Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Mitsuki91    23/11/2023    1 recensioni
[La ballata dell'usignolo e del serpente + The hunger games]
Raccolta di piccole os concatenate fra loro. Headcanon che si inseriscono nella trama principale senza alterarla.
***
"Eppure Lucy lo sapeva. La fuga era sempre stato il suo sogno, non quello di Coriolanus Snow.
E se lo sarebbe pure potuto far andar bene. Avrebbe potuto fuggire già da sola, sin dal giorno prima, senza rischiare di aspettarlo - poiché Lucy Gray era in grado di vedere nell’animo umano, e aveva visto sin da subito le ombre negli occhi colmi di rabbia di Coryo, e aveva deciso di ignorarle finché non era stato troppo tardi.
Ma.
C’era un ma, un enorme ma che riecheggiava fra gli alberi, ora, oltre la pioggia, nelle ghiandaie imitatrici che mischiavano la sua canzone a spari ormai spenti."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Everyone’s born as clean as a whistle

As fresh as a daisy

And not a bit crazy”

 

Katniss Azure Covey aveva sempre saputo di essere diversa.

Non era veramente il suo aspetto, no, nonostante i suoi boccoli fossero biondi come il chiaro di luna e i suoi occhi azzurri come il cielo terso d’estate - persino sua zia, Maude Ivory, più simile a lei nei colori, aveva una vibrante nota dorata nei riflessi dei suoi lunghi capelli; a differenza sua, che sembrava appiattirsi e scomparire alla luce diretta del sole, come il più delicato fiocco di neve.

No, Katniss aveva compreso di essere sbagliata in un pigro pomeriggio di fine estate dei suoi quattro anni, durante una festa in famiglia, circondata da zii e cugini e parenti, quando per la prima volta si era azzardata a cantare.

E come avrebbe potuto prevederlo, prima?

Cresciuta come era cresciuta, circondata dalla musica , per lei era stato istintivo imitare gli adulti e cimentarsi nella prima nota di quella ballata che, allegra, viaggiava già sulla bocca degli altri.

Lo aveva sentito subito, Katniss.

Il silenzio.

Si era interrotta prima della fine della prima strofa, intercettando lo sguardo duro di sua madre Barb, che sembrava attraversarla con il desiderio di romperla - la linea dura delle labbra serrate, e il fuoco lento che ribolliva dietro le iridi.

Gli altri si erano soltanto girati verso di lei, dapprima curiosi, e poi preoccupati notando lo sguardo di Barb.

Lucy aveva smesso di cantare.

E da allora non aveva tentato mai più.

 

***

 

C’erano stati altri segnali, ovviamente.

L’indifferenza di sua madre, che le permetteva di godere di una libertà insperata, che aveva iniziato a pesarle nel cuore giorno dopo giorno.

Noncuranza.

La mancanza di un padre.

Barb non si era mai sposata, non aveva mai avuto un compagno. Vivevano tutti insieme in una grande casa, loro, i Covey, stringendosi addosso l’uno con l’altro, come a proteggersi dal mondo esterno.

Katniss si era interrogata, e interrogata, stringendo le dita sul cuore; chiedendosi, nell’ingenuità della sua infanzia, se la causa dell’indifferenza di sua madre fosse da attribuire a un padre malvagio.

Non sarebbe stata la prima, la sua mamma. Questo lo sapeva, anche a dieci anni. I Pacificatori erano tanti ed erano rinchiusi tutti insieme, tutti maschi; e, quando volevano qualcosa, semplicemente se la prendevano.

Katniss aveva raccolto il coraggio a due mani e aveva osato parlare con sua zia Maude in una fredda sera invernale, accucciandosi ai piedi della sedia su cui lei era seduta, mentre ricamava dettagli colorati su una coperta di lana. Katniss aveva posato il capo sul suo ginocchio e aveva chiesto, con la voce flebile: “Zia, chi è il mio papà?”

La zia aveva interrotto il lavoro, guardandola per un istante con occhi vuoti e lontani; poi, quando il suo labbro inferiore aveva smesso di tremare, le aveva sorriso e le aveva poggiato una mano sui boccoli chiari, in una carezza che non era davvero in grado di consolarla.

