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Autore: Demy77    19/11/2023    2 recensioni
Per questa nuova long a tema Poldark ho deciso di farmi ispirare da un’altra delle mie grandi passioni televisive: la telenovela messicana Cuore Selvaggio, andata in onda in Italia nei primi anni ’90.
La trama in sintesi: Francis Poldark è tra i più ricchi giovani scapoli della Cornovaglia. L’ambizioso padre Charles pianifica il suo matrimonio con la contessina Elizabeth Chynoweth, la cui famiglia, pur di nobili origini, è caduta in disgrazia dopo la morte del capofamiglia Jonathan.
Con Elizabeth, bellissima ma capricciosa e volubile, vive Demelza, sua sorella adottiva, una trovatella che è stata cresciuta dai Chynoweth per volontà del defunto padre di Elizabeth; la ragazza è segretamente innamorata di Francis.
Il cugino di Francis, Ross, diseredato dalla famiglia molti anni prima, ritorna in Cornovaglia dopo aver combattuto nella guerra di indipendenza americana. Conduce una vita sregolata, dedicandosi ad affari poco leciti, trattando con disprezzo le classi sociali più abbienti.
Le strade dei quattro giovani si incroceranno, dando vita a passioni, intrighi, malintesi e ad una inaspettata e travolgente storia d’amore…
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Francis Poldark, Ross Poldark
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nampara si trovava in un luogo piuttosto isolato e per i primi giorni dopo il matrimonio il bisogno di tranquillità di Demelza fu soddisfatto. L’unica visita, come aveva previsto Ross, fu quella di Elizabeth, che moriva dalla voglia di trovare una falla nel rapporto fra sua sorella ed il marito e non vedeva l’ora di contribuire a mettere zizzania fra i due. Ebbe da ridire sulla casa (troppo tetra e sperduta), i servitori (sciatti e volgari), criticò il fatto che Ross fosse uscito lasciando Demelza sola in casa “a fare la contadinella”; rimproverò alla sorella di essersi rovinata la vita con le sue stesse mani, a causa della presunzione e della superbia. Ammise spudoratamente di essere ancora interessata a Ross e che quelle nozze non cambiavano nulla: se avesse davvero voluto, se lo sarebbe ripreso in ogni momento, bastava un suo cenno e Ross sarebbe corso da lei come un fedele cagnolino.
“Sarà anche venuto a letto con te, ma lo ha fatto per dovere, e ricorda che è stato mio prima di essere tuo. Questo non potrà mai cambiare, per quanto tu dica e faccia.” – concluse Elizabeth malevola.
Effettivamente Ross era spesso fuori casa in quei giorni, ma era comprensibile. Doveva riprendere in mano i suoi affari, ora che aveva anche una moglie da mantenere. Spesso si recava a Truro alla banca Pascoe per avere consigli su come investire il proprio denaro e si tratteneva talvolta al pub Red Lion, occhi ed orecchie ben aperti per captare notizie interessanti per i suoi obiettivi finanziari. Era sempre più intenzionato ad acquisire le quote di qualche miniera, sia perché attirato dalla tradizione di famiglia, sia allo scopo di recare un po’ di disturbo ai suoi altezzosi parenti facendo loro concorrenza.
In una di queste giornate gli capitò di imbattersi in Elizabeth, che si era recata a Truro a fare degli acquisti. Non lo rivelò a Demelza, ma la cognata tornò alla carica con la proposta di continuare ad essere amanti. Ross rifiutò, dicendo ad Elizabeth che non si poteva, entrambi erano sposati e quel che c’era stato fra di loro era ormai morto e sepolto. Nei giorni successivi, però, non poteva evitare di sentirsi turbato. Aveva amato molto Elizabeth e non era vero che ogni sentimento che provava per lei fosse scomparso. Semplicemente, la rabbia e l’orgoglio ferito avevano cancellato dal suo cuore l’amore che nutriva, però il desiderio di lei bruciava ancora, tanto più che era un uomo giovane e per il momento Demelza non pareva propensa ad avere una relazione fisica con lui.
Tormentato da questi pensieri cavalcò verso casa dove, intorno all’ora di cena, trovò Demelza ginocchioni per terra che strofinava con spazzola e liscivia il pavimento della sala.
“Che stai facendo? Alzati subito, non è il caso, c’è Prudie che viene pagata appositamente per farlo!” – le disse, prendendola per gli avambracci.
