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Autore: GReina    18/11/2023    1 recensioni
[sakuatsu: vampire!Sakusa - human!Atsumu]
L'eternità era noiosa e Sakusa Kiyoomi ne era consapevole, ma bastò scambiare un singolo sguardo con un umano combattivo per ribaltare il suo mondo.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Motoya Komori, Osamu Miya, Rintarō Suna
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Sakusa 

Dopo la partenza dei tre vampiri – e soprattutto la dipartita del quarto – la vita di Kiyoomi e Atsumu riprese più serena di prima. 

Il vampiro iniziò ad essere sempre più indulgente con l'umano; il brutto episodio avvenuto con Inubushi, e più in generale l'ansia che aveva attanagliato il suo stomaco durante tutta la permanenza dei suoi ospiti non invitati, gli aveva fatto capire quanto tenesse a Miya. Voleva che il biondo stesse bene e che fosse felice, e sapeva perfettamente che il ragazzo avrebbe potuto essere entrambe le cose semplicemente lasciando che tornasse a casa da suo fratello, tuttavia il vampiro non era ancora pronto a rinunciare a lui; non voleva dirgli addio, e se lo avesse liberato non era sicuro che Atsumu sarebbe stato felice di continuare a ricevere le sue visite. Invece, rimanendo in quel castello gli occhi del biondo brillavano non appena incrociavano quelli di Kiyoomi, le sue guance si coloravano di contentezza e il suo viso si apriva in un meraviglioso sorriso. Sakusa era consapevole di essere egoista, ma pur di tenere Atsumu con sé era pronto a fare i conti con la propria coscienza. A volte il ragazzo si adombrava, triste di essere tenuto in gabbia o arrabbiato di non possedere più il libero arbitrio, ma Kiyoomi, in qualche modo, riusciva sempre a farlo tornare di buonumore, dunque iniziò a ripetersi che Miya con lui era felice e che stava bene mettendo a tacere qualsiasi altro pensiero.  

Un giorno, rientrato da una delle sue passeggiate notturne, il vampiro gli regalò un orologio da polso. Spesso Atsumu si era lamentato di perdere la cognizione del tempo, così Sakusa aveva voluto rimediare. Con l’orologio il corvino gli diede anche un calendario, gli indicò ora e giorno esatti ed insieme passarono il resto della giornata a ricaricare e sistemare tutti i pendoli presenti nel castello. 

Iniziò persino a portare Atsumu fuori. Si fece convincere immediatamente quando il biondo glielo chiese; quasi ogni giorno aspettavano che le ultime luci del sole sparissero e poi uscivano dal portone per vagare nella steppa circostante. 

Aprirono e spolverarono la mansarda, e lo fecero loro due personalmente, uno urlando per gli insetti e l'altro ridendo a crepapelle; comprarono un telescopio e iniziarono a studiare le stelle; dipinsero; fecero sport. Kiyoomi – chissà come – si fece persino convincere ad indossare il suo amato mantello giallo. Ringhiò alle risate di Atsumu, ma non era davvero arrabbiato. Vederlo con le gote arrossate dalle risate e gli occhi umidi di lacrime divertite non avrebbe mai potuto metterlo di malumore. 

"Sta così male con tutto il resto!!" Urlò Miya non appena si fu ripreso quel tanto da poter riprendere a parlare. Sakusa aggrottò la fronte guardandosi alla bell'e meglio, impossibilitato com'era a specchiarsi. Indossava dei vestiti semplici: una camicia bianca dalle balze larghe, dei pantaloni neri più aderenti ed un gilet vinaccio che gli fasciava i fianchi.  

"Non capisci niente." Disse convinto. "Questo mantello sta bene su ogni cosa." Fece ridere Atsumu più forte.  

La loro vita non sarebbe potuta andare meglio. Miya gli permetteva persino di bere il suo sangue. Sakusa non mancava più di chiedergli se andasse bene, ma l'altro non si era mai sottratto. 

