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Autore: Placebogirl_Black Stones    21/10/2023    1 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 43: Case Closed
 
 
Giunti davanti al portone del grande e lussuoso palazzo dove viveva la vedova di Harrington, Camel parcheggiò l’auto a sinistra delle scale.
 
- Mi dispiace che ti abbiano costretto ad accompagnarmi, potevo benissimo venire qui da sola- sentì il bisogno di scusarsi mentre scendeva dall’auto.
- Nessun problema, è sempre meglio muoversi in coppia in queste situazioni- replicò il collega - E poi non sarei stato di molto aiuto a Yuriy e ad Akai, non so parlare il russo-
- Nemmeno Shu lo conosce-
- Sì, ma è pur sempre quello che ha sparato a Viktor e che gli ha dimostrato di essere più forte di lui-
 
Annuì, senza più dire nulla. Non era in vena di chiacchiere, voleva solo chiudere quella questione il prima possibile e risolvere i suoi problemi personali, che le impedivano di concentrarsi.
Suonarono il campanello e Oksana venne ad aprire. Quando la vide la riconobbe subito e fece un cenno con la testa, scostandosi per farli entrare. Aveva capito perfettamente perché si trovassero lì.
Li scortò in silenzio fino al salotto, dove trovarono Charlotte e Daniel seduti sul divano uno di fianco all’altra. Vide i loro volti sbiancare, come se avessero appena visto comparire dal nulla due fantasmi.
 
- Buongiorno Signora Harrington- la salutò, senza dimostrarsi troppo cordiale - Si ricorda di me?-
- Ma certo, la Signorina Starling, giusto?- cercò di mascherare il più possibile il suo nervosismo dietro un’apparente eleganza e formalità.
- Cosa diavolo volete ancora?!- tuonò Daniel, alzandosi di scatto dal divano come se volesse intimorirli - Si può sapere perché li hai fatti entrare?!- gridò contro Oksana, la quale si strinse nelle spalle in un gesto di auto difesa.
- Daniel calmati, ti prego- cercò di farlo ragionare Charlotte, posandogli una mano sulla spalla - Lo dovete scusare, è ancora scosso per la morte di suo fratello. Siamo tutti scossi- tentò di giustificarlo.
- Allora voleva bene a suo fratello, in fondo- intervenne lei, alimentando il fuoco.
- Come si permette?!- la guardò con odio il giovane Harrington - Viene qui senza permesso e oltretutto si permette di insinuare che io non volessi bene a mio fratello?!-
- Sto solo facendo delle assunzioni sulla base di quello che mi è stato detto dalla Sig.ra Charlotte. Quando ho parlato con lei mi ha detto lei Russel non eravate in buoni rapporti, al punto tale che lei non aveva più messo piede in questa casa. Mi è venuto spontaneo pensare che fra voi ci fosse astio-
- Lei non sa un bel niente!-
- Oh, invece so più di quanto credete-
- Che intende dire?- si insospettì la vedova.
- Lei è mai stato al locale Òstrae a Little Odessa?- la ignorò, rivolgendosi di nuovo a Daniel.
- Io non frequento locali squallidi gestiti da criminali- gli rispose piccato - Vengo dall’Upper East Side-
- Certo, i ricchi frequentano solo posti da ricchi- lo derise - Peccato che Irina Volkova, l’amante di Russel, l’abbia vista poche settimane fa aggirarsi proprio in quel locale in compagnia di Viktor Krayevsky, l’uomo che con ogni probabilità ha ucciso suo fratello. Ora, analizzando la situazione, o lei ha un sosia russo che si aggira nel quartiere di Little Odessa, oppure ci sta nascondendo qualcosa-
 
L’espressione di Charlotte cambiava secondo dopo secondo, sempre più tesa e pallida. Ormai li aveva in pugno, doveva solo spingerli al punto di confessare e ammettere che tutto ciò che stava dicendo corrispondeva al vero. Forse con Charlotte ci sarebbe riuscita anche prima, ma Daniel era un osso duro, il tipico riccone senza scrupoli né sentimenti.
 