Demelza gli oppose resistenza e restò ferma sul pavimento. “Ross, la casa è grande, Prudie è di corporatura robusta, non è affatto agile. Un po’ per l’età, un po’ per pigrizia non riesce a svolgere tutte le faccende di cui la incarico. Se voglio che questo pavimento diventi davvero pulito, conviene che lo lustri da me. Che c’è di strano? È anche casa mia, no? Vedrai domani, alla luce del sole, come ti sembrerà lucido!”
Ross le sorrise. “Mi fa piacere che ti impegni a rendere più gradevole la nostra casa, ma non voglio che ti stanchi. Non mi sono sposato per procurarmi una sguattera gratis”. Demelza, continuando a strofinare, commentò che era abituata ad occuparsi delle faccende domestiche. Gli narrò per sommi capi come era stata la sua vita da quando il conte Jonathan, il padre di Elizabeth, l’aveva adottata, e com’era cambiata dopo la sua morte.
Dopo che Demelza fu andata a rinfrescarsi e cambiarsi d’abito per la cena la conversazione continuò. Ross era molto interessato a conoscere la storia di Demelza, e dopo aver ascoltato a sufficienza sentenziò che sua moglie era stata troppo arrendevole: aveva sopportato i capricci di Elizabeth e le ripicche di sua madre, ma neppure la gratitudine per l’accoglienza ricevuta dal conte giustificava la sopportazione di umiliazioni e soprusi. Demelza ribatté che non si era trattato di arrendevolezza, ma di quieto vivere. Lui era uomo, non poteva capire; senza l’aiuto della famiglia Chynoweth ella sarebbe morta di fame o di malattia e per sopravvivere avrebbe dovuto mendicare, o peggio, prostituirsi.  Non ricordava la sua vera madre, ricordava vagamente l’immagine di una donna malata in uno squallido lettuccio di periferia londinese, ricordava di essere vissuta in strada con un uomo adulto, forse un parente, che la picchiava se non riportava indietro abbastanza monete quando elemosinava. I Chynoweth, con tutti i loro difetti, una parvenza di famiglia gliel’avevano data, e a Cusgarne aveva dimenticato cosa volesse dire avere fame. Aveva ricevuto un’istruzione, e a quell’epoca per una donna non era affatto scontato. Ross comprese quello che Demelza intendeva dire: anche a lui era sempre mancato l’affetto di una famiglia, una madre, un padre, fratelli con cui crescere, anche lui aveva conosciuto i morsi della fame, la tristezza e la solitudine. In quanto uomo, e grazie al sostegno di Pascoe, aveva potuto riscattarsi, ma una ragazza vissuta in strada non avrebbe goduto di analoghe possibilità. Sentiva comunque un profondo disagio ed un senso di ingiustizia per il trattamento ricevuto da Demelza alla morte del conte Chynoweth, per colpa di quelle due arpie di Elizabeth e sua madre.
Prudie servì la cena, e Ross scoprì che Demelza, oltre a pulire il pavimento, aveva anche avuto il tempo di infornare un ottimo pasticcio di carne. Disse, scherzosamente, che aveva fatto proprio un ottimo affare a sposarla! Si raccontarono a vicenda cosa avevano fatto in giornata. Ross raccontò delle sue imprese a Truro, Demelza disse invece aveva scambiato qualche chiacchiera con il dottor Enys, l’unico vicino che talvolta le capitava di incontrare. Enys abitava in un cottage ad un miglio da Nampara, e ci passava sempre davanti a cavallo per recarsi a Sawle. Ross commentò che il medico era una persona molto gentile: lo aveva conosciuto un giorno con Francis alla Wheal Grace. Demelza annuì, il dottor Enys era il medico cui si ricorreva per i problemi alla miniera. Incautamente rivelò che per un periodo lo zio Charles aveva pensato di proporglielo come marito. Ross si mostrò sorpreso ed un po’ risentito. “E’ una brava persona, un onesto lavoratore ed è anche un giovane di bell’aspetto. Avresti potuto accettare. Perché non lo hai fatto? La solita solfa del grande amore per mio cugino, che ti impediva di apprezzare chiunque altro non fosse alla sua altezza?”
