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Autore: lady lina 77    26/11/2023    1 recensioni
Una AU con protagonisti i personaggi di Poldark creati dal meraviglioso W. Graham.
Siamo in Germania, negli anni neri del nazismo, nell'affascinante Annaberg-Buchholz, in Sassonia, fra boschi, miniere, case a graticcio e antiche tradizioni. Ross Poldark è un giovane tenebroso, volenteroso, proprietario di alcune miniere lasciate in eredità dal padre. Non è ricco ma ha tanta voglia di fare, da lavoro a molte persone che lo aiutano e rispettano ma questo non può bastare: è ebreo, anche se non praticante. E nella Germania di quegli anni questo potrebbe non essergli perdonato.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Dwight Enys, Elizabeth Chynoweth, George Warleggan, Ross Poldark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Le convenzioni sociali dicono che questa cosa va proprio fatta e quindi io e Dwight vi invitiamo al nostro matrimonio che si terrà il 10 dicembre 1935 nella piazza principale della città. Siete ovviamente nostri graditi ospiti - Hitler se ne farà una ragione - e condannati a morire di noia – ma a mangiare bene – per quel giorno”.
In questo modo Caroline Penvenen aveva annunciato a Ross Poldark e alla sua giovane domestica Demelza il suo matrimonio con Dwight Enys in un giorno di fine settembre del 1935. Con la solita noncuranza, cercando di non tradire alcuna emozione circa quell’evento, aveva portato a Nampara gli inviti per le nozze assieme a un Dwight che invece, di mascherare le sue emozioni, non aveva alcun interesse ed era rosso e paonazzo per l’emozione.
L'invito era stato recapitato ai due pochi giorni dopo l'emanazione delle Leggi di Norimberga con cui Hitler aveva privato gli ebrei residenti in Germania della cittadinanza tedesca e decretato la loro espulsione dagli uffici pubblici e dalle attività economiche. Ma Ross era fra i loro migliori amici e per niente al mondo avrebbero rinunciato ad averlo alla loro tavola nel giorno più importante della loro vita.
In quei tempi bui in cui era difficile anche solo decidere il da farsi per il domani, in cui tutto ciò che aveva conosciuto si stava sgretolando davanti ai suoi occhi e non era più cittadino gradito nella nazione dove era nato, quell'attestato di stima riempì il cuore di Ross di immensa gratitudine. Aveva ancora molti amici fra i suoi minatori, le sue miniere in un modo o nell'altro sarebbero andate avanti ma Ross sapeva che con il passare del tempo si sarebbe trovato sempre più solo. La repressione verso gli ebrei sarebbe aumentata di certo e chi gli era vicino sarebbe stato costretto ad allontanarsi per aver salva la vita.
Di umore meno cupo, alla notizia Demelza si era gettata felice fra le braccia dell’amica, entusiasta e sognante. Dwight e Caroline ai suoi occhi erano l’amore romantico dei film che vedeva al cinematografo e ormai diciassettenne, attraverso di loro iniziava a fantasticare di quando e come avrebbe potuto lei stessa trovare il suo principe azzurro. Non che aspirasse a molto, non si era mai sentita né carina né interessante e non poteva nemmeno contare su una dote e in tutta franchezza pensava che ci volesse coraggio per un uomo, interessarsi a una come lei. Eppure ci sperava che un giorno…
Ross strinse le mani all’amico, augurandogli buona fortuna. Dwight era un bravo ragazzo, un medico scrupoloso ed onesto e soprattutto adorava Caroline. Il loro matrimonio, seppur diversi come il giorno e la notte, nasceva sotto i migliori auspici e non dubitava che sarebbe stata una unione di successo. Per quanto lo riguardava invece, era ormai piuttosto disilluso sia dalla vita, sia dall’amore. La situazione politica tedesca somigliava ormai a quella di uno stato militare, le libertà civili stavano sparendo senza che la gente se ne accorgesse e vivere e respirare diventava sempre più difficile per un ebreo. Le leggi di Norimberga erano solo una piccola parte della tragedia che stava vivendo la Germania e presto tutti avrebbero compreso che il tributo che avrebbe chiesto la politica di Hitler sarebbe stato caro per chiunque, ariani compresi. E poi c’era Elizabeth, sempre troppo vicina a George Warleggan che, voci di paese, davano ormai prossimi al matrimonio. Da quando Hitler era salito al potere lo evitava e se proprio non poteva farne a meno perché si incontravano faccia a faccia per le vie del paese, si limitava al massimo a un impercettibile cenno del capo come saluto. Frettoloso, quasi vergognandosene. Forse la capiva, George doveva assillarla su tutto e soprattutto su di lui e poi c’erano le leggi razziali che non vedevano di buon occhio l’amicizia fra tedeschi ed ebrei, però…
Però faceva male perché in fondo in molti, fra chi lo conosceva da sempre, continuavano a trattarlo come un amico, Dwight, Caroline e Demelza lo includevano nella loro vita e amicizia senza problemi e paure mentre Elizabeth… Era davvero cambiata? Oppure la sua natura era volubile come il vento? Oppure – ma si rifiutava di crederlo – era più nazista di quanto lui avrebbe mai potuto accettare di sapere?