Tutto era perfetto e Kiyoomi avrebbe fatto in modo che lo rimanesse: avrebbe tenuto Atsumu sotto la sua personale teca di vetro, lontano dal mondo, lontano dal pericolo e da ogni strana influenza che potesse convincerlo a non interagire più con Kiyoomi. Se ci aveva messo una settimana a cacciare gli ultimi quattro attentatori di quell'idillio, si ripromise che semmai qualcuno avesse riprovato a disturbarli la vita di questi sarebbe finita in pochi attimi. 

Stranamente, l'occasione si ripresentò abbastanza presto. Erano passati solo quattro mesi da quando i membri del suo vecchio nido avevano lasciato il castello quando un nuovo piccolo manipolo di scocciatori invase la loro pace. Era giorno quando lo fecero e, a differenza dei quattro vampiri di Itachiyama, i nuovi visitatori non provarono neanche per un attimo ad usare la diplomazia. Chiunque fossero, erano umani e pur di mettere piede nel maniero stavano usando un ariete. Kiyoomi e tutti i suoi servitori si limitarono ad osservare la porta che cigolava sotto i duri colpi degli invasori da una certa distanza di sicurezza, e più in particolare dal punto in cui sapevano che – in caso di sfondamento – la luce del sole non sarebbe mai potuta arrivare. Sarebbe stato facile per loro rinforzare la porta, ma non lo ritenettero necessario; chiunque ci fosse dietro quell'attacco si stava scavando la fossa a suon di colpi d'ariete. Dopo circa due ore che gli uomini sconosciuti lavoravano, Sakusa si rese conto di esserne quasi divertito. Ormai, grazie ad Atsumu, lo svago non gli mancava, ma scoprì fargli davvero molto piacere avere l'occasione di entrare in azione. Decise che si sarebbe divertito, per nulla spaventato ma quanto piuttosto eccitato all'idea di scoprire che grosso numero di essere umani avrebbe invaso (o quantomeno provato ad invadere) il suo castello.  

Ciò accadde diversi minuti più tardi ancora. I primi della fila, stremati dallo sforzo fisico che aveva richiesto far cedere la porta, si misero da parte, appoggiandosi chi ai propri compagni chi alle pareti riparati dalla luce del sole, mentre tutti gli altri – più riposati – caricarono squarciando l'aria con inutili urla di battaglia e brandendo in mano ogni genere d'arma, da paletti di legno (inutili dal momento che non avrebbero mai potuto superare la sua pelle di marmo), ad asce, a lance, a fucili. 

Kiyoomi sorrise osservando la scena, non degnando gli uomini rimasti alla luce del sole neanche di uno sguardo per concentrarsi su quelli che stavano invadendo l’ingresso. Questi non avevano che il tempo di mettere piede all'ombra che i suoi servitori li ghermivano per farli a pezzi. Sakusa aveva loro vietato nel modo più assoluto di ferire Atsumu, ma non si sarebbe mai sognato di negare a qualsiasi vampiro il bottino della caccia. Chiunque afferrassero, spettava a loro. 

Prima di gettarsi lui stesso nella mischia si voltò verso Atsumu. L'aveva sentito raggiungerlo dalla sua stanza diverso tempo prima, ma non essendoci motivo per ordinargli alcunché aveva lasciato che osservasse la scena. Adesso, però, la sua incolumità andava salvaguardata: 

"Torna nella tua stanza, Atsu." Non attese risposta. Si voltò verso gli invasori e raggiunse i suoi servi per divertirsi insieme a loro. 

Come gli altri vampiri, decise di prendersela con calma. Se non si fossero trattenuti tutto il divertimento sarebbe finito all'istante. A volte facevano credere a qualche umano di averli colpiti, altre – verso coloro che tentavano di ritirarsi al sole – di essere arrivati alla salvezza, solo per stroncare tutte le loro speranze all’ultimo istante trapassando il loro corpo con gli artigli o squarciando le loro gole con i denti. Avevano provato a invadere casa sua, sfondando la porta e attaccando con l'intento di ucciderlo. Sakusa non si sentì minimamente in colpa quando sottrasse a ognuno di loro la vita. 