Questa volta fu Demelza a mostrarsi offesa. “Avevamo fatto un patto, Ross. Non avremmo rivangato il passato. Enys è certamente un brav’uomo ed una persona di gradevoli fattezze, ma non avevo alcun motivo per sposarmi con lui.”
“Già, dimenticavo che nel mio caso avevi invece l’ottima motivazione di salvare l’onore di Francis Poldark, detto anche Dio-sceso- in-terra! Nonostante io sia meno onesto, meno gentile e meno bello del dottor Enys”- ridacchiò Ross, ingollando in un sol colpo un bicchiere di gin.
“Comportandoti in questa maniera, certamente non ti mostri gentile ed amabile! E smetti di bere, stai esagerando, tra poco dovrò chiamare Jud per farti coricare” - gli intimò, furente, la moglie. Ross non le diede retta: prese con sé l’intera bottiglia di liquore e se la portò in camera, senza rivolgerle la parola.
Era ancora in grado di stare in piedi, ma i fumi dell’alcol avevano cominciato ad annebbiargli la mente. Riconosceva di aver trattato male Demelza senza ragione e non sapeva neppure spiegare perché: forse gli bruciava ricordare che la fanciulla lo aveva sposato solo per proteggere l’onore di un altro. Avrebbe dato tutto quello che possedeva per essere amato da una donna con la stessa devozione con cui Demelza amava Francis.  Non riusciva a capire che cosa avesse di tanto eccezionale il cugino. Elizabeth e Demelza, entrambe gli preferivano Francis: l’abbandono della prima rendeva più amara la distanza che lo separava dalla seconda. Lo feriva pensare che non valeva abbastanza per poter aspirare all’amore di una fanciulla come Elizabeth, e neppure a quello di Demelza, troppo impegnata a crogiolarsi nel ricordo di un amore impossibile.
Si gettò sul letto a pancia sotto, ma perdendo l’equilibrio urtò con le gambe, e fece cascare con un tonfo sordo, uno sgabello sul quale aveva appoggiato la giacca. Dopo poco Demelza bussò alla sua porta. La sentì rialzare lo sgabello da terra, avvicinarsi al letto e sfilargli gli stivali, spostandogli poi le gambe sopra il letto. Alla luce della candela e con gli occhi semichiusi per la sbornia percepì sua moglie come un angelo vestito di bianco, che emanava un gradevole profumo. Capì che gli si era seduta a fianco.
“C’era proprio bisogno di ridursi in questo stato, Ross? Ti avevo anche avvisato… perché ti sei ubriacato?” – gli domandò con pazienza.
 Ross rispose con un mugolio.
“E’ per Elizabeth? Ne vale davvero la pena, Ross? Perché non la smetti di struggerti per lei e cerchi di trarre benefici da ciò che hai ottenuto? Hai una casa, abbastanza denaro, un mucchio di progetti per il futuro… perché non guardi avanti, perché?”
Demelza stava parlando a se stessa, perché Ross non era più in condizione di ragionare. Lo lasciò russare e si ritirò in camera sua. Ci avrebbe pensato Jud a spogliarlo e ficcarlo sotto le coperte.
Si sfilò la vestaglia e si infilò a sua volta tra le lenzuola, sospirando. Ross era incapace di dimenticare Elizabeth. L’uomo che aveva sposato era talmente cieco che non riusciva a notare come in Demelza si stessero producendo dei piccoli cambiamenti. Stava scoprendo, giorno per giorno, che Ross era un uomo interessante, che era piacevole vivere con lui e che avevano tanti aspetti in comune. Se solo fosse stato un po’ meno cinico e sprezzante, non le sarebbe stato difficile innamorarsi di lui. Ma Ross voleva Elizabeth, sempre e solo Elizabeth… come Francis, che aveva seguito la volontà paterna, preferendole la sorella. Demelza era stanca di essere un ripiego, avrebbe voluto essere amata e desiderata da un uomo con la stessa intensità con cui Ross ancora voleva Elizabeth, ma era convinta che questo non sarebbe mai avvenuto.
Nei giorni successivi la situazione tra i due si rasserenò: Ross non si ubriacò più e chiese scusa per il suo comportamento di quella sera. Demelza non era persona da portare rancore a lungo, la discussione terminò lì e ne segui un periodo di tregua.
