Stamattina mi sta scoppiando la testa.
C’è un forte
maltempo, l’inverno si sta avvicinando in tempi
da record ma il problema non è tanto questo, quanto il
rincoglionimento che sta
dilagando, preponderante, annichilente, tra le persone. Soprattutto tra
quelle
che mi circondano. Va a capire perché…
Ho capito che fino a che non
avrò le ferie, tra circa tre
settimane, non riuscirò a riposare.
Le fluttuazioni del mercato
ultimamente sono tragiche. I
tassi e gli indici sono diventati imprevedibili al punto che, mentre
anni fa mi
basavo su un unico algoritmo, per prevedere le oscillazioni delle
valute entro
le successive sei ore, adesso devo controllare cinque algoritmi per
riuscire a
prevedere DUE ore.
L’impegno lavorativo
è aumentato e la concentrazione
scarseggia perché devo dividermi anche con la scuola, che
è tutto fuorché una
passeggiata. Il corso che ho cominciato è considerato uno
dei più impegnativi
nel mio settore. Non ci sarebbe un’altra figura professionale
al di sopra di
essa, al massimo si possono fare ulteriori corsi di perfezionamento per
andare
a fare l’ispettore o l’esecutore, il controllore e
simili… ma è come se fossero
rami laterali dello stesso apice.
È un corso che
può frequentare solo chi ha 8 anni
d’esperienza e un contratto a tempo indeterminato full time,
quindi potete
immaginare che si svolge solo di sera, fuori dagli orari di
lavoro… dalle 19
fino alle 22. All’anima di tutti i loro, siamo costretti a
tenere il corso in
presenza.
Visto che ho la faccia come il culo e
non me ne frega niente
di fare la cresta su ogni cosa, ho deciso che dato che il fisco mi
obbliga ad
andare DI PERSONA fino a casa di Dio e a farmi due ore di auto, una
all’andata
e una al ritorno, per partecipare alle sue lezioni, io voglio il
rimborso sulla
benzina. Conserverò ogni ricevuta di carburante e al momento
di dichiarare le
imposte, li voglio tutti in detrazione. Non si possono rifiutare, dato
che io
sono stata obbligata ad andare fino a lì.
Al contrario dei precedenti corsi che
ho svolto, i signori
ai vertici si danno molta importanza e ritengono che “per
certe cose” sia
necessario essere di persona mentre si svolgono le lezioni, in culo
alla
pandemia. Perché così “dimostriamo
più impegno”. Ah beh, ovvio. E io che volevo
farmelo da casa perché mi avanzavano 20mila franchi e non
sapevo dove cazzo
buttarli, mica perché volevo davvero impegnarmi…
Le lezioni sono tre sere a
settimana e il corso dura QUATTRO ANNI.
O per meglio dire, sarebbe dovuto
durare quattro anni, ma a
partire dal 2023 è stata introdotta una variazione: il corso
intensivo di due
anni. Un risparmio di tempo molto considerevole, così ho
scelto di iscrivermi
al corso intensivo dato che ritenevo di averne le capacità,
avendo superato
finora tutti i livelli antecedenti con il massimo dei voti.
Quello che non avevo previsto, era la
disorganizzazione.
Di mio sono una persona estremamente
precisa e pedante, me
ne rendo conto, ma nel mio lavoro è un tratto essenziale.
Per deformazione sia
professionale che personale, tendo immediatamente ad accorgermi se
succede
qualcosa di illogico, e qualcosa lì non quadrava.
Dopo una serata introduttiva che si
tenne due mesi fa,
cominciammo le lezioni. La prima lezione fu talmente difficile che su
30 alunni,
si ritirarono in 5. Quasi il 17% ha buttato la spugna entro il primo
mese… era
preoccupante. Anche perché ho capito che avevano rinunciato
solo dopo un
mesetto, quando proprio non li ho più visti e il loro nome
è stato tolto dalle
liste degli iscritti. Nessuno apriva bocca, semplicemente PUFF! e
scomparivano.
Nonostante tutto, ho retto botta.
Consapevole di aver
intrapreso un percorso arduo, mi sono impegnata ancora di
più e presto si è
creato un gruppetto intorno a me, stranamente di sole donne. Di norma
attiro la
compagnia degli uomini, perché ho più
affinità a parlare con i maschi, ma in
questo ambiente ho capito di essere stata identificata come un
concorrente
pericoloso.
