Film > Pirati dei caraibi
Segui la storia  |       
Autore: Charly_92    27/11/2023    1 recensioni
[modificata in una longfic!]
Sparrabeth in due atti. Elizabeth e Jack, ognuno a modo suo, ripensano l'uno all'altra, in quegli interminabili 10 anni in mare che tengono lontano Will.
"I looked at you and you looked at me/I thought of the past, you thought of what could be"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Swann, Jack Sparrow
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
The Author's corner: ehm ehm. "Complicazioni sono sopraggiunte, ma superate" Direbbe qualcuno. Vi avverto, qua il rating si fa arancione. Buona lettura, ai lettori silenziosi e a chi recensisce! Alla prossima, ciurma! Lavoro permettendo...
 
Jack prende in braccio un’Elizabeth esamine e si muove più velocemente che può verso la propria cabina. “Gibbs! Vieni, qui c’è bisogno di te!” Urla con un tono d’urgenza nella voce, al che il nostromo non esita a seguirlo. È l’unico tra la ciurma ad avere qualche rudimento di medicina, risalente ai tempi, ormai lontani, di quando serviva la Marina Britannica.
I due rovesciano il tavolo da mappe e strumenti per la navigazione, posandovi delicatamente la ragazza, ancora incosciente. A Jack scappa una smorfia di dolore, dovuta alla ferita al fianco infertagli da Hawkins, per non parlare del mal di testa lancinante.
“Jack, sei fer…” Comincia l’amico, ma il Capitano non sente ragioni:
“Lo so benissimo, pensiamo a lei!” Risponde secco, legando stretto un foulard che di solito usa a mo’ di cintura sul taglio, premendo forte perché smetta di sanguinare.
Gibbs, non senza imbarazzo, slaccia la camicia della giovane, per ispezionare meglio la ferita.
L’uomo impreca: “La pallottola è rimasta dentro! Non sarà facile né piacevole levarla… Abbiamo dell’alcool?” Jack lo guarda allibito, per poi replicare: “Prendi il rhum.”
“Ma, Capitano…”
“Il rhum ti ho detto!”
Gibbs si sciacqua le mani col liquido ambrato, per poi cospargere il foro sul petto di Elizabeth.
La ragazza geme e, pian piano, riprende conoscenza.
“Cosa… Dove…” Mormora, il volto terreo e segnato dal dolore.
Intanto, una voce sottile e insistente grida dall’altra parte della porta: “Mamma! Mamma!”
“Henry!” Elizabeth fa per alzarsi, ma una scarica di dolore la riporta sdraiata.
“Ci penso io, tu resta con lei!” Dice Jack, dirigendosi fuori dalla cabina.
Henry è frastornato e ha gli occhi rossi di pianto.
“Cos’è successo alla mia mamma? Fammi entrare!”
  L’uomo si inginocchia, mettendosi alla sua altezza, parlandogli in tono grave:
“Figliolo… Hawkins l’ha ferita accidentalmente… Ma andrà tutto bene, ok? Se ci lasci fare… Ha bisogno che tu sia molto coraggioso ora. Comprendi?”
“Fammi entrare!” Continua Henry, pestando i piedi. “Voglio stare con lei!”
“Non vorrebbe che tu vedessi. Torna alla tua cabina e, appena starà meglio, la vedrai! Abbiamo un accordo?” Gli dice, porgendogli la mano.
“D’accordo.” Mormora Henry, tirando su col naso, ma ricambiando la stretta al pirata.
“Bravo ragazzo! Vai adesso!”
Jack rientra in cabina, dove Elizabeth mugola di dolore. La prende istantaneamente per mano, mentre si blocca dall’accarezzarle i capelli e la fronte pallida e sudata.
“Elizabeth, Gibbs ora deve cercare di estrarre la pallottola… Non ti mentirò, farà male…”
“Quanto male?” Mormora spaventata.
“Tieni, mordi questo.” Replica, dandole un pezzo di stoffa.