“Oh, Kat” aveva risposto, e Katniss aveva chiuso gli occhi e compreso.

“Era una cattiva persona?”

“Non pensarci, Kat” aveva detto Maude, senza rispondere.

Katniss aveva annuito e poi si era alzata, scappando via dalla zia, chiudendosi in camera da sola, seppellendo il viso sotto le coperte.

Non ne aveva parlato più.

 

***

 

Nonostante Katniss si sentisse quasi un’estranea, in mezzo al clan dei Covey, non si potesse dire che fosse sola.

Anche se i Pacificatori avevano chiuso ogni luogo di ritrovo pubblico e persino il mercato, cercando di tappare la loro voce e di oscurare i loro colori , i Covey e la loro musica avevano toccato i cuori di troppe persone.

Amici, non solo quella famiglia numerosa e un po’ bislacca; tanti amici che passavano e si fermavano in quella grande casa in cui vivevano tutti insieme. Amici che volevano divertirsi, parlare e ballare sotto le note dei più bravi musici itineranti mai esistiti - dimenticare le brutture del mondo fuori, del lavoro in miniera e della Mietitura che, ogni anno, implacabile, sacrificava uno dei figli di quella finta pa ce.

Dopotutto nessun Pacificatore, ancora, aveva mai vietato le feste private .

E quegli amici, quegli adulti che entravano e uscivano dalla sua casa, portavano con sé la propria famiglia.

I propri figli.

Katniss aveva due migliori amici fra loro, due ragazzi più o meno della sua stessa età, che erano più interessati a fuggire con lei nella notte che a farsi incantare dalla musica che, con il tempo, lei aveva iniziato a odiare.

Gliel’avevano tolta e, per questo, Kat non li avrebbe mai perdonati.

Per questo Kat li odiava, ogni giorno un pochino di più.

Tradita da quella che doveva essere la sua stessa famiglia, per un crimine che, ne era certa, aveva commesso suo padre, e di cui lei era innocente.

Thomas Hawthorne aveva un anno in meno di lei e, sebbene fosse stonato come una campana se si trattava di canzoni, aveva una voce profonda che ipnotizzava chiunque quando decideva di narrare le mille e più storie che si inventava ogni volta. Da quando, anni prima, Kat si era confidata con lui sui sospetti dell’identità del suo misterioso padre, Tom si era ripromesso di trovarle un’alternativa, e ogni volta che saltava fuori l’argomento si inventava favole esagerate di Principi di Regni Lontani, dove non esistevano Mietiture e le persone vivevano a pancia piena ogni giorno. Le raccontava che suo padre sarebbe tornato a salvarla, a capo di un esercito scintillante e in groppa ad un cavallo bianco. Ogni volta, nelle sue favole, il suo ingresso al Distretto Dodici si faceva più esagerato e spettacolare, e Katniss rideva fino alle lacrime - e lo amava sempre un po’ di più, per questo.

Tom era il figlio di un minatore, entrato nella vita dei Covey dopo che parecchi di loro avevano dovuto ripiegare sulla vita in miniera per poter sopravvivere, e man mano gli anni passavano Kat notava sempre di più i suoi lineamenti sottili e affilati, i capelli neri e lucenti come una notte di luna nuova, gli occhi verdi come gli alberi nel bosco, con un brivido che la lasciava scossa nel profondo, fin dentro le viscere. Loro due avevano un posto speciale in riva al fiume - che in realtà era poco più di un torrente, ma che Tom trasformava con le sue storie nella Sorgente della Magia, che prima o poi li avrebbe liberati tutti dalla Mietitura - dove passavano il tempo ogni sera, dopo che, a quindici anni appena compiuti, Tom era stato costretto ad unirsi al padre e ai fratelli nel lavoro in miniera.

Le giornate, invece, dopo la scuola, Kat le trascorreva nella piccola farmacia degli Smith, ad aiutare il suo secondo migliore amico, Hyacinthe, che preparava assieme alla madre i rimedi da poter vendere alla povera gente del Distretto Dodici.

E non passava quasi mai tempo a casa, Katniss Azure.

