Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Doctor Nowhere    03/11/2023    1 recensioni
Uro è un minotauro che si è votato a Nemesi, dea della vendetta, per portare giustizia dovunque lo porti la sua strada.
Un giorno, in una taverna, incontra Amalia, una vecchia barda, che gli propone di accompagnarla in un'importante missione, per salvare una povera donna incapace di trovare conforto e riposo persino nella morte...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La Sala del Trono era illuminata da un lucernario ottagonale. Enormi colonne reggevano il soffitto, e una grande scalinata conduceva a quello che un tempo doveva essere lo scranno del re, ma che ormai era solo l’ennesimo cumulo di detriti. Ai piedi della scalinata, al centro esatto della stanza, c’era la statua di un giovane. L’unico odore che permeava le pareti era quello stantio della muffa.

E basta. Tutto il resto era distrutto. Ammassi di ferraglia che un tempo dovevano essere stati bracieri, pile di pietre che forse un tempo erano state sedie… ma niente che potesse neanche lontanamente tornare utile.

Uro camminò avanti e indietro, col respiro affannoso: “Ci sarà qualcosa per contrastare la pietrificazione, deve esserci!” drizzò le orecchie: “Gli archivi, dicevi che c’erano gli archivi, no?”

Amalia scosse il capo: “La furia della creatura non ha risparmiato granché, in quest’ala della reggia. E poi, se anche per miracolo gli archivi si fossero salvati, beh, potrebbero volerci mesi a esaminare tutto, e…” si tastò il fianco: “Mi sembra chiaro che non ne avrei il tempo.”

“Aspetta, aspetta un momento” il minotauro sbatté le palpebre e inclinò la testa: “Vuoi farmi credere che mi avresti fatto restare qui dei mesi? Era questo il tuo piano, cantastorie?”

La donna si grattò una guancia, lo sguardo perso nel vuoto: “In realtà il mio piano era che tu mi aiutassi a gestire il problema della Regina-mostro e di Klitandra. Fatto questo, tu saresti andato per la tua strada, e io sarei rimasta qui” sospirò: “A quanto pare la mia permanenza in questa ziqqurat sarà più lunga di quanto mi sarei aspettata…”

In lontananza, riprese il triste canto di Klitandra:

 

“Scritta col sangue è la mia triste storia

Crimine senza giustizia, rivalsa senza vittoria

E perfino il ricordo del tuo dolce sorriso

Diventa ogni giorno più sbiadito e impreciso”

 

Uro si accasciò a terra. Il suo corpo era scosso da un tremito. Le sue forze lo avevano abbandonato.

Amalia gli si avvicinò: “Ehi, non preoccuparti.” gli poggiò una mano sulla spalla: “Hai ancora qualche speranza di uscire di qui. La tua spada di fuoco la intimoriva, no?”

Il Cavaliere di Nemesi si morse il labbro: “Non è questo il punto” picchiò lo zoccolo sul pavimento “Io ho giurato di difendere gli innocenti e… e non ci sono riuscito!” il cuore gli batteva forte nel petto: “Tu… tu sei irritante, mi prendi sempre in giro, però io avrei dovuto proteggerti, e ho fallito! Cosa penserà di me Nemesi?”

Amalia aprì le labbra a una risata amara: “E cosa penserà di me Veritas, dopo che mi sono lasciata sopraffare come una principiante?”

Fu scossa da uno spasmo di dolore, e la mano sulla spalla del minotauro si strinse. Le unghie di lei gli si conficcarono nella pelle.

A fatica, la cantastorie ricompose la sua espressione pacata: “Ti… ti dispiace se mi siedo vicino a te? Non mi piace l’idea di, sai, di essere sola, in questo momento.” deglutì.

Uro annuì. La donna si appoggiò con le braccia al terreno e incrociò le gambe.

La voce di Klitandra risuonava ancora, ma si era fatta troppo flebile per distinguere le parole. Il minotauro strinse i pugni. Il volto di Amalia era solcato dalle lacrime. Era così simile a Madre Tecla. Non poteva sopportare tutta quella sofferenza senza far nulla. Doveva trovare un modo per confortarla, almeno un poco. Ma come?