Il nostromo infila due dita nel petto della ragazza, che geme e stringe forte la mano che Jack le porge.
“Trovata!”
“Elizabeth, respira forte ora, al tre… Uno, due…”
La giovane avverte una stilettata di dolore lancinante, mordendo con forza la stoffa, mentre inarca la schiena, e sicuramente cadrebbe dal ripiano se i due uomini non la tenessero ferma a forza, poi si sente mancare e perde di nuovo i sensi.
Gibbs preme forte sulla ferita ora, preoccupato per tutto il sangue che ha perso.
“È quasi finita… Stai con noi, ok?” Sussurra Jack al suo orecchio.
La povera ragazza soffre ulteriormente mentre, con ago e filo, Gibbs cerca, il più delicatamente possibile, di unire e chiudere i lembi della ferita.
“Faccio da sola…” Comincia, a lavoro terminato, facendo per alzarsi, ma i due uomini la bloccano risoluti. Jack la prende di nuovo in braccio e lei, quasi automaticamente, le circonda il collo con le braccia e appoggia il viso sul suo petto, stravolta.
Henry è al settimo cielo quando vede, finalmente, di nuovo la madre, molto provata, ma viva.
“Deve riposarsi… La sorvegli tu per me?” Gli dice Jack, facendogli l’occhiolino in segno d’intesa.
“Ai suoi ordini!” Risponde il piccolo, portando una mano alla fronte, per poi sdraiarsi delicatamente vicino a Elizabeth, che lo prende piano tra le sue braccia, baciandolo e accarezzandolo.
“Il mio ometto coraggioso…” Sussurra, mentre si volta verso i due uomini mimando un “grazie” con le labbra.
“Jack… Lascia che pensi a te ora.”  Dice Gibbs, riportandolo alla realtà.
Tanto è rimasto stoico in presenza di Elizabeth, tanto il Capitano si rivela un paziente lamentoso come un neonato non appena l’amico gli disinfetta la ferita al fianco e lo ricuce.
“Cosa può volere da te uno come Hawkins?” Gli chiede l’altro, una volta finito.
“Non lo so.” Risponde Jack dopo un lungo silenzio. “So solo che non mi piace per niente.”.
 
 
 I guai però non sono finiti lì. Un paio di giorni dopo, Jack viene interrotto nei suoi soliloqui solitari al timone con la Perla, nel cuore della notte, dal piccolo Henry.
“Spiacente piccolo, non sono bravo a consolare chi fa incubi. Torna dalla mamma.” Afferma, un po’ stizzito di essere stato colto in flagrante.
“È per lei che ti sono venuto a chiamare. Mamma è strana, vieni subito!” Risponde Henry con tono di voce allarmato, che fa subito salire un senso di inquietudine in Jack, nonostante non sappia ancora di che cosa si tratta. Una volta raggiunta la cabina, trova un’Elizabeth dal viso arrossato e madido di sudore, che si lamenta nel sonno. Le tocca subito la fronte con la mano. Scotta.
“Da quant’è che è così?”
“Non lo so, dormivo, ma si lamentava e mi sono svegliato, poi sono venuto a chiamare te!”
Non c’è tempo da perdere, il capitano corre a chiamare Gibbs, un brutto presentimento che purtroppo trova la sua conferma quando il nostromo toglie le bende: l’alone rosso dell’infezione e la ferita che suppura pus. Elizabeth deve soffrire ancora, quella notte, mentre Gibbs le pulisce il taglio riaperto meglio che può e lo disinfetta di nuovo con l’alcool, ricucendolo, il povero Henry ancora fuori dalla porta. “Io ho fatto tutto il possibile, ma deve vederla un dottore. Se la febbre non scende…”
“Non dirlo neanche per scherzo.” Lo interrompe Jack duro, mentre le sta delicatamente appoggiando una pezza fredda sulla fronte. Manda il piccolo Henry, che protesta ma poi obbedisce a quello che considera il suo capitano, a dormire in cuccetta con Gibbs, mentre lui resta a vegliare Elizabeth.