La ragazzina diversa, non voluta, non curata. Sfuggiva dal disprezzo velato così come dalla solitudine rifugiandosi dai suoi amici, cercando di curare in ogni modo quella sorda indifferenza che le pulsava nel petto, alimentando la sua rabbia nascosta.

Katniss era sveglia, e intelligente, e imparava alla svelta. Sembrava avere un talento naturale con le piante - con i veleni - e la signora Liliane Smith tesseva sempre le sue lodi, con sua madre Violet come unica ascoltatrice, che era seria e implacabile e sempre seduta sul duro e scomodo divanetto a due posti presente nel salottino che veniva usato come laboratorio.

Crescendo aveva inoltre notato la luce negli occhi di Hyacinthe, sempre più accesa, sempre più speranzosa; uno sfiorarsi di mani, quasi per caso, e una lieve esitazione sulle labbra del ragazzo ogni volta che parlavano.

Con Hyaci non condivideva mondi fantastici e infiniti come con Tom, ma la rilassatezza e placidità di un giorno normale, duro e ripetitivo come la terra che calpestavano ogni giorno.

C’era del conforto anche in questo.

Ed era ancora giovane, Katniss Azure; nonostante avesse iniziato a notare , pensava che fosse ancora troppo presto per preoccuparsene .

Persa nella sua vita senza radici - proprio lei, che portava il nome di un’erba - Katniss si godeva le ultime tracce d’infanzia mentre il suo corpo cambiava; con il terrore, ogni anno, di quel biglietto pescato ogni quattro di luglio, che avrebbe potuto decretare la fine della sua stessa vita.

E su questo, non si faceva illusioni.

Dopo , pensava, ogni volta, incrociando lo sguardo di Tom e di Hyaci mentre, con il cuore gonfio di tristezza ma comunque sollevato , i tre si allontanavano dalla piazza dove era avvenuta la Mietitura.

Dopo , si ripeteva, come un mantra, sognando capelli notturni sotto le dita e favole della buona notte, non osando pensare allo sguardo speranzoso di Hyaci, mentre il suo cuore aveva già scelto.

Dopo .

Avrebbero solo dovuto sopravvivere fino al compimento dei loro diciotto anni e, poi, sarebbero stati liberi.

Liberi di crescere, liberi di amare.

Libera, lei, di costruirsi la sua vita, lontano da una famiglia a cui non era mai davvero appartenuta.

Liberi.

O almeno così credeva, fino a che la realtà non la riportò con i piedi per terra.

 

***

 

La realtà era un fuoco sotterraneo, un’esplosione di quelle fin troppo frequenti, una serie di vite spente in un istante in un lavoro che di umano aveva ben poco.

La realtà era un’oscurità senza stelle in una fredda notte silenziosa, dove nessuna fiaba della buonanotte sarebbe più stata pronunciata.

La realtà era terribile.

E le aveva appena spezzato il cuore.

L’incidente in miniera le aveva strappato via Thomas prima che la possibilità si librasse dal sogno, lasciandola come avvolta una nebbia di dolore, nel limbo indefinito prima di ogni alba.

L’incidente le era costato anche uno zio e un altro cugino; due Covey, due uomini che erano sempre stati gentili con lei - a differenza dello sguardo duro con cui talvolta sua madre si degnava di prestarle attenzione.

La realtà era il pianto di altre persone e canti funebri sopra tre bare vuote - troppo pericoloso, troppi tunnel crollati, nemmeno il rimorso di non poter recuperare i cadaveri delle persone che erano state così amate.

La realtà era una stretta attorno alle spalle, un abbraccio che non sapeva consolare ma che la teneva ancorata - era un placido giorno nel mondo, solido come la terra sotto i suoi piedi, in cui Katniss sarebbe stata costretta ad avanzare.

L’illusione profumava di fiori e di erbe speziate e gli occhi di Hyacinthe, questa volta, non rilucevano più.

Solo una lacrima, quella che lei non riusciva a versare, a scorrere sulla guancia del ragazzo che era appena diventato maggiorenne, che faceva un monotono lavoro senza incidenti terribili, che si era appena salvato.

L’unico che le era rimasto.

 

***

 

“I turn into dust, but

You never stop trying

It’s why I

Love you

You’re as pure as the driven snow”



E poi era diventata maggiorenne anche lei.