Lasciò che i membri più promettenti del gruppo si insinuassero nel castello. Qualcuno di loro – persino – arrivò a schiodare qualche tenda, ma per Kiyoomi ed i suoi attendenti non fu un problema evitare i fasci di luce che penetrarono all'interno. 

Qualche ora e la notte sarebbe calata. Kiyoomi avrebbe aspettato quel momento per iniziare a fare sul serio. Voleva leggere la più totale disperazione sui volti dei pochi umani rimasti, consapevoli, a quel punto, che insieme al sole tramontava ogni loro pur minimo barlume di speranza di uscirne vivi. 

Cosa avevano creduto di poter fare quando avevamo deciso di attaccare il castello? Erano stati persuasi da una ricompensa in oro o solo raggirati da belle parole sul dovere degli umani contro l'immoralità dei mostri come lui? A cosa o a chi dovevano le loro sciocche, inutili morti? Sebbene curioso, il corvino non avrebbe lasciato nessuno in vita che potesse rispondere ai suoi quesiti. Qualsiasi fosse stato il motivo che li aveva spinti a farlo, quegli umani avevano dubitato della sua forza, e per questo sarebbero tutti morti a memento per chiunque altro. 

Erano rimasti in pochi, ormai, quando sentì un urlo molto familiare. I suoi occhi si spalancarono e una morsa gli calò sul cuore al pensiero che gli fosse successo qualcosa. Gli aveva detto di tornare nella sua stanza! Perché non l'aveva fatto? 

Quando si voltò verso quel suono capì tutto: un uomo identico ad Atsumu era stato afferrato da uno dei servitori di Kiyoomi. Era suo fratello. Il biondo corse verso il suo parente mentre il vampiro – forse sorpreso – arrestò il suo attacco per limitarsi a trattenere l'altro Miya. Sakusa sapeva bene come uno della sua specie potesse reagire se qualcuno tentava di sottrar loro la preda, dunque scattò verso Atsumu e lo afferrò per il polso in modo che non si avvicinasse al suo pericoloso servitore.  

"Lasciami!" Urlò Atsumu senza neanche guardalo; prese a dibattersi, a lottare come un animale. "Lasciami andare! Samu! Samu!!" La voce del ragazzo diventò roca in fretta mentre suo fratello rispondeva con lo stesso tono disperato "Tsumu!!". 

Il biondo iniziò a respirare affannosamente, con gli occhi sbarrati annegati nella disperazione più totale. 

"Samu!" Disse ancora una volta, poi si voltò verso Kiyoomi. "Il nostro patto!" Disse, quasi respirando di sollievo alla vista di una soluzione. "C'è ancora il nostro patto. Devi proteggerlo. Tu devi proteggerlo! Sono qui per questo!" Sakusa lo sapeva. Non l'aveva dimenticato. Eppure, le parole di Atsumu ebbero solo il potere di farlo arrabbiare. Mostrò i denti e un ringhio rabbioso iniziò a scaturirgli dalla gola.  

Atsumu era lì per quello. In qualche modo il vampiro era riuscito a convincersi che il biondo vivesse in quel castello per stare insieme a lui. Con quella frase, quella richiesta, quell'ordine implicito perfino, il ragazzo aveva riportato il loro rapporto indietro di anni.  

Aveva ragione: Atsumu era lì in cambio della promessa di Kiyoomi di proteggere suo fratello, ma il corvino rimaneva furioso. 

"Il patto era che in cambio tu obbedissi ad ogni mio ordine." Disse in un rantolo, facendo paura quasi anche a se stesso. "Ti avevo detto di andare in camera tua, e invece sei qui." In un picco di irritazione, Sakusa strinse un po' troppo la presa sul polso di Atsumu, che di istinto portò la mano libera a stringere la sua tentando di alleggerire la sua morsa. 

"Mi dispiace!" Ansimò. E poi ancora: "Mi dispiace! Mi dispiace! Farò il bravo, lo giuro! Tutto quello che vuoi, come sempre! Ma ti prego, ti prego rispetta la tua parte dell'accordo." 