Man mano che i giorni passavano, anzi, tra Ross e Demelza si consolidava un rapporto di simpatia e complicità: Demelza si dimostrava una compagna affettuosa e presente; curava la casa, il giardino, i terreni, assumeva iniziative, apportava modifiche alla casa, impartiva disposizioni alla servitù ed ogni giorno Ross notava la sua proprietà rifiorire, sotto la guida di una padrona attenta. Ross, dal canto suo, lavorava alacremente recandosi quotidianamente al porto oppure in banca per gestire i suoi affari. Aveva stretto amicizia con i proprietari di una fonderia, e tramite loro stava cercando di reperire contatti per acquisire le quote di una miniera. Era in buoni rapporti con tutti i confinanti e per curare la fattoria ed i terreni aveva assunto un paio di giovani volenterosi, le cui famiglie non smettevano di ringraziarlo.
Demelza, intanto, esplorando la soffitta aveva trovato un vecchio baule che conteneva un abito azzurro di taffetà. Si trovava in ottimo stato, anche se la foggia era fuori moda. Quando lo mostrò a Ross, il giovane concluse che quell’abito doveva essere appartenuto a sua madre; probabilmente era stato dimenticato lì per caso, oppure lei e Joshua erano dovuti scappare di corsa da Nampara con l’essenziale e lo avevano volutamente lasciato nel baule in attesa di venire a riprenderlo in tempi migliori, che non erano mai arrivati.
Demelza chiese se poteva prenderlo ed apportarvi delle modifiche; Ross concluse che non aveva senso farlo marcire nella cassapanca e che poteva senz’altro utilizzarlo come meglio credeva. Demelza si accinse a rimodernare l’abito con entusiasmo: accorciò leggermente le maniche a tre quarti sull’avambraccio, ampliò leggermente la scollatura applicandovi una bordatura di pizzo dello stesso colore e rese più scivolata la linea della gonna. Soddisfatta del risultato, indossò il vestito e si ammirò nello specchio. Non sapeva se ci sarebbe occasione di utilizzarlo, ma era felice perché non aveva mai posseduto un abito così bello.
L’occasione arrivò grazie ad un invito a Trenwith per la vigilia di Natale. Erano trascorsi sei mesi dal loro matrimonio e Ross e Demelza non avevano avuto più contatti con l’altro ramo dei Poldark. La signora Chynoweth era rimasta a vivere a Trenwith adducendo come scusa la solitudine, sebbene i lavori di riparazione del tetto a Cusgarne fossero terminati da tempo. Visto che non era sola e che non aveva più bisogno dell’aiuto materiale di Demelza in casa, non sentiva neppure il dovere di fingere una familiarità con la figlia adottiva che non era mai esistita. Soltanto due o tre volte Elizabeth era stata in visita a Nampara, per curiosare, più che per affetto verso la sorella. Talvolta Ross aveva incontrato Francis a Truro, ma si erano limitati ad un saluto di sfuggita. I due giovani non avevano quindi mantenuto rapporti stabili con nessuno dei loro parenti.
In quei sei mesi Ross e Demelza avevano stretto amicizia con il dottor Enys. Viveva da solo, a poche miglia da Nampara, e dopo un primo invito a cena avevano scoperto quanto fosse piacevole la reciproca compagnia. Ross aveva trovato in Dwight una persona perbene ed un amico leale. Grazie a Dwight, Demelza aveva aperto gli occhi su Francis: il medico le aveva raccontato che il cugino di Ross era troppo debole e viveva in un mondo tutto suo, non aveva mai il coraggio di opporsi alle decisioni di suo padre. A dispetto delle visite che periodicamente Dwight effettuava sui lavoranti, i Poldark non consentivano che i minatori osservassero periodi di riposo qualora in malattia, se non per lo strettissimo necessario, e se quelli necessitavano di cure non erano neppure disponibili ad anticipare loro la paga mensile. Dwight a volte si era trovato a dover offrire gratuitamente dei preparati ai più bisognosi, e nonostante i suoi sforzi qualcuno era morto. Innumerevoli erano i tristi resoconti di intere famiglie cadute in miseria a causa della morte, o di una malattia grave incompatibile con il lavoro in miniera, del capofamiglia. Ross aveva cercato di aiutare qualcuno dei più