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Autore: GReina    05/11/2023    1 recensioni
[sakuatsu: vampire!Sakusa - human!Atsumu]
L'eternità era noiosa e Sakusa Kiyoomi ne era consapevole, ma bastò scambiare un singolo sguardo con un umano combattivo per ribaltare il suo mondo.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Motoya Komori, Osamu Miya, Rintarō Suna
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Miya 

Quella notte Kiyoomi aveva deciso di prenderlo appoggiato al muro. Atsumu stava camminando tranquillo nel corridoio del secondo piano quando il vampiro gli si era avvicinato. Gli aveva accarezzato il collo e il ragazzo aveva capito. Atsumu aveva esposto la giugulare, poi con un paio di passi Sakusa lo aveva spinto verso la parete, ed era lì, adesso, che si stava dissetando con il suo sangue. 

Dopo un anno e mezzo, Miya non poteva ancora dire di essersi abituato. I denti che gli scavavano la carne maltrattata facevano male adesso come avevano fatto la prima volta. C'erano volte, come quella, in cui il vampiro si faceva più irruento. In tali occasioni mordeva ripetutamente lo stesso punto, allargando i fori sul suo collo per permettere al sangue di sgorgare più in fretta. Sebbene più rapido, Atsumu odiava quel metodo, quindi – in quei frangenti – tentava di capire cosa scatenasse quella frenesia in Kiyoomi così da poterla evitare. Inizialmente aveva pensato fosse dovuta a una maggiore sete, ma quegli attacchi più vivaci di raro coincidevano con un periodo di magra nel quale il vampiro aveva dovuto trattenersi dal bere per una ragione o per un'altra. 

Privo di idee, a Miya non rimaneva che chiudere gli occhi, afferrare con forza le vesti del corvino e provare a resistere. Sapeva che dimenarsi avrebbe solo aumentato il suo fastidio, quindi tentava di non farlo. Sakusa – come spesso avveniva – gli mise una mano sulla nuca e con quella iniziò ad accarezzarlo placido, forse tentando di calmare il suo battito accelerato. Atsumu cercò di non pensare al suo sangue che lo abbandonava, ma – con la testa sempre più vuota – non riuscì a trovare altro che lo distraesse se non il corpo del vampiro. Kiyoomi lo teneva ferreo con un braccio intorno alla sua vita, ma esso era superfluo, perché la sua massa – pesante e forte – lo inchiodava per intero tra se stesso ed il muro freddo. Le loro gambe erano intrecciate, i riccioli scuri di Sakusa gli solleticavano la guancia; Atsumu sentì gli artigli dell'altro sfiorargli l'attaccatura dei capelli e quel tocco leggero lo fece rabbrividire. Poi, le dita dell'altro si immersero nella sua chioma dorata e da lì iniziarono a massaggiargli la cute. Il ragazzo si concentrò su quelle carezze, felice di avere su di sé quella pressione delicata. Inspirò profondamente ed il suo cuore – che fosse per la ritrovata calma o per la mancanza sempre più importante di sangue – iniziò a battere più lentamente. A un certo punto, forse calmatosi anche lui, Kiyoomi ritirò i denti e continuo a succhiare con le sole labbra. Quando sospirò soddisfatto, rinfrescandogli la pelle con il suo respiro, Miya seppe che aveva finito. Gli pulì parte della ferita con una lappata, poi afferrò il suo fazzoletto da taschino, si asciugò le labbra e poi si occupò di lui.  

Il ragazzo sapeva cosa sarebbe venuto dopo, e se mesi prima vi si opponeva, adesso – quasi – non aspettava altro. Kiyoomi gli prese la mano e lo guidò verso la superficie più comoda nei paraggi, che spesso coincideva con il suo letto, ma che stavolta toccò essere il divanetto della sala del pianoforte. Confuso come gli accadeva sempre di essere dopo un pasto di Sakusa un po' più abbondante, decise di abbandonarsi alle braccia del vampiro. Questi si stese insieme ad Atsumu e – comodo – gli permise di riprendersi mentre le sue mani lo viziavano. Il ragazzo era sempre stato una persona bisognosa d'affetto. Osamu l'aveva spesso preso in giro per quello, e sebbene Atsumu non avesse mai mancato di contraddire sul fratello, quello che l'altro aveva sempre affermato era vero. Il suo rapporto con Sakusa era complicato e tutt'altro che sano, tuttavia le premure che gli riservava il vampiro dopo ogni pasto erano quanto di più vicino Atsumu potesse avere all'affetto umano e – dopo tanti mesi in isolamento – gli dèi soltanto sapevano quanto ne sentisse il bisogno. Piano ma inesorabilmente, la sua mente fu persuasa ad associare il dolore del morso al piacere delle coccole. Miya aveva solo una vaga idea di quanto ingarbugliata dovesse essere la sua testa, ma conscio del fatto che non avrebbe mai lasciato quel castello né mai più stretto rapporti di alcun tipo con altri esseri viventi, decise di non combattere quelle sensazioni per godersi – là dove poteva – quell'affetto strano e malato che Kiyoomi era in grado di dargli. 