Kiyoomi ringhiò ancora. "La mia parola è legge, Atsumu."  

L'altro annuì velocemente. Il vampiro aspettò qualche altro secondo. Nessuno osò più muoversi nel castello. I pochi umani superstiti tremavano sul posto, Atsumu respirava affannosamente, e il servitore che stringeva il secondo Miya attendeva le sue istruzioni. 

"Ti lascerò andare." Disse Sakusa ad Atsumu. "Sta' fermo." Gli intimò. Il biondo deglutì sonoramente, ma quando Kiyoomi mollò la presa, le sue membra rimasero immobili. 

A quel punto il corvino si voltò verso l'attendente. 

"Atsumu ha ragione. Lui non puoi averlo." Fece cenno verso il primo umano che gli capitò sotto gli occhi. "Fa di quell'altro tutto ciò che vuoi." 

"No!" 

Quelle due lettere furono esclamate dai due gemelli contemporaneamente mentre il vampiro lasciava andare il fratello di Atsumu per avventarsi sulla sua nuova vittima. Di nuovo, il suo attendente si ritrovò a fermarsi. Strinse gli occhi in due fessure e guardò verso Atsumu ringhiando tra i denti. Fino a quel momento nessuno dei suoi servitori si era permesso di minacciare così apertamente una sua proprietà, ma le circostanze lo giustificavano e Kiyoomi non gli rimproverò niente. Sospirò, invece, e cercando di tenere a bada i nervi si voltò a sua volta verso Atsumu. 

"Cosa." 

"Ah--!" Sussultò questi, consapevole – probabilmente – di aver raggiunto il limite della pazienza del corvino. "M-mi dispiacere è che..." Deglutì facendo saettare lo sguardo da Sakusa a suo fratello all'altro uomo. 

"Sunarin... Per favore, non Sunarin."  

Kiyoomi rise freddamente. "Vuoi prendermi in giro?" Quasi urlò in un moto di rabbia. "Non detti tu le regole in questo castello. O ti ho mai dato l'idea che fosse il contrario?" 

"N-no! Certo che no! Lo so. Mi dispiace, ma ti prego." La voce di Atsumu tremava così come ogni fibra del suo corpo. Tuttavia, a suo merito, Sakusa notò che non si era mosso minimamente, come il suo ordine di poco prima impartiva. 

"Tuo fratello ha la mia piena protezione. Non c'è spazio per la trattativa, nel nostro patto." Guardò il suo servo, e stava giusto per dirgli che era libero di procedere quando Atsumu gli parlò sopra. 

"Mio fratello e Sunarin si amano!" Urlò parlando in fretta. "Conosco Osamu e so che se sono entrambi qui è solo per me. Deve essere stato mio fratello a organizzare l'attacco. Se Sunarin dovesse morire, Samu si addosserebbe la colpa."  

Kiyoomi ghignò divertito di quel debole tentativo di difesa. 

"Arriva al punto." 

"Hai promesso che Samu sarebbe stato bene, ricordi? Che sarebbe stato bene e al sicuro. Ma non starà bene se Sunarin non torna a casa insieme a lui." Il biondo finì di parlare e poi continuò a fissarlo con grossa aspettativa. Kiyoomi era stanco di scendere a patti con lui. Sarebbe bastato un cenno del capo verso il suo servitore e non avrebbe più dovuto pensarci. Che Atsumu fosse felice o no di quella situazione, non avrebbe avuto altra scelta che accettarla. Fare i conti con la coscienza era snervante, lo odiava e in effetti non doversi fare scrupoli di alcun tipo era la cosa che più aveva amato da vampiro. Stava proprio per condannare a morte quello sconosciuto che il biondo chiamava Sunarin quando Atsumu parlò ancora, e la sua voce venne fuori così malinconica che annientò ogni parvenza di malvagità del corvino. 

"È il mio migliore amico..." Sussurrò, spezzato.  