Dopo quell'annuncio Ross passò l’autunno a lavorare come un matto nelle sue miniere, attorniato dalla sua gente che in lui non vedeva ‘l’ebreo’ ma un amico e un uomo d’affari che dava loro lavoro e da vivere. Sotto terra, lontano dalla politica e dall'odio che contrapponeva uomini ad altri uomini, solo fra rocce, polvere e sudore riusciva a trovare pace.
A Nampara era invece Demelza a brillare, casa sua non era mai stata tanto in ordine come da quando aveva assunto come domestica quella ragazzina inizialmente selvatica che stava sbocciando sotto i suoi occhi quasi senza che se ne accorgesse. Era una lavoratrice instancabile, tanto entusiasta della vita quanto lui ne era disgustato, sempre allegra, sempre pronta ad affrontare la giornata senza pregiudizi, in grado di farlo sorridere anche nei momenti per lui più cupi. Una lavoratrice fedele, che nemmeno si sognava di allontanarsi da lui nonostante fosse ebreo e nonostante l'emanazione delle leggi razziali che definiva 'una sciocca buffonata'. Era ironica talvolta, soprattutto quando le circostanze la obbligavano ad indossare l’odiata divisa della gioventù hitleriana e lei imprecava contro Hitler e il suo assurdo credo. C’erano momenti dove trovava piacevole sentirla parlare dell’adorazione per le stelle del cinema e di come lei e Caroline bisticciassero sul fatto che Clarke Gable fosse o meno meglio di Charlie Chaplin. Stranamente la stava ad ascoltare, anche se di fatto conosceva quei nomi in modo approssimativo e del cinema non gli interessasse nulla.
Era cresciuta molto nei tre anni a suo servizio e ora a diciassette anni stava diventando una bella ragazza e ben poco era rimasto in lei della bambina emaciata che aveva conosciuto e assunto nel 1932. Aveva un viso luminoso, i suoi capelli rossi ormai erano lunghi fino alla vita e aveva imparato a pettinarseli e farli sembrare meno ribelli. Aveva un bel sorriso che sapeva colmare spesso i suoi vuoti d’animo e il suo scoramento e spesso si trovava a pensare al momento in cui avrebbe dovuto allontanarla se le leggi razziali gli avessero imposto di scegliere fra il tenerla a servizio con se o la sicurezza di rimandarla a casa da suo padre, uomo violento ma non ebreo. E questo ormai faceva la differenza…
Per regalo comprò, per gli sposi, un servizio di piatti di porcellana che aveva scelto Demelza. La ragazza partecipò alla spesa chiedendogli di detrarre una parte di stipendio, insistendo affinché lo facesse. Lui acconsentì anche se non ce n’era bisogno e lasciò a lei il piacere di impacchettarlo con nastri e carta colorata.
Il matrimonio si svolse nella Chiese della Piazza di Annaberg-Buchholz in una giornata nevosa dove ad addolcire l’atmosfera c’erano le bancarelle di legno e le luci dei mercatini di Natale. Profumi di dolci e spezie si mischiavano nell’aria mentre tanti bambini biondi correvano fra le casette osservando i giochi di legno e le decorazioni esposte.