Potevano essere passati solo pochi minuti o molte ore da quando il corvino aveva iniziato ad accarezzarlo, quando Atsumu decise di rompere il comodo silenzio che era sceso tra di loro per porre una domanda. 

"Perché a volte sembri avere più sete?" Chiese, in parte con l'intento di evitare che lo mordesse di nuovo con tanta enfasi, ma perlopiù per sincera curiosità.  

"Cosa intendi?" 

"Oggi, ad esempio. Hai bevuto con più forza. Di solito sei più delicato." Erano ancora abbracciati sul divanetto; Kiyoomi non aveva smesso di toccargli i capelli, ma si limitò a quello e non rispose immediatamente. 

"Perché credi che io beva il tuo sangue?" Miya aggrottò la fronte senza capire quella domanda. Si scostò dal corvino per sedersi ritto e guardarlo negli occhi. 

"Per la sete." Disse con sicurezza.  

"Io sono un non-morto, Atsumu. Non posso avere sete."  

Il biondo rise, incapace di credere che l'altro fosse serio. "Fame, allora. O comunque tu voglia chiamarla. I vampiri devono bere per sopravvivere..." La sua voce, così come le sue certezze, andarono affievolendosi sul finire della frase. Atsumu aveva appreso tante cose nuove nel corso della sua convivenza con Sakusa, che si trattasse di storia, geografia, arte, scienza oppure occulto. L'ultima rivelazione era stata che i vampiri non dormivano nelle bare e quella prima ancora che l'America non era stata scoperta da Cristoforo Colombo ma da un tale italiano di nome Amerigo Vespucci. 

Adesso, il ragazzo si ritrovò a fissare Kiyoomi, curioso e impaurito di scoprire che per tutta la vita si era sbagliato su un'ennesima cosa. 

"Perché i vampiri bevono il sangue se non ne hanno bisogno per sopravvivere?" Sakusa esitò ancora e – tanto assurdo per essere vero che Miya credette di esserselo immaginato – per la prima volta da quando lo conosceva il vampiro sembrò arrossire. L'assenza di sangue nelle sue vene lo rendeva ovviamente impossibile, ma ad Atsumu non venne in mente nient'altro di adatto per descrivere l'ombra di imbarazzo che gli passò sul viso. 

"Bere il sangue umano è soddisfacente." Disse non appena trovò le parole. "Non c'è niente più del sangue che riesca a far eccitare la mia specie. Lo desideriamo tanto da prenderlo con la forza, e deve appartenere ad un essere umano, ma potremmo farne a meno." Spiegò. Atsumu stava ancora cercando di assimilare l'informazione quando le ultime parole di Kiyoomi lo aiutarono a capire cosa volesse dire: "Se l'aspetto della persona da cui beviamo ci aggrada fisicamente, il piacere è ancora più grande." 

La realizzazione arrivò a sopraffarlo molto lentamente, facendogli prima allargare gli occhi e poi colorare le guance. La voce – troppo imbarazzata – decise di non uscire.  

"Bevete il sangue perché vi eccita!?" Riuscì ad urlare infine. "Voi...!" Continuò balbettando. "Tu!!?" Boccheggiò. Ed il vampiro rise. A quel gesto Atsumu mise il broncio. Come poteva Kiyoomi dirgli una cosa del genere e aspettarsi che lui non reagisse in quel modo?  

"Sembri sconvolto." 

"Lo sono!" Strillò. "Per tutto questo tempo ho creduto-" La voce gli si mozzò; in quel momento troppe emozioni erano in lotta nella sua testa perché potesse riuscire ad esprimersi con senso logico.  

Cercò di calmarsi. 