Sospirò. Forse l’unica cosa che poteva fare era provare a distrarla. Era pur sempre una cantastorie, no? Si passò la lingua sulle labbra: “C’è… c’è qualche storia che conosci, su questa sala? Qualcosa di interessante?”

Amalia giocherellò con una ciocca di capelli: “Beh, è abbastanza simile a come me l’ero immaginata. In cima alla scalinata c’era il trono… il fascio di luce dal soffitto potrebbe essere componente di qualche rituale magico, oppure parte di un calendario… oltre che, ovviamente, una buona fonte di illuminazione.” si accarezzò il mento “L’unica cosa che non mi torna è quella” e indicò la statua al centro della stanza.

Uro inarcò il sopracciglio. Cosa aveva di così particolare? “Beh, è conservata meglio delle altre che abbiamo visto, ha ancora dei vestiti addosso, ma… voglio dire, siamo comunque al chiuso, no? Non è stata rovinata dalla pioggia o dal vento. Non mi sembra così strano. ”

“Sicuro?” sul volto di Amalia ricomparve il suo solito sorrisetto compiaciuto “Vieni” fece per alzarsi, ma ricadde sul terreno. Ormai la pietra doveva aver ricoperto gran parte del petto, forse aveva già raggiunto le gambe.

Uro la prese tra le braccia e la portò accanto a quel povero disgraziato, ennesima vittima della Regina-mostro. Era un uomo adulto, ma non poteva avere più di vent’anni. Il naso era pronunciato, i lunghi capelli raccolti in una coda di cavallo. Vestiva una casacca da viaggio, e delle scarpe di cuoio.

Amalia sfiorò i suoi vestiti: “Guarda bene. Non si è solo conservato, è stato proprio ricucito, più volte. Nel corso degli anni” il suo braccio si bloccò a mezz’aria. Il palmo della mano si ingrigì.

Uro strinse gli occhi “Aspetta…” la statua aveva qualcosa, intorno al collo. Un filo di cuoio, che scompariva tra le vesti. Il minotauro lo sollevò. Al filo era attaccata una medaglietta di rame, su cui era inciso NAHOR.

Il Cavaliere sgranò gli occhi: “Ma non era il nome…”

“Del figlio di Klitandra, sì” mormorò Amalia: “Non trovi strano che un mostro stracolmo di vendetta, che distrugge ciò che rimane di tutti coloro che pietrifica faccia un’eccezione, una sola, proprio per il figlio della donna che più di tutte voleva distruggere?”

Uro si grattò la testa “Forse… forse gioisce della sua malvagità e… e l’ha conservata per questo?”

Amalia alzò le spalle: “Può essere, ma secondo me non spiega come mai si sia presa il disturbo di ricucire le sue vesti con tanta amorevole cura. E poi, perché limitarsi a un solo trofeo? Chissà quante persone avrà trasformato in pietra nell’ultimo secolo. Perché esporne solo una?”

Uro inarcò un sopracciglio. La cantastorie non aveva torto. C’era davvero qualcosa che non tornava. Poteva… poteva forse essere una tortura per Klitandra? Essere costretta a guardare e riguardare suo figlio ridotto in quello stato… poteva essere stata lei a ricucire la casacca? Ma se era così, perché allora la povera donna non era lì, in quella stanza? Che senso aveva tenere quel che restava di Nahor da una parte e Klitandra dall’altra? No, non tornava.

“E sai cos’altro stavo pensando?” disse la donna, sempre più pesante tra le braccia di Uro: “Non è strano che la voce di Klitandra si sia interrotta proprio pochi secondi prima dell’attacco, e che sia ripresa non appena è terminato?”

