te lo sto chiedendo, Inghilterra. Voglio che tu me lo dica perché voglio ascoltare. »
Francia non ha idea se quello che gli sta dicendo possa funzionare. L’espressione di Inghilterra è sempre più tesa, ma non sta fuggendo. La sua difesa invece di alzarsi sembra aspettare il momento giusto per scendere.
« Io non voglio parlarne! » è un suo ultimo tentativo di difendersi. Francia lo capisce dalla sua voce. Sa che non può sbagliare proprio in quel momento. Inghilterra, forse, vuole finalmente essere vulnerabile e lui non può lasciarselo sfuggire.
La sua mente soppesa le parole giuste, cerca di modulare il tono corretto. Inghilterra deve capire che può parlarne con lui, con nessun altro che con lui. Un antico nemico, certo, ma ora c’erano solo loro due su un treno che viaggiava a velocità folli. Non doveva avere paura o tentare di fuggire. Francia non intendeva lasciarselo scappare in alcun modo.
« Penso che dovremmo parlarne, invece. »
   
 
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