Katniss Azure, neodiplomata, nessun futuro davanti, il dolore a scavarle ancora nel cuore.

Un amore che aveva perduto, che non aveva fatto neppure in tempo a sbocciare.

E il rifiuto, quel rifiuto che, da sempre, sua madre le aveva cucito addosso.

Salva dalla Mietitura, per l’ultima volta; Kat ora era libera di cercare se stessa, un passo incerto alla volta.

Era ancora insicura.

Era ancora spezzata, volante - senza radici.

Era ancora altrove - diversa.

Hyaci la guardava sempre con quella luce negli occhi e, Katniss lo sapeva, presto avrebbe dovuto affrontare la resa dei conti.

Ora che non c’era più la possibilità della Morte, che calasse come un’Ombra sulla sua testa.

Si stava preparando, Kat, davvero. Stava riflettendo, cercando di decidere se valeva la pena impegnare ancora il suo cuore martoriato, quando il destino decise per lei.

Era un afoso pomeriggio d’agosto. Lucy si era rifugiata in casa, per una volta; cercando di approfittare dell’ombra fresca per sfuggire al sole, era entrata in salotto e lì aveva visto Barb, in piedi in mezzo alla stanza.

L’aveva vista piangere, in silenzio.

Il cuore di Kat aveva perso un battito, spaventata.

“Mamma?” l’aveva chiamata - osando infrangere il tabù dell’indifferenza “Va tutto bene?”

I suoi occhi saettarono per un istante verso la televisione accesa, dove da Capitol City stavano mandando in onda una qualche cerimonia. Ma certo, se lo ricordava, ne avevano parlato durante gli ultimi Hunger Games. Panem aveva un nuovo Presidente, ora: Coriolanus Snow.

Poi Barb si accorse di lei e lo sguardo di puro odio che le rivolse fu così potente da farle piegare le ginocchia, togliendole il fiato.

“Ce l’ha portata via” sussurrò sua madre, la voce sottile nella furia “Ce l’ha portata via”.

Cosa? , pensò Kat, senza riuscire a dirlo.

“Chi?” si sorprese infine a sentirsi pronunciare, esile, dalle labbra socchiuse.

“Il nostro usignolo” rispose Barb, tremando di rabbia e disprezzo. Continuava a guardarla, a guardarla davvero , e, per la prima volta, Kat desiderò con tutta se stessa che smettesse “E ci ha lasciato il frutto di un serpente, al suo posto”.

Katniss arretrò d'un passo, schiacciata sotto al peso di quelle parole che non comprendeva - ma che, lo sapeva, in qualche modo erano fondamentali .

Il singulto di una risata amara eruppe dalle labbra di Barb, mentre dalla tv iniziarono a suonare le fanfare.

“Sì” le disse “Vai via, figlia del serpente” - Katniss gemette, sconvolta - “Vai via, non farti più vedere”.

Senza farselo ripetere, Kat si voltò e fuggì di corsa da quella casa.

 

***

 

Casa Smith era vuota… Se non per l’onnipresente Violet, seduta impassibile sul solito divanetto del salotto utilizzato come laboratorio, anche lei con i fermi occhi grigi incollati alla televisione, dove la cerimonia continuava.

Kat non aveva saputo dove andare - dove fuggire - e i piedi l’avevano condotta nell’unico luogo che non l’avesse mai rifiutata prima.

“Bambina, sei sconvolta” le disse Violet, accortasi di lei, rompendo il suo proverbiale silenzio e facendola sussultare “Vieni qui, raccontami. Cos’è successo?”

Incespicando, Katniss andò a sedersi accanto all’anziana, la bocca socchiusa, incerta.

I suoi pensieri correvano intorno, impazziti. Aveva avuto l’idea di parlare con Hyachi ma, comprese in quel momento, non ne era in grado.

La ferita era troppo grande e Hyacinthe non avrebbe mai saputo consolarla con fiabe dal sapore di sogni.

“... Chi è l’usignolo?” si sentì quindi chiedere, instupidita, tremante; esitando mentre le parole le lasciavano le labbra “La ragazza che il serpente ha rubato?”