- E lei crede alle parole di una prostituta che balla nuda in sudici night club spacciando droga?!- replicò lui - L’FBI perde colpi-
- Badi a come parla!- intervenne Camel, che si sentì chiamato in causa da quell’ultima affermazione.
- Fantastico, la bionda svampita si è portata dietro il pappagallo!- allargò le braccia.
- Daniel smettila- lo zittì Charlotte, tentando di riacquistare la dignità e la compostezza che stava perdendo poco a poco - Signorina Starling, mi permetta di dirle che Irina è la causa della rovina del mio matrimonio con Russell. Non è proprio il genere di persona di cui fidarsi, non so se mi spiego-
- Si spiega benissimo, ma io credo che le persone di cui non dobbiamo fidarci in questa storia siano altre. Russell sapeva della sua relazione clandestina con Daniel?-
- Questo è troppo, fuori da casa mia!- gridò il diretto interessato, indicandogli la porta.
 
Quel “mia” pronunciato con tanta sicurezza tradì esplicitamente il suo desiderio di impossessarsi delle ricchezze del fratello. Ora che Russel era fuori dai giochi poteva abbindolare Charlotte e portarle via ciò che aveva ereditato.
 
- Questa casa non è sua, ma della Signora Charlotte. L’ha ereditata in quanto moglie del Signor Russel- gli fece presente.
- Io non capisco davvero di cosa stia parlando e chi le abbia dato queste informazioni, ma è tutto falso- si giustificò la vedova.
- Non faccia la finta tonta con me, non attacca. Lei e Daniel avete una relazione da tempo e insieme avete escogitato un piano per impossessarvi delle ricchezze del Signor Russel. Aveva deciso di investire una grossa somma di denaro per riscattare la libertà di Irina e poter finalmente vivere con lei, ma voi non potevate accettare di restare senza un soldo. L’ex moglie che avrebbe perso denaro e reputazione fra l’élite dei ricchi e il fratellino che da sempre era il numero due, oscurato dalla fama del primogenito. Così avete stretto un’alleanza con Viktor, il quale non avrebbe mai lasciato andare Irina per nulla al mondo. Alla fine ognuno avrebbe ottenuto ciò che voleva. Non è forse andata così?-
- Voi siete completamente pazzi!- scosse la testa Daniel, che continuava a recitare la parte dell’innocente.
- Vi conviene ammettere tutto, se collaborate forse avrete una possibilità in più di non marcire in galera per il resto dei vostri giorni- li avvertì Camel.
- Noi non collaboriamo perché non abbiamo fatto proprio niente!- puntualizzò Daniel.
 
Era più dura del previsto ottenere ciò che cercavano e stava iniziando a stufarsi del giochino che lei stessa aveva iniziato. Non aveva tempo da perdere ed era già abbastanza nervosa di suo senza che quell’idiota con una cravatta da duemila dollari la spingesse all’esasperazione. Era arrivato il momento di giocare la carta che le aveva dato Shuichi.
Estrasse il cellulare dalla tasca e finse di leggere un messaggio.
 
- D’accordo, visto che non volete collaborare allora saremo costretti a portarvi alla nostra sede con la forza, se necessario. Due nostri colleghi hanno appena interrogato Viktor e lui ha confessato confermando quello che ho appena detto. Hanno registrato tutto, quindi abbiamo delle prove- sorrise beffarda.
- Quali prove?- chiese Daniel - La parola di quel criminale contro la nostra? Guardi che noi siamo gente per bene-
- Non è quello che ha detto Viktor-
- Certo, ora dirà che siamo stati noi ad uccidere Russel! Ma le ricordo che noi non facciamo parte della mafia russa, l’unica russa qui dentro è la cameriera e dalla faccia non mi sembra così pericolosa- rivolse un’occhiata sprezzante alla povera Oksana, che per tutto il tempo era rimasta in silenzio ad osservare la scena con il terrore di essere scoperta.
- Oh no, ha ammesso di essere stato lui insieme al suo clan ad occuparsi dell’omicidio. Ma ha aggiunto che è stato pagato profumatamente per farlo e quei soldi glieli ha dati proprio lei, Signor Harrington. Ci basterà controllare i suoi movimenti bancari e sono certa che troveremo un prelievo di una grossa cifra in contanti. Vuole ancora continuare a negare di essere il mandante dell’assassinio di suo fratello?- lo sfidò.
 
Per la prima volta da quando avevano iniziato quella sfida mascherata da conversazione Daniel non disse nulla, si limitò a fissarla con tutto l’odio che aveva in corpo. Come si dice, chi tace acconsente.
Charlotte si lasciò cadere seduta sul divano, come se quel poco di forze che le restavano avessero abbandonato il suo corpo per sempre.
 
- Anche da morto continua a tormentarmi- si lasciò sfuggire a bassa voce.
 