sfortunati prendendolo a lavorare sul Lucifero, ma per quanto potesse adoperarsi il suo aiuto era come una goccia nel mare. Nelle serate dinanzi al camino a sorseggiare del brandy Dwight e Ross discutevano spesso di politica e concludevano che la Cornovaglia avrebbe potuto risollevarsi solo se uomini forti avessero deciso di impegnarsi per il bene comune. Purtroppo quella prospettiva pareva lontana dal concretizzarsi, anzi l’attuale candidato per il Parlamento era George Warleggan, il giovane banchiere nipote del severo giudice Cary. Demelza lo conosceva bene: George aveva corteggiato per un periodo Elizabeth, ma ad entrambe le sorelle non era mai stato simpatico. Era un presuntuoso, per lui contavano solo il potere ed il denaro, ma quasi tutti i possidenti in zona facevano affari con la banca Warleggan e quindi George aveva un suo seguito elettorale. Dwight era indignato e disse che un uomo intelligente ed ardito come Ross avrebbe dovuto avversare uomini della pasta di Warleggan. Ross rispose che nessuno lo avrebbe sostenuto se si fosse candidato, data la sua brutta fama. In realtà, negli ultimi tempi la generosità di Ross nei confronti dei più deboli aveva portato il suo nome sulle bocche di tutti, era una persona stimata ed ammirata ed inoltre l’oculatezza con cui stava amministrando le sue sostanze lo aveva reso uno degli uomini più ricchi della zona. Demelza era felice della buona nomea che Ross stava costruendosi e dell’ammirazione di tante persone, ma il marito l’aveva messa in guardia dall’ipocrisia dei falsi amici, che lo adulavano solo per un tornaconto e non per reale condivisione dei suoi valori.
Quando arrivò l’invito da Trenwith, Ross non nascose la sua sorpresa, ma Demelza disse che tutto aveva una spiegazione. Ross stava diventando un personaggio carismatico per tanta gente, poteva influire sul voto, e Charles aveva sicuramente invitato alla festa sia Cary che George Warleggan. “All’improvviso siamo diventati ospiti desiderabili!” – commentò cinicamente Ross. “Non lo so, Ross. Se è vero ciò che Dwight racconta, vorranno metterti alla prova. Devi essere molto prudente nell’esprimere le tue opinioni. Non ti esporre troppo”- gli raccomandò Demelza.
Ross rise “Cha saggia donna ho sposato!” . Poi le ricordò che sarebbe stata una serata di gala, e le chiese se aveva bisogno di acquistare un abito nuovo. “No, Ross, userò quello azzurro di tua madre” - rispose Demelza con semplicità.
Sebbene Demelza non fosse una ragazza frivola, i giorni precedenti la vigilia furono caratterizzati da una serie di prove dell’abito e dell’acconciatura. Un giorno Ross la sorprese a rimirarsi allo specchio e rimase a bocca aperta. “Sei bellissima – le disse – farai impallidire tutte le altre donne, alla festa”. Demelza arrossì. “Forse dovresti alzarti i capelli, così – aggiunse Ross, prendendo le chiome rosse tra le mani e lasciando solo qualche ciocca scendere libera sul collo – in modo tale che si noti meglio una cosa che ho preso per te”. Così dicendo, Ross trasse fuori dal panciotto un cofanetto di velluto verde. Lo aprì, dinanzi ad una stupefatta Demelza, e ne tirò fuori un ciondolo con una pietra di zaffiro lucente, attaccata ad un cordoncino di seta color oro. “Ross, no… è troppo… che cos’hai fatto?” “Sciocchezze! Dimmi solo se ti piace il regalo”. “Certo che mi piace – osservò Demelza lisciando con le dita il prezioso gioiello – ma avrai speso una cifra spropositata, e non ne valeva la pena…”.
“Ne valeva la pena, eccome!” – Ross le infilò il gioiello al collo, e Demelza si vide bella ed elegante come una principessa. Ross, riflesso nello specchio alle sue spalle, la guardava compiaciuto. La fece girare verso di sé e le disse che nulla era abbastanza per lei. Demelza aveva compiuto un miracolo: gli era stata vicina in quei mesi, aveva condiviso la sua quotidianità, aveva reso la sua casa un posto accogliente, e, in sintesi, gli aveva restituito la gioia di vivere. Nessuno aveva mai mostrato tanto interesse per Ross e per il suo mondo, e per questo le era estremamente riconoscente.