Caroline fu la regina del giorno e Ross si trovò a pensare che avesse scelto il periodo dell’Avvento proprio per farsi notare dalla piazza gremita di avventori. Degno di lei, classe e piacere di mischiarsi alla gente erano innate nella neo signora-Enys che all'uscita da Chiesa, col suo bouquet, si gustò fino in fondo il grido della piazza che accompagnò la sua usita: 'Viva la sposa, viva gli sposi'. Il grido scaldò di piacevole allegria la piazza e tante persone che nemmeno la conoscevano, davanti alle bancarelle, brindarono a lei con fumanti tazze di Gliwhein in mano. C'era sempre, in Germania, un buon motivo per mandar giù qualcosa di alcolico, giusto?
Il pranzo di nozze, per pochi fidati intimi, si tenne nella grande villa dei Penvenen che da quel momento sarebbe stata anche la casa di Dwight.
Vestita di bianco, coi capelli raccolti, la sposa si avvicinò a Demelza che stava gustando un pasticcio di carne di maiale con patate. “Che te ne pare?”.
La ragazza le sorrise. “Matrimonio da sogno! Oh, sono così contenta per te!”.
Caroline fece spallucce. “Da sogno sarebbe stato con Clarke Gable! Oh che meraviglia averlo come ospite! Il mio primo ballo lo avrei riservato a lui!”.
Ma… Ma Dwight!” – sbottò Demelza.
Ahhh, avrebbe capito!”.
Le ragazze scoppiarono a ridere e Ross e Dwight, che parlavano in un altro angolo della sala si voltarono a guardarle.
Caroline si avvicinò all’orecchio di Demelza per bisbigliare. “Beh, il ballo era per Clarke, la notte per Dwight”.
A quella allusione, Demelza avvampò. Non aveva chiaro proprio del tutto come fosse ‘l’amore fisico’ e si trovò in estremo imbarazzo. “Hai paura?”. Sicuramente doveva essere così, davanti alla prospettiva di un qualcosa di sconosciuto e tanto intimo.
Caroline sospirò. “L’ho sposato e mi fido del suo amore e che sarà gentile. Ma sì, forse ho un po’ paura, circolano racconti spaventosi sulla prima notte di nozze. Le anziane del paese dicono che noi donne dobbiamo stringere i denti, non lamentarci e lasciar fare”.
Demelza alzò gli occhi al cielo. Non ascoltarle, andrà bene, la signora Dauchmann e le sue amiche sono vecchie zitelle acide ormai”.
Caroline annuì. “Esatto, facciamoci da noi le nostre esperienze senza ascoltare quella petulante vecchia di Ghertrude Dauchmann”.
Demelza si trovò d’accordo. Chissà per lei quando sarebbe arrivata ‘la prima volta’ e chissà con chi l’avrebbe vissuta…?
Quasi leggendole nella mente, Caroline le bisbigliò all'orecchio. "Fallo in fretta, potremo crescere assieme i nostri futuri marmocchi! Troverei intollerabile pensare da sola a pappe, poppate e pannolini".
Demelza la guardò storto. "E con chi potrei fare un bambino? Non credo di essere un soggetto interessante".
"Peter Wegher ti fa spesso gli occhi dolci quando vai a comprare il pane da suo padre".
"Peter Wegher ha sedici anni".
"Solo uno meno di te, mia cara Demelza. E' pure ariano, Hitler sarebbe fiero di te e della scelta e vi darebbe la sua benedizione" - concluse Caroline imitando la voce del Furher.
Demelza mascherò un sorriso, era incredibile come Caroline riuscisse a scherzare anche su argomenti tanto cupi. "Dovrebbe sposarselo lui allora, Peter Wegher".
"Sicura? E' un buon partito, il caro Peter" - continuò a prenderla in giro Caroline.
"Sic... Anzi no, Hitler non dovrebbe sposarsi affatto! A volte penso a cosa debba aver passato Geli Raubal con lui, prima di spararsi nel petto! Dicono che avesse con lei un rapporto... malato".
Il silenzio cadde su quel nome pronunciato da Demelza inizialmente con leggerezza. La triste storia di Geli Raubal, nipote di Hitler morta suicida quattro anni prima a causa delle attenzioni morbose dello zio, era ancora un argomento tabù di cui non parlare.
Con un sospiro, la sposa decise di cambiare argomento virando su tematiche meno... pericolose. "E Ross? Come l'ha presa?".
"Cosa? La storia di Geli?".
"Ma no, sciocca! La notizia che a gennaio saranno George ed Elizabeth a sposarsi...".
Demelza si morse il labbro, anche quello era stato un argomento tabù a Nampara. Tre settimane prima erano state affisse le pubblicazioni di matrimonio fra l'antico amore del suo padrone e il suo acerrimo nemico e Ross era stato intrattabile per giorni tanto da arrivare ad alzare la voce con lei in più di una occasione per motivi sciocchi. Una sera era scoppiata a piangere e lui le aveva chiesto scusa. Da allora aveva cercato di tornare ad essere gentile e avevano fatto pace ma ci era voluto un pò perché il clima cupo si affievolisse. "Non benissimo... La ama ancora, forse la amerà sempre".
Caroline scosse la testa. "Dovrebbe dimenticarla, lei per lui non spreca nemmeno un attimo del suo tempo, nemmeno un pensiero".
"Lo so Caroline, lo so... Forse lo sa anche lui ma non vuole ammetterlo".
"Testone..." - mormorò Caroline. Voleva aggiungere altro ma un cavaliere arrivò a chiederle la mano per il primo ballo. Non era Clarke Gable ma poteva andare bene lo stesso.
"Allora, signora Enys, volete ballare con me?".
Caroline sorrise. "Credevo non arrivassi più a chiedermelo, signor Enys!".
Dwight strizzò l'occhio a Demelza. "Non ho il fascino di Clarke ma posso andar bene ugualmente, no?".
Demelza sorrise mentre Ross raggiunse il suo fianco. "Decisamente!".
"Di che parlate?" - le chiese il suo padrone.
"Cinema...".
Ross sbuffò. "Anche oggi?".
"Anche oggi...". Demelza lo osservò, ripensando a quanto si erano dette lei e Caroline fino a poco prima. Attorno a loro gli altri ospiti mangiavano, bevevano e ballavano e nella sala c'era un clima sereno. Eppure, era certa, Ross non poteva non pensare a QUELL'ALTRO matrimonio che sarebbe avvenuto a breve e sarebbe stato decisamente più pomposo e ricco. Si diceva che George avesse invitato anche alcuni gerarchi nazisti locali e che non avrebbe badato a spese per rendere memorabile quel giorno. "E' così che dovrebbe essere un matrimonio, signore. Tutto il resto è esibizionismo e arroganza".
Ross la guardò senza capire a cosa alludesse. "In che senso?".
"Calore, piacere, gioia ma anche semplicità! Come Dwight e Caroline, non come quello che avverrà...".
Demelza si bloccò notando quanto lo sguardo di Ross, a quelle parole, fosse diventato cupo. Aveva capito a CHI si stava riferendo, non c'era bisogno di fare nomi e forse era sbagliato che lei si intromettesse ma Caroline aveva ragione, Ross si stava facendo del male per niente, per nessuno. E a lei spiaceva. "Signore...".
Ross le prese il polso, stringendolo lievemente. "Non parlarne, non voglio!".
"Mi fate del male, signore! So che non è affar mio, ma...".
"Esatto, non è affar tuo!". L'uomo la trascinò fino alla balconata, bisognoso di aria e di farla stare zitta! Quando furono soli, sul terrazzo, con la neve che cadeva sulle loro teste, la affrontò. "Che diavolo ti viene in mente? Chi ti da diritto di parlare di cose che non ti riguardano, ragazzina?".
"Non sono più una ragazzina!" - rispose lei, a tono, decisa a non farsi intimorire stavolta.
"Pensavo fosse chiaro che queste sono cose che non ti riguardano!".
Era vero, in teoria non la riguardavano affatto eppure...
Demelza alzò gli occhi, Ross era davanti a lei, a pochi centimetri. Fino a quel momento lo aveva visto come un buon padrone, un ragazzo gentile, quasi un fratello maggiore. Ma adesso... I suoi occhi sembravano sprizzare furore e passione e rabbia e il suo viso non gli era mai parso tanto affascinante... Sì, si era accorta che era bello già da molto ma adesso, guardandolo, sentiva di trovarlo bello 'in un modo differente'. Deglutì, sentendo le sue guancie bruciare. "Non volevo farvi arrabbiare ma mi preoccupavo...".
Ross rise, ironico. "La mia situazione è quindi così miserabile da farti provare pietà?".
Demelza scosse la testa. "No, non pietà. Preoccupazione, che è diverso! E' tutto così difficile per voi e io vorrei fare di più per rendervi la giornata meno... complicata! Ma dovete cercare di rendervela meno complicata voi stesso tanto per cominciare e pensare e struggersi per chi non lo merita... non è un buon modo intelligente per vivere!".
Ross spalancò gli occhi, sorpreso da quel moto di coraggio e quella franchezza che la Demelza conosciuta tre anni prima mai avrebbe avuto. In realtà ben pochi gli avevano parlato in quel modo così diretto e la cosa lo destabilizzava. Era una situazione strana ed assurda qualla a cui Demelza aveva dato vita e anche lui iniziò a guardarla in maniera diversa e non più come una sorellina a cui fare da tutore e padrone. Quando era cresciuta così tanto? E da dove aveva tirato fuori quel coraggio e quella faccia tosta? Prese un profondo respiro, tentò di calmarsi comprendendo cosa si agitasse in Demelza e soprattutto percependo le sue buone intenzioni. Non erano molti quelli che si preoccupavano davvero per lui ormai e invece di arrabbiarsi doveva sentirsi grato che ci fossero persone che lo avevano genuinamente a cuore. Con un gesto gentile le sfiorò la spalla. "Sta tranquilla, non me la prendo più. Come hai giustamente detto, non ne vale la pena".
"Davvero?". Non sembrava crederci molto.
Beh, i dubbi di Demelza erano legittimi e non era del tutto vero ciò che aveva appena detto ma sapeva di dover ormai accettare lo stato delle cose che forse, a mente lucida, gli stava mostrando la vera natura delle persone che lo circondavano. "Davvero. E tu invece ragazzina, da quando sei diventata così saggia?".
Demelza sorrise mentre il calore della mano di Ross sulla sua spalla si irradiava per tutto il suo corpo. "Da quando guardo Charlie Chaplin al cinematografo! Ve lo dico da sempre che è un genio".
Ross scoppiò a ridere. "Dovrò davvero venirci, prima o poi, a vedere questo tizio con quei baffetti inquietanti!".
"Beh, potreste essere accontentato presto! Nel 1936 uscirà il suo nuovo film, pare che si chiamerà 'Tempi moderni', dicono che è un capolavoro".
Ross alzò gli occhi al cielo. Tempi moderni, è? Che tragica ironia della sorte per uno che odiava il cinematografo, le diavolerie del nuovo secolo e all'auto preferiva ancora il cavallo.
Come intuendo ancora una volta i suoi pensieri, Demelza gli offrì una alternativa. "Oppure c'è l'animazione di Walt Disney!".
Ross rise ancora. "Ok, mi rimangio il pensiero di poco fa, sei ancora una ragazzina che ama i cartoni animati!".
Demelza lo osservò incuriosita. "Quale pensiero?".
Ross ricambiò lo sguardo, era decisamente sbocciata e stava diventando molto bella e fin troppo brava a leggere nella sua mente. "Un pensiero sciocco, piccola fans di Mikey Mouse".
"Allora ne sapete qualcosa?".
Ross arrossì, preso in castagna ma pronto a ribattere affinché lei non partorisse l'orrendo pensiero che lui guardasse di nascosto i cartoni animati. "Il figlio più piccolo di Zaky ha un pupazzo di quel topo".
"Piacerebbe averlo anche a me!" - disse Demelza.
"Ragazzina!" - mormorò. Ma in quei pochi minuti aveva compreso che non lo era più e che la piccola mocciosa raccolta anni prima si stava trasformando in una creatura strana, misteriosa e che ancora non riusciva a decifrare del tutto. E questo lo sconvolgeva.


  
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