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Autore: Cladzky    30/11/2023    1 recensioni
Una collezione di sogni di una persona che ha paura di dimenticarli svelano la sua personalità.
Genere: Angst, Commedia, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che strano sogno feci un giorno. Fu l’ultimo che mi ricordo dormendo a Pratopiano.

Sognai prima una strega. Ricordava un po’ Nocciola, casomai aveste mai letto Topolino, ed era accompagnata da un corvo d’argilla rossastro col gilè, un formichiere e altri demoni. Questa mirava dall’alto della sua scopa un esercito umano e volendo mettere alla prova la sua disciplina evocò un grosso alligatore fra i ranghi di un plotone per vincere una scommessa fatta con i suoi amici mostri. Ci fu un fuggi fuggi generale e io ero nel mezzo. Non credo neppure che fossi arruolato, ho solo avuto la sfortuna di trovarmi in quella base nel momento sbagliato. L’alligatore mi puntò e io m’infilai in un condotto d’aria per fuggire ma il rettile mi morse le gambe e le troncò di netto dal mio corpo. Non sentì dolore e ogni volta che mi guardavo la ferita era diversa. Alle volte mi mancavano i piedi, alle volte le gambe erano solo dipinte di rosso, alle volte c’era solo un morso e poi mancavano del tutto dal ginocchio in giù. Un grosso amico che mi accompagnava che ora non ricordo chi fosse, picchiò il rettile e mi trascinò in salvo, mentre io temevo di morire dissanguato.

Lo scenario del sogno cambiò. Una regista stava cercando operatori di macchina per fare un adattamento del romanzo “Twilight” e io ero stato scelto. Trovai la cosa curiosa e ci pensai su: Il film era uscito nel 2008, quando io andavo ancora in prima elementare. Allora mi guardai meglio e mi resi conto non solo che mi fossero ricresciute le gambe, ma per giunta ero un bambino, alla stessa età di sette anni che avevo nel 2008. Ero talmente felice da fare i salti mortali sul set che avevano allestito in esterno. Non tanto per la risanata medicazione, ma perché pensavo a quanti bei disastri avrei potuto evitare nella mia vita ora che potevo ricominciare daccapo. Era una meravigliosa occasione. Il mio grosso amico era lì pure, immutato, ma non fece niente di particolare.

Purtroppo lo scenario cambiò ancora e mi ritrovai a lavorare in uno stadio, proprio come faccio nella realtà. Ma in questo caso avevo un ruolo da mascotte, tipo diavoletto del Milan, ma con un costume che ricordava il Grinch da quanto fosse verde e peloso. Il corpo era grasso alla base, le gambe tozze, le spalle strette, le braccia magre e il collo lungo diramava in una testa allungata ai lati da sembrare un fresbee con grosse sopracciglia e una bocca arrabbiata. Il mio lavoro era intrattenere i bambini che erano venuti per assistere a un concerto che si teneva nella struttura. Evidentemente impazzii, perché mi comportai proprio come il vero Grinch, rovinando la festa a tutti. Facevo inciampare le persone, ribaltavo i piatti in faccia alla gente, facevo “buh” ai mocciosi e arrivò al punto che dovettero chiamare la sicurezza. Mi circondano non solo loro ma pure i baristi, gli uscieri e un tizio vestito da Pippo. Mi intimano di lasciare il costume. Non mi feci intimorire e li picchiai tutti quanti, sentendomi estremamente liberato mentre la gente mi evitava come una seria minaccia. Risi come il dr Zero e mi diedi nuovamente alla macchia.

Il sogno cambiò e l’unica cosa che restò uguale fu il mio costume. Ma non era più un costume, era il mio vero corpo, ma più addolcito: avevo un muso a trombetta e una piccola coda e ricordavo un animale fantastico di Rodolfo Cimino. Mi si presentò una tale simile a me ma colorato di blu e molto più alto. Sedeva placido su un trono a capo di una lunga tavola, mani incrociate a giocare coi pollici sopra la sua grossa pancia e sguardo sornione. Ricordava un personaggio del dr. Seuss da come era fatto, come il gatto col cappello. Era accompagnato da un suo simile più basso, grazioso e dai grandi occhioni. Seguiva l’evento una troupe televisiva, come fosse un momento importante. Mi disse solennemente di essere il re della Finlandia (mettendosi pure a specificare che essa si trovasse sul mar Baltico al confine con la Russia) e che mi aveva scelto per darmi sua figlia in sposa.

Mi presentai come imponeva cerimonia e tirai fuori un foglietto con il mio discorso scritto sopra e recitai alll’incirca “Io, Gobzenik, che posso saltare da Nantucket a Bruxelles con un solo balzo, prendo tua figlia come sposa.”

Ma prima di convolare a nozze il re, interdetto mi chiede di dimostrare questa qualità e così pago lo scotto della mia bugia. Ci spostiamo sulla banchina d’un porto mostrante l’oceano Atlantico e qui mi arrovello di fronte a una folla di animali di vario genere, fra cui la Banda Bassotti, in attesa ch’io salti. Mi giunge in soccorso l’amata figlia del sovrano, conscia dei miei limiti, che mi dice di legarmi una corda che essa isserà all’argano di un’imbarcazione che mi trarrà, una volta saltato, dal Belgio all’America. Fiducioso seguo le istruzioni della mia Arianna, ma questo Teseo verde non ha buona fine perché la nave parte prima ch’io salti e mi trascina in acqua, tirandomi dietro a gran velocità.

Qui termina il sogno, con me annegato nell’oceano Atlantico. Sicuramente mi sono perso altri dettagli, ma credo che quelli narrati bastino.

 
   
 
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