Demelza rispose che a sua volta era grata a Ross, per averla resa padrona e signora di quel piccolo mondo che era Nampara: Ross ascoltava la sua opinione, la consultava su tutto, le lasciava campo libero e rispettava ogni sua scelta. Disse che nessuno aveva mai dato peso alle sue opinioni come faceva Ross, ed era bello potersi confrontare con lui su qualsiasi argomento, senza essere zittita solo perché donna.
I loro cuori sembravano molto vicini in quel momento, ed entrambi sembravano sul punto di confessare qualcosa in più sui propri sentimenti… ma in quel momento le urla di Prudie all’indirizzo di Jud imposero a Ross di scendere al piano di sotto, per evitare che qualche suppellettile ne facesse le spese.
Venne il giorno della festa e Ross e Demelza decisero di affittare una carrozza. Insieme a  loro viaggiò anche Dwight, che era stato invitato al ricevimento a Trenwith: ulteriore conferma che non si trattava di una ristretta riunione in famiglia per festeggiare il Natale, ma di un vero e proprio evento mondano.  
Appena Demelza fece il suo ingresso nel salone al braccio di Ross, tutti gli occhi dei presenti furono su di lei: gli uomini la fissavano meravigliati e le donne con un pizzico di invidia. Elizabeth notò che il modo in cui Ross guardava sua moglie era molto diverso dal solito: era lo sguardo di un uomo innamorato. Francis, da perfetto padrone di casa, andò incontro ai nuovi arrivati dando loro il benvenuto e si complimentò con Demelza per il suo aspetto raggiante. Elizabeth, qualche passo più indietro, accettò con sussiego il baciamano di Dwight e di Ross e baciò con freddezza sulle guance la sorella adottiva. Indossava un abito nuovo color prugna, di velluto, e per quanto fosse agghindata con estrema cura non era affascinante come Demelza. Elizabeth brillava per la sua impeccabile perfezione e compostezza, ma Demelza attirava gli sguardi perché aveva una luce particolare negli occhi, il cui colore risaltava ancora di più grazie all’azzurro della pietra che portava al collo. Stizzita, anche perché Ross non la stava degnando di uno sguardo, Elizabeth prese sotto braccio sua madre, l’unica con cui potesse sparlare di Demelza. Quella pezzente ripulita rischiava di oscurarla in casa sua, quella sera.
Sia Ross che Demelza trovarono ben presto compagnia. Le conversazioni, nei vari punti del salone, erano interrotte soltanto dai camerieri che si aggiravano nelle sale con vassoi colmi di cibo e bevande, distribuendoli agli ospiti. Ogni tanto Ross lanciava qualche sguardo di sfuggita a Demelza, che si era separata da lui ed era stata circondata da un gruppetto di uomini: sir Hugh Bodrugan, il capitano Mc Neil ed il famigerato George Warleggan. La rossa era piuttosto taciturna, e pareva ascoltare più che parlare. Sir Hugh era uno smargiasso amante della buona tavola e delle belle donne. Parlava con un tono di voce decisamente alto ed intervallava i suoi discorsi con grasse risate. Mc Neil faceva parte dell’esercito locale, un tipo furbo dall’aspetto sornione che anche in società non perdeva lo sguardo indagatore. In realtà Ross notò, con una punta di gelosia, che quella sera aveva lo sguardo fisso più che altro sulla scollatura di Demelza. George era semplicemente intenzionato a farsi vedere in compagnia di tutti i partecipanti alla festa, per darsi risalto e farsi propaganda.
Lo zio Charles si avvicinò a Ross, in compagnia di Cary Warleggan. “Immagino conosciate mio nipote” – lo presentò lo zio. “Lo conosco solo di fama. Non ci eravamo mai incontrati di persona” – replicò l’altro. Ross increspò appena le labbra per un sorriso tirato e gli strinse la mano. Come inevitabile, lo zio gli parlò della candidatura di George e di quanto fosse importante che la Cornovaglia mandasse a Londra un rappresentante capace. Ross, come raccomandatogli da Demelza, fece buon viso a cattivo gioco e non lasciò trapelare la sua opinione sul candidato, né gli promise il suo appoggio, concedendosi solo generiche considerazioni sull’importanza del principio rappresentativo in una società democratica. 