Daniel la guardò storto, sapeva che se la sua unica spalla avesse ceduto non gli sarebbe rimasto più nulla su cui aggrapparsi. La rete di bugie che avevano tessuto si era sgretolata davanti ai loro occhi e la vedova nera era rimasta vittima del suo stesso veleno.
 
- Prima mi tradisce con una sciacquetta qualunque venuta dall’est Europa, poi vuole darle quello che spetta a me di diritto e adesso vuole anche mandarmi in galera dalla tomba!- si sfogò, lasciando uscire la rabbia che aveva represso per troppo tempo - Tutto questo me lo sono guadagnata!-
- Guadagnata?- la fissò incredula - Lavorando ci si guadagna qualcosa, non sposando uno ricco!-
- Ho continuato a stare al suo fianco nonostante mi tradisse, ho sopportato che facesse uso di droghe, sono stata al sui fianco ogni singolo giorno ad ogni singolo evento dell’alta società, presentandomi come la moglie perfetta. Ho sacrificato me stessa per lui. Secondo lei è abbastanza?-
- È stata una sua scelta, nessuno l’ha costretta. E in ogni caso non le dava il diritto di troncare una vita- replicò stizzita.
- Dobbiamo portarvi in sede per l’interrogatorio- intervenne Camel - O ci venite di vostra spontanea volontà o ricorreremo alle maniere forti-
 
Fece appena in tempo a finire la frase che Daniel scattò in avanti e cercò di correre verso la porta, ma Camel riuscì a bloccarlo sbattendolo faccia al muro e tenendolo fermo per i polsi. Contro un gigante come lui era impossibile opporre forza fisica.
Il collega lo ammanettò e continuò a tenerlo fermo per impedirgli ogni tentativo di fuga. Nel frattempo, Charlotte aveva assistito a tutta la scena senza proferire parola. Le si avvicinò ed estrasse il suo paio di manette.
 
- Lei cosa intende fare, Signora Harrington? Mi concede l’onore di ammanettarla o vuole fare come il suo amante e giocare a guardie e ladri?-
 
La vedova abbozzò un triste sorriso e si alzò dal divano, porgendo in avanti le mani con i palmi rivolti all’insù in segno di resa. Le chiuse le manette ai polsi e la invitò a seguirla verso l’uscita.
Prima di andarsene rivolse uno sguardo veloce ad Oksana e le fece un cenno per ringraziarla: se non fosse stato per lei non sarebbero giunti così presto alla soluzione del caso.
Fu così che lasciarono la lussuosa dimora Harrington. Fecero accomodare i due amanti sul sedile posteriore e partirono diretti alla sede dell’FBI, dove avrebbero svolto il vero e proprio interrogatorio. Quando salì in macchina mandò un veloce messaggio a Shuichi, una frase in codice tipica del loro mestiere che di certo lui avrebbe capito.
“Torniamo alla base. Gli uccellini hanno cantato”.
 
 
************
 
 
Non appena giunsero al parcheggio dell’ospedale dove Viktor e Aleksander erano stati ricoverati la notte prima, chiamò subito uno degli agenti di guardia per avvisarlo che stavano arrivando. Anche se cercava di non darlo a vedere era nervoso per quanto accaduto poco prima nell’ufficio di James, sfogarsi torturando un po’ quei due criminali gli avrebbe fatto bene. Inoltre aveva un conto in sospeso a livello personale con uno di loro, Viktor: non gli era ancora andata giù l’idea che avesse toccato Jodie e anche solo pensato di poter fare certe cose con lei. Se quello era il suo ultimo caso voleva andarsene col botto.
 
- Secondo te abbiamo fatto bene a fare andare quei due da soli nella tana del lupo?- chiese Yuriy, interrompendo il silenzio.
- Sono due agenti speciali, sanno difendersi-
- Sì, ma quel Daniel mi piace poco- confessò.
- Ho fiducia in loro, inoltre Camel in quanto a forza fisica è superiore a me e te messi insieme-
- Infatti non ero preoccupato per lui, ma per la tua bella-
- Jodie sa cavarsela benissimo-
- Se lo dici tu-
 