In questi settori sembra di stare in
una grande vasca di
squali. Nessuno condivide gli appunti, nessuno chiede aiuto al prossimo
né si
offre di aiutare gli altri. Solo io ho cominciato a fare schemi e,
quando
mancava qualcuno per una assenza giustificata, mi sono offerta di
passarglieli.
Questo gesto, a mio parere essenziale all’interno di una
comunità, è stato
sconvolgente per tante persone. Chi non li ha voluti e mi ha guardato
storto,
ha preso le distanze da me. Chi invece li ha accettati e mi ha
ringraziato, ha
detto più volte “a buon rendere, me ne
ricorderò”. Sinceramente io gli schemi
dovevo farli comunque, te ne mando una scansione, se ti servono, non
è che mi
cambia qualcosa e di sicuro non sono più al liceo, che
ritengo necessario
doverci fare 5 euro vendendoli… ma finora sono
l’unica che ha ragionato così.
La sensazione che si ha, entrando in
quella classe, è di
essere in trincea. Una trincea passivamente aggressiva. Nessuno ti
guarda
storto, nessuno si esprimerà mai in maniera direttamente
contraria o metterà in
discussione ciò che dici, ma capirai comunque cosa vogliono
comunicare. Forse
sono troppo presi dietro alle loro tabelle per realizzare che, anche
stando
zitti, parlano comunque. Il silenzio punitivo, il non rispondere, il
non
salutare, la smorfia repentina che coinvolge i muscoli orbicolari e gli
elevatori
delle labbra quando do una risposta giusta… io so di non
stargli simpatica. Così,
senza un motivo reale (manco mi conoscono), così come so che
in qualche modo mi
temono. Perché, poi? Non stiamo facendo una competizione. O
forse sì?
E i professori? Beh, i professori non
ci conoscono per nome,
siamo numeri e non ci interpellano mai. Va bene, perché io
non mi faccio
problemi: se qualcosa non mi è chiaro, ti fermo e me lo
ripeti finché non ho
capito che cosa stavi dicendo. Non torniamo a casa, stasera, se io non
ho
capito.
Su quattro professori, in tre sono
divertiti dalla mia
tempra. Forse sono felici che qualcuno in classe dia segni di
vita…
Uno dei professori (il mio preferito
perché quell’uomo è un
genio, compensa tutta la scarsa attrattività del suo fisico
con un cervello
che… mamma mia…) mi si avvicina sempre alle
spalle, mentre svolgiamo degli
esercizi che assegna in classe. Due settimane fa mi ha detto
“Tu ragioni in
maniera differente da me, io non userei mai quel metodo,
però… l’importante è
il risultato. Tu lo fai giusto, quindi va bene anche
così.” Nella mia testa
c’era già il filmino “Professore,
potrebbe darmi qualche lezione in privato?
Però posso pagarla solo in natura…” e
poi me lo trascinavo in qualche
sgabuzzino per approfittarmi di lui, ma ho resistito al pensiero che mi
aspettasse il mio compagno a casa.
Poi c’è un altro
professore, uno che forse avrà anche un bel
cervello, ma se è circondato da una testa di cazzo, quello
resterà sempre. Lui
non sa spiegare. Ogni persona deve essere cerebralmente uguale a lui,
per poter
seguire le sue lezioni. Una volta una mia compagna gli ha chiesto
“Scusi, ma
non mi è chiaro questo concetto.” la sua
risposta, degna di un Oscar, con la faccia stupita e desolata:
“Nella mia testa
è chiarissimo.”. Ma dai? E io che pensavo che
fossi qui a spiegarci qualcosa di
cui non capisci niente!
Tesoro mio, abbi pazienza:
è nella nostra, di testa, che le
cose devono risultare chiare. Di ciò che è chiaro
a te, ce ne fotte poco, dato
che all’esame ci dovremo andare noi.
Tornando al problema della
disorganizzazione, mi sono
accorta che la prima lezione, col professore 1, era difficile, la
seconda
lezione, col professore 2, era semplice, la terza lezione, col
professore 3,
era insormontabilmente difficile, la quarta col professore 4 era una
cacata da
quanto era facile… c’è qualcosa che non
va. Forse io ho delle lacune in alcuni
punti? Questo è stato il mio primo pensiero, poi mi sono
confrontata con gli
altri compagni. Non con tutti, con quelli che rispondono quando gli
parli. In
pratica, cinque persone su 25.