Sakusa fissò i suoi occhi castani a lungo. Era arrabbiato con lui, arrabbiato con tutti. Odiava sapere che Atsumu l'avrebbe lasciato senza pensarci due volte per quegli uomini, e soprattutto odiava sapere di essere alla mercé dei sentimenti di quel ragazzo che lo fissava con speranza. Sebbene avesse diversi secoli di esperienza alle spalle, quelle sensazioni erano totalmente nuove per lui e non sapeva cosa farne. Quello che sapeva era che non voleva che Atsumu soffrisse, non in quel modo. 

Kiyoomi resistette solo un attimo ancora, prima di cedere alle richieste di Miya.  

"Bene. Anche lui se ne andrà incolume."  

"Ma Sire!" 

Sakusa spalancò gli occhi, indignato e furioso. 

I membri della servitù presenti nel castello erano al suo servizio da più di un secolo. Centosessant'anni, arrotondando. Nell'arco di tutto quel tempo, mai, nemmeno una volta, uno di loro aveva osato proferire parola in sua presenza. Era stata una regola che aveva posto sin dall'inizio. Esigeva silenzio assoluto e quindi che i suoi lavoratori non parlassero in sua presenza. Nessuno aveva osato ribattere, né – aveva pensato – avrebbe mai avuto il coraggio di farlo.  

Sakusa guardò il vampiro che aveva parlato con occhi che brillavano di verde e un ringhio minaccioso che gli usciva dalla gola. L'altro si inchinò profondamente, desolato per quanto accaduto. Poi il padrone di casa si rivolse a tutti i suoi servi. 

"Questi due uomini hanno l'immunità." Disse. Poi si rivolse ad Atsumu: "Non osare chiedermi più niente, Atsumu. Tutti gli altri umani morranno adesso." Solo a quel punto i diretti interessati ripresero a farsi sentire. Probabilmente fino a quel momento avevano sperato che la strana indulgenza del mostro si sarebbe riversata anche su di loro, ma in quel momento capirono che così non sarebbe stato; dunque, iniziarono chi a tentare la fuga, chi a piangere disperato, chi a riprendere a combattere, mentre la maggior parte di loro strisciò verso Atsumu. Rantoli di "ti prego...", "convincilo" e "salvaci" si mescolarono l'uno sopra l'altro. Il biondo non si mosse, mentre quando fu il fratello di questi a provare a farlo, uno dei servitori di Kiyoomi intervenne per trattenerlo. Al corvino sarebbe bastato un ordine per mettere a tacere tutti quei lamenti, ma doveva impartire una lezione ad Atsumu e quella era la situazione perfetta per farlo, dunque aspettò. C'erano lacrime sugli occhi del biondo e tremore su ogni parte del suo corpo. Infine, sconfitto, distolse lo sguardo da chiunque, chiudendo gli occhi e voltando il capo verso il basso. Sakusa mormorò soddisfatto, poi alzò due dita e mise fine a tutta quella miseria. 
 

••• 
Miya 

I rantoli degli uomini impauriti e feriti intorno a lui cessarono in un attimo. Atsumu aveva appena distolto lo sguardo da loro quando sentì una leggera brezza e poi il più assoluto dei silenzi. Riaprì gli occhi con paura e davanti a lui non trovò altro che devastazione. Diverse paia di occhi dallo sguardo ormai spento lo stavano ancora fissavano; in gola un grido che non sarebbe mai più uscito. Poi Atsumu si voltò verso Osamu e Rintaro e sospirò di sollievo nel vederli entrambi sani e salvi.  

Erano senza parole anche loro. Sconvolti, tristi, arrabbiati, impauriti. Ma – come era stato per lui – tutto quello passò in secondo piano non appena incrociarono lo sguardo di Atsumu. Il biondo avrebbe voluto abbracciarli e non lasciarli più andare; correre da loro ed annegare le lacrime che stava a stento trattenendo sulle loro spalle. Ma non lo fece. Non poteva. 