Presero l’ascensore e salirono i piani dell’ospedale fino a raggiungere quello dove si trovava la stanza in cui avevano messo i due criminali. Fuori dalla porta vi erano due agenti dell’FBI di guardia e dentro ve ne erano altri tre. Viktor e Aleksander erano sdraiati sui rispettivi letti, legati mani e piedi in modo da impedire loro ogni tentativo di fuga. Erano due soggetti molto pericolosi in quanto membri della mafia russa e pertanto avevano deciso di adottare più misure di sicurezza possibili.
Viktor aveva due fasciature alle gambe nei punti dove lo aveva colpito coi proiettili, le garze erano impregnate di sangue nella zona dei fori. Venne a sapere da un suo collega che durante la notte lo avevano operato per estrargli i proiettili. Anche Aleksander aveva una fascia sul braccio dove Yuriy gli aveva sparato.
Quando li videro si innervosirono all’istante e iniziarono ad agitarsi e a parlare nella loro lingua. Non capiva cosa stessero dicendo, ma ebbe l’impressione che stessero imprecando contro loro.
 
- Cosa dicono?- chiese a Yuriy, per avere una conferma.
- Cose poco carine sul nostro conto- riassunse.
- Immaginavo-
 
Si avvicinarono ai letti e lui ricambiò lo sguardo minaccioso di Viktor. Dopo aver vissuto per tre anni sotto copertura in un’organizzazione criminale non erano certo dei tatuaggi e dei muscoli a spaventarlo.
 
- Sei venuto a spararmi ancora e ti sei portato dietro la scorta?- gli chiese Viktor con tono sprezzante.
- Non sei un avversario abbastanza interessante- replicò.
 
Il russo scoppiò a ridere e si girò verso il compagno pronunciando qualcosa nella loro lingua madre.
 
- Gli sta dicendo che sei divertente. E ti ha insultato di nuovo- tradusse Yuriy.
- Dunque sei in vena di divertirti- si rivolse direttamente al suo avversario - Allora perché non ci racconti di quanto è stato divertente uccidere Russel Harrington?-
- Chi ti ha detto che l’ho ucciso io?- tornò serio.
- Beh, ci sono diverse prove che portano a te e al tuo clan-
- Per esempio?-
- Il simbolo che è stato trovato sul luogo del delitto, lo stesso che hai tatuato sul braccio. È il simbolo del tuo clan, giusto?-
- Mi dispiace deluderti, cane della polizia, ma non sono l’unico ad avere questo tatuaggio-
- Allora parliamo della cocaina che vendevi a Russel?- continuò con le accuse.
- Con lui era un piacere fare affari- ghignò - Era uno dei miei migliori clienti, perché avrei dovuto farlo fuori?-
- Perché lui voleva una cosa che tu non eri disposto a concedergli. Il nome Irina ti dice niente?-
- Quella è solo una maledetta puttana, come quella biondina che ti sei portato appresso ieri sera!- alzò la voce.
 
La sua reazione gli fece capire che lo aveva colto nel vivo, Irina era un argomento molto delicato per lui, probabilmente il suo unico punto debole. Doveva sfruttarlo a suo favore. Il fatto che avesse usato lo stesso appellativo poco carino anche per Jodie, però, gli fece ribollire il sangue: nessuno si doveva permettere di definire la sua donna in quel modo.
Istintivamente, posò una mano sulla sua gamba e con il pollice premette più forte che poteva sulla ferita che gli aveva inflitto, fino a quando non lo sentì urlare e imprecare per il dolore.
 
- Modera i termini, o ti faccio assaggiare il resto che non ti ho dato ieri sera- lo fissò minaccioso.
- Non mi fai paura- gli rispose il russo.
- Nemmeno tu-
 
Yuriy, che fino a quel momento era rimasto in silenzio ad osservare la scena, intervenì parlando nella loro lingua, forse nel tentativo di creare una connessione. O forse stava solo cercando un diversivo per dargli modo di calmarsi, doveva sicuramente aver notato la sua reazione dopo l’insulto a Jodie.
Viktor e Aleksander gli risposero, dando vita a un botta e risposta in cui lui non stava capendo nulla.
 
- Yuriy, puoi rendere partecipe anche me?- chiese infine al collega.
- Scusami, traduco subito. Ho detto loro che sappiamo dell’accordo che hanno fatto con Charlotte e Daniel Harrington, ma continuano a negare di aver avuto rapporti con loro. Di questo passo non caviamo un ragno dal buco-
- E così Daniel Harrington non vi ha dato del denaro per commissionarvi l’omicidio di Russel?- si rivolse direttamente ai due criminali.
- Noi accettiamo commissioni solo da chi è più in alto di noi- gli rispose piccato Viktor.
- A me risulta invece che i soldi li abbiate presi eccome. Daniel è stato visto nel locale di ieri sera poco tempo fa e stava parlando proprio con te. La tua Irina ci ha raccontato tutto, quindi risparmiati di mentire. Non abbiamo tempo da perdere-
 
Viktor emise una sorta di grugnito e strinse i pugni, cercò di sbatterli ma le manette lo tenevano legato a tal punto da impedirgli di muoversi. Però ancora nella sua lingua e Yuriy prontamente tradusse.
 