Lo sguardo di Violet si adombrò, triste.

“Ah, bambina” le rispose “Io c’ero, sai. Quando la guerra è finita, strappandomi uno dei miei figli, io ero già adulta. E ho visto… Ho visto il mondo, dopo. Sempre crudele. Sempre spezzato. Con l’ombra della morte, la falce della Mietitura, ogni estate. Ma pur sempre un po’ più luminoso di ora”.

La signora strinse lo scialle che aveva poggiato sulle spalle, incurante dell’afa.

“C’era un mercato, ogni sabato, in piazza. C’erano feste e balli, e un bar aperto tutti giorni, dove la tua famiglia cantava. Dove tutti, per una sera, dimenticavano le brutture del mondo; dove popolani e Pacificatori si riunivano in pace, a bere e ballare, anche solo per una notte. Io ci lavoravo, in quel bar. Ho visto tutta la gente passare, e ogni storia mescolarsi e intrecciarsi”.

Violet si voltò verso di lei, sorridendo, e gli occhi le si illuminarono, persa nei ricordi.

“E lei era la cantante più talentuosa della sua generazione. Lucy Gray, si chiamava; la punta di diamante dei Covey. E poi…” la voce si abbassò, in un sussurro, e lo sguardo vagò oltre lei, come se non la vedesse davvero “Il suo nome venne estratto durante la Mietitura”.

Il cuore di Kat perse un battito, poi accelerò.

“Devi capire, bambina, che i giochi di allora erano molto diversi da quelli di adesso. Non erano affatto spettacolari, e la povera gente nei distretti, per la maggior parte, non aveva neppure una televisione con cui guardarli. La visione non era obbligatoria. Quell’anno, però… Quell’anno iniziarono a rivoluzionare ogni cosa. Venne istituita la figura del Mentore, e ogni ragazzo estratto venne affidato a uno studente di Capitol City”.

Katniss non riusciva neanche ad immaginarselo.

Vivere indifferente, senza sapere, portando già il lutto. Giornate a susseguirsi senza che un padre o una madre potessero sapere se il figlio che la Mietitura aveva strappato loro sarebbe mai tornato indietro.

“Noi lo sentimmo annunciare dagli altoparlanti. Chi aveva una tv, chi se ne interessava… Guardò i giochi. E poi Lucy Gray tornò a casa, vittoriosa”.

Violet tornò a guardarla con un enorme sorriso.

“Eravamo tutti felici di riaverla con noi, davvero. Come ti dicevo c’era un bar, dove ogni sera i Covey si esibivano, allietando la miseria della nostra esistenza. Lucy tornò a cantare e la speranza tornò a germogliare nei nostri cuori… Forse troppa speranza. Ci fu l’accenno di una ribellione, vedi, e un uomo venne impiccato, e altri morirono, più avanti… Ma sto andando troppo oltre”.

Katniss deglutì, rapita dal racconto dell’anziana, cercando di immaginare una ragazza allegra dalla voce sublime che aveva il potere di riscaldare il cuore della gente.

“I Pacificatori, ai tempi, conservavano ancora tracce di umanità. C’era una linea di comando, una linea dura, ma alla fine di ogni turno, capisci, abbandonavano i fucili e tornavano ad essere persone, no? Ne arrivavano di nuovi ogni anno. Alcuni, ormai, noi baristi li conoscevamo tanto da chiamarli per nome. E quell’anno, dopo il ritorno di Lucy Gray, ne arrivarono altri, come ogni volta. E, fra loro…”

Violet sospirò e chiuse gli occhi un secondo.

“Non credo che fosse qualcosa di dominio pubblico. I Covey sono sempre stati spiriti liberi, una famiglia anomala , legata da qualcosa di più del sangue e dall’amore della musica. Loro due non si sono mai nascosti , capisci? Ma nessuno badava davvero a loro, alla fine. Nel locale le voci correvano e fu così che appresi che lui era stato il suo Mentore, quel ragazzo di cui avevamo saputo solo il nome durante il giorno della Mietitura. Non tutti i Covey ne erano contenti, sai. Ma Lucy Gray lo amava, e Lucy Gray era tornata vincitrice anche grazie a lui, e Lucy Gray risplendeva di allegria e sorrisi mentre gli dedicava canzoni d’amore su quel palco, ogni sera”.