"Per tutto questo tempo ho creduto che tu bevessi il mio sangue perché eri assetato. Invece mi usavi per il tuo piacere personale." Disse, perlopiù riflettendo ad alta voce; l'intruglio dei suoi pensieri che andava pian pian spiegandosi fino a convergere alla verità, che Atsumu tradusse usando il corrispettivo umano: 

"Quando bevi il mio sangue è come se facessi sesso con me, non è così?" Chiese schietto, stanco di girarci intorno come stava facendo l'altro e ben lungi dall'essere restio a parlare in modo diretto. 

Il vampiro sospirò, ma ad Atsumu sembrò quasi rasserenato, come se fosse contento che a rendere la cosa esplicita fosse stato Miya e non lui. 

"Una cosa simile, sì. A volte la libido è talmente forte da non riuscire a fermarmi se non dopo aver raggiunto il piacere più alto. Altre riesco a trattenermi, ma con te anche quelle mi aggradano." Sorrise, guardandolo attraverso le ciglia lunghe con un luccichio assetato. Eccitato. La sua, forse, voleva essere una lusinga, ma Atsumu non la prese in quel modo. Davvero Sakusa credeva che il sapere di appagarlo sessualmente rendesse il ragazzo felice? 

Miya non rispose, spaventato in parte e rabbuiato per il resto. 

"Sembra quasi che preferissi quando pensavi che il tuo sangue mi serviva per la sete." Disse Kiyoomi divertito. 

"È così, infatti." Fu la risposta di Atsumu, pronunciata con tono più duro di quanto non avesse voluto. 

"Perché?" Chiese Sakusa genuinamente confuso. "Il mio potrebbe essere visto come un complimento."  

A quel punto il ragazzo socchiuse gli occhi, giudicante e deluso che l'altro non capisse. 

"Dove starebbe il complimento?" Non attese risposta prima di continuare: "Fino ad oggi ho creduto che il tuo fosse un istinto primordiale spinto dalla voglia di sopravvivenza. Pensavo che bere sangue umano fosse l'unico modo che i vampiri hanno per non morire. Invece ora mi dici che potreste controllarvi, ma non lo fate semplicemente perché vi piace di più così! Mi stai tenendo in vita perché ti piaccio, ma quanti ne hai uccisi prima di me solo perché hai deciso di non trattenerti?" Sospirò, tutt'a un tratto triste e stanco. "Non so se avrei voluto sapere questa cosa. Se prima avevo la peggiore opinione possibile dei vampiri, adesso è persino un gradino più in basso. Siete stupratori. Niente di più." 

Kiyoomi non rispose, ma Atsumu non si sentì minacciato da quel silenzio. Sapeva che la sua lingua era andata lontano, ma sapeva anche che non gl'importava quali conseguenze le sue parole avrebbero potuto avere. Come Miya prima di lui, forse il vampiro stava ora soppesando le nuove rivelazioni di quella notte. 

"Capisco." Mormorò dopo diversi secondi. "Non avevo mai ascoltato il punto di vista umano." Gli disse. "In realtà non mi era mai importato di cosa gli umani pensassero di me, ma tu--" Si bloccò. Poi rise sotto i baffi. "Niente." Sussurrò. Poi si alzò dal divanetto, si sporse verso il biondo e gli baciò la fronte. "Grazie per il pasto, Atsumu." Infine si voltò e lasciò la stanza. 
 

Dopo quella discussione Kiyoomi si fece vedere poco e niente. Miya sospettava che non lo stesse più avvicinando per una sorta di senso di colpa o per cercare di rimediare a un torto che scopriva solo ora di avergli fatto. Quest'ultima ragione al ragazzo sembrava assurda, perché sebbene ai suoi occhi i vampiri fossero peggiorati, lui rimaneva comunque un prigioniero in quel castello. Che Sakusa lo stuprasse o no, a quel punto, poco importava davvero. Atsumu non era più padrone della sua vita da così tanto tempo che la sua nuova consapevolezza sulla natura dei non-morti non poteva influenzarlo che in conoscenza. Ora sapeva come stavano le cose, bene. Ma nell'atto pratico, cosa sarebbe cambiato per lui? 