- Sta insultando Irina, meglio che non traduca perché è davvero ai limiti della volgarità consentita-
 
Era stanco di quel tira e molla, stanco degli insulti e di colui che li lanciava. Era un tipo molto paziente, ma certe cose erano troppo anche per lui.
Posò entrambe le mani sulle sue gambe e di nuovo affondò i pollici nella zona del proiettile, facendo urlare di nuovo Viktor.
 
- Ti ho chiesto se Daniel ti ha pagato per uccidere suo fratello- ripeté la domanda.
- Muori!- gli rispose il russo.
 
Premette ancora di più i pollici sulla carne e il criminale latrò come un cane torturato.
 
- Vuoi che ti rovini per sempre le gambe o confessi di aver ucciso Russel Harrington?-
- Vaffanculo!-
 
Era un osso duro e andando avanti di quel passo non sapeva se sarebbe mai riuscito a farlo parlare.
Fu allora che vide Yuriy estrarre il telefono e guardarlo, come se stesse leggendo un messaggio. Lo vide sorridere e poi alzare lo sguardo incrociando i suoi occhi e lanciandogli una strana occhiata.
 
- Mi ha appena scritto Jodie, Charlotte e Daniel hanno confessato-
 
Sorrise beffardo quando realizzò cosa aveva appena fatto il suo collega. Lui stesso aveva ideato quella farsa con l’obiettivo di arrivare alla verità, ma alla fine non l’aveva messa in pratica. Per fortuna Yuriy se n’era ricordato e aveva ribaltato le carte in tavola.
Lo vide nuovamente parlare in russo ai due e stavolta la loro reazione fu diversa: la spavalderia di poco prima era sparita, si guardavano l’uno con l’altro cercando una soluzione a portata di mano per uscire puliti da quella storia. Peccato che quella soluzione non esistesse.
Viktor e Aleksander conversarono nella loro lingua, alzando i toni e scambiandosi strane occhiate.
 
- Stanno dicendo cose poco carine su Charlotte e Daniel, mi sembra abbastanza evidente che abbiamo colto nel segno-
- Credi che confesseranno?-
- Proviamo-
 
Raccolse l’ultimo po’ di pazienza che gli era rimasta e riformulò per l’ennesima volta le domande che aveva già fatto mille volte.
 
- Hai ucciso Russel Harrington per conto di Daniel?- si rivolse a Viktor.
- Mi aveva promesso dei soldi, ma quel bastardo me ne ha dati solo la metà!-
 
Avevano finalmente ottenuto quello che volevano, Yuriy aveva registrato la confessione con il cellulare. Erano pronti per lasciare l’ospedale e tornare alla sede dell’FBI. Si chiese se anche Jodie e Camel fossero riusciti nel loro intento, ma lo avrebbe scoperto solo una volta tornato.
Lasciarono la stanza sotto le imprecazioni dei due criminali: a loro avrebbero pensato una volta ristabilizzati.
 
- È andata bene- disse Yuriy.
- Ottima idea quella di fingere che fosse arrivato un messaggio- si complimentò.
- Veramente l’idea è stata tua, io l’ho solo messa in pratica-
- Lo hai fatto al momento opportuno-
- Comunque ti ho visto davvero nervoso, amico. Che nessuno osi mai pronunciare il nome della tua donna, sembravi impossessato da un demone-
- Non sopporto gli insulti alle donne-
- Alle donne o a Jodie?- lo punzecchiò.
- Jodie è una donna- rispose.
 
Senza aggiungere altro estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni e scrisse un messaggio alla compagna: “Torniamo alla base. Gli uccellini hanno cantato”. Un secondo dopo aver premuto il tasto di invio ricevette a sua volta un messaggio dalla bionda. Sorrise nel constatare che gli aveva scritto esattamente la stessa cosa.
 