Li poteva quasi vedere, Kat: una ragazza splendida dagli abiti tutti colorati e pieni di perline, una Covey , e un soldato misterioso al suo fianco, alto e impassibile e stoico, il volto diretto verso il suono della sua voce d’usignolo.

“... E poi, come ti dicevo, ci fu una tentata ribellione, e diverse persone vennero impiccate, e altre vennero uccise in circostanze misteriose, tra cui la figlia del sindaco e il suo fidanzato del tempo, che non era altri che l’ex ragazzo di Lucy Gray. E Lucy Gray fu costretta, sì, costretta, a scappare. Non ho mai saputo tutti i dettagli. Fuggì, fuori dal Distretto Dodici, lontana nei boschi… Mentre il Pacificatore, il suo amato Mentore, venne rimandato a Capitol City in tutta fretta, senza nessuna spiegazione. E così i Covey persero il proprio usignolo, e il serpente fu libero di tornare a casa”.

Katniss distolse lo sguardo da Violet per alcuni istanti, portandolo quasi per sbaglio sulla televisione, dove la cerimonia continuava.

Era una storia intrigante, sì… Ma questo non spiegava nulla.

Non spiegava lo sguardo ricolmo di odio di sua madre, non spiegava le sue lacrime.

Non spiegava perché Barb l’aveva chiamata “figlia del serpente”.

“Io…” iniziò quindi Katniss, esitando appena “Io cosa c’entro in tutto questo?”

Tornò a guardare Violet, che sorrideva nella sua direzione, un’ombra di tristezza nello sguardo.

Le ricordò una sera d’inverno, lo sguardo di zia Maude, la domanda che aveva bruciato sul fondo della gola.

“Chi è il mio papà?”

“Katniss” iniziò Violet, la voce così stranamente dolce, in contrasto con la figura austera della donna “Mia figlia ha sposato l’unico farmacista di tutto il Distretto Dodici. Non esistono medici in un posto così desolato e abbandonato dal mondo, se non quelli rinchiusi nelle caserme dei Pacificatori, dove la povera gente comune non è ammessa. Barb Azure ha portato a testa alta, sola, un ventre in continua a crescita, ma mai una volta è venuta in farmacia, e il giorno in cui si è presentata al mondo con una bambina, nessuna levatrice era stata chiamata. Ai Pacificatori queste cose non interessano, e la famiglia Covey protegge naturalmente se stessa; ma, Katniss… Io non sono stupida. E credo che tu sia abbastanza grande da poter conoscere la verità, o quella che penso che sia tale, ormai”.

Violet si voltò di nuovo verso il televisore acceso. Katniss… Katniss non sentiva nulla. La sua mente era completamente svuotata, incapace di accettare la conclusione logica di ciò che l’anziana aveva implicato.

Tutta la sua vita, una bugia.

E poi Violet parlò ancora, distruggendo una volta per tutte ogni residuo di innocenza che era rimasto in lei.

“Coriolanus Snow” disse, alzando la testa per indicare con il mento il nuovo presidente di tutta Panem - e Katniss si voltò, inorridita, per la prima volta osservando quell’uomo, per la prima volta vedendolo davvero “Almeno lui l’amava. E chiunque ricordi, chiunque abbia prestato attenzione… Non può fare a meno di notarlo. Ti sei mai guardata in uno specchio, Katniss Gray Snow?”

 

***

 

Avrebbe davvero avuto bisogno di Hyacinthe in un momento come questo.

Avrebbe avuto bisogno di un’ancora, del legame saldo che la teneva legata alla terra.

E invece i suoi piedi veleggiavano, come sopra un sogno, e Katniss correva, disperata e febbricitante, in cerca di una risposta che nessuno era in grado di darle.

Che nessuno voleva darle.

Nel cortile desolato di quella casa in cui, lo sapeva, Katniss non avrebbe più messo piede, trovò sua zia Maude, intenta come ogni sera a prendersi cura del piccolo orticello.

Lei fece appena in tempo ad alzare lo sguardo, a prendere atto della sua espressione sconvolta, nei pochi secondi che servirono a Katniss per riprendere fiato.