“Vostra moglie è diventata molto più graziosa di quanto la ricordassi – sentenziò ad un certo punto Cary – qualche anno fa era una ragazza magrolina ed insignificante… stasera sta quasi offuscando la bellezza della padrona di casa”. Chiaramente la frase fu pronunciata mentre Charles era impegnato nella conversazione con altro ospite e non poteva sentire quella indelicatezza ai danni di sua nuora.
“Competere in bellezza con Elizabeth è un’impresa quasi impossibile, signor giudice, ma non lasciatevi ingannare dall’apparenza. Demelza è una donna affascinante, non posso negarlo, ma le qualità interiori che possiede superano di gran lunga quelle esteriori… Sono un uomo molto fortunato. Con permesso.” Così dicendo, Ross si allontanò.
Intanto, i musicisti erano già pronti con i loro strumenti e Ross non avrebbe permesso a nessuno di sottrargli l’onore del primo ballo con Demelza, sebbene ballare non fosse tra le sue passioni. Si avvicinò al gruppo con cui Demelza stava parlando e rivendicò sua moglie per aprire le danze con lei.
Elizabeth a sua volta era pronta a volteggiare con il marito, ma alla prima occasione avrebbe voluto fare uno scambio di cavalieri: il bersaglio era Ross ovviamente, per il capriccio di sottrarlo alla sorella e ricordargli chi doveva essere il vero oggetto della sua ammirazione. Il suo piano però non andò a buon fine. George Warleggan, che all’inizio aveva come compagna di danze Ruth Teague,  scambiò il suo posto con Francis e pretese da Elizabeth un giro di valzer. Quella donna era sempre stata un suo pallino, e per lui che era discendente di un fabbro sposare una contessa sarebbe stato un sogno. Purtroppo le antiche famiglie nobili davano un grande peso alla stirpe, e finivano per imparentarsi sempre fra di loro. George ne soffriva, e sperava che la sua candidatura desse l’avvio ad un cursus honorum che gli facesse scalare i gradini della scala sociale.
Mentre Elizabeth doveva sorbirsi l’appiccicosa galanteria di Warleggan, Ross e Demelza si erano allontanati dalla sala da ballo per riprendere fiato accanto al camino.
“Ti sei resa conto che tutti ti guardano stasera? Sono tentato di metterti sotto chiave affinchè non ti rubino!” – scherzò lui.
Demelza arrossì e rispose che evidentemente Ross non era avvezzo ai ricevimenti: era normale che queste fossero occasioni per le donne per scrutare le rispettive mise, per fare a gara nell’esporre i gioielli più preziosi… ed il regalo di Ross aveva avuto parte importante nel porla al centro dell’attenzione.
Ross scosse la testa. “Non è merito del gioiello, non fare l’ingenua… sei tu che brilli stasera. E mi fa molto piacere. Vorrei vederti sempre così felice”.
Dwight li interruppe, dicendo loro a bassa voce: “Ebbene, cari amici, temo che se Warleggan voleva che alla festa si parlasse solo di lui, rimarrà deluso. Non si parla che di voi due! Con chiunque abbia chiacchierato questa sera, ho ascoltato una marea di commenti lusinghieri su di voi. Hanno colpito nel segno lo charme di Demelza e l’intelligenza del capitano Poldark. Altro che Francis ed Elizabeth, siete la più bella coppia della serata!”
Demelza soggiunse che questo non sarebbe piaciuto affatto ad Elizabeth e che proprio per questa ragione aveva deciso di stare un po’ in disparte, senza essere al centro dell’attenzione, per godersi la serata in santa pace.
Elizabeth, però, non aveva ancora subito lo smacco finale. Al momento del brindisi di mezzanotte Francis volle omaggiare il cugino e la cognata, sottolineando che era lieto di aver trascorso quel momento di festa così importante con loro. Dinanzi a tutti ammise che non era stato molto contento, all’inizio, di quell’unione, perché come tutti si era lasciato condizionare dalle apparenze. In seguito, però, si era reso conto di quanta stima Ross era stato capace di raccogliere in pochi mesi nella loro comunità, di come lui e sua moglie si stessero adoperando per dare lavoro ai bisognosi e per fare opere di carità, tanto che fino a Truro e Sawle si era diffusa la loro buona fama. Concluse augurando loro una vita matrimoniale lunga e serena.