 
*******************
 
 
Arrivati alla sede si diressero direttamente alla stanza adibita agli interrogatori, dove fecero accomodare Charlotte e Daniel ancora ammanettati. Camel restò con loro per controllare che non fuggissero, mentre lei uscì per fare una telefonata veloce. Dopo aver ricevuto da Shuichi un messaggio identico a quello che gli aveva mandato lei, voleva capire se fossero sulla strada di ritorno e se volessero prendere parte all’interrogatorio. Shuichi era molto bravo in quello, sapeva come mettere all’angolo anche il più ostinato degli avversari.
Il telefono squillò un paio di volte e infine la voce dall’altro lato rispose.
 
- Jodie, sei tu?-
- Sì, dove siete? Noi siamo già nella stanza per gli interrogatori, volevo sapere se ci tenevi a prendere parte anche tu o se potevo cominciare-
- Siamo in ascensore, due minuti e arriviamo-
 
Attese fuori dalla porta fino a quando non li vide avvicinarsi da in fondo al corridoio. In tutto quel tempo non aveva visto James nemmeno una volta, sembrava essersi barricato nel suo ufficio e non mostrava alcuna traccia della sua presenza. Scosse la testa e cercò di tornare concentrata sul lavoro: aveva una questione da chiudere.
 
- Sono già dentro?- gli chiese il suo fidanzato, quando fu abbastanza vicino.
- Sì, sono con Camel. Daniel aveva tentato di scappare quando eravamo ancora a casa Harrington-
- Che figlio di buona donna- si lasciò sfuggire Yuriy.
- Forza, entriamo-
 
Come sempre Shuichi non amava perdere tempo, entrò senza troppi complimenti e invitò Camel a uscire, dicendogli che avrebbe potuto osservare il tutto da dietro il vetro insieme a Yuriy. Non vi era alcuna necessità di restare tutti e quattro nella stanza, lui da solo valeva per dieci. Fece rimanere solo lei, forse perché pensava che Charlotte si sarebbe sentita più a suo agio avendo una presenza femminile.
Si sedette sulla sedia di fronte a loro e iniziò la tortura. Andò avanti per mezz’ora, cercando di farsi dare più dettagli e informazioni possibili, mentre registrava tutto quanto per avere delle prove. Ogni tanto la lasciava intervenire, insieme formavano una coppia strepitosa. Come avrebbe fatto senza di lui se fosse andato via? Al di là del loro rapporto sentimentale, se anche fossero stati semplici colleghi non avrebbe voluto lavorare con nessun altro se non con lui. Era dannatamente bravo nel suo lavoro e spingeva chiunque gli stesse vicino a dare il meglio di sé. Shu era un leader nato e aveva sempre pensato che un giorno avrebbe preso il posto di James. Adesso, però, le cose erano cambiate. Non le importava nemmeno più di quel caso di mafia russa, voleva solo parlare ancora con James e conoscere il suo verdetto.
Fu allora che lo vide apparire dall’altro lato del vetro, come se lo avesse invocato. Si mise al fianco di Camel e osservò attentamente la scena con lo sguardo serio e cupo. Cercò di calmare il cuore che aveva iniziato a battere all’impazzata e assunse un atteggiamento il più professionale possibile. Si sforzò di restare concentrata fino alla fine, quando Shuichi interruppe la registrazione ed estrasse la cassetta.
 
- Andiamo, abbiamo finito- le disse - Per quanto riguarda voi due, invece, farò venire due agenti che vi porteranno in cella dove resterete fino al giorno del processo- si rivolse a Charlotte e Daniel.
 
Uscirono dalla stanza e Shuichi si diresse immediatamente verso James, consegnandogli la registrazione. Invidiava il modo in cui stesse facendo tutto con una naturalezza tale da sembrare che avesse dimenticato che il suo posto era a rischio. Persino Yuriy e Camel erano tesi, spostavano gli occhi dall’uno all’altro come se stessero assistendo a una partita di ping pong.
 
- Hanno confessato, qui c’è tutto. Il caso è chiuso- gli disse.
- Ottimo lavoro, come sempre- rispose James, ma senza troppi convenevoli - Ti spiace se andiamo un attimo nel mio ufficio?-
 
Ecco, era arrivato il momento decisivo. Ancora pochi minuti e avrebbero avuto una risposta riguardo al destino di Shu nell’FBI e a quello della loro storia.
Il suo fidanzato acconsentì alla richiesta e i due si avviarono lungo il corridoio, sotto il suo sguardo e quelli di Camel e Yuriy. Strinse i pugni, cercando di contenere la rabbia: perché la stavano di nuovo escludendo? Perché nessuno dei due aveva chiesto anche a lei di andare? Quella faccenda la riguardava da vicino, aveva il diritto di poter dire la sua.
 