Non sapeva cosa pensasse Kiyoomi di tutto quello, sapeva solo che erano dieci giorni che il corvino lo evitava e che lui stava iniziando ad annoiarsi un po' troppo. Cercò di parlargli più volte, ma l'altro gli sfuggiva sempre. Così lasciò passare i giorni. Si esercitò al piano, contento dei propri progressi; lesse qualche libro, indice – l'essere arrivato a quel punto – di quanto si stesse davvero annoiando; e soprattutto lasciò rimarginare le ferite sul suo collo. I servitori di Kiyoomi continuavano a fargli fare il bagno ogni giorno, strofinando con foga e dovizia ovunque Sakusa fosse solito morderlo, ma anche loro iniziarono a notare che il padrone non si cibava più di lui e presto – inquietanti – iniziarono a lanciargli strani sguardi. Atsumu cercò di non pensarci. In quasi due anni dal suo arrivo, quei vampiri non avevano mai dato segno di volerlo attaccare, troppo intimoriti da cosa Kiyoomi avrebbe potuto far loro se solo avessero provato a rubargli il bottino. Miya non conosceva neanche i loro nomi; a stento li aveva sentiti parlare, e certo non aveva fretta di cambiare le cose.  

Le giornate ripresero a susseguirsi monotone come lo erano state durante i suoi primi mesi nel castello. Come allora, l'unico segno che fosse notte e non giorno era Kiyoomi che usciva dalla porta principale e tornava dopo alcune ore. Invidiava la sua libertà, ma non si era mai azzardato di chiedergli qualche ora d'aria. Era tentato di farlo adesso non appena fosse tornato, quando suonarono alla porta.  

Per Atsumu fu una cosa talmente nuova e inaspettata che ci mise qualche secondo per capire di cosa si trattasse. Felice di avere una novità davanti, si precipitò all'ingresso dove il maggiordomo di Kiyoomi – se così poteva definirlo – stava già aprendo a chiunque fosse arrivato. Miya rimase in cima alle scale, guardando verso il basso carico di aspettativa. Quando l'imponente portone si fu aperto del tutto, il ragazzo poté vedere chi aveva suonato. Erano in quattro: due di loro erano imponenti, dai capelli scuri e le spalle larghe, mentre gli altri erano più bassi ed esili. Fece qualche passo verso di loro con curiosità; era chiaro che fossero vampiri. Apriva la fila una figura con i capelli rosati. Da quel che Atsumu poteva vedere da quella distanza sembrava possedere un'espressione gentile; i suoi occhi vagarono incuriositi per l'androne, ma non aveva mancato di fare un cenno cordiale al servitore che gli aveva aperto la porta prima di concentrarsi altrove. Dietro di lui, entrò un vampiro castano che iniziò a guardarsi intorno con più divertimento che interesse. Aveva delle strane sopracciglia ed un ghigno sulle labbra che prometteva guai. Anche lui, tuttavia, non diede a Miya l'impressione di essere pericoloso. Tutt'altra storia erano gli ultimi. Che fosse per la massa o per gli sguardi truci, spinsero Atsumu a bloccarsi sul posto. Non sentì cosa ospiti dissero al maggiordomo, probabilmente stavano cercando Kiyoomi e si stavano informando su dove fosse, il ragazzo non lo sapeva né pensava che si sarebbe avvicinato per scoprirlo. Lo sguardo che uno dei due vampiri corvini posò su di lui gli tolse ogni dubbio, così fece un passo indietro, si voltò e tornò nella sua stanza.  

 

••• 
Sakusa 

Kiyoomi capì che qualcosa non andava nel momento stesso in cui rimise piede nel castello. Stava quasi per albeggiare quando lo fece. Di solito non rischiava così tanto, ma da alcuni giorni a quella parte era confuso, e gli serviva spazio per pensare. Non appena sprangò il portone dietro di sé, assicurando gli interni della sua dimora alle tenebre, una strana elettricità statica gli fece alzare la guardia. Cercò di capire cosa avesse fatto reagire il suo istinto in quel modo quando una sottile scia profumata rispose alla sua domanda. Quelli della sua specie non emettevano odore, ma molti – lui compreso – erano vanitosi abbastanza da usare acque di colonia profumate. Sentì quattro fragranze diverse: il suo territorio era stato invaso.  

Il suo primo pensiero corse ad Atsumu, solo insieme a dei vampiri sconosciuti, ma gli bastò acuire l'udito per sentirne il battito tranquillo due piani più in alto. Gli ospiti inattesi, invece, si trovavano verso il salotto del pian terreno: si diresse verso di loro già di malumore. 

La prima cosa che sentì una volta entrato nella sala fu una risata divertita. Una risata, si accorse immediatamente, che conosceva anche fin troppo bene. Komori Motoya, quel maledetto bastardo. Gli era mancato, ma questo non voleva dire che aveva voglia di vederlo. 

"Che vi avevo detto? Ero sicuro che avrebbe fatto i salti di gioia, vedendoci." Insultò alla sua maniera lo sguardo truce del padrone di casa.  