"Non chiedermi più nulla" aveva imposto Kiyoomi. Il vampiro sarebbe potuto venire meno al loro patto dopo che lui aveva infranto l'ultimo ordine che gli aveva dato, invece non solo aveva protetto Osamu, ma esteso anche quella protezione a Suna. Che diritto aveva di chiedergli di più? "Sta' fermo" gli aveva ordinato, e in quel modo lui rimase. 

Il sole era ormai scomparso e i servitori di Sakusa si adoperarono subito per smaltire i cadaveri portandoli fuori. Uno di loro si avvicinò ai suoi due amici e iniziò a spingerli verso la porta abbattuta, e fu in quel momento che Osamu iniziò a protestare. 

"No! Lasciami! Tsumu!!" Lo chiamò. Il biondo scosse la testa con energia. 

"Non farlo arrabbiare." Pensò. "Non mettere alla prova la sua pazienza." Ma suo fratello, di solito così bravo a leggergli nel pensiero, non sembrò carpire il suo avvertimento silenzioso. 

"Non posso andarmene! No!" Continuò invece a sbraitare. "Non senza prima averti detto addio!!" A quelle parole, le lacrime vinsero su Atsumu e iniziarono a scendere copiose sulle sue guance, ma – di nuovo – non osò muoversi di un passo né fiatare, quindi suo fratello si voltò verso Sakusa. 

"Ti prego." Disse. "Solo un saluto." Atsumu trattenne il fiato; voltò il capo ed incrociò lo sguardo con Kiyoomi. I suoi occhi erano tornati del loro bel nero ossidiana; la mascella era ancora serrata per l'irritazione, ma le sue spalle apparivano rilassate. 

Si guardarono per degli attimi interminabili. Poi, semplicemente, il vampiro voltò a tutti le spalle e sparì al piano di sopra. Tutti lessero quel gesto nell'unico modo possibile; i servitori continuarono ad occuparsi dei corpi senza vita degli esseri umani, e quello di loro che stava trattenendo Osamu e Rintaro li raggiunse per aiutare. Subito i due scattarono verso di lui e prima ancora che potesse realizzarlo Atsumu era inginocchiato sul pavimento tra le loro braccia. Fu indescrivibile il calore che provò a quel gesto. Se prima era stato vittima di lacrime silenziose, adesso il suo corpo era scosso violentemente da grossi singhiozzi e quasi non riusciva a respirare tanto forte era il suo pianto. Non sapeva se gli altri fossero nella sua stessa situazione, il mondo intorno a lui era troppo appannato per riuscire a capire qualsiasi cosa; sapeva solo che la loro stretta era ferrea, tanto che arrivò a chiedersi persino se la forza dei vampiri sarebbe stata sufficiente a separarli. Lo era, ovviamente, ed Atsumu lo capì l'attimo immediatamente successivo. Era per questo che – con la morte nel cuore – avrebbe dovuto convincere suo fratello e il suo migliore amico a lasciarlo andare prima che i succhia-sangue perdessero la calma. 

"Non potete rimanere qui." Riuscì a dire, a fatica, molti secondi dopo. Sentì il capo di Osamu sulla sua spalla scuotersi con forza in segno di diniego. 

"No. No. Non posso. Tsumu, non posso andarmene senza di te."  

"Samu..." Riuscì a sussurrare il biondo, a un tratto più lucido di poco prima. "Non puoi rimanere qui." Decise di ripetere. "Kiyoomi non te lo permetterà e io non voglio che l'accordo che ho stretto con lui venga infranto." 

"Fanculo l'accordo!" Sbraitò l'altro, interrompendo l'abbraccio solo per poterlo guardare negli occhi. I suoi, come quelli di Atsumu, erano infranti dalla tristezza ed annegati in un mare di lacrime.  

"Non possiamo permettere che ti tenga prigioniero qui! Non possiamo--" 

"Non possiamo fare niente, Samu!" Urlò lui di rimando. "Non ti è bastato vedere cosa è successo agli altri!?" Il cuore di Atsumu si chiuse in una morsa anche solo nel nominarli. Aveva conosciuto alcuni di loro. Il paese in cui lui e suo fratello erano cresciuti era piccolo e gli era capitato più volte di interagire con quegli stessi uomini e donne che ora giacevano a pezzi fuori dalle mura del castello, gettati lì con noncuranza alla stregua di rifiuti che presto avrebbero iniziato a puzzare. 