- Secondo voi come andrà a finire?- chiese Camel, rompendo il silenzio.
- Non lo so, non sono riuscito a interpretare lo sguardo del vecchio- rispose Yuriy.
- Scusatemi-
 
Non aveva nessuna voglia di partecipare a quella conversazione, non voleva fare delle supposizioni su cosa sarebbe successo: voleva sapere con certezza cosa sarebbe successo.
A passi svelti, quasi correndo, inseguì i due fino a quando non li raggiunse proprio davanti alla porta dell’ufficio di James. Si girarono a guardarla senza fare domande: sapevano perfettamente entrambi perché si trovasse lì.
 
- Jodie, perché non vai con Camel e Yuriy a scrivere il rapporto sul caso? Così lo archiviamo una volta per tutte- gli suggerì Shuichi.
- Possono farlo anche da soli. Adesso devo stare qui- rispose seria.
 
Non sarebbero riusciti a mandarla via, non glielo avrebbe permesso.
James aprì la porta e fece cenno ad entrambi di entrare: anche lui doveva essere troppo stanco della situazione per opporre resistenza.
Si accomodarono di fronte a lui, una buffa coincidenza: adesso erano loro dall’altro lato, quelli che stavano per subire un interrogatorio.
 
- Mi congratulo con voi per aver risolto il caso- iniziò a parlare il loro capo - Ma non è per questo che vi ho chiamati qui. Ho riflettuto su quello che è stato detto questa mattina e sono giunto a una conclusione-
 
Prese una busta da sopra la scrivania, che entrambi riconobbero come la lettera di dimissioni che Shuichi aveva consegnato la mattina stessa e la strappò davanti ai loro occhi. Quel gesto la fece sentire sollevata, anche solo per un attimo. Forse James aveva davvero capito e aveva preso la decisione giusta.
 
- Sei troppo bravo per andartene, non possiamo permetterci di perderti- si rivolse direttamente a Shuichi.
- Questo significa che accetterai la mia relazione con Jodie?- chiese conferma il suo fidanzato.
- Posso tollerarla, ma non la condividerò. Mi limiterò a giudicare il vostro operato e sarò totalmente estraneo alle vostre questioni personali. Se mi accorgerò che la vostra relazione influirà sul rendimento del vostro lavoro allora interverrò, in caso contrario vi permetterò di continuare come state facendo ora. Sarò il vostro capo e non un vostro amico- concluse.
 
Quel discorso le arrivò dritto come una pugnalata allo stomaco. Avrebbero dovuto gioire, Shuichi non se ne sarebbe andato e avrebbero continuato la loro relazione, ma il prezzo da pagare era più di quanto si sarebbero mai immaginati. Dopo tutti quegli anni trascorsi insieme James per tutti loro non era solo un capo, ma qualcuno su cui si poteva sempre contare anche al di fuori del lavoro. Per lei in particolare, quell’uomo era un secondo padre che c’era sempre stato, nel bene e nel male, e che ora gli stava dicendo che non avrebbe più potuto contare su di lui. Se le cose con Shuichi avrebbero preso una brutta piega come in passato, questa volta non avrebbe avuto una spalla su cui piangere. Aveva ottenuto ciò che voleva, ma aveva perso qualcos’altro a cui teneva altrettanto.
Shuichi non disse nulla, si limitò a guardarla dispiaciuto. Sapeva che con i suoi occhi verdi gli stava chiedendo “Sei sicura di volermi a tal punto da rinunciare al tuo rapporto con James?”.
 
- Immagino di non poter fare più nulla per farti cambiare idea- disse infine, vedendo che la risposta da parte sua non arrivava.
- Prendere o lasciare- gli pose l’ultimatum.
- E se lascio?-
 
Diamine, perché cercava ancora di provocarlo? Quanto sarebbe durata quella stupida e inutile guerra?
Era stanca, la testa le faceva male e avvertiva un leggero senso di nausea. Il suo corpo si stava ribellando alla pressione dello stress che la divorava dall’interno. Voleva solo svegliarsi da quell’incubo, il problema era che non stava affatto sognando.
 