Uro alzò gli occhi al soffitto: “Beh… potrebbe essere che la Regina, quando ci ha sentito arrivare, abbia costretto al silenzio la sua prigioniera e l’abbia fatta ricominciare a cantare quando…”

Amalia schioccò la lingua: “Possibile. Però… forse sarò io, ma quando ci siamo rinchiusi in questa stanza, nella voce di quel mostro ho sentito qualcosa di più della rabbia di una bestia che è rimasta a bocca asciutta. Potrei sbagliarmi, eh, ma mi è sembrato di sentire, per un istante… disperazione. Come se qualcuno fosse sconfinato in uno spazio che per lei è sacro, in cui è custodito qualcosa di incredibilmente importante per lei.”

Uro sbatté le palpebre. E questo cosa c’entrava? A meno che… sgranò gli occhi: “No! Non vorrai dire…”

Amalia ridacchiò, una risata lenta e amara: “Mi aspettavo che la leggenda non corrispondesse in tutto e per tutto alla verità. La donna che si è trasformata in quell’orribile creatura non era la regina. È Klitandra. La prigione da cui neanche la morte può darle sollievo… non è altro che l’eternità in quel corpo mostruoso e immortale.”

Il minotauro strinse i pugni. Era possibile? La vittima che aveva voluto salvare era in realtà il carnefice che voleva distruggere? “Ma come…? Voglio dire, come ha fatto a…?”

Amalia scosse la testa: “Ho qualche idea, ma nessuna certezza. L’unica che può saperlo davvero è lei”

Uro digrignò i denti e soffiò: “Se così fosse, non cambierebbe niente comunque. Per ottenere potere si è comunque votata a un Proibito. Chissà quante persone ha ucciso, in questo secolo di vita mostruosa!”

La barda gli rivolse un debole sorriso. Ormai anche il suo collo era diventato di pietra, e la maledizione avanzava a vista d’occhio sulla sua pelle: “Mi chiedo solo quanto abbia sofferto”

Uro colpì il terreno con uno zoccolo: “La sofferenza non conta nulla!” la sua voce era forte, quasi un ruggito: “Non ho sofferto anche io, nel Tempio di Hestia? Eppure mi sono rivolto alla dea della Vendetta, non a un Proibito. Sono diventato un Cavaliere, non un essere empio!” il collo gli pulsava forte: “Ho usato la mia rabbia per punire il male, non per commetterlo!”

“Certo, è così” disse la donna in un sussurro. Ormai la pietra aveva ricoperto i capelli, gli occhi e le orecchie, solo mezzo viso rimaneva di carne: “Ma… se al posto di un Cavaliere di Nemesi quel giorno fosse venuto il cultista di un Proibito? Cosa… avresti… ?” le labbra si ingrigirono e si paralizzarono.

“Cantastorie!” Uro strinse forte la donna: “Amalia!”.

Silenzio.

Il minotauro depose la statua che era stata Amalia ai piedi di quella che era stata Nahor. Chinò la testa. Le braccia gli caddero, pesantissime.

Quell’ultima cosa che aveva detto. Se quel giorno a reclutarlo al Tempio di Hestia fosse stato un seguace di un culto blasfemo… non sarebbe cambiato niente, no? Lui avrebbe rifiutato. Avrebbe saputo che era sbagliato accettare, lo avrebbe saputo. Madre Tecla glielo aveva spiegato…

Madre Tecla che quel giorno lo aveva guardato con occhi pieni di orrore, convinta, davvero convinta che fosse un mostro.

Se nessuno avesse denunciato le bugie di Kallistos, se nessuno si fosse fatto avanti a difendere la sua innocenza… cosa gli sarebbe rimasto?

Uro si trascinò fino a una colonna, ci si appoggiò e si lasciò scivolare per terra. Se nessuno gli avesse spiegato che il suo dolore poteva diventare qualcosa di buono… se nessuno gli avesse dato la possibilità di essere niente di meglio di un mostro…

A pochi passi, lo sguardo di Amalia, paralizzato nel tempo, racchiudeva la stessa curiosità di sempre. Poteva quasi sentire la sua risatina oltraggiosa mentre gli chiedeva, nel suo statuario silenzio: “E adesso? Che cosa farai?”

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Doctor Nowhere