Ed è venuto fuori
che… era un problema di tutti. Qualcosa, quindi,
non funziona. A maggior ragione che la lezione col professore 3, quella
difficilissima, non compariva da nessuna parte sui libri di testo
assegnatici a
inizio anno.
Ieri ho scelto di fare questa domanda
apertamente. La
risposta che mi è stata data mi ha fatto cascare braccia,
gambe, testa, palle,
tutto.
L’ordine delle lezioni non
è in base alla didattica, per
gradi, come nel corso da 4 anni. È in base alla
disponibilità fisica del
professore che insegna quella materia. In pratica, la lezione
semplicissima,
era del primo anno. La lezione un po’ difficile (la prima,
tra l’altro), era un
tema del secondo anno. La lezione così difficile che manco
si riusciva a capire
che cazzo volesse dire, era del QUARTO anno. Ma è possibile
mettere una lezione
del quarto anno al primo mese di corso? Un tema per cui ci darete i
mezzi per
comprenderlo solo di qui ad un anno?
A quanto pare, sì.
La cosa peggiore è che i
libri vengono forniti parzialmente:
il primo anno di corso intensivo vengono dati i libri dei primi due
anni di
corso normale, il secondo anno di corso intensivo ci consegneranno i
libri
degli ultimi due anni di corso normale. Nel frattempo, però,
ci spiegheranno
comunque cose del terzo e del quarto anno, pur senza avere i libri!
Questo mi ha portata ad uno stato di
irrequietezza
disturbante… non posso nemmeno dire che andrò a
guardarmi le spiegazioni sui libri,
perché non li ho! Viene da chiedersi: procurateli a parte,
ma non si sa quali
libri siano e comunque i libri vengono prodotti direttamente dalla
scuola,
quindi altrove non li potresti reperire.
L’unica opzione
è chiederli in prestito a chi è già al
terzo
e quarto anno, ma quelli con noi non parlano perché ce
l’hanno su per il fatto
che facciamo l’intensivo, dato che abbiamo cominciato dopo di
loro e finiremo
prima. Ma sticazzi, mica è colpa nostra: abbiamo colto
un’occasione, mi
dispiace che quando avete cominciato voi non ci fosse, ma forse siete
più
fortunati, perché almeno vi insegneranno le cose in ordine,
non alla cazzo come
a noi!
Per fortuna, una delle persone a cui
avevo passato gli
appunti (“a buon rendere”), ha detto che una sua
amica aveva già fatto il corso
e me li avrebbe potuti prestare. Dal resto del pubblico, scena muta.
Ovviamente ho accettato, quindi
adesso ho i libri in
prestito e li sto scansionando in attesa di ricevere quelli
dell’anno prossimo,
eppure sono amareggiata. Speravo che l’ambiente fosse meglio
di così, ma è
chiaro che mi trovo a lavorare in un settore trincerato, popolato da
individui
con una voglia di socializzare dello spessore del buco del culo di una
pulce.
Bene, ma non benissimo.
Cambiando discorso, questa estate mi
è stato proposto di
fare un test del DNA, di quelli che rintracciano gli antenati, ti fanno
trovare
parentele lontane ed eventuali problematiche di salute legate alla
genetica.
Visto che costava una sciocchezza, ho deciso di farlo.
Sapevo che la mia bisnonna proveniva
dall’Inghilterra, ma
mio padre aveva la pelle tanto scura da sembrare mulatto (nonostante io
gli
somigli moltissimo ma abbia la pelle bianco cadavere e sono allergica
al sole).
Ebbene, dopo aver fatto un tampone e inviato i campioni di saliva, ecco
arrivati i risultati.
Deludenti? Non lo so. Mi aspettavo
molto di più di questo.
Sono al 90% italiana, per la
precisione i miei antenati
erano proprio della penisola italiana, romani e latini, da oltre 40mila
anni.
Una percentuale così elevata mi rende praticamente uno dei
pochi individui
rimasti ad avere una genetica tanto poco variegata. È come
se i miei antenati
fiutassero altri italiani puri e si accoppiassero solo con chi era
munito di
pedigree. Anche quando sono emigrati nel Regno Unito, hanno selezionato
altri
italiani puri perché in questa genealogia, noi, non ci
mescoliamo.