- Non mi va di continuare questo giochetto fatto di minacce- ammise James - Se vuoi andartene non te lo impedirò, ma non cambierà ciò che penso, perciò il tuo sarebbe un sacrificio inutile-
 
Avrebbe voluto dire tante cose, ma dalla sua bocca non usciva nulla. Si sentiva intrappolata tra un padre e l’amore della sua vita.
 
- Ho capito. Grazie James, togliamo il disturbo e torniamo al lavoro-
 
Con quelle ultime parole il suo fidanzato si alzò in piedi ed esortò anche lei a farlo. Ormai avevano avuto la risposta che aspettavano, che gli piacesse o meno dovevano accettarla.
 
- Vieni, andiamo- le disse, posandole una mano sulla spalla.
 
Era certa che capisse perfettamente come poteva sentirsi, sapeva bene che legame ci fosse fra lei e James e sicuramente si sentiva tremendamente in colpa per essere la causa della rottura del loro rapporto.
Come un automa privo di ogni sentimento umano, si alzò dalla sedia e guardò con gli occhi lucidi quell’uomo che un tempo l’aveva cresciuta come se fosse sua. Non era facile dirgli addio.
Anche James la fissò a lungo, tanto che potè scorgere lo stesso dolore nei suoi occhi. Infine gli diede le spalle e seguì Shuichi fuori dall’ufficio.
 
- Vuoi restare un po’ sola con lui?- le chiese, non appena si chiusero la porta alle spalle.
- Tanto non cambierà idea- rispose, tenendo lo sguardo basso.
- Io credo che ora lui sia solo arrabbiato, ma non rinuncerebbe a te per niente al mondo-
- Lo ha appena fatto-
- Non sta ragionando con lucidità-
 
Scosse la testa, tenendo gli occhi chiusi. Aveva una gran voglia di piangere ma non poteva farlo lì, sul posto di lavoro.
 
- Va tutto bene?-
 
La voce di Yuriy le fece alzare gli occhi solo per un istante. Lui e Camel erano a un metro da loro, visibilmente preoccupati.
 
- Adesso torniamo in ufficio e finiamo di compilare i documenti- rispose Shuichi.
- I documenti non sono importanti adesso- rispose Yuriy - Che cosa vi ha detto James? Non dirmi che te ne vai perché giuro che faccio un casino-
- Non serve, non me ne vado. Ha stracciato la lettera di dimissioni-
- Lo sapevo!- esclamò Camel tutto contento - Non ti avrebbe mai permesso di andare via-
- E allora cosa sono quelle facce da funerale? Non vuole che stiate insieme?-
- No, ci ha dato il permesso-
- Beh allora dovreste fare i salti di gioia!- allargò le braccia il russo.
- La questione è più complicata di così. Meglio rimandare l’argomento, ora abbiamo del lavoro da fare- tagliò corto Shuichi.
- Allora che ne dite se stasera usciamo a bere qualcosa per festeggiare la chiusura del caso e ci aggiornate sulla situazione? Ti va, blondie?- si rivolse direttamente a lei, cercando di farla parlare.
- Andate voi- gli rispose, nemmeno troppo cordialmente, pentendosene subito dopo.
 
Yuriy e Camel non avevano nessuna colpa, ma non le andava di stare a sentire nessuno in quel momento.
 
- Che ti prende?- le chiese Camel, stranito dalla sua reazione.
- Ho bisogno di stare un attimo da sola. Voi andate pure in ufficio e cominciate senza di me, vi raggiungo fra poco-
- Jodie…- provò a parlare il suo compagno.
- Shu, per favore- lo supplicò.
- Non credo ti faccia bene stare sola in questo momento. Magari lavorare ti aiuterà a non pensare-
- Mi serve solo un dannato attimo- lo fissò negli occhi, mentre una lacrima le sfuggiva scendendo lentamente lungo la guancia - Ho appena perso un padre…di nuovo-
 
Senza aggiungere altro si congedò dai tre uomini, che restarono a guardarla impotenti.
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Sono viva, per chi se lo stesse chiedendo! Mi scuso per aver lasciato questa storia senza aggiornamenti per due anni, anni in cui sono successe tantissime cose nella mia vita e in cui non ho più scritto nulla. Ma avevo promesso di finire questa storia a cui tengo molto e quindi rieccomi qui. Grazie a tutti quelli che nel frattempo hanno continuato a rileggere la storia e a darmi il loro supporto, non sapete quanto sia stato importante per me.
Ci vediamo al prossimo capitolo
   
 
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