"Non dovrai mai più tornare qui. Mai più!" Ma Osamu si rifiutava, e imperterrito continuò a scuotere la testa. Quindi Atsumu prese un profondo respiro ed afferrò le mani di suo fratello nelle sue.  

"Samu, mi sei mancato così tanto. Mi manca stare con te e Sunarin, mi mancano i tuoi insulti, mi manca picchiarti come risposta. Mi manca la nostra casa e mi manca la luce del sole. Mi mancano così tante cose..." Ammise. "Ma ne ho trovate anche altre qui al castello con Kiyoomi. So che è difficile da credere, ma ho trovato pace nella mia situazione. Lo capisci? Omi è buono con me. Dico davvero." 

"Omi!?" Chiese con sdegno Osamu. Poi gli mise una mano sotto il mento e gli scostò il volto per esporgli il collo. 

Atsumu sapeva bene come apparivano le ferite dei morsi su di lui: in parte rosse, in parte viola e in parte nere, rendevano tutta quella zona della sua pelle una tela astratta e dall'aspetto macabro. 

Atsumu afferrò la mano di Osamu con delicatezza e rimise la testa dritta. 

"Non è niente." Disse. E – dopo più di due anni ad abituarsi a quel piccolo fastidio perenne – era più che sincero nel dirlo. 

Le lacrime si erano finalmente attenuate ed entrambi sembravano essersi calmati. Il biondo tornò ad abbracciare suo fratello. Lo strinse forte e ne fece incetta. 

"Va tutto bene." Osamu tentò di liberarsi dalla sua stretta, ma Atsumu la rinforzò impedendogli di ritirarsi. "Sto bene, Samu, e voglio che lo stia anche tu. Devi riprendere a vivere, dico davvero. Di chiunque sia stata l'iniziativa di oggi non deve ripetersi. Non puoi vincere, l'hai capito, vero?" Suo fratello non rispose, ma afferrò la stoffa dei vestiti di Atsumu e strinse i pugni con disperazione mentre tornava a singhiozzare. 

Era un sì. 

Il biondo sospirò rasserenato, ma volendo essere sicuro che Osamu non si sarebbe mai più messo in pericolo aggiunse: 

"Se tornerai, Sakusa mi ucciderà. Ucciderà Suna e solo per ultimo ucciderà te. Vai avanti con la tua vita, Samu. Ti prometto che io andrò avanti con la mia." I singhiozzi dell'altro aumentarono, quindi Atsumu sciolse l'abbraccio e sollevò una mano per asciugargli le lacrime. "Posso farlo, sai?" Gli disse. "Andare avanti con la mia vita, intendo. Omi è gentile con me e insieme ci divertiamo. A volte non mi piace quando beve il mio sangue, ma è solo un piccolo prezzo da pagare per la nostra più totale protezione, non trovi?" Gli asciugò altre lacrime, infine si voltò verso Suna e sorrise abbracciando anche lui. 

"Non lasciare che faccia stupidaggini." Sussurrò solo al suo indirizzo. "Prenditi cura di lui." Percepì il movimento della sua testa che annuiva e per lui fu sufficiente. 

Si alzarono. Poi Atsumu incrociò lo sguardo con uno dei servitori che si avvicinò e riprese a spingere gli altri due verso la porta come pochi minuti prima stava facendo il suo collega. Atsumu non riuscì a distogliere lo sguardo dai suoi amici che se andavano e lo stesso fu per Osamu che continuava a guardarsi indietro piangendo, proseguendo solo grazie alla mano di Rintaro che lo guidava. Il biondo si sforzò di sorridere finché non sparirono alla vista. Infine, si mise una mano sulle labbra e soffocò un urlo sul proprio palmo. Pianse ancora un po', ma poi si ricompose; si voltò e iniziò a salire le scale.  

Doveva affrontare Kiyoomi. 

   
 
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