Se è in quello stato è solo colpa sua: comincia a pensare che sia stata una pazzia portarla a bordo, per cosa? Per rivivere i bei tempi andati? Per sentirsi di nuovo, finalmente, sé stesso?
I suoi pensieri frenetici vengono interrotti da Elizabeth che geme e si lamenta nel sonno, aprendo poi lentamente gli occhi una volta che Jack le umetta le labbra arse dalla febbre con un panno umido.
“Elizabeth, sono qui” Le dice semplicemente, senza pensarci.
“…Will?” La povera ragazza deve avere una temperatura così alta da soffrire di allucinazioni, mentre a sentire quel nome lo stomaco del capitano ha una stretta fastidiosa.
“Sì, sono qui.” Dice infine, nella speranza che cada nell’inganno.
Elizabeth allora, con naturalezza, porta la mano di Jack a una guancia bollente e quest’ultimo si chiede se il freddo metallo degli anelli non le sveli la realtà.
“Resta con me…” Mormora, cadendo di nuovo nell’incoscienza.
“Sì, resto.” Sussurra l’altro, il cuore pesante per tutta la sofferenza dell’amica, fisica, ma soprattutto emotiva. Sono tre giorni eterni, dove Jack si dedica completamente a lei, che non sembra migliorare, dimenticando di mangiare e di dormire, persino del rhum, lasciando addirittura il timone temporaneamente a Gibbs, Henry che a stento trattiene le lacrime quando la va a trovare.
Poi, improvvisamente, la febbre scende, facendo tirare un sospiro di sollievo a tutta la ciurma, che si è molto affezionata alla ragazza che ha saputo dimostrare coraggio da vendere contro Hawkins.
Quando Elizabeth si risveglia, trova Gibbs in sua compagnia.
“Bentornata, signora Turner.” Sorride.
La giovane si sente spossata, confusa e chiede subito notizie del figlio che, alla notizia della ripresa della mamma, corre subito tra le sue braccia.
“Mamma non lo fare più, promettimelo! Ti difendo io la prossima volta!”
Mormora con voce rotta dal pianto.
“Scusami piccolo mio, perdonami. Non dovrai difendermi, torniamo a casa.”
Henry sussulta a quelle parole: la paura è stata tanta, ma quell’avventura gli sta piacendo così tanto che un po’ ora gli dispiace lasciare tutti quanti, soprattutto Jack, per cui ha una venerazione.
“Ho sognato papà. Torneremo a fare quello che facevamo prima: lo aspetteremo. Ormai il tempo è giunto. Lui ti conoscerà e ti amerà subito tanto quanto ti amo io, perché sei il bambino più bello, dolce e coraggioso del mondo! Sono tanto fiera di te!”
 
Quella stessa sera, Elizabeth bussa alla cabina di Jack. Il capitano la trova, con enorme sollievo, pallida, ma decisamente ristabilita.
“Non dovresti essere in piedi.”
“Nemmeno tu, al timone c’è Gibbs.”
“Stavo guardando alcune mappe… E così ve ne andate, uh?” Jack si guarda improvvisamente la punta degli stivali.
“Vi ammutinate, dovrei esserci abituato.” Mormora poi, scocciato.
“Non essere sciocco.”
“A Henry piace qui.”
“Jack, dove vuoi arrivare?”
“Dico solo che potreste restare ancora un po’, cos’è tutta questa fretta? Calipso mica lo sfratta, tuo marito!”
“Non me la merito questa cattiveria da parte tua! Cos’hai che non va?”
“Non va che tu mi faccia da scudo umano contro Hawkins, per esempio.”
“Mi è andata bene.”
“Sì, ma se per disgrazia non fosse andata così? Volevi rincontrare Will prima del tempo?”
“Se non la smetti giuro che…”
 “Sei stata avventata Elizabeth, Henry poteva restare orfano!”