Dopo un applauso generale e tutti i calici elevati in loro onore, Ross ricambiò la cortesia, ringraziando il cugino delle belle parole e dell’ospitalità. Disse che le circostanze della vita avevano fatto sì che lui e Francis crescessero separati, si erano conosciuti ormai uomini, ma non era troppo tardi per vivere in concordia e pace. Aggiunse che anche Francis faceva tanto per la comunità cornica, grazie alle sue miniere che davano lavoro a tanti disperati, e gli augurava di non anteporre mai il profitto al senso di umanità che doveva contraddistinguere chi era nato più fortunato degli altri. 
Concluse poi dicendo che la vita di ogni uomo era scandita da una serie di incontri, fortunati o sfortunati – a tali parole guardò Elizabeth – e di poter affermare con convinzione, senza tema di smentita, che quello con Demelza era stato l’incontro più fortunato della sua vita. Era lei che doveva ringraziare per ciò che era diventato.
Mentre, a conclusione della serata, i vari ospiti si congedavano, Elizabeth tentò la sua ultima carta: “Volete fermarvi a dormire qui stanotte? Dirò alla signora Tabb di farvi preparare una stanza. È molto tardi e la neve ricopre i sentieri…”
“Ti ringrazio, Elizabeth, ma desideriamo ritornare a casa nostra. E’ il nostro primo Natale da sposati, di certo comprenderai…” – rispose Ross. Non sarebbe rimasto in quel covo di serpi, eccettuato Francis, nemmeno per tutto l’oro del mondo.
Rincasarono completamente intirizziti, benché Demelza indossasse una pelliccia sopra l’abito di tessuto leggero. Salirono svelti al piano di sopra, e Ross riattizzò per bene il camino nella stanza di Demelza. Mentre si trovava lì, Demelza gli domandò se era vero ciò che aveva detto davanti a tutti, cioè che reputava il loro incontro la più grande fortuna della sua vita, oppure se lo aveva detto solo per far ingelosire Elizabeth.
“Pensavo che avessi imparato a conoscermi almeno un po’. Sarei stato così ipocrita da mentire solo per provocare l’invidia di Elizabeth? Ho capito da tempo che non vale la pena dare troppa importanza a tua sorella. Ho detto ciò che ho detto perché lo penso. Già qualche giorno fa ti ho ringraziato per quello che fai … e per quello che sei”.
Ross le si avvicinò. Il camino emanava bagliori dorati nella stanza buia.
“Non capisci quanto sei importante per questa casa… e per me?”
Le strinse fra le sue le mani ancora gelide. Demelza rabbrividì, sebbene avesse indosso ancora la pelliccia. Ross si chinò verso di lei e la baciò dolcemente. La fanciulla si abbandonò al contatto con quelle labbra piene e calde, ma appena Ross lasciò scivolare la pelliccia dalle sue spalle stringendola più forte al suo petto Demelza si staccò bruscamente da lui e andò ad accovacciarsi di fianco al fuoco.
“Che cosa c’è?” – le chiese deluso.
“Oh, Ross….il fatto è che io non so nulla di queste cose!” Demelza aveva paura di deluderlo per la sua inesperienza, di non essere all’altezza di Elizabeth e delle numerose altre donne che Ross doveva aver avuto in passato.
Ross la fissò con tenerezza e l’accarezzò dolcemente. “Ti assicuro che non ne so nulla nemmeno io… voglio dire, è come se fosse la prima volta anche per me, perché non mi era mai capitato di provare nulla di simile per nessun’altra, te lo giuro”.  Anche Ross aveva paura di compiere un gesto sbagliato e rovinare tutto. In quel momento, senza Demelza, la sua vita non avrebbe avuto senso.
Colpita da tanta dolcezza, Demelza gli gettò le braccia al collo. Si era resa conto di amarlo, e molto, giorno dopo giorno. Aveva piena fiducia in Ross, non doveva avere timori: tutto ciò che proveniva da lui non poteva che essere meraviglioso. Non c’era più bisogno di parole. Chiuse gli occhi e lasciò che il marito la trasportasse in braccio sul letto, le labbra sulle labbra che tra un bacio e l’altro mormoravano il nome dell’altro come una preghiera. Le luci della festa, le chiacchiere della gente, Elizabeth e Francis: tutto quanto accaduto poche ore prima sembrava distante secoli. Era come se la vita iniziasse in quel momento per loro, e nulla fosse importante fuori di quella stanza.

 
  
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