“Zia Maude” chiese infine, la voce ancora tremante ed esile, gli occhi fuori dalle orbite “Chi è mio padre?”

Un mostro?

Katniss vide Maude Ivory Everdeen stringere le labbra, osservandola dubbiosa per un solo istante - decidendo cosa rispondere, ora che lei non era più una bambina innocente.

“Zia Maude” riprese Katniss, senza aspettare che lei parlasse, la voce più forte e sicura “Chi sono i miei genitori?”

E lo vide - l’istante della conferma, l’espressione spezzata di Maude, la pena che dilagava dal suo sguardo e le labbra ancora sigillate, nonostante tutto.

Lacrime amare, di rabbia, le riempirono gli occhi. Katniss scosse la testa per farle scomparire, il labbro inferiore che tremava.

“Bugiardi” sussurrò, arretrando di un passo “Tutti quanti. Bugiardi!

Katniss diede le spalle a zia Maude, correndo via anche da lei, prima che lei potesse ribattere.

Corse via da quella casa, dando definitivamente addio alla famiglia che l’aveva sempre disprezzata.

E, ora, ne comprendeva finalmente il motivo.

 

***

 

Hyacinthe la trovò sulle rive della Sorgente della Magia - di quel piccolo rigagnolo che Tom era in grado di trasformare con la sua voce e la sua fantasia.

La trovò nel posto in cui lei non era più tornata, non dopo la morte del ragazzo che era stato il suo primo amore.

Avrebbe avuto così tanto bisogno di lui, ora.

Mentre osservava il proprio riflesso nell’acqua, quei colori così chiari e fuori posto nella famiglia Covey - nel Distretto Dodici.

Così delicata, Katniss, con i capelli al chiaro di luna e gli occhi di un cielo terso, senza alcun riflesso sotto il sole, quasi fosse destinata a sciogliersi sotto una luce troppo intensa.

Come neve.

Katniss aveva bisogno di Tom, della sua risata, dei suoi racconti fantastici che la allontanavano dal qui-ed-ora, che le rendevano il cuore lieve anche nella più grande tragedia.

Ma Tom non c’era. Non c’era più, e le sue ossa erano diventate parte della dura terra su cui lei era costretta a camminare ogni giorno.

“Kat” la richiamò Hyachi, fermandosi a tre passi di distanza “Kat, che succede? La nonna mi ha detto che eri sconvolta”.

Katniss non rispose, continuando a osservare il proprio riflesso maledetto nell’acqua.

C’era una decisione, una decisione che aveva rimandato da troppo tempo. Pronta o no, ormai non poteva più concedersi il lusso di scegliere.

“Katniss?”

E se non poteva più librarsi, volare seguendo la corrente delle parole di una fiaba, allora avrebbe camminato, salda e pesante sulla dura terra, per sempre legata a chi era in grado di tenerla ferma e non lasciarla più andare.

Katniss si alzò, lentamente, e si voltò verso il solo migliore amico che le fosse rimasto.

“Hyachinte Smith” gli disse, solenne, osservandolo con uno sguardo ardente “Diventerai mio marito? Domani stesso?”

Hyachinte spalancò gli occhi per alcuni istanti - quegli occhi grigi e intensi che aveva ereditato dalla nonna Violet - mentre i capelli, castano chiaro - pieni di quei riflessi dorati che li rendevano reali - venivano scompigliati da una folata di vento improvviso.

“Sì” le rispose, dopo che l’incredulità cedette il passo alla speranza “Certo che sì, Kat!”

Katniss sorrise e Hyacinthe scoppiò a ridere, annullando la distanza fra loro e stringendola in un abbraccio soffocante - non più un timido sfiorarsi di pelle ma una salda presa che l’avrebbe ancorata a terra, promettendole la serenità e la sicurezza dei futuri giorni tutti uguali.

Katniss ricambiò l’abbraccio, ricacciando indietro le lacrime.

Pronta a dimenticare il proprio passato per fare spazio al futuro che l’aspettava.

 

“This world, it’s dark

This world, it’s scary

I’ve taken some hits so

No wonder I’m wary”

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Mitsuki91