Kiyoomi sospirò, e mentre lo faceva gettò lo sguardo sui vampiri che accompagnavano suo cugino: c'era Tsukasa Iizuna, composto e dalle maniere impeccabili come sempre; Ryosei Kai, imbronciato più di lui; ed infine Inubushi Higashi, l'ultimo essere – vivente o no – che Sakusa avrebbe mai voluto rivedere. Assottigliò gli occhi di secondo in secondo sempre meno incline a fare gli onori di casa. 

"Che spiacevole sorpresa." Disse in un ringhio. Motoya mise il broncio, ma Sakusa non staccò gli occhi di dosso da Inubushi che ghignava. 

"Kiyoomi, dovevi immaginare che saremmo venuti." Iizuna, che aveva appena parlato, non aveva tutti i torti. Il corvino sapeva che prima o poi sarebbero venuti a cercarlo, ma sperava più nel poi, che nel prima. 

Sakusa si permise di distogliere lo sguardo dal suo ospite più sgradito per puntarlo su quello di Tsukasa. 

"La mia risposta rimane la stessa." Rispose senza che fosse necessario sentire cosa avessero da dirgli.  

"Sei il secondo vampiro più forte di tutto il Giappone." Espose l'altro ciò che sapeva già. "Il nido ha bisogno di te."  

Il corvino non aveva mai capito perché delle creature della notte come loro dovessero vivere in branchi. Se sopportare le stesse persone per un'intera vita era già di per sé abbastanza complicato, farlo per l'eternità risultava assolutamente impossibile.  

"Sto bene qui." Replicò. Poi il suo sguardo fu catturato da un movimento alla sua destra: Inubushi si era alzato, si guardò intorno e ridacchiò.  

"Ci credo." Disse senza smettere di curiosare. "Ti sei sistemato bene. Bravo il nostro Kiyo. E abbiamo notato che nascondi anche una Bella, nel castello." Il ringhio minaccioso che venne fuori dalla gola di Kiyoomi fu inevitabile e controproducente. Gli occhi di Higashi scintillarono di sfida, ma prima che Kiyoomi potesse accertarsene quella luce nei suoi occhi scomparse. Komori non si accorse di nulla, o se lo fece decise che non gli importava, invece si rivolse a suo cugino: 

"Kiyo, sono più di ottant'anni che te ne stai per i fatti tuoi. Non pensi che sia ora di tornare dalla tua famiglia?" Il corvino si voltò verso di lui.  

"Solo tu lo sei, Motoya. Sei il benvenuto, ma non chiedermi di seguirti." Il suo parente sospirò poggiando le mani sui fianchi e abbassando la testa in segno di sconfitta. 

"Sapevo che non sarei riuscito a convincerti. Ma dovevo provarci, non trovi? E poi mi mancavi. Dovevo almeno vederti." Kiyoomi gli concesse un sorriso. Se fosse stato solo, e non accompagnato da certi individui, probabilmente anche lui sarebbe stato felice di rivederlo. Stava per cacciarli tutti via, quando Komori parlò ancora: "Se proprio non verrai via con noi dobbiamo almeno aggiornarci sull'ultimo secolo! Devo raccontarti un sacco di cose." Sakusa sospirò per la seconda volta. Era giorno, ormai: anche se avesse voluto non avrebbe potuto metterli alla porta a quell'ora; non aveva nessuna voglia di sentire i loro inutili racconti, ma sapeva anche di volerli tenere d'occhio finché fossero rimasti sotto il suo tetto. Così acconsentì. Si accomodarono tutti sui divanetti ed iniziarono a parlare; Sakusa decise che avrebbe seguito la conversazione con un orecchio solo mentre l'altro si assicurava costantemente che Atsumu rimanesse lontano dagli intrusi. Istintivamente, il corvino prese a spostare lo sguardo verso l'alto quando i rumori emessi da Miya si facevano più consistenti. In quelle occasioni l'ansia che si mettesse in pericolo era talmente forte da non rendersi conto che non era l'unico, nella stanza, a reagire agli spostamenti del ragazzo. Inubushi Higashi era sempre stato furbo, calcolatore e attento. Come Kiyoomi, decise di ascoltare ciò che gli interessava davvero, e di certo non si trattava delle chiacchiere moleste di Komori. Ma i rumori di Atsumu non furono l'unica cosa che i suoi sensi attenti carpirono: le reazioni di Sakusa non passarono inosservate, e prima ancora che potesse accorgersene, la sua testa fu invasa da un unico, ingombrante pensiero: caccia.

   
 
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