“Penso io a mio figlio Jack!”
“E allora perché hai agito in modo così sconsiderato?”
“Perché non potevo permetterlo!”
“Cosa?”
“Lo sai benissimo!”
“Invece no!”
I toni dei due si sono fatti sempre più concitati, i loro visi sempre più vicini e le loro voci sempre più alte, fino a quel momento, quando Elizabeth mormora: “Di perdere anche te. Non l’avrei sopportato.”
Jack ammutolisce, la bocca aperta come un pesce lesso.
“Tu non hai perso Will.” Risponde infine.
“A volte è come se lo fosse.”
“E nemmeno me.”
Jack la bacia d’istinto, incapace di trattenersi. Elizabeth inizialmente indietreggia e il pirata è già pronto a schivare uno schiaffo se non che, improvvisamente, lei ricambia. Preme con forza le labbra sulle sue, passando le mani tra le treccine, è un bacio quasi fatto di rabbia, tanta è la foga che ci mette.
I baci proseguono, si fanno più audaci, le loro lingue danzano, i primi ansiti iniziano a riempire l’aria; Jack, senza separarsi da lei, ha premura di chiudere a chiave la porta della cabina, benedicendo l’idea di mandare Henry a dormire in cuccetta con gli altri pirati, sarebbe un bel problema se il moccioso li cogliesse in flagrante. Presto finiscono sdraiati sul letto ed Elizabeth tenta di slacciare la camicia di Jack, ma le sue mani la tradiscono: sta tremando; il pirata, allora, gliele prende tra le sue, articolando a fatica per il fiato corto: “Possiamo ancora fermarci.” anche se la bramosia dei suoi occhi dice tutt’altro. “Non voglio.” Mormora l’altra, con decisione. “Solo per questa notte.” “E sia.”
I due si spogliano vicendevolmente, baciandosi e leccandosi ovunque, ogni centimetro di pelle, pieni di desiderio entrambi. Elizabeth ha un velo d’imbarazzo nel trovarsi nuda davanti a un uomo che non sia Will, l’unico ad averla mai vista fino a quel momento, ma quello che ha davanti non è un uomo qualunque, è Jack e le sue labbra sono ancora più gradevoli di come le ricordava.
Il pirata si dimostra un amante esperto e appassionato, ma anche delicato e premuroso nei suoi confronti: è lento, non ha nessuna fretta, si dedica a lungo ai suoi piccoli seni, succhiandone i capezzoli e mordicchiandoli piano, poi passa a baciarla tra le cosce, proprio lì, ed Elizabeth sente un moto di vergogna e pudore, ma il piacere la fa sciogliere presto, mentre va a cercare con la mano l’erezione di lui. Finalmente si uniscono e la ragazza pensa che Jack fa l’amore come il mare: lento, sinuoso, con ritmo, come il rollìo di una nave, un ritmo che solo verso la fine diventa più concitato e disordinato, fino a che lui, con un rantolo, esce da lei riversando il suo seme sulla pancia piatta di Elziabeth. “Scusa” borbotta. Poi, senza dire nulla, continua a toccare la ragazza usando sapientemente le dita, finché lei non sente invadersi di una sensazione potente, celestiale, di totale abbandono, soffocando un grido. Restano per un po’ senza parlare, lei gioca con i monili tra le sue treccine, lui le accarezza la pelle morbida. Elizabeth aspetta trepidamente quel senso di colpa che la divorerà, quasi ci spera, eppure si sente bene. Bene come non accadeva da tanto tempo. Allora, le tornano in mente le parole di Jack di tanti anni prima: “Curiosità. Non potrai più resistere. Vorrai sapere quale gusto ha.” E sente una punta di stizza, perché quel maledetto pirata ha avuto ragione, ma si sente così placidamente serena in quel momento da perdonarlo volentieri.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Pirati dei caraibi / Vai alla pagina dell'autore: Charly_92