Alla faccia dei purosangue.
I fascisti potrebbero prendermi come
mascotte, Mussolini
probabilmente aveva il sangue meno italiano del mio. Razza ariana
spostati, io
facevo parte dell’Impero Romano. Sarà per questo
che sono un tappo? Ma perché
cazzo non potevano essere alti, i romani?
Poi c’è quel
10%... che tu dirai, ma almeno il 10% sarà
misto. No. È beduino.
Ci rendiamo conto? Nove decimi
romana, un decimo BEDUINA.
Precisamente del tratto genetico della popolazione nomade araba
proveniente dal
Deserto Arabico, in Medio Oriente.
Come è potuto succedere?
Qualcuno, circa 300 anni fa, ha
deciso di lasciare il deserto e i cammelli e venire in Italia, dove
l’unico
antenato col fiuto guasto che avevo, ha deciso di generare prole con
lui/lei ed
eccoci qui.
Quando ero curiosa
sull’argomento, guardai diversi video
online di persone che avevano fatto questo test e avevano ricevuto i
risultati
più strabilianti, trovato parenti lontanissimi, scoperto
cose emozionanti sul
proprio passato…
Poi arrivo io, reduce di quasi 50
mila anni di cacasotto che
non si spostavano dalla penisola manco per le palle. Quando
l’ho realizzato, ho
capito che probabilmente sono l’unica tra i miei antenati
diretti ad aver
girato il mondo e parlato più di tre lingue.
E non ho nemmeno parenti registrati
nella banca dati, eh.
Nessuno prossimo, nessuno lontano. Una linea direttissima e finissima
di monotonia.
È normale che io sia una pigna nello sfintere anale:
è genetico.
Ma le informazioni che mi hanno
turbato di più in assoluto,
sono quelle dei tratti genetici. Risulta che avevo meno del 20% di
probabilità di
sviluppare una intelligenza logica elevata. In pratica è una
casualità, se io
ho buone competenze analitiche. Forse è per questo che quasi
tutti i miei
parenti sono rincoglioniti: non è colpa loro, sono
geneticamente stupidi. È
triste, anche perché se dovessi riprodurmi a mia volta,
probabilmente genererei
un rincoglionito. Madonna mia, per carità.
Per fortuna questa linea di sangue
avrà fine con me, dato
che non voglio figli.
Sono una romana in un mondo di
vichinghi, però domenica
scorsa sono tornata in Italia, per partecipare ad un concerto e ad una
fiera
del fumetto a Como. Hanno cantato la D’Avena e i Gem Boy e mi
sono divertita un
sacco. Ho fatto il pieno di fumetti, il mio compagno ha svaligiato il
tipo con
le action figures ed è una settimana che sento cantare
“I Puffi sanno che il
tesoro c’è… è il fiore
accanto a te!” dal mio compagno che ha TRENTA anni. 30.
Dice che gli è entrata in testa.
:,)
Quando siamo andati via, alla fine
del concerto, abbiamo
trovato un traffico Caino. Ero ferma in colonna, per fortuna col piede
sul
freno, quando BAM! Mi hanno tamponato. Per fortuna ero stretta col
freno,
altrimenti sarebbe stato un tamponamento a catena. Scendo e la mia bull
bar non
ha riportato alcun danno (eh, vorrei vedere, è fatta
apposta).
Una sessantenne, al volante
dell’auto targata svizzera che
mi è venuta addosso, mi ha guardato con la faccia da triglia
e ha alzato le
mani come a dire “cose che capitano!”.
Ammetto che mi sia andato un
po’ di sangue al cervello,
giusto qualche decilitro più veloce del solito.
Però, per sua fortuna, avevo
appena conosciuto Cristina D’Avena, avevo saltato e urlato
per due ore, avevo
mangiato piatti giapponesi dalle bancarelle della fiera e avevo speso
un fottio
per un sacco di cose che adoro, quindi ero non di buonumore, di
più. L’ho
guardata male e sono risalita in auto. Ed eccolo lì, il mio
compagno
avvelenato, pronto a dare battaglia. A scoppio un po’
ritardato, ma inferocito.
“Ma chi è sta
vecchia di merda che ci viene addosso e manco
scende a controllare?! Butta la patente, stronza!”
“Oh, calmati, non ci siamo
fatti niente. Lascia stare, dai.”
Gli ho detto un po’ presa in contropiede dalla sua reazione.
Ma niente da fare,
lui doveva dare battaglia alla sessantenne, che nel frattempo era
tornata a
farsi i cazzi propri col telefonino.
Apriti cielo… Scontro tra
titani elvetici. Qualcosa di molto
poco virile.
La tipa non scendeva
dall’auto, lui non si avvicinava alla
sua auto… e si insultavano a distanza. Forse qualcuno ha
ripreso col telefono. Lo
so, che un giorno mi troverò ripresa in uno di quei video di
tiktok o sui reels
di instagram, con un milione di likes e una mandria di cretini che fa
meme
sulle mie espressioni facciali da disagiata.
Dopo aver convinto il vichingo
giovane a tornare in auto, ho
cambiato strada, almeno non l’avremmo ritrovata subito sulla
via per tornare in
Svizzera.
Intanto, la mia pila di libri e manga
sta aumentando. C’è
stato un periodo in cui ne avevo un disperato bisogno e sembrava che
tutti si
fossero presi una bella pausa dalla creatività. Adesso
qualcosa si è sbloccato,
mi piovono addosso titoli e consigli da ogni dove, e io ho meno di
dieci ore a
settimana libere per leggere e scrivere. Che nervoso… anche
perché negli ultimi
sei mesi mi è tornata l’esigenza di scrivere, che
era qualcosa che non
avvertivo da anni.
Sarà un chiaro moto
masochistico, perché possibile che abbia
voglia di passare ore davanti ad una tastiera proprio quando non ho
tempo manco
per mangiare a tavola?
Mentre stavo scrivendo questa frase,
qualche giorno fa, è
successo il finimondo e allo stesso tempo, una cosa che mi ha lasciata
sconvolta e mi ha dato una botta di autostima. Potevo fare
l’investigatrice per
davvero :D non è solo una mia teoria da romanziera
cervellotica, ho applicato
le teorie investigative e FUNZIONANO!
È arrivata la mia
assistente di corsa, dicendomi che un
nostro cliente ha lasciato una busta piena di contanti e se
n’è andato. Cosa?
Chi? Come?
“Contattalo e digli di
tornare a prenderla.”
“Non posso!” mi
fa agitata. “è uno dei clienti nuovi, non so
nemmeno se tornerà mai, era qui solo per delle
informazioni.”
Eccheccazzo…
“Quanto c’era nella busta?”
“2000€”
“Eh, figa, si
accorgerà che gli mancano 2mila dindi. Porta
pazienza che torna.”
Le ultime parole famose. Da quel
giorno ne sono passati
altri cinque e lui non si è più fatto vivo. La
mia assistente poi si è messa a
piangere, perché ha detto che in parte era colpa sua,
perché lui le aveva dato
la busta, lei ci aveva fatto sa il cazzo cosa, e poi avrebbe dovuto
ridargliela
ma l’aveva poggiata in un angolo, se n’era
dimenticata e il tipo se n’era
andato senza.
La questione stava cominciando a
causarmi un po’ di ansia.
Non so perché, ma non voglio custodire i beni di qualcuno
così. Non voglio
essere accusata di furto perché fondamentalmente due
rincoglioniti non hanno
fatto caso a una busta piena di contanti che girava a mo’ di
bandiera per
l’ufficio. Non mi è mai capitata una situazione
del genere in dieci anni di
carriera e non pensavo di poterla risolvere…
Sono andata immediatamente a vedere i
video della
sorveglianza per riconoscere il tipo, ma cosa si può dedurre
da una foto? Poi,
però, ho pensato alle telecamere esterne… e sono
andata a richiedere i video
che davano sulla strada in quel momento. L’ho visto risalire
su un macchinone
targato Italia ad oltre 40 metri dalla telecamera esterna, che anche in
4K non
è riuscita a riprendere tutte le 7 cifre della targa, ma
solo 5: le ultime due
erano sfocate a causa di un riflesso e avevo quindi una decina di
opzioni per
capire quale fosse davvero il numero completo…
A quel punto mi sono ricordata di un
sito di ricambi auto
che ti permette di risalire al modello del veicolo dalla targa e,
andando per
esclusione, ho trovato il modello in questione e identificato il numero
corretto.
Mentre mi prodigavo in queste
ricerche, ripensavo a come un
mio connazionale se ne sbatta altamente al punto da non ricordarsi di
aver
perso 2000€. L’ho fatto presente l’altro
giorno in pausa caffè e mi hanno detto
che deve essere uno di quelli che ne ha così tanti da non
sapere più manco
quanti sono. È possibile, ma comunque avevo qualche altro
asso nella manica.
Certo, se fosse stata una targa di un altro Paese, avrei avuto
più difficoltà,
ma era una targa italiana… le targhe italiane si possono
rintracciare.
Così ho richiesto una
visura online al servizio
automobilistico di sa il fischio e nel giro di cinque minuti mi hanno
inviato,
al modico prezzo di 7€, una visura di tutto rispetto con
indicati i dati del
proprietario (nome, genere, data di nascita e indirizzo), quando
è stata
acquistata l’auto, modello, informazioni, numero degli ex
proprietari… tutto.
Disturbante quanto sia facile sapere i cazzi di chiunque da una targa.
Però io non avevo
intenzioni maligne, volevo restituirgli i
suoi soldi.
“Sì, infatti, lo
abbiamo fatto per una buona causa, non
daremo i dati a nessuno.” Continuava a ripetere la mia
assistente. Che poi, non
è che me li abbia forniti un hacker, è stato lo
Stato Italiano… in culo alla
legge europea sulla protezione dei dati.
Ho fatto una ricerca incrociata sui
socials… problematico
dato che il tipo non aveva la maggior parte dei social... ad eccezione
di uno
utilizzato per lavoro. Ed è lì che sono riuscita
a rintracciarlo… e a scoprire
che è nel mondo dello sport. Divorziato, trasferito al nord
Italia da poco, so dove
vive (probabilmente in affitto), ha più di un veicolo, so
che lavoro fa, ho una
sua foto, ho le sue visure del PRA, un indirizzo email, i suoi
socials… manca
solo il recapito telefonico.
E in totale, contando tutto il tempo
che ci ho impiegato…
sono stata dietro a questo “caso” per meno di due
ore e 7€ di spesa.
Gli ho inviato un messaggio via mail
e una richiesta di
amicizia su quel social, a cui purtroppo non ho potuto allegare un
messaggio
scritto perché, per farlo, richiedeva una somma di circa
60€ al mese per
l’abbonamento premium. Adesso, va bene tutto, ma andare a
stipulare un
abbonamento per ridarti i soldi, mi sembra eccessivo. Quando mi
accetterai la
richiesta, ti scriverò un messaggio gratuitamente.
Nel frattempo passano i giorni, lui
non risponde. La mail
sarà finita nello spam?
Mi arriva la notifica che ha
visualizzato il mio profilo
social ma non ha accettato la richiesta… nel weekend dovevo
tornare in Italia e
visto che passavo a pochi chilometri da lì, decido di
andargli sotto casa e
citofonargli. Il tizio era in casa, nonostante dalla cassetta della
posta abbia
notato che non ritira la corrispondenza da almeno una settimana. Questa
è una
cosa molto stupida da fare.
Se vuoi far sapere ad un ladro che
non sei in casa spesso e
che può passare a derubarti, la cosa più semplice
che puoi fare è non ritirare
la posta. Da questi dettagli, i professionisti del furto capiscono se
sei
presente o no. Lui, chiaramente, doveva passare poco tempo
lì. Nonostante ciò,
credo di aver visto uno scorcio del suo veicolo sotto alla tettoia
delle auto
parcheggiate nel condominio… ma non ha risposto. Non
è uscito, ho citofonato e
dopo cinque minuti e tre tentativi, me ne sono andata.
Adesso… tutto bene?
Ragazzo, so che sei vivo, visto che mi
visualizzi ogni giorno il profilo social. So che sei in casa,
perché ho visto
la tua auto. Possibile mai che questo uomo ombra non voglia farsi
trovare da
anima viva? A momenti sono risalita ai tuoi valori del sangue e tutto
per
restituirti i TUOI soldi, e manco rispondi alle mail? Al citofono? Non
accetti
la richiesta di contatto su un social?
Io davvero… boh.
Poi, un conto è se lui
fosse una ragazza e io un
tizio attempato su un social tipo instagram o
facebook, ma non è questo il caso… TU sei un uomo
di una certa età e IO sono la
ragazzina, in confronto, ed è un social di lavoro, non di
divertimento. Non ha
nemmeno una foto di profilo, al contrario di me, che ho messo la foto
proprio
per fargli capire chi fossi (nel caso non lo avesse compreso leggendo
il
curriculum). Vuoi rispondere?
Allora
anche la
mia collega ha provato a contattarlo tramite lo stesso social
e… stessa solfa
con lei. Le visualizza il profilo, lo sappiamo perché ci
arrivano le notifiche,
ma non accetta la richiesta.
Adesso
sono dieci
giorni che ho in mano i soldi di questo tipo, non si è
più presentato, non mi
risponde alle richieste, non risponde alla mail, non risponde al
citofono.
Ho
stabilito che
attenderò un mese dalla data del misfatto,
dopodiché… boh, farò 50-50 con
l’assistente?
“Credi
che
dovremmo andare sul suo posto di lavoro?” mi chiede lei.
“Non
possiamo
farlo per ragioni di privacy. Non essendo lui il titolare
dell’azienda, per chiedergli
colloquio dovremmo dire chi siamo e perché siamo
lì e non possiamo dire a
nessuno quello che è successo specificando chi sia,
altrimenti violeremmo i
suoi diritti.” Le rispondo accendendo una sigaretta.
“Ma
perché non ci
risponde? Non è strano che due donne con cui hai parlato due
settimane fa ti
stiano cercando di contattare con questa insistenza?”
“Perché
lo chiedi
a me? Io ancora mi sto chiedendo quanto di preciso devi essere ricco
per non
esserti accorto di aver perso 2000€”
“Hai
letto poi il
suo curriculum? Dice affidabile, molto attento ai dettagli,
socievole,
solare…”
“Ne
avesse azzeccata
una…”
“La
mia coscienza
mi dice che dovremmo attendere ancora.”
“Infatti
stiamo
attendendo. È ancora in tempo per riaverli. Se ci accettasse
la richiesta di
contatto e leggesse cosa gli ho scritto più e più
volte…”
E
invece no, perché
il signore, chiaramente disturbato dai miei tentativi di contatto, mi
ha bloccata.
Ammetto di esserci rimasta male ancora di più. A questo
punto, non credo che si
farà vivo entro i tempi che ho stabilito prima di ritenermi
a tutti gli effetti
titolare dei beni abbandonati.
Per
curiosità,
dato che riesco ad immedesimarmi abbastanza bene in un uomo, ma non
sono
davvero un uomo, ho chiesto a qualche esponente col cromosoma Y come
mai un
uomo si comporta in questa maniera.
Io
avevo pensato
che potesse essere perché davvero non si è
minimamente reso conto di aver perso
la busta e che crede lo stia contattando perché insisto ad
averlo come mio
cliente.
Il
mio compagno
ha detto che è perché è un coglione.
Un
mio amico ha
detto che probabilmente pensa che sia una accaparratrice, una di quelle
che
dopo aver visto che guadagna bene, sta cercando di avvicinarselo per
provarci e
farmi lo sugar dad. Ecco, è questa l’opzione a cui
non avevo pensato e che mi
ha lasciato basita.
“Ma
io non ho
bisogno di un tizio che mi mantenga, Cristo Santo, io sono titolare
della mia
azienda, lui è un dipendente. Se vuoi vedere, è
ad un livello più basso del
mio!” ho berciato offesa alla sola idea che qualcuno possa
aver pensato questo
di me.
“Non
ragiona in
questo modo, evidentemente. Gli uomini non guardano alla gerarchia
aziendale, guardano
al portafoglio. Lui pensa di avere più soldi di te, quindi
se una sconosciuta
lo sta tampinando, è a quello che punta. Di sicuro non deve
avergli nemmeno sfiorato
la mente, l’idea che tu lo stia cercando per restituirgli dei
soldi.”
A
questo punto,
cosa devo fare?
Dopo
questa
ipotesi, la coscienza mia e della mia collega si sono spente abbastanza
repentinamente.
Tizio,
se ti
presenterai nel mio ufficio entro 17 giorni, saresti ancora in tempo
per riavere
i tuoi soldi. Se invece resterai convinto che una figura professionale
quale la
mia sia davvero interessata alle tue tasche… beh, grazie. I
dindi mi
consoleranno dall’onta subita.
E
alla fine,
avrebbe avuto ragione il mio compagno: